Condominio: possibile “oscurare” il divisorio tra i balconi?

In Condominio le occasioni per litigare non mancano mai. Questa volta la lite scoppia per il mancato rispetto delle distanze e, più precisamente, perché l’opera realizzata dal vicino “oscura” la visuale. I quesiti che ci dobbiamo porre sono semplici in Condominio si applicano le norme in materia di distanze legali o quelle, meno restrittive, tipiche dei rapporti condominiali? Il vicino, nella proprietà individuale, può realizzare un’opera che limita la visuale del dirimpettaio?

Il fatto Questa volta ci troviamo in un bel Condominio che gode di una vista panoramica la lite tra vicini nasce proprio dall'interesse di godere del panorama circostante. Per comprendere la situazione bisogna contestualizzare il problema partendo dall'esame dei luoghi. Ci troviamo in un piccolo Comune montano abruzzese noto per i propri impianti sciistici. Un condòmino si lamenta perché il vicino avrebbe posizionato sul balcone un manufatto che ostacolava la visuale. Rotti gli indugi, deposita atto di citazione chiedendo al giudice di voler accertare che le opere realizzate dal vicino costituivano una turbativa o molestia nell'esercizio della servitù di veduta sul fondo e, in generale, della vista panoramica . Conseguentemente chiede al giudice di voler condannare il dirimpettaio all'eliminazione del manufatto ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. Lo stato dei luoghi secondo l'attore L'attore sostiene che il Condominio in cui ricadono gli immobili si trova in una zona a spiccata panoramicità sull'intera vallata e sui monti circostanti. Sottolinea che il complesso immobiliare è stato costruito in quella posizione proprio per far godere ai proprietari del panorama in realtà sarebbe meglio dire che l'attore ha acquistato l'immobile per poter godere del panorama circostante. Continua la descrizione raccontando che gli appartamenti hanno come pertinenza un unico balcone , diviso da quello del vicino attraverso una parete costituita da doghe orizzontali in legno che delimita il confine con le altre proprietà confinanti senza pregiudicare la vista panoramica. Le opere contestate L'attore si lamenta perché il vicino di casa aveva realizzato un manufatto in aderenza alla parete divisoria tra i balconi delle due unità immobiliari. Tale nuova opera non solo impediva il passaggio della luce ma, quel che è peggio, impediva di godere della vista sui monti e sulla vallata circostante. L'attore, a seguito di informazioni attinte presso l'Amministratore di Condominio e il Comune, aveva appreso che le opere erano stato realizzate in assenza di un titolo abilitativo dei lavori quindi presumeva che doveva trattarsi di opere abusive . Aveva cercato inutilmente di trovare una soluzione bonaria con il vicino per cui si vedeva costretto, proprio malgrado, a ricorrere alle aule di giustizia. La tesi del vicino Il vicino di casa, dal proprio canto, sosteneva di non aver realizzato alcuna opera necessaria di un titolo abilitativo dei lavori ma, più semplicemente, si era limitato a montare un armadio in legno amovibile. Eccepiva, in ogni caso, che ai pannelli divisori posti sui balconi fosse applicabile la disciplina codicistica in materia di luci e vedute articolo 900 e segg. cod. civ. e chiedeva, in via riconvenzionale, che, in caso di qualificazione del pannello divisorio come luce, fosse ordinato all'attrice di procedere al relativo adeguamento ex articolo 901 c.c. Il giudice dispone una CTU Il consulente tecnico fotografa lo stato dei luoghi gli immobili ricadono in un edificio di 12 piani realizzato negli anni '80. Trattandosi di un edificio condominiale, tutti i balconi presentano le medesime caratteristiche, i balconi sono dotati di ringhiere con doghe in legno ancorate ad una struttura in ferro tra i balconi esiste una parete divisoria in vetro e listelli orizzontali in legno distanziati tra loro in modo da far passare la luce. Il CTU conclude sostenendo che le pareti divisorie dei balconi, assolvono ad una funzione prevalentemente estetica e, quindi, devono essere considerate come elementi decorativi e ornamentali del fabbricato come tali, devono essere considerate come parti comuni dell'edificio. Il parere del Giudice All'organo giudicante vengono sottoposti due quesiti la convenuta ha effettivamente posto in essere delle turbative o molestie rispetto al diritto di veduta, luce e panorama dell'attrice? Si tratta di opera abusive? Il Tribunale di Sulmona, con sentenza del 10 ottobre 2022 numero 216 accoglie la domanda attrice anche se, a suo avviso, non si tratterebbe di una violazione di servitù di luce , veduta e di panorama . Il diritto di veduta Il Tribunale fa il punto della vicenda. L' articolo 907 c.c. riconosce al proprietario del fondo dominante di guardare e sporgersi sul fondo del vicino c.d. inspectio e prospectio . Sotto questo profilo il codice prevede il diritto di veduta diretto, obliquo o laterale la veduta, inoltre, può essere esercitata sia sul piano orizzontale che verticale c.d. veduta in appiombo . Nel caso dei balconi , il diritto di veduta potrà essere esercitato su ogni lato del medesimo balcone e, quindi, avremo una veduta frontale e due vedute laterali. Parallelamente, sul vicino grava il divieto di fabbricare ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta che, se così non fosse, sarebbe ostacolata . Veduta o Condominio? Venendo al punto, il Tribunale ritiene che, nel caso in esame, non sia configurabile una servitù di veduta, bensì si tratta di tutelare il diritto all' uso della cosa Comune in conformità alle regole della comunione. Orbene, è vero che i balconi non rientrano tra i “ beni comuni ” ex articolo 1117 c.c. ma, nel caso in esame, il CTU ha ritenuto che le ringhiere dei balconi ed i relativi divisori debbano essere considerati come elementi estetici dell'edificio e, come tali, devono essere considerati come facenti parte della facciata condominiale. Le conseguenze Poiché, nel caso in esame, il manufatto contestato è stato realizzato in aderenza al divisorio Comune, non andrà applicata la normativa in tema di distanze articolo 900 e segg. cod. civ. bensì la disciplina sull'uso dei beni comuni prevista dall' articolo 1102 c.c. . Secondo la giurisprudenza, all'interno di un edificio la disciplina condominiale speciale prevale su quella in materia di distanze in quanto, per ovvie ragioni, è necessario contemperare i reciproci rapporti tra vicini per cui deve ritenersi legittima l'opera realizzata senza il rispetto delle distanze minime previste dal codice. Peraltro, è indubbio che il condòmino possa realizzare delle opere sul bene Comune per il migliore godimento della cosa purché, ovviamente, venga rispettato il diritto degli altri condòmini di servirsi ugualmente del medesimo bene. Lecito il miglior godimento Il Tribunale ricorda come, in ambito condominiale, sia legittimo l' uso del bene Comune ma… a due condizioni non è possibile alterare la destinazione della cosa Comune e bisogna garantire il pari uso agli altri condòmini. Questa regola fondamentale ha un corollario il condòmino non può occupare in maniera stabile ed esclusiva il bene Comune perché, se così non fosse, potrebbe essere invocata l'usucapibile. Spetta al giudice di merito valutare “ il campo di azione ” del singolo condòmino accertando che il bene non perda la sua connotazione originaria e, anche solo potenzialmente, possa essere utilizzato dagli altri condòmini. Decisiva la relazione del CTU Il Tribunale basa il proprio convincimento sulla relazione del consulente tecnico da cui risulta che il convenuto ha installato un mobile in aderenza al divisorio tra i due balconi occupandolo per tutta la sua estensione, sia in larghezza che in altezza, senza lasciare alcuna fessura. Sta di fatto che il mobile, proiettando il proprio cono d'ombra sulla parete del vicino, non solo oscura la finestra della camera da letto, ma impedisce il riscaldamento delle pareti contribuendo, anche se in minima parte, a fornire maggior comfort abitativo all'interno. E non finisce qui! Il mobile impedisce la semi-veduta sia obliqua che laterale che risultano parzialmente oscurate. Il CTU pone anche un problema di sicurezza . A quanto pare il mobile era semplicemente addossato al divisorio, senza alcun ancoraggio alla parete questa situazione potrebbe essere fonte di pericolo in caso di bufere e forti venti che si verificano in zona. Questo stato di fatto, secondo il Tribunale, «ha inciso certamente sull' utilizzo del divisorio Comune tra i due balconi in violazione dell' articolo 1102 c.c. .». Sulla base di questi presupposti il giudicante ha accertato e dichiarato illegittima l'installazione del mobile ordinandone la rimozione. Ovviamente non è dato sapere se la decisione è stata appellata.

Giudice Samelli In fatto Con atto di citazione ritualmente notificato omissis ha adito l'intestato Tribunale al fine di accertare che le opere realizzate dalla sig.ra omissis costituiscono turbativa o molestia nell'esercizio della servitù di veduta sul fondo e, in generale della vista indisturbata del panorama con condanna della convenuta all'eliminazione del manufatto ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi A sostegno della citata azione l'attrice ha dedotto - Di essere proprietaria di dell'unità immobiliare ubicata in omissis alla Via omissis nel condominio piano VI int. omissis - Il suddetto immobile è posizionato nella località omissis   che si trova tra il centro abitato di omissis e la località omissis , in una zona priva di altre costruzioni - La posizione del condominio omissis consente una spiccata panoramicità dalla facciata principale, in cui è ubicato l'immobile dell'attrice, è possibile godere della vista, sul lato sud, del Piano Aremogna e del Monte Zurrone, sul lato nord/est dell'intera vallata in cui si trova il centro storico di omissis - Il condominio è stato costruito proprio per garantire ai proprietari delle singole unità immobiliari, di godere della vista e del panorama su indicato - Tutti, gli appartamenti che affacciano sul lato principale del condominio, come quello dell'attrice, hanno come pertinenza un unico balcone, uguale a quello degli altri, diviso da quello limitrofo da una parete che ha lo scopo di delimitare il confine con le altre unità immobiliari senza pregiudicare la vista del panorama posto che le pareti divisorie sono costituite da doghe in legno orizzontali - Presso l'unità immobiliare confinante con quella dell'attrice, recentemente, la convenuta ha eseguito interventi edilizi sul proprio balcone in aderenza con la parete divisoria del balcone dell'attrice. In particolare è stata realizzata un'opera di legno fissa, ancorata alle doghe dei balconi, che ha non solo ostruito la visuale all'attrice omissis ma anche impedito il passaggio della luce dal balcone di pertinenza della sig.ra omissis - A seguito dell'acquisizione di informazioni presso l'Amministratore di condominio e il Comune di R., l'attrice apprendeva che il suddetto intervento della convenuta era privo dell'autorizzazione dei condomini e non vi era alcun titolo abilitativo - Ogni tentativo di far rimuovere il manufatto rimaneva privo di riscontro. Con memoria depositata il 15.10.2020 si costituiva in giudizio la convenuta la quale ha rilevato di non aver mai realizzato alcuna opera sul balcone di pertinenza essendosi limitata a montare solo un armadio in legno amovibile e ha eccepito, in ogni caso, che i pannelli divisori posti sui balconi non hanno le caratteristiche degli articolo 900 -901-902 e 905 c.c. Inoltre, la convenuta, in via riconvenzionale, chiedeva che, in caso di qualificazione del pannello divisorio come luce ai sensi dell' articolo 902 c.c. , fosse ordinato all'attrice di adeguare lo stesso, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, alle prescrizioni stabilite dai nnumero 1-2-3 dell' articolo 901 c.c. Concessi i termini ex articolo 183 VI comma c.p.c. , veniva disposta CTU tecnica per l'accertamento dello stato dei luoghi come dedotti dalle parti. Depositata la relazione, all'udienza dell'11.5.2022, celebrata mediante trattazione scritta, le parti precisavano le conclusioni come da note depositate nei termini. Con ordinanza del 12.5.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex articolo 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. In diritto   Venendo al merito, la presente controversia ad oggetto l'accertamento della sussistenza di turbative o molestie della convenuta rispetto al diritto di veduta dell'attrice con conseguente condanna della stessa alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. In particolare, secondo parte attrice, l'opera realizzata dalla convenuta sul proprio balcone e in aderenza al divisorio Comune che divide le due proprietà sarebbe illecita, violando la servitù di luce, veduta e di panorama di cui gode l'unità immobiliare di proprietà dell'attrice omissis con conseguente diritto, ex articolo 949 c.c. per far termine il pregiudizio subito. Orbene, dall'analisi della fattispecie in esame, in realtà, si ritiene che il diritto esercitato dall'odierna attrice possa essere diversamente qualificato rispetto alla invocata turbativa di servitù di veduta. Com'è noto, il diritto di veduta consiste nella facoltà del proprietario alle c.d. inspectio e prospectio nel fondo vicino, ovvero di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui. Questo è riconosciuto dall' articolo 907 C.C. e si sostanzia nel divieto di fabbricare ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta. Il divieto riguarda sia le vedute dirette che quelle oblique o laterali. Ove la veduta venga esercitata da un balcone, poi, su ogni lato del medesimo si potranno esercitare sia una veduta diretta frontale che due vedute laterali cfr. Cass. numero 8010/2018 . Come insegnano dottrina e giurisprudenza, la veduta può essere esercitata sia in proiezione orizzontale che verticale c.d. veduta in appiombo , dovendosi nel primo caso calcolare la distanza dal limite esterno del balcone ringhiera o parapetto e, nel secondo caso, dalla base del medesimo. La citata prescrizione tuttavia, ha quale presupposto che la parte che pretende il rispetto delle distanze abbia acquistato il diritto di veduta Cfr. articolo 907 1° comma C.C. Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri [ ] di cui assume la titolarità. Considerato che il rispetto delle distanze connota, limitandolo, il diritto di proprietà, il diritto di veduta può di norma ritenersi sussistente in uno con il diritto di proprietà del bene dal quale la veduta può esercitarsi Tuttavia, considerato che ai sensi degli articolo 905 e 906 c.c. non si possono aprire vedute dirette sul fondo vicino ad tuia distanza inferiore a 1,5 mi, né oblique o laterali a distanza inferiore a 75 era, ove si sia acquistato il diritto ad aprirle ad una distanza inferiore si ritiene che il diritto di veduta sia oggetto di una servitù Costituisce quindi servitù di veduta il diritto del proprietario del fondo dominante di guardare e affacciarsi sulla proprietà c.d. servente del vicino ad una distanza inferiore rispetto a quella stabilita dalla legge. Ciò posto, nel caso di specie non si ravvisano i presupposti per affermare resistenza di una servitù di veduta, ma piuttosto l'azione risulta volta a tutelare un diritto all'uso della cosa Comune in conformità alla regola della comunione. Onde meglio qualificare la fattispecie, infatti, occorre descrivere brevemente lo stato dei luoghi. Come risulta dalla relazione tecnica, le parti, dell'odierno giudizio sono proprietarie di due unità immobiliari contigue facenti parte del condominio omissis in R. località Aremogna Il Condominio omissis Foto numero 1 è un edificio di numero 12 piani in omissis AQ , situato in Via omissis , tra il centro abitato del Comune montano e la Località Aremogna a 1.400 mt di altitudine, piuttosto vicino agli impianti scioviari di risalita di Aremogna-Pizzalto-MontePratello. Il fabbricato, dal punto di vista architettonico, si presenta con una caratteristica forma ad L piuttosto imponente ed impattante nel suo insieme, un fuori scala evidente, con particolarità costruttive in cemento armato è una struttura tipica degli anni '80 come altre realizzate in queste zone e come concesso dal PRG all'epoca vigente omissis . Il prospetto posteriore del Condominio, su Via omissis , è caratterizzato quindi da una certa omogeneità soprattutto nella realizzazione delle ringhiere di tutti i balconi condominiali che sono rigorosamente uguali e ben allineati le doghe delle ringhiere in legno sono tra di loro parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura inferro il legno delle doghe risulta compatto, consistente anche se non si presenta in buono stato conservativo in quanto risalente all'epoca della realizzazione dell'immobile cfr. pagg. 4-5 della relazione finale . Come ha sottolineato la consulenza tecnica, la facciata del fabbricato del condominio si presenta omogena e caratterizzata dalla realizzazione dei balconi tutti con le stesse caratteristiche e posti, simmetricamente, con ringhiere in doghe in legno dello stesso colore, con i medesimi divisori tra le proprietà istallati sui balconi e ancorati a una struttura in ferro cfr. foto numero 2 CTU . Le due unità abitative oggetto di Causa sono poste al 6° Piano, direttamente a confine tra loro, ed entrambe hanno accesso ad un balcone posto sul lato posteriore dell'edificio realizzato con omogeneità rispetto agli altri e caratterizzato da ringhiere in legno parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura in ferro. A dividere le due proprietà sul balcone, come per tutti gli altri appartamenti dell'edificio condominiale, vi è un divisorio realizzato in una parte di vetro in basso e da una parte composta da listelli di legno orizzontale posti a distanza l'uno dall'altro in modo da far passare la luce cfr. foto nnumero 9-13-17 CTU . Si ritiene, pertanto, che alla luce delle caratteristiche dell'edificio condominiale e della modalità in cui sono stati realizzati i balconi, i divisori in legno e vetro istallati sui balconi a dividere le proprietà condominiali contigue, sono da considerare parti comuni dell'edificio svolgendo in concreto una prevalente funzione estetica per l'edificio, diventando di fatto elementi decorativi ed ornamentali. Secondo l'orientamento consolidato della Corte di legittimità, mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell' articolo 1117 c.c. , non essendo necessari per l'esistenza del fabbricato, nè essendo destinati all'uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole Cass. Sez. 2, 21/01/2000, numero 637 del Cass. Sez. 2, 30/07/2004, numero 14576 Cass. Sez. 2, 30/04/2012, numero 6624 Cass. Sez. 2,14/12/2017, numero 30071 . Inoltre, l'accertamento del giudice del merito che le ringhiere costituenti il parapetto del fronte dei balconi ed i divisori degli stessi, giacche ben visibili all'esterno , disposti simmetricamente , omogenei per dimensioni, forma geometrica e materiale , assolvano in misura preponderante alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5 cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord, ud 09/ 01/2020 08-06-2020, numero 10848 . Ciò posto, è evidente che anche nella fattispecie in esame, dove la ricorrente lamenta l'avvenuta apposizione di un'opera sul divisorio Comune da parte del condomino in violazione del suo pari uso, andrà applicata la disciplina prevista dall' articolo 1102 c.c. piuttosto che gli articolo 900 e ss. c.c. in materia di distanze di luci e vedute. In un caso analogo, in cui la Suprema Corte era chiamata a stabilire proprio la disciplina applicabile tra la disposizione dell' articolo 907 c.c. e 1102 c.c., è stato affermato che in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, però, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà da tal ultima disciplina previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall' articolo 1102 c.c. Cass. civ. Sez. III, Sent., ud. 30/01/2014 03-03-2014, numero 4936 . Tale pronuncia si pone nel solco di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per cui in tema di condominio, ove il giudice constati, con riguardo alla cosa Comune, il rispetto dei limiti di cui all' articolo 1102 c.c. e della struttura dell'edificio condominiale, deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza l'esatta osservanza delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue. Infatti, le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultime non sia in contrasto con le prime nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall' articolo 1102 c.c. Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, in tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un'unità immobiliare agisca in giudizio, come nella specie, per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni, la liceità delle opere, realizzate da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l' articolo 1102 c.c. , secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa Comune purché nonne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. La relativa valutazione spetta al giudice di merito e risulta compiuta dalla sentenza impugnata , rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all' articolo 360 c.p.c. , comma 1, numero 5. cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., ud. 11/02/2022 22-02-2022, numero 5809 . Invero, ai sensi dell' articolo 1102 c.c. ciascun partecipante può servirsi della cosa Comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca ali altri partecipanti di fame parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. L'uso della cosa Comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, secondo il disposto dell' articolo 1102 c.c. , a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa Comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini Simmetricamente, la norma in parola, intesa, altresì, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all'esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilità di godimento della cosa, legittima quest'ultimo, entro i limiti ora ricordati, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, non potendosi intendere la nozione di uso paritetico in termini di assoluta identità di utilizzazione della res , poiché una lettura in tal senso della norma de qua , in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, della cosa Comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio. I rapporti condominiali, invero, sono informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possano fare un pari uso della cosa Comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in ima materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto Cass. Sez. 2, 14/04/2015, numero 7466 Cass. Sez. 2, 30/05/2003, numero 8808 Cass. Sez. 2, 12/02/1998, numero 1499 Cass. Sez. 2, 05/12/1997, numero 12344 Cass. Sez. 2, 23/03/1995, numero 3368 . E' però evidente, in base alla costante interpretazione della Suprema Corte, che l'uso della cosa Comune, ex articolo 1102 c.c. , non possa mai estendersi all'occupazione pressoché integrale del bene, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge, all'usucapione della porzione attratta nella propria esclusiva disponibilità così Cass. Sez. 2, 04/03/2015, numero 4372 Cass. Sez. 2,14/12/1994, numero 10699 . E' compito del giudice del merito, in presenza di ima condotta del condomino consistente nella stabile ed esclusiva occupazione del bene Comune sia pur funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale non solo valutare in fatto se ne sia alterata la destinazione, ma comunque se vi sia compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti E' quindi imposta al giudice, ove sia denunciato il superamento dei limiti imposti dall' articolo 1102 c.c. , per l'occupazione della cosa Comune fatta da un condomino, un'indagine diretta all'accertamento della duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione, e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti Cass. Sez. 6-2, 18/01/2011, numero 1062 Cass. Sez. 2, 14/06/2006, numero 13752 . Ciò posto, alla luce di tali principi, può essere analizzata la fattispecie in esame. Dalla consulenza tecnica espletata si evince che - La convenuta omissis ha istallato, sulla parte di balcone di sua proprietà e in aderenza al divisorio Comune che divide la sua proprietà da quella di parte attrice, un mobile/armadio in listelli di legno color miele con altezza pari a 202 cm e larghezza di 96,50 cm, con alla base una soletta anch'essa in legno, mentre in alto termina precisamente a livello dell'altezza dell'ultima doga del divisorio di confine/ lasciando così un'apertura di circa 90 cm, tra soletta del balcone del 7° piano e l'ultima doga in alto del divisorio di confine tra le proprietà omissis - Il mobile è stato posto quindi in aderenza al divisorio di confine, occupando così tutta la sua estensione sia in larghezza che in altezza e risultando aduso e utilizzo esclusivo della convenuta omissis Il mobile rientra rigorosamente tra le doghe del parapetto del balcone e la tamponatura di facciata del fabbricato, senza lasciare alcuna fessura tra gli spazi laterali indicati, terminando in altezza a livello dell'ultimo elemento in ferro del divisorio cfr. Come si evince foto nnumero 10-11-13 CTU - a causa della presenza del mobile/armadio addossato al divisorio di confine, la parete in muratura ove è situata la finestra della camera da letto risulta in ombra e con questo tipo di ostacolo va da se che non passa più né sufficiente luce attraverso il vetro e le doghe, né i raggi solari attraverso le fessure tra le doghe soprastanti, che in condizioni di bel tempo e giornate assolate, come rappresentato nella foto numero 13, favoriscono il riscaldamento anche delle pareti in ombra contribuendo, seppur in minima parte, a fornire maggior comfort abitativo all'interno. - senza il mobile/armadio, dalla camera da letto della proprietà omissis si potrebbe godere di una semi-veduta sia obliqua che laterale, quindi parziale ma non completamente oscurata. - La veduta dalla camera da letto di parte Attrice risulta compromessa dal retrostante pannello del mobile fino all'altezza delle doghe del divisorio di confine la stessa può usufruire solo della veduta frontale e non più di quella laterale e obliqua Foto 14-15-16 . - Nell' analisi dell'armadio si rilevano dei fori che presumibilmente sono stati effettuati al fine di poter ancorare il mobile alle doghe retrostanti, ma il CTU in sede di sopralluogo ha comunque rilevato che il mobile non era affatto ancorato, ma solo appoggiato alla parete del divisorio tra le proprietà. Tale circostanza, non rispetta i requisiti di sicurezza e ambiente in quanto risulta alquanto pericolosa in caso di bufere e forti venti, come si verifica all'altitudine ove è situato l'edificio condominiale, soprattutto nel periodo invernale, costituendo grave pericolo per l'incolumità delle persone/cose. Dalla consulenza tecnica espletata in ordine allo stato dei luoghi, è stato accertato, dunque, che la convenuta ha posto, in aderenza al divisorio Comune, un armadio di dimensioni notevoli che occupa in altezza e in larghezza l'intero divisorio del balcone in legno e vetro tale da ridurre notevolmente l'ingresso di luce in favore dell'abitazione dell'attrice prima garantito dalla presenza di spazi tra le doghe in legno del divisorio e dal pannello in vetro e di determinare un ostacolo alla visuale laterale e obliqua dalla camera da letto e dallo stesso balcone. E' evidente, pertanto, che tale istallazione dell'armadio ha inciso certamente sull'utilizzo del divisorio Comune tra i due balconi in violazione dell' articolo 1102 c.c. E' pacifico, infatti, che L'uso della cosa Comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell' articolo 1102 c.c. , al duplice divieto di alterarne la normale ed originaria destinazione per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti e di impedire agli altri condomini di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, configurando, pertanto, un abuso la condotta del condomino consistente nella stabile e pressoché integrale occupazione di un volume tecnico dell'edificio condominiale, mediante il collocamento di attrezzature ed impianti fissi funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale . Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., ud. 12/05/2017 23-06-2017, numero 15705 . Del resto, la giurisprudenza ha comunque affermato la violazione dell'articolo 1102 allorché le opere realizzate, comportino una riduzione dell'ingresso di luce ed aria alla proprietà inferiore le opere denunciate, in violazione dell' articolo 1102 c.c. , comportassero proprio una sensibile riduzione all'ingresso di luce ed aria nella proprietà inferiore G. conseguibile dalla facciata esterna Comune dell'edificio cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza numero 10704 del 14/12/1994 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 1132 del 11/02/1985 . Ed ancora, sul punto, si rinviene, in tema di diritto del singolo condomino di servirsi della cosa Comune, anche per fine esclusivamente proprio ma non a vantaggio di un immobile esterno cfr., da ultimo, Cass. ord, 5 febbraio 2020, numero 5060 , e, perciò, nel caso dei muri perimetrali - sia esterno che interno - dell'edificio condominiale, di apportarvi modificazioni come aperture ulteriori o di dimensioni o forma non corrispondenti a quelle già esistenti che gli garantiscano una qualunque utilità aggiuntiva rispetto a quelle godute dagli altri condòmini a condizione - beninteso - che 1 non venga limitato il diritto di costoro all'uso del muro 2 non ne venga alterata la normale destinazione 3 tali modificazioni non pregiudichino il decoro architettonico dell'edificio , un chiaro arresto giurisprudenziale di legittimità cfr. Cass., 3 gennaio 2014, numero 53 vedi anche Cass., 9 giugno 2010, numero 13874 Cass., 23 maggio 2007, numero 12047 Cass., 26 febbraio 2007, numero 4386 Cass., 27 ottobre 2003, numero 16097 Cass., 18 febbraio 1998, numero 1708 del seguente tenore ai sensi dell' articolo 1102 c.c. , gli interventi sul muro Comune, come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dato che tali opere, non incidono sulla destinazione del muro, bene Comune ai sensi dell' articolo 1117 c.c. , e sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia, nell' esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all' articolo 1120 c. c. pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino . In merito a quest'ultimo punto, infatti, va evidenziato che nella stessa CTU è stato indicato che il mobile/armadio posto sul balcone di proprietà della convenuta risulta ben visibile anche dallo stesso cortile dell'edificio ponendosi in netto contrasto con la facciata omogenea dell'edificio condominiale e che lo stesso/ pur se presenta dei fori che fanno presumere che fosse ancorato al divisorio, attualmente non risulta essere fissato in alcun modo al balcone ed è soggetto, pertanto, agli eventi atmosferici piuttosto rigidi e frequenti dovuti all'altitudine in cui è ubicato l'immobile, con il rischio per la sicurezza di cose e di persone. Ne consegue, dunque, l'accoglimento della domanda dell'attrice di condanna della convenuta, alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi con eliminazione dell'armadio/mobile istallato sul balcone. Non vale ad escludere tale assunto la circostanza che il mobile istallato non sia ancorato al balcone e non sia quindi definibile come opera . Secondo la Suprema Corte, da un lato la normativa è certamente applicabile in presenza di costruzioni in senso stretto, ma la stessa sarebbe vincolante anche in presenza di opere che, pur non essendo letteralmente tali, comunque ostacolino stabilmente la vista del vicino cfr. Cass. numero 10500/1994 . Tale valutazione [circa le caratteristiche di stabilità e consistenza del manufatto e la loro idoneità ad ostacolare l'inspectio e la prospectio], poi, non sarebbe necessaria sempre, ma soltanto laddove l'opera eseguita non integri un fabbricato in senso tecnico e propri, ma un manufatto diverso quale ad esempio una rete plastificata o una recinzione in telo , non costituente costruzione in senso tecnico pur nell'accezione molto ampia accolta dalla giurisprudenza con riguardo a tali manufatti si sostiene che essi, ai fini della tutela del diritto di veduta, appaiono assimilabili al fabbricato soltanto a condizione che effettivamente ne ostacolino l'esercizio cfr. Cass. ord.7269/2014 . Pertanto, sebbene una tenda non possa di per sé ritenersi tale e su questo è la giurisprudenza è unanime , si è ritenuto che le sue dimensioni ed il suo ingombro spesso sono tali da impedire il passaggio della luce ed ostruire la vista, ragion per cui la disciplina in materia dovrebbe trovare applicazione anche in detto caso cfr. Cfr. Cass. numero 1598/93 in senso analogo cfr. Cass. numero 22838/2005 . La valutazione cui è chiamato il giudice di merito deve quindi riguardare la struttura dell'edificio, lo stato dei luoghi e i diritti spettanti ai singoli condomini nonché l'idoneità dell'opera del vicino ad ostacolare l'esercizio, valorizzando, in tale prospettiva, la finalità della norma, che è indubbiamente quella di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e di luce. Cfr. Cass numero 22838/2005 , Cass. numero 682/1984 . Infine, va integralmente rigettata la domanda riconvenzionale di parte convenuta non solo perché la stessa era subordinata alla qualificazione del pannello divisorio come 'luce ai sensi dell' articolo 902 c.c. , ma anche perché assolutamente generica non avendo parte convenuta specificato quali prescrizioni avrebbe violato il pannello rispetto all' articolo 901 c.c. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014. Al pari le spese di CTU vengono poste integralmente a carico di parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede - Accerta e dichiara l'illegittima istallazione del mobile/armadio effettuata da omissis sul balcone dell'unità immobiliare sita nel condominio omissis in R. Via omissis su parti comuni dell'edificio condominiale divisorio balcone in violazione dell 'articolo 1102 c.c . in quanto riduce l'uso e il godimento delle cose comuni alla condomina omissis proprietaria dell'unità immobiliare contigua interno del medesimo condominio - Per l'effetto, condanna omissis alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi eliminazione mobile/armadio istallato sul balcone di sua proprietà - Rigetta la domanda riconvenzionale svolta da omissis Condanna omissis al pagamento, in favore di omissis delle spese di lite che liquida in € 4.835 scaglione sino a € 26.000, fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale-tariffe medie per compensi, oltre iva c.p.a. e spese forfettarie come per legge ed € 264 per spese esenti. - Condanna omissis al pagamento delle spese e dei compensi del CTU liquidati come da separato decreto e al rimborso di quelli eventualmente anticipati dall'attrice al consulente.