Avvocato sotto procedimento disciplinare, salvato dalla prescrizione

Fermo restando che l’eccezione di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare a carico dell’avvocato è ammissibile anche dinanzi alla Cassazione, essendo la prescrizione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, la S.C. ricorda che nel nuovo ordinamento professionale forense la prescrizione non può essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai 6 anni indicati nel comma 1 dell’articolo 56 pertanto, il termine complessivo di prescrizione deve intendersi in sette anni e mezzo.

Un avvocato veniva sottoposto a procedimento disciplinare per aver richiesto compensi sproporzionati rispetto all'attività svolta due distinti atti di opposizione avverso il medesimo decreto ingiuntivo, atti che erano del tutto sovrapponibili e che avrebbe potuto presentare con un'unica opposizione . Il Consiglio distrettuale di disciplina applicava la sanzione della censura, sanzione confermata anche dal CNF. La questione è dunque giunta dinanzi alla Suprema Corte su ricorso dell'avvocato che invoca l'avvenuta prescrizione dell'azione disciplinare in virtù dell'articolo 56 l. prof. forense. Fermo restando che l'eccezione di intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare è ammissibile anche dinanzi alla Corte di Cassazione, essendo la prescrizione rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, il Collegio ritiene fondato il ricorso. Nel nuovo ordinamento professionale forense infatti la prescrizione non può essere prolungata «di oltre un quarto rispetto ai 6 anni indicati nel comma 1 dell'articolo 56 pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo». Al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione, occorre considerare che l'illecito contestato all'avvocato nel caso di specie si è concretizzato in una pluralità di condotte. Il termine di prescrizione si è dunque interrotto con la comunicazione della notizia dell'illecito, con la conseguenza che dalla notifica della decisione del CDD e della sentenza pronunciata dal CNF, opera il termine massimo di prescrizione dell'azione disciplinare di sette anni e mezzo che deve considerarsi spirato nel corso del processo. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare.  

Presidente Travaglino – Relatore Giusti Fatti di causa 1. - L'avv. G.U.G. ha proposto due distinti atti di opposizione, e relative istanze di sospensione, avverso il medesimo decreto ingiuntivo ottenuto dalla S. Costruzioni s.r.l. nei confronti dei signori M.A. e M.M. , suoi assistiti. I signori M. , a seguito della richiesta di compenso da parte dell'avv. G. , asseritamente sproporzionato rispetto all'attività espletata da quest'ultimo, hanno presentato, in data 30 gennaio 2015, un esposto al Consiglio dell'ordine degli avvocati di L., ritenendo che i distinti atti di opposizione fossero del tutto sovrapponibili e che l'avvocato ben avrebbe potuto presentare un'unica opposizione differenziando le posizioni processuali. Dall'esposto ha tratto origine un procedimento disciplinare, nel quale l'avv. G. è stato incolpato, L. numero 247 del 2012, ex articolo 3, comma 3, articolo 51, comma 1, e articolo 53, in riferimento all'articolo 4, comma 1, articolo 9 e 12, articolo 29, numero 4, del codice deontologico forense, per aver richiesto compensi sproporzionati all'attività svolta avendo proposto avverso il medesimo decreto ingiuntivo due distinti atti di opposizione di identico contenuto , nella consapevolezza che la posizione processuale di entrambi i suoi assistiti era la medesima , ponendo in tal modo in essere una condotta contraria ai doveri di probità, dignità, decoro ed indipendenza nonché al dovere di svolgere l'attività con coscienza e diligenza venendo meno ai doveri di salvaguardia della propria reputazione e dell'immagine della professione forense . Il Consiglio distrettuale di disciplina di L., con decisione depositata il 27 ottobre 2016, ha applicato all'avv. G. la sanzione della censura. 2. - L'avv. G. ha proposto impugnazione avverso il provvedimento del CDD di L., di cui ha chiesto l'annullamento per erroneità della decisione fondata sul presupposto errato della identità di posizioni dei due clienti . 3. - Il Consiglio nazionale forense, con sentenza numero 28/2022, resa pubblica mediante deposito in segreteria il 22 marzo 2022 e notificata il 21 aprile successivo, ha rigettato il ricorso dell'incolpato, ritenendo i due atti di opposizione perfettamente sovrapponibili sia in punto di fatto che in relazione alla parte motiva, per cui l'avv. G. avrebbe potuto proporre un'unica opposizione nell'interesse delle parti assistite, diversificando, eventualmente, le rispettive posizioni ed evitando, in tal modo, un aumento dei compensi. 4. - Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense l'avv. G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 23 maggio 2022 e depositato il 9 giugno 2022, sulla base di due motivi. 5. - Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede. 6. - Il ricorso è stato fissato in udienza pubblica. Non avendo nessuna delle parti fatto richiesta di discussione orale, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. numero 176 del 2020, e dal D.L. numero 228 del 2021, articolo 16, comma 1, convertito dalla L. numero 15 del 2022. In prossimità della camera di consiglio, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione 1. - Il ricorso per cassazione è affidato a due motivi. 2. - Con il primo motivo, l'avv. G. denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di prescrizione dell'azione disciplinare. In particolare, il ricorrente chiede l'annullamento della sentenza per inosservanza della L. numero 247 del 2012, articolo 56, il quale, stabilendo, al comma 1, che l'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto e, al comma 3, che in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto , ha fissato il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare nella misura massima di sette anni e mezzo dal fatto di rilevanza deontologica. A sostegno di ciò, il ricorrente deduce che dalla data dell'evento, che costituisce il fatto oggetto di contestazione disciplinare, alla data in cui si è svolta la discussione del ricorso in sede di gravame erano già trascorsi più di sette anni e mezzo di conseguenza, il CNF avrebbe dovuto rilevare l'intervenuta prescrizione, atteso che l'evento e la contestazione degli addebiti erano avvenuti successivamente alla data di entrata in vigore della L. numero 247 del 2012, articolo 56. 3. - L'eccezione di intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare, sollevata in questa sede, è ammissibile, in quanto la prescrizione dell'azione disciplinare è rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio e la sua soluzione non comporta indagini fattuali che sarebbero precluse in questa sede , essendo pacifici i dati assunti. 4.- L'eccezione è, altresì, fondata, nei termini di seguito precisati. 5. - Il regime di prescrizione applicabile è, ratione temporis, quello introdotto dalla L. numero 247 del 2012, articolo 56, essendo l'illecito contestato stato commesso successivamente al 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore della disposizione. Nel nuovo ordinamento professionale forense, la prescrizione, al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nell'articolo 56, comma 1 pertanto, il termine complessivo di prescrizione dell'azione disciplinare deve intendersi in sette anni e mezzo. Si tratta di una novità della nuova legge professionale, la quale segue, sotto questo profilo, criteri di natura penalistica, laddove secondo la disciplina previgente, ispirata a un criterio di natura civilistica, la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni. 6. - Quanto al termine di decorrenza della prescrizione, occorre considerare che nella specie l'illecito contestato si è sostanziato in una pluralità di condotte, consistenti non solo nella proposizione, avvenuta il 18 novembre 2013, di due distinti atti di opposizione e relative istanze di sospensione avverso il medesimo decreto ingiuntivo, ma anche nella richiesta, con la notula, di un compenso sproporzionato rispetto all'attività professionale espletata. E la richiesta del compenso è stata effettuata anteriormente al 30 gennaio 2015, data in cui è pervenuto all'Ordine degli avvocati di L. l'esposto dei signori M. , che lamentavano l'eccessività del compenso loro richiesto. Poiché il termine di prescrizione è stato interrotto con la comunicazione all'iscritto della notizia dell'illecito il 24 maggio 2016 nonché dalla notifica della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF rispettivamente avvenuta il 4 gennaio 2018 e il 21 aprile 2022 , opera il termine massimo di prescrizione dell'azione disciplinare di sette anni e mezzo. Anche individuando il dies a quo del termine di prescrizione nel compimento dell'ultima condotta contestata, e quindi in una data prossima al 30 gennaio 2015, tale termine, quantunque operante nel massimo sette anni e mezzo , è da intendere spirato nel corso del processo. 7. - L'accoglimento del primo motivo determina l'assorbimento del secondo, con cui il ricorrente deduce l'inosservanza dell'obbligo di motivazione di cui all'articolo 111 Cost., e L. numero 247 del 2012, articolo 59, lett. m , nonché l'eccesso di potere in relazione all'errata valutazione degli elementi probatori articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 , evidenziando una, a suo avviso, discrepanza tra le sentenze di primo grado e di secondo grado emesse, rispettivamente, dal CDD di L. e dal CNF, perché, mentre nel capo di incolpazione e nella sentenza di primo grado si sostiene che le posizioni dei due clienti erano identiche , nella sentenza di secondo grado si scrive che gli atti di opposizione, in buona sostanza , sarebbero stati perfettamente sovrapponibili. 8. - Il ricorso è accolto. L'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare determina la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata. 9. - La sopravvenuta maturazione della prescrizione durante la pendenza del giudizio di cassazione giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.