Evasione fiscale: quando si applica la particolare tenuità del fatto?

Ai fini dell’applicazione della particolare tenuità del fatto, i comportamenti successivi alla commissione del reato non assumono alcuna rilevanza nella valutazione del grado dell’offesa. Invero, è al momento della consumazione del reato che devono esserne verificati i presupposti integranti tale causa di non punibilità. Pertanto, l’evasore fiscale che provvede, comunque tardivamente, a saldare parte del debito portando la somma evasa al di sotto della soglia prevista per la punibilità non potrà dichiararsi non punibile.

In una recente sentenza in ambito di reati tributari, con specifico riferimento all'evasione dell'imposta sul valore aggiunto da parte del soggetto obbligato a presentare la relativa dichiarazione fattispecie di cui all'articolo 5 d. lgs. numero 74/2000 , la Corte di Cassazione si è espressa in merito all'applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto articolo 131-bis c.p. all'imputato che provvede a versare una parte dell'importo dovuto all'erario, in ciò portando il debito complessivo al di sotto della soglia di 50mila euro prevista da suddetta norma violata. Nel caso de quo, il rappresentante legale della società, imputato per evasione fiscale, veniva condannato con sentenza confermata in Appello e ricorreva per la cassazione della stessa, lamentando come il - seppur tardivo - pagamento della somma che aveva ridimensionato la cifra evasa al di sotto della citata soglia, avrebbe dovuto portare ad una declaratoria di non punibilità per particolare tenuità. La Suprema Corte, nel dichiarare infondato il ricorso specifica che i fatti successivi alla commissione del reato non hanno alcuna rilevanza ai fini della valutazione del grado di offesa e che pertanto è al momento della consumazione che devono essere verificati i presupposti integranti la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis c.p. nel caso di specie, quindi, l'offesa da valutare è quella consistente nell'imposta evasa al momento della scadenza del pagamento, mentre è da ritenersi ininfluente il successivo versamento, totale o parziale, a saldo del debito tributario. La Corte di Cassazione rigetta, pertanto, il ricorso.

Presidente Marini – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza, la Corte di appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Grosseto e appellata dall'imputato, la quale aveva condannato P.M. alla pena ritenuta di giustizia per il delitto di cui al D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 5, a lui ascritto perché, nella sua qualità di legale rappresentante e socio accomandatario della omissis  s.a.s. , al fine di evadere l'imposta sul valore aggiunto per l'importo di 53.047 Euro, non presentava, essendovi obbligato, la dichiarazione annuale fiscale relativa all'anno di imposta 2012. 2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, affidato a uno motivo, che deduce la violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lett. b , in relazione all'articolo 131-bis c.p. Evidenzia il difensore che l'imputato, sia pure in maniera tardiva e parziale ma comunque volontaria, ha versato all'erario la somma di 3.250 Euro, per effetto della quale l'imposta evasa è pari a 49.980 Euro, quindi sotto la soglia di punibilità prevista dalla norma incriminatrice. Di conseguenza, ad avviso del difensore, la Corte di merito non ha correttamente applicato l'articolo 131-bis c.p., sia perché il superamento della soglia non eccede il 10%, sia perché non ha considerato l'indicato pagamento postumo ma spontaneo di una parte del tributo evaso. Argomenta il difensore che la Corte di merito, anche d'ufficio, avrebbe dovuto rilevare la sussistenza dei presupposti dell'indicata causa di punibilità e pronunciare sentenza assolutoria. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per quanto di ragione. 2. Come prevede il chiaro dettato letterale, la speciale causa di non punibilità prevista dall'articolo 131 bis c.p. - applicabile, ai sensi del comma 1, ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta - è configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richiesta la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalità della condotta e dell'esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall'articolo 133 c.p., cui segue, in caso di vaglio positivo - e dunque nella sola ipotesi in cui si sia ritenuta la speciale tenuità dell'offesa -, la verifica della non abitualità del comportamento, che il legislatore esclude nel caso in cui l'autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. 3. Con riguardo ai reati che, in materia tributaria, prevedono una soglia di punibilità, si è chiarito, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'articolo 131-bis c.p. può trovare applicazione, qualora il giudice accerti la minima offensività del fatto sulla base degli indicatori rappresentati dalle modalità della condotta, dall'esiguità del danno o del pericolo da essa derivante e dal grado di colpevolezza Sez. 3, numero 58442 del 02/10/2018, dep. 28/12/2018, Colzani, Rv. 275458 . In altri termini, la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'articolo 131-bis c.p. può trovare applicazione a condizione che la fattispecie concreta, all'esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno erariale e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un'offensività minima, ossia quando il fatto abbia riguardato un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità Sez. 3, numero 16599 del 20/02/2020, dep. 03/06/2020, Latorre, Rv. 278946 , secondo un apprezzamento fattuale che è devoluto al giudice di merito. 4. Va inoltre/ chiarito che i fatti successivi alla commissione del reato non assumono alcuna rilevanza di fini della valutazione del grado dell'offesa. Invero, è al momento della consumazione del reato che devono essere verificati i presupposti integranti la causa di non punibilità ex articolo 131-bis c.p., sicché è in quel momento che deve valutarsi se l'offesa cagionata al bene protetto dalla norma incriminatrice violata sia o meno di particolare tenuità . Ciò significa, in relazione al delitto in esame, che l'offesa deve essere apprezzata con riferimento all'imposta evasa come risultante al momento della scadenza per il pagamento del debito tributario, nel quale, consumandosi il reato, si realizza la lesione del bene tutelato di conseguenza, è del tutto ininfluente, ai fini dell'applicazione dell'articolo 131-bis c.p., il successivo pagamento, totale o parziale, del debito tributario, ciò che, invece, può assumere rilevanza in relazione all'applicazione degli istituti disciplinati dagli D.Lgs. numero 74 del 2000 articolo 13 e 13-bis. 5. Orbene, nel caso in esame, la Corte di merito, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica, ha escluso la tenuità dell'offesa, posto che, essendo pacificamente irrilevante il successivo parziale versamento dell'imposta, il superamento della soglia, pari a oltre tremila Euro, non è stato ritenuto così vicinissimo alla soglia di punibilità medesima, tale da qualificare l'offesa in termini di particolare tenuità , anche in relazione al complessivo danno cagionato all'erario quale conseguenza del mancato pagamento delle imposte. 6. Nel caso in esame, inoltre, vi è un elemento ulteriore che osta all'applicazione della caso di non punibilità in esame. 7. In relazione alla non abitualità del comportamento, è opportuno richiamare l'interpretazione fornita dalle Sezioni Unite di questa Corte a proposito della commissione di più reati della stessa indole , che, integrando un comportamento abituale, osta all'applicazione della causa di non punibilità in esame. In particolare, le Sezioni Unite sent. numero 13681 del 25 febbraio 2016, Tushaj hanno chiarito, in primo luogo, che il tenore letterale lascia intendere che l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole dunque almeno due diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'articolo 131-bis ciò significa che il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto . Quanto alla definizione di reati della stessa indole , le Sezioni Unite hanno richiamato la definizione racchiusa nell'articolo 101 c.p., che individua due categorie una formale, riferita alla violazione della stessa disposizione di legge, ed una per così dire sostanziale, connessa ai caratteri fondamentali comuni dovuti alla natura dei fatti che li costituiscono o ai motivi determinanti . In particolare, la categoria sostanziale individua diversi parametri, di cui va rimarcata la alternatività e che, per espressa enunciazione della definizione legale, afferiscono ai casi concreti. Il primo parametro, d'impronta oggettiva, attiene alla natura dei fatti. L'altro, soggettivo, coglie i motivi determinanti, le finalità della condotte . In relazione al parametro oggettivo, nella sua vaghezza legata all'evocazione della natura dei fatti, chiama in causa diversi fattori, quali la natura dei beni giuridici protetti dalle diverse incriminazioni , nonché le connotazioni delle diverse condotte concrete, che pure possono ben esprimere le sostanziali connessioni tra gli illeciti rilevanti ai fini del giudizio affidato al giudice . In altri termini, per reati della stessa indole , ai sensi dell'articolo 101 c.p., devono intendersi quelli che violano una medesima disposizione di legge e anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, presentano nei casi concreti - per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati - caratteri fondamentali comuni da ultimo, Sez. 3, numero 38009 del 10/05/2019, dep. 13/09/2019, Assisi, Rv. 278166 . 8. Orbene, come emerge dagli atti, l'imputato ha riportato tre condanne definitive postate ai numero 3, 5 e 7 del certificato del casellario giudiziale per il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali. In applicazione dei principi dinanzi indicati, può affermarsi che si tratta di reati della stessa indole rispetto al delitto di omessa presentazione della dichiarazione, essendo entrambi gli illeciti accomunati dal mancato pagamento di somme che, in ambito lavorativo, sono dovute o quali contributi previdenziali ovvero a titolo di imposta, il che, anche dal punto di visto soggettivo, sta parimenti a denotare una comunanza di motivazione, insita, appunto, nella volontà di sottrarsi al pagamento di somme dovute per legge. Si è in presenza, inoltre, di una condotta pacificamente seriale, posto che l'imputato ha riportato, in precedenza, ben tre condanne per reati della stessa indole. 9. Dunque - e conclusivamente - stante la ritenuta non tenuità dell'offesa ed essendosi in presenza di comportamento abituale, desunto dalla serialità dei reati della stessa indole, non vi sono le condizioni per l'applicazione dell'istituto di Cui all'articolo 131-bis c.p 10. Il ricorso deve perciò essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il riocorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.