Fuori dal mondo della scuola il docente che ha una relazione con una sua studentessa minorenne

Confermata in via definitiva la destituzione decisa dall’amministrazione scolastica. Inutili le obiezioni difensive proposte dal legale che ha rappresentato l’oramai ex docente. Palese, secondo i giudici, la gravità della condotta tenuta dall’insegnante.

Fuori per sempre dalla scuola il docente che ha intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un'allieva della sua classe che non aveva ancora raggiunto i 18 anni di età. Inutili le contestazioni da lui mosse al duro provvedimento adottato dall' amministrazione scolastica . Confermata anche la sua esclusione dall'accesso futuro a qualsiasi forma di pubblico impiego . Scenario della delicata vicenda è una classe di una scuola superiore. In quel contesto cominciano i contatti tra docente e allieva – ancora minorenne –, che sfoceranno poi, all'esterno del contesto scolastico, in una vera e propria relazione. Una volta venuti alla luce i dettagli della liaison tra professore e studentessa, la scuola reagisce in modo drastico, cioè comunicando al docente la sua destituzione . Tale provvedimento viene confermato dai giudici di merito, i quali respingono le obiezioni proposte dal legale che rappresenta il professore e mirate a sostenere «la mancanza di proporzionalità della sanzione». In particolare, i giudici d'Appello prendono atto che «il docente non ha contestato i fatti addebitatigli, ossia l'avere intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna minorenne» e aggiungono poi «le circostanze addotte a sostegno della pretesa non gravità della vicenda», ossia che «l'allieva avesse compiuto la maggiore età nell'anno scolastico» in cui era nata la relazione col docente e che «la madre della ragazza fosse consapevole della relazione, scaturita, peraltro, da un iniziale interessamento dell'allieva, mostratasi consenziente e disposta a ricambiare i sentimenti del docente», «non sono idonee a suffragare la tesi difensiva». In sostanza, è impossibile ridimensionare la gravità della vicenda, poiché «il disvalore della condotta del docente emerge in tutta la sua gravità», soprattutto se si considera, da un lato, «il ruolo di responsabilità e la funzione educativa a lui assegnati» e, dall'altro, il fatto che «gli studenti a lui affidati attraversavano un'età obiettivamente critica sotto il profilo dello sviluppo della personalità e delle modalità di interazione sociale». Nel contesto scolastico «il docente era tenuto a relazionarsi agli studenti con la maturità di un soggetto adulto ed a svolgere un fondamentale ruolo educativo», ribadiscono i giudici, e, invece, «instaurare una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna – tanto più se minorenne – ha significato venir meno in modo radicale ai doveri ed alle responsabilità insiti in tale ruolo e ha disvelato la totale incapacità del docente di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale, giungendo lui ad uniformarsi nei comportamenti ad un coetaneo dei propri allievi». Tutto ciò «si è riverberato sul rapporto fiduciario con l'amministrazione scolastica, pregiudicandolo in modo irreparabile», sanciscono i giudici, anche tenendo presente «la non breve durata – sei mesi – della relazione con l'alunna minorenne», e senza poi dimenticare che «il docente aveva riallacciato il legame dopo averlo interrotto a seguito di un colloquio con la madre della studentessa». Per completare il quadro, infine, i giudici sottolineano anche il peso specifico da riconoscere alla «consumazione di rapporti sessuali» tra il docente e l'allieva durante la loro relazione. Impossibile, poi, chiariscono i giudici, sostenere che i fatti fossero «estranei alla sfera scolastica perché avvenuti al di fuori degli edifici dell'istituto e privi di ricadute in ambito scolastico perché non hanno pregiudicato il rendimento dell'alunna ed i suoi rapporti con i compagni di classe e gli altri docenti». Al contrario, invece, va sottolineato, osservano i giudici, che «la vicenda si era svolta nel corso dell'anno scolastico e che l'uomo era docente nella classe cui apparteneva la studentessa». Anche per i giudici d'Appello, come già per l'amministrazione scolastica, «le condotte» tenute dall'uomo «erano oggettivamente inscindibili dal ruolo di docente e dai compiti formativi ed educativi» a lui affidati. Di conseguenza, «la sanzione della destituzione» va considerata «congrua e proporzionata alla gravità dei fatti». Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal legale dell'oramai ex docente e mirato a ridimensionare la gravità della relazione instaurata dall'uomo con la studentessa. Impossibile, precisano i giudici, ritenere ancora collocabile il docente in un contesto scolastico, seppur con mansioni slegate dall'insegnamento e dal contatto quotidiano con gli allievi. Ciò perché è evidente «la gravità della condotta» accertata e, quindi, è assolutamente adeguata la sanzione espulsiva adottata dall'amministrazione scolastica. Tirando le somme, è palese, sanciscono i giudici, «la violazione grave e volontaria» compiuta dal docente a fronte dei suoi «doveri inerenti la funzione educativa», anche tenendo presenti alcuni dettagli non secondari, ossia il fatto che egli «insegnava proprio nella classe cui apparteneva la studentessa», poi «l'età della ragazza, la durata della relazione e la consumazione di rapporti sessuali». Esclusa categoricamente, invece, l'ipotesi di una sanzione conservativa, che, precisano i giudici, avrebbe richiesto «un semplice giudizio di incompatibilità tra il fatto» contestato al professore «e la funzione docente».

Presidente Manna Relatore Spena Fatti di causa 1. Con sentenza del 10 gennaio 2020, la Corte d'Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da M.O., già docente del MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA in prosieguo MIUR , in servizio presso l'Istituto scolastico superiore omissis , per l'impugnazione del provvedimento disciplinare del 14 maggio 2018, di destituzione e di esclusione dall'accesso futuro a qualsiasi forma di pubblico impiego. 2. La Corte territoriale, per quanto ancora in discussione, rigettava il motivo d'appello con il quale il docente deduceva la mancanza di proporzionalità, ragionevolezza o congruità della sanzione irrogata. 3.Esponeva che il M. non contestava i fatti addebitatigli ovvero l'avere intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna minorenne riteneva che le circostanze addotte a sostegno della pretesa tenuità degli addebiti il fatto che l'alunna avesse compiuto la maggiore età nello stesso anno scolastico, che la madre fosse consapevole della relazione, che la relazione fosse scaturita da un iniziale interessamento della minore, che quest'ultima fosse consenziente e ricambiasse i sentimenti del docente non fossero idonee a suffragare la tesi difensiva. 4. Osservava che il disvalore delle condotte emergeva in tutta la sua gravità considerando, da un lato, il ruolo di responsabilità e la funzione educativa assegnati al M. e, dall'altro, il fatto che gli studenti a lui affidati attraversavano un'età obiettivamente critica sotto il profilo dello sviluppo della personalità e delle modalità di interazione sociale. 5. In questo contesto, il docente era tenuto a relazionarsi agli studenti con la maturità di un soggetto adulto ed a svolgere un fondamentale ruolo educativo. Instaurare una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna-tanto più se minorenne significava venir meno in modo radicale ai doveri ed alle responsabilità insiti in tale ruolo e disvelava la totale incapacità di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale, giungendo il docente ad uniformarsi nei comportamenti ad un coetaneo dei propri allievi. 6. Ciò si riverberava sul rapporto fiduciario con l'amministrazione scolastica, pregiudicandolo in modo irreparabile, a maggior ragione considerando la non breve durata della relazione con l'alunna minorenne- da ottobre 2016 a marzo 2017 il fatto che il M. l'avesse riallacciata dopo averla interrotta a seguito di un colloquio con la madre della studentessa nonché l'aggravante della consumazione di rapporti sessuali. 7. Nè poteva sostenersi ragionevolmente che i fatti fossero estranei alla sfera scolastica, perché avvenuti al di fuori degli edifici della scuola e privi di ricadute in ambito scolastico perché non avrebbero pregiudicato il rendimento dell'alunna ed i suoi rapporti con i compagni di classe e gli altri docenti al riguardo il giudice dell'appello evidenziava che la vicenda si era svolta nel corso dell'anno scolastico e che il M. era docente nella classe cui apparteneva la studentessa. 8. Per queste ragioni, concludeva il giudice dell'appello, le condotte erano oggettivamente inscindibili dal ruolo di docente e dai compiti formativi ed educativi la sanzione della destituzione era, dunque, congrua e proporzionata alla gravità dei fatti commessi. 9.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza M.O., articolato in un unico motivo di censura ed illustrato con memoria, cui ha resistito con controricorso il MIUR. 10. Il PG ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione 1.Con l'unico motivo di ricorso il M. ha denunciato ai sensi dell' articolo 360 numero 3 e numero 5 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli articolo 2106 e 2119 c.c. del D.Lgs. numero 297 del 1994, articolo 498 lettere a e b , e articolo   496, 495, 494, 492 del CCNL del comparto Istruzione e ricerca del 19 aprile 2018, articolo 12 e 29 del CCNL del comparto scuola del 29 novembre 2007, articolo 91 e 95 del D.Lgs. numero 165 del 2001 articolo 55 nonché l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti. 2. Si deduce che il D.Lgs. numero 297 del 1994 - cui rinviano il CCNL del comparto scuola 21 novembre 2007, articolo 91 nonché il CCNL del comparto Istruzione e ricerca del 19 aprile 2008 prevede le fattispecie disciplinari agli articoli da 493 a 498, correlando a ciascuna di esse le sanzioni, secondo una scala di gradualità. 3. In particolare, l'articolo 496 dispone la sospensione dall'insegnamento e dall'ufficio per un periodo di sei mesi e, dopo la sospensione, l'utilizzazione in compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o a quella direttiva connessa al rapporto educativo, in caso di compimento di uno o più atti di particolare gravità integranti reati puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni per i quali sia stata pronunciata senterza irrevocabile di condanna o sentenza di condanna di primo grado confermata in grado di appello ed in ogni altro caso in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione dall'esercizio della potestà genitoriale, precisando che gli atti per i quali è inflitta la sanzione devono essere non conformi ai doveri specifici inerenti la funzione e denotare l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio nell'esplicazione del rapporto educativo. 4. L'articolo 498, invece, punisce con la destituzione alla lettera a , gli atti in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione ed, alla lettera b , l'attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie. 5. Si addebita alla Corte territoriale di avere ritenuto la congruità della sanzione della destituzione basandosi sulla oggettiva inidoneità a svolgere la funzione docente, senza considerare altre circostanze pacifiche in causa come l'assenza di altri addebiti disciplinari, il comportamento tenuto, anche nel corso della fase procedimentale e l'assenza di abuso di autorità e senza tener conto della prova a discarico, richiesta nei due gradi di merito e non ammessa. 6. Si assume che il giudice dell'appello non avrebbe concretamente indicato le ragioni per le quali egli dovesse essere considerato inadeguato anche rispetto all'esercizio di una funzione diversa da quella docente come previsto dal D.Lgs. numero 297 del 1994 articolo 496 e non avrebbe considerato tutti gli elementi richiesti dall'articolo 498. 7.Si evidenzia, da ultimo, che solo con la contrattazione collettiva del 19 aprile 2018, successiva ai fatti di causa, all'articolo 29, era stata prevista la destituzione in caso di atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale riguardanti gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche in mancanza di gravità o reiterazione. 8. Il ricorso è infondato. 9. Occorre premettere che per il personale direttivo e docente della scuola statale il codice disciplinare è dettato dagli articoli da 492 a 499 del D.Lgs. numero 297 del 1994 tali norme sono rimaste in vigore anche dopo la contrattualizzazione del pubblico impiego, in quanto richiamate dall'articolo 91 del CCNL comparto Scuola 29.11.2007, secondo il quale continuano ad applicarsi le norme di cui al Titolo 1, Capo 4 della Parte 3 del D.Lgs. numero 297 del 1994. 10. Il richiamato decreto legislativo, agli articoli da 493 a 498, descrive, tipizzandole, le singole condotte disciplinarmente rilevanti ed a ciascuna di esse correla, secondo una scala di gradualità per gravità, le sanzioni applicabili. 11. Questa Corte ha già affermato Cassazione civile sez. lav., 07/03/2017, numero 5706 che, a fronte di previsioni di fonte legale che correlano le sanzioni a condotte in parte assimilabili tra loro, salvo l'elemento della maggiore o minore gravità cfr. lett. a articolo 494, 495 e articolo 498 articolo 495, lett. d e articolo 498, lett. f e che, perfino in relazione a condotte non conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione e che denotano l'incompatibilità a svolgere i compiti del proprio ufficio nell'esplicazione del rapporto educativo, prevedono articolo 496 che il dipendente possa essere mantenuto in servizio-seppur in funzioni diverse da quelle correlate al rapporto educativo il giudice del merito deve formulare il giudizio valoriale di gravità delle condotte addebitate al docente e di proporzionalità della sanzione espulsiva-operando un giudizio di sussunzione della condotta in fatto ricostruita nell'ambito dell'uno o degli altri illeciti disciplinari. 12. Il giudizio di riferibilità delle condotte addebitate al docente alla fattispecie normativa, in sostanza, costituisce un ineliminabile punto di partenza per un adeguato giudizio valoriale sulla gravità della condotta e, quindi, sulla proporzione della sanzione espulsiva. 13. A tale principio deve essere data continuità in ques. a sede. 14. Nella fattispecie di causa, tuttavia, la Corte territoriale ha operato tale sussunzione, ritenendo integrata, come si desume dall'articolato percorso motivazionale, la ipotesi di atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti la funzione , prevista dal D.Lgs. numero 297 del 1994 articolo 498, lettera a come illecito sanzionato con la destituzione. 15. È altresì chiara la diversità di tale fattispecie rispetto a quella di cui al precedente articolo 496, che punisce con la sanzione conservativa della sospensione per un periodo di sei mesi e dell'utilizzazione, decorso il tempo di sospensione, in compiti diversi dalla funzione docente, il compimento di specifici atti che pur se di particolare gravità ed integranti reato siano non conformi ai doveri specifici inerenti la funzione docente e denotino l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio nell'esplicazione del rapporto educativo . 16. Vi è, dunque, nel caso sanzionato con la destituzione una violazione grave e diretta dei doveri inerenti la funzione mentre nel precedente articolo 496 la sanzione conservativa si fonda su un semplice giudizio di incompatibilità tra il fatto di reato e la funzione docente. 17. Il giudizio di sussunzione operato nella sentenza impugnata appare, pertanto, corretto giacché la condotta addebitata, per quanto accertato nella sentenza impugnata, era direttamente legata alla qualità del M. di docente nella classe cui apparteneva l'alunna minorenne sicché è consistita in una grave violazione dei doveri inerenti alla funzione educativa. 18. Il giudice dell'appello, all'esito del giudizio di sussunzione, neppure è venuto meno al suo dovere di verificare la gravità della violazione dal punto di vista concreto, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto rilevanti va, infatti, osservato come più volte affermato da questa Corte e dalla Corte Costituzionale Cass. numero 5706/2017 citata e giurisprudenza ivi richiamata -che anche con riferimento alle ipotesi, quali quella in esame, di illeciti disciplinari tipizzati dal legislatore, deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell'irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato. 19. Il giudice del merito ha in concreto operato il giudizio di proporzionalità ed a tal fine ha valorizzato l'età minore della alunna, la durata della relazione, il fatto che essa fosse stata riallacciata dopo l'intervento della madre dell'allieva, la consumazione di rapporti sessuali e, dunque, tanto l'oggettiva gravità della condotta che la volontarietà del comportamento del docente. 20. La decisone assunta è, dunque, essente dalle censure mosse in ricorso. 21. Le spese di causa, liquidate, in dispositivo, seguono la soccombenza. 22. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto ai sensi del L. numero 228 del 2012 articolo l co 17 che ha aggiunto il D.P.R. numero 115 del 2002 articolo 13 comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto Cass. SU 20 febbraio 2020 numero 4315 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.