Immobile locato “in nero” e affitto non pagato dall’inquilino: condannato per violazione di domicilio il proprietario

Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare l’episodio. Irrilevante il fatto che le persone presenti nell’immobile l’avessero occupato senza un valido titolo. Ciò non basta per escludere l’esercizio dello ius excludendi nei confronti del proprietario.

Colpevole di violazione di domicilio il proprietario che entra di forza nell'immobile dato in affitto ‘in nero'. Irrilevante il fatto che l'inquilino abbia interrotto il pagamento del canone di locazione. Ricostruito in dettaglio l'episodio, verificatosi in Liguria, le due persone sotto processo, ossia la proprietaria dell' immobile e il marito , vengono condannate per il delitto di violazione di domicilio . In sostanza, la donna è entrata di forza nella casa di sua proprietà e data in affitto ‘in nero' a una famiglia. Per il legale di moglie e marito, però, va utilizzata una differente chiave di lettura per comprendere la condotta tenuta dai suoi clienti. Più precisamente, il legale sostiene che «le persone offese», cioè la famiglia presente nell'immobile, «erano occupanti abusive della casa e, come tali, prive dello ius excludendi nei confronti della proprietaria dell'immobile», e ciò ha fatto venire meno, a suo parere, «il bene giuridico tutelato dell'inviolabilità del domicilio». La linea proposta dalla difesa dei due coniugi viene prontamente smentita dai giudici della Cassazione, i quali chiariscono che, in materia di violazione di domicilio , « l'occupazione » di un immobile « non coperta da valido titolo », come in questa vicenda, « non esclude in capo all'occupante illegittimo l'esercizio dello ius excludendi » nei confronti del proprietario dell'immobile, quando, però, «le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull'immobile consentono di ritenere quel luogo come l'effettivo domicilio dell'occupante medesimo». In questa ottica «viene in rilievo non già il titolo formale in virtù del quale il domicilio – nell'accezione, costituzionalmente tutelata, di luogo in cui si esplica la personalità dell'individuo nell'intimità – è costituito, bensì il rapporto di fatto instaurato con la casa», precisano i giudici, ricordando, a mo' di chiarimento, che «non è configurabile il reato di violazione di domicilio nella condotta dell'inquilino che, pur avendo subito un provvedimento di sfratto emesso dal giudice civile, si introduce nell'immobile prima che il locatore venga reimmesso effettivamente nel possesso, spontaneamente o in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata per rilascio». Tornando ai dettagli della vicenda presa in esame, i magistrati sottolineano che «le persone offese occupavano l'immobile in virtù di un contratto di locazione non registrato» e «avevano sospeso il pagamento del canone» senza che però «la proprietaria avesse intrapreso alcuna azione giudiziaria alcuna». Per chiudere il cerchio, infine, i giudici aggiungono che «le modalità dell'introduzione nell'immobile, del successivo trattenimento e della violenza impiegata in danno degli occupanti ‘in nero' hanno certificato pienamente la coscienza e la volontà della violazione » da parte della proprietaria dell'immobile.

Presidente Palla -  Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata del 1 marzo 2022, la Corte d'appello di Genova ha confermato la decisione del Tribunale di Savona del 20 novembre 2019, con la quale è stata affermata la responsabilità penale di S.E. e F.C. per il delitto di violazione di domicilio aggravata, oltre statuizioni accessorie. 2. Avverso la sentenza indicata hanno proposto ricorso gli imputati, con unico atto a firma del comune difensore, Avv. Marcello Stefani, affidando le proprie censure a quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all' articolo 173, comma 1, disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo, si deduce vizio della motivazione in riferimento all'affermazione di responsabilità per essere le persone offese occupanti abusive dell'alloggio e, come tali, prive dello ius excludendi nei confronti dell'imputata, proprietaria dell'immobile, venendo meno, in tal caso, il bene giuridico tutelato dell'inviolabilità del domicilio. 2.2. Con il secondo motivo, si deduce violazione della legge penale e correlato vizio della motivazione in riferimento all'affermazione di responsabilità del F. , in assenza di un contributo concorsale al medesimo ascrivibile per essersi limitato ad accompagnare la moglie, proprietaria dell'immobile, senza porre in essere condotte di partecipazione, anche morale. 2.3 n terzo ed il quarto motivo contestano il diniego della causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis c.p. , avendo sul punto la Corte territoriale trascurato l'assenza di dolo ed il timore della presenza di intrusi che avevano determinato l'accesso degli imputati, nonché reso una motivazione illogica e contraddittoria, nella misura in cui ha, da un lato, escluso la tenuità del fatto e, dall'altro, ritenuto congrua la liquidazione del danno nella misura di Euro cento. 3. Con requisitoria scritta ex articolo 23 D.L. numero 137, tempestivamente trasmessa, il Procuratore generale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. Considerato in diritto I ricorsi sono inammissibili. 1.II primo motivo è manifestamente infondato. 1.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio, l'occupazione non coperta da valido titolo non esclude in capo all'occupante l'esercizio dello ius exc/udendi , quando le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull'immobile consentono di ritenere quel luogo come l'effettivo domicilio dell'occupante medesimo Sez. 5, numero 30742 del 12/04/2019, Guglione, Rv. 276907 in fattispecie nella quale l'occupante non aveva liberato l'immobile su richiesta del proprietario il quale, dopo avere acconsentito per un certo periodo all'uso del medesimo quale abitazione dell'occupante, vi si era introdotto, gettando in strada i suoi oggetti e aveva chiuso con un lucchetto il cancello d'ingresso numero 42806 del 2014 Rv. 260769 . In tal senso, viene in rilievo non già il titolo formale in virtù del quale il domicilio - nell'accezione, costituzionalmente tutelata, di luogo in cui si esplica la personalità dell'individuo nell'intimità - è costituito, bensì il rapporto di fatto instaurato con l'abitazione, tanto che non è configurabile il reato di violazione di domicilio nella condotta del locatario che, pur avendo subito un provvedimento di sfratto emesso dal giudice civile, si introduce nell'immobile prima che il locatore venga reimmesso effettivamente nel possesso, spontaneamente o in seguito ad un procedimento di esecuzione forzata per rilascio Sez. 5, numero 52749 del 11/10/2017, Kostan, Rv. 271466 . 1.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi, senza trascurare le implicazioni civilistiche rilevanti, atteso che le persone offese occupavano l'immobile di proprietà della S. in virtù di un contratto di locazione non registrato e senza che, a fronte della sospensione del pagamento del canone, la locataria avesse intrapreso azione giudiziaria alcuna, precisando, altresì, come le modalità dell'introduzione, del successivo trattenimento e della violenza impiegata in danno degli occupanti dimostrassero pienamente la coscienza e volontà della violazione. 2. Il secondo motivo è genericamente formulato. Il contributo causale del F. all'azione antigiuridica è stato ancorato alla personale intromissione dello stesso nell'alloggio, di cui gli era nota l'occupazione, ed al successivo trattenimento il che integra la condotta tipica prevista dalla norma incriminatrice e rende, ad un tempo, persino ultroneo il riferimento ad un contributo morale prestato in favore della coimputata, come rilevato dalla Corte di merito. 3. I motivi rassegnati sul punto del diniego della causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis c.p. sono proposti fuori dei casi previsti dalla legge. Il terzo motivo è formulato in modo quantomeno perplesso, nella misura in cui utilizza argomenti tesi all'esclusione della stessa tipicità del fatto rispetto ad un istituto che la consumazione del reato presuppone nel resto, la Corte territoriale ha svolto un apprezzamento che, valorizzando le circostanze dell'azione, la durata dell'intrusione e l'azione violenta nel contesto posta in essere dall'imputata S. , si rivela insindacabile nella presente sede di legittimità Sez. U, numero 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 . Non introduce, infine, alcun profilo di irragionevolezza nel discoro giustificativo il quantum liquidato, a titolo di provvisionale per il danno non patrimoniale, alle parti civili, costituendo il pregiudizio patrimoniale uno solo degli indicatori che concorrono nella valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell' articolo 133, comma 1, c.p. , delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo , e dunque del danno criminale nella sua globalità. I ricorsi sono, pertanto, inammissibili. 3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.