Il giudizio di responsabilità civile deve vertere unicamente sugli elementi costitutivi dell'illecito civile, senza dover riguardare, neppure incidenter tantum , la responsabilità penale dell'imputato per il reato già contestatogli, l'accertamento sul quale è ormai definito ed immodificabile.
Il caso. A seguito di due morti una ciclista ed un pedone avvenuti in ora serale all'intersezione tra una pista ciclabile, aperta al traffico pedonale e ciclistico, ed una via provinciale su cui transitavano auto, il dirigente delle opere pubbliche del Comune fu sottoposto a procedimento penale per il reato di cooperazione in omicidio colposo . Allo stesso veniva imputata l'omissione di alcune opere di sicurezza peraltro previste nel progetto della pista ciclabile dallo stesso redatto , quali un'idonea segnaletica orizzontale, l'impianto di illuminazione e semaforico, nonché l'aver disposto l'apertura al pubblico transito della pista previa apposizione di sole transenne mobili, nonostante la situazione di evidente insicurezza. Dopo essere stato condannato in primo grado, venne assolto in appello e la sentenza di proscioglimento fu impugnata per cassazione dai congiunti ed eredi delle due vittime, costituiti parti civili. La successiva sentenza della quarta sezione penale della Corte di Cassazione rinviò, ai sensi dell' articolo 622 c.p.p. , al giudice civile competente per valore in grado di appello affinché decidesse sulla domanda risarcitoria da questi proposta in particolare il giudice del merito avrebbe dovuto formulare il giudizio controfattuale in tema di causalità omissiva, valutando cioè se la realizzazione dei progettati sistemi di segnaletica stradale, illuminazione notturna, nonché dell'impianto semaforico avrebbe impedito il verificarsi degli eventi mortali. La Corte d'Appello aveva rigettato le domande risarcitorie affermando da un lato che non fosse configurabile in capo al dirigente comunale alcuna posizione di garanzia spettando semmai alla Provincia, quale ente proprietario e dall'altro che non vi sarebbe comunque stata alcuna colpa specifica attribuibile allo stesso per violazione della normativa sulle piste ciclabili “a raso”. È stato quindi proposto nuovo ricorso per cassazione. La regola generale è l'accessorietà dell'azione civile rispetto a quella penale, ma ci sono eccezioni. La Terza Sezione, accogliendo il ricorso, anzitutto ha ricordato come la sentenza della Quarta Sezione Penale, che aveva accolto il ricorso delle parti civili avverso la sentenza di proscioglimento dell'imputato, avesse già evidenziato come il dirigente fosse “titolare di una specifica posizione di garanzia” dovuta al ruolo rivestito nell'esecuzione del progetto dallo stesso redatto, tanto è vero che essendo consapevole dei rischi derivanti per la pubblica incolumità dalla decisione di escludere i dispositivi di sicurezza presenti invece nel progetto aveva predisposto l'apposizione di transenne mobili al termine dei due tronconi di pista ciclo-pedonale. Osservando che tale accorgimento, però, era già stato ritenuto dal giudice di primo grado del tutto insufficiente a tutelare l'incolumità dei pedoni e ciclisti, e tale argomentazione non era stata adeguatamente confutata in appello, la Cassazione Penale aveva affermato che il giudice civile di rinvio avrebbe dovuto verificare, attraverso il giudizio cd. controfattuale, se l'installazione dell'impianto semaforico e egli altri dispositivi di sicurezza avrebbe impedito il verificarsi degli eventi mortali. Tale accertamento, ha chiarito la Terza Sezione nell'ordinanza in commento, non è stato svolto dalla Corte d'Appello, che ha oltretutto disatteso tutti i principi enunciati negli anni dalla Suprema Corte relativamente alla cognizione del giudice civile chiamato, ai sensi dell' articolo 622 c.p.p. , a decidere sulla domanda di risarcimento del danno già proposta mediante costituzione di parte civile nel processo penale, allorché gli effetti penali della sentenza penale di merito siano ormai cristallizzati e la Corte di Cassazione si sia limitata ad annullare le disposizioni o i capi concernenti l'azione civile o ad accogliere, agli effetti civili, il ricorso proposto dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento, come nel caso in esame. Conseguentemente la Cassazione ha ricordato come il criterio regolatore generale dei rapporti tra l'azione civile risarcitoria o restitutoria e i poteri del giudice quanto ai limiti all'oggetto e alle modalità del suo accertamento , nell'ipotesi in cui essa si è esercitata all'interno del processo penale, è quello dell' accessorietà e della subordinazione dell'azione civile rispetto a quella penale che ha quale naturale conseguenza quella per cui l'azione civile, se esercitata all'interno del processo penale, è destinata a subire tutte le conseguenze e gli adattamenti derivanti dalla funzione e dalla struttura del processo penale così Corte Cost. numero 182 del 31/07/2021 . Tale criterio regolatore trova la sua principale espressione nell' articolo 538, comma 1, c.p.p. . Tale regola generale subisce tre eccezioni , concernenti i gradi di impugnazione, in cui al giudice dell'impugnazione penale o al giudice del rinvio in seguito a cassazione, viene attribuito il potere di conoscere della domanda civile anche in presenza di una pronuncia penale di proscioglimento. La prima eccezione è quella stabilita dall' articolo 576 c.p.p. , che prevede che la parte civile possa proporre impugnazione, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio o all'esito del rito abbreviato. La seconda eccezione è quella stabilita dall' articolo 578 c.p.p. , che prevede che il giudice dell'appello penale o la Corte di cassazione provvedano sulla domanda proposta dalle parti civili allorché, su impugnazione dell'imputato o del pubblico ministero, pronuncino sentenza di proscioglimento per prescrizione o amnistia sopravvenute alla condanna emessa nel grado precedente. La terza eccezione è quella stabilita dall' articolo 622 c.p.p. , secondo cui nel giudizio di cassazione, se gli effetti penali della sentenza di merito sono ormai cristallizzati e su di essi è sceso giudicato, la cognizione sulla pretesa risarcitoria e restitutoria scinde completamente dall'accertamento della responsabilità penale e viene compiuta, in sede rescindente, dalla Corte di legittimità, e, in sede rescissoria, dal giudice civile di merito competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento abbia per oggetto una sentenza inappellabile. In tutte le ipotesi di scostamento della regola dell'accessorietà di cui al predetto articolo 538, comma 1, c.p.p. « Quando pronuncia sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, proposta a norma degli articoli 74 e seguenti » l'accertamento condotto sulle illecito civile è completamente autonomo e non risente dell'esito del diverso accertamento già compiuto e ormai definito sull'illecito penale. Ciò significa che il giudice investito della cognizione sulla domanda civile risarcitoria non deve accertare, nemmeno in via meramente incidentale, se si stata integrata la fattispecie tipica prevista dalla norma penale e se da essa siano derivate conseguenze dannose, patrimoniali o non patrimoniali. Deve invece accertare se si sia integrata la diversa fattispecie atipica dell'illecito civile in tutti i suoi elementi costitutivi articolo 2043 c.c. e per quanto concerne il nesso causale il criterio di accertamento dovrà essere non quello dell' alto grado di probabilità logica pensi quello del più probabile che non Cass. Sez. Unumero civ. numero 576 del 11/01/2008 . Spetterà ora nuovamente alla Corte d'Appello fare applicazione di tali principi.
Presidente Spirito – Relatore Spaziani Il testo integrale dell’ordinanza sarà disponibile a breve.