La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’avvocato della controparte che aveva chiesto che non fosse dovuto il compenso ad un collega per l’attività professionale svolta in un guidizio di divorzio.
Un uomo proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di un avvocato, per il compenso dovuto per l'attività professionale svolta in favore dell'opponente in un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio. L'avvocato proponeva ricorso per Cassazione denunciando con l'unico motivo del ricorso che nessun compenso doveva essere riconosciuto alla controparte per la fase decisoria, in quanto la difesa dell'appellato non aveva depositato alcuno scritto conclusionale, così che si palesava ingiustificata la decisione di liquidare i compensi anche per la fase decisoria. Il motivo è infondato e il ricorso deve essere rigettato. Ricorda la Corte di Cassazione che nel disposto del d.m. 55/2014, ai fini del riconoscimento dei compensi per la fase decisionale, rientrino moltissime attività e come risulta chiaro nel caso di specie, la causa era stata riservata una prima volta in decisione e poi rimessa a ruolo, a seguito del trasferimento ad altra sede del Presidente del Collegio, per essere poi nuovamanete trattenuta in decisione all'esito della nuova udienza di conclusioni. Pertanto, alla luce dei fatti, il ricorso deve essere rigettato.
Presidente Orilia - Relatore Besso Mercheis Premesso in fatto che 1. D.C.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore dell'avv. D.N.A., per il compenso dovuto per l'attività professionale svolta in favore dell'opponente in un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il Tribunale di Matera con la sentenza numero 31/2010 revocava il decreto opposto, condannando il D.C. al pagamento della somma di Euro 430,07, inferiore rispetto a quella richiesta in via monitoria. 2. La D. proponeva appello cui resisteva l'opponente. La Corte d'appello di Potenza con la sentenza numero 207 del 7 aprile 2021 rigettava l'appello, condannando l'appellante al rimborso delle spese del grado. Disattesa l'eccezione di nullità per ultrapetizione da parte del giudice di primo grado, quanto alla riduzione del compenso spettante all'opposta, e ciò in ragione della natura stessa del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ed avuto riguardo al credito azionato, riteneva che effettivamente il D.C. aveva contestato l'ammontare delle pretese del suo precedente difensore e nel merito rilevava che la liquidazione dei compensi da parte del giudice di prime cure aveva tenuto conto del fatto che nella fattispecie si trattava di onorari e competenze richiesti dal legale al proprio cliente, palesandosi quindi corretta la liquidazione, alla stregua delle previsioni di cui al D.M. numero 585 del 1994. Era altresì disatteso il motivo di appello con il quale si contestava la compensazione delle spese del primo grado, dovendosi reputare che la soccombenza reciproca ricorra anche nel caso in cui la domanda attorea non sia stata integralmente accolta. Quindi, atteso l'integrale rigetto dell'appello, il giudice condannava l'appellante al rimborso delle spese del grado, che in dispositivo quantificava nella somma di Euro 915,00, di cui Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 255,00 per la fase di studio ed Euro 405,00 per la fase decisionale. Per la cassazione della sentenza d'appello propone ricorso D.N.A. sulla base di un motivo. D.C.A. non ha svolto difese in questa fase. La ricorrente ha depositato memoria. Considerato in diritto che 1. Con l'unico motivo di ricorso si denuncia la violazione del D.M. numero 55 del 2014, articolo 4, comma 5, lett. d , quanto alla liquidazione delle spese del giudizio di appello. In particolare, si deduce che nessun compenso andava riconosciuto alla controparte per la fase decisoria in quanto, come si ricava dall'indice del fascicolo telematico del procedimento di appello, la difesa dell'appellato non ha depositato alcuno scritto conclusionale, così che si palesa ingiustificata la decisione di liquidare i compensi anche per la fase decisoria. Il motivo è privo di fondamento. Come si ricava proprio dal disposto di cui al D.M. numero 55 del 2014, articolo 4, comma 5, lett. d , ai fini del riconoscimento dei compensi per la fase decisionale, rientrano svariate attività e precisamente le precisazioni delle conclusioni e l'esame di quelle delle altre parti, le memorie, illustrative o conclusionali anche in replica, compreso il loro deposito ed esame, la discussione orale, sia in camera di consiglio che in udienza pubblica, le note illustrative accessorie a quest'ultima, la redazione e il deposito delle note spese, l'esame e la registrazione o pubblicazione del provvedimento conclusivo del giudizio, comprese le richieste di copie al cancelliere, il ritiro del fascicolo, l'iscrizione di ipoteca giudiziale del provvedimento conclusivo stesso il giudice, nella liquidazione della fase, tiene conto, in ogni caso, di tutte le attività successive alla decisione e che non rientrano, in particolare, nella fase di cui alla lettera e . Come risulta dalla stessa narrazione dei fatti di causa del giudice di appello cfr. pag. 3 , la causa era stata riservata una prima volta in decisione all'udienza del 22/1/2019 ed è stata poi rimessa sul ruolo, con provvedimento del 27/1/2020, a seguito del trasferimento ad altra sede del presidente del collegio, per essere poi nuovamente trattenuta in decisione all'esito della nuova udienza di conclusioni del 18 febbraio 2020. Peraltro, se è vero che a tale seconda udienza di conclusioni è comparso il solo difensore dell'appellante, dalla copia del verbale della precedente udienza di conclusioni del 22 gennaio 2019 risulta la partecipazione anche dell'avv. omissis , per delega dell'avv. omissis difensore dell'appellato, presenza questa che consente di ritenere maturati i presupposti anche per la liquazione dei compensi per la fase decisionale. 2. Il ricorso va pertanto rigettato. Non vi è provvedimento sulle spese, non essendosi l'intimato difeso nel presente giudizio. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Sussistono, D.P.R. numero 115 del 2002, ex articolo 13, comma 1 quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.