L’articolo 1136 c.c., come novellato dalla l. numero 220/2012, stabilisce che per facilitare la formazione della volontà collegiale, il quorum deliberativo deve far riferimento alla maggioranza degli “intervenuti”. Ai fini dell’adozione delle delibere assembleari in seconda convocazione in un Condominio tra quattro proprietari, se tutti e quattro intervengono, la delibera è approvata col voto favorevole di tre di essi, mentre se gli intervenuti sono dispari la maggioranza è data dal numero che, raddoppiato, superi di almeno una unità il totale dei presenti in assemblea.
In un recente intervento in materia di condominio, la Corte di Cassazione si è espressa sull'interpretazione dell'articolo 1136, comma 3, c.c., con riferimento al quorum deliberativo dell'assemblea condominiale in seconda convocazione. Una condomina impugnava una delibera assembleare, ma in primo grado veniva dichiarata la cessata materia del contendere in quanto il punto dell'ordine del giorno oggetto dell'impugnazione era stata ratificato con una successiva deliberazione. La condomina ricorreva quindi in Appello lamentando una violazione dell'articolo 1136 c.c. per mancato raggiungimento del voto favorevole della maggioranza numerica dei condomini presenti in assemblea, essendo la delibera stata approvata da due condomini anziché tre. La Corte d'Appello riteneva infondata tale doglianza richiamando un principio espresso dalla Cassazione nell'ambito dell'articolo 1136, comma 3 c.c., che si deve intendere ‹‹nel senso che coloro che abbiano votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore››. In ragione di ciò, in secondo grado fu ritenuta validamente assunta la delibera impugnata dalla condomina, la quale ha proposto, quindi, ricorso per Cassazione allegando la violazione dell'articolo 1136 c.c. e, con riferimento alla soccombenza nelle spese processuali dovute dalla stessa alla cessata materia del contendere, dell'articolo 91 c.p.c La Suprema Corte ritiene che la condanna al pagamento di queste ultime è stata erroneamente irrogata dalla Corte d'Appello ‹‹richiamando un principio di diritto ratione temporis non corretto››, avendo giudicato della validità della deliberazione assembleare del 2016 sulla base del testo dell'articolo 1136, comma 3 c.c. vigente fino a giugno 2013. Quest'ultimo articolo è stato novellato dalla l. numero 220/2012 la previgente versione imponeva per la validità della delibera approvata dall'assemblea in seconda convocazione un numero di voti che rappresentasse sempre il terzo dei partecipanti e almeno un terzo del valore dell'edificio. La riforma ha, invece, stabilito che l'intervento di tanti condomini che rappresentano almeno un terzo del valore dell'edificio e un terzo dei partecipanti al condomino è condizione per la regolare costituzione dell'assemblea, mentre, proprio per facilitare la formazione della volontà collegiale, il quorum deliberativo deve far riferimento alla maggioranza degli intervenuti. Nel caso di specie, i partecipanti al Condominio sono quattro se tutti e quattro intervengono la delibera è approvata col voto favorevole di tre di essi, mentre se gli intervenuti sono dispari la maggioranza è data dal numero che, raddoppiato, superi di almeno una unità il totale dei presenti in assemblea. Essendone intervenuti quattro, il voto favorevole di due soli di essi, in ragione di tutto quanto sopra detto, non è sufficiente per l'adozione della delibera impugnata. La Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d'Appello.
Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Atti di causa e ragioni della decisione M.A.M. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza numero 1258/2021, pubblicata in data 11 agosto 2021, della Corte d'appello di L'Aquila. Resiste con controricorso il Condominio di omissis . Il ricorso contraddistinto con numero R.G. 28509-2021 è stato notificato il 2 novembre 2021 e depositato telematicamente il 23 novembre 2021. Lo stesso ricorso risulta tuttavia ulteriormente depositato in formato analogico ed è contraddistinto da numero R.G. 28624-2021. Deve quindi disporsi la riunione dei due ricorsi. La Corte d'appello di L'Aquila ha rigettato l'appello proposto da M.A.M. nei confronti del Condominio di omissis , con riferimento alla sentenza del Tribunale di Pescara numero 1314/2017. Il Tribunale di Pescara aveva dichiarato cessata la materia del contendere in ordine all'impugnazione proposta da M.A.M. relativamente alla delibera assembleare del 14 ottobre 2016, punto numero 5 dell'ordine del giorno, avendo il Condominio convenuto, con successiva deliberazione del 6 aprile 2017, ratificato la decisione di cui al punto numero 5 dell'ordine del giorno della precedente assemblea del 14 ottobre 2016 . La sentenza di primo grado aveva poi condannato l'attrice al pagamento delle spese processuali secondo il criterio della c.d. soccombenza virtuale. La Corte di L'Aquila, decidendo poi sul primo motivo dell'appello spiegato da M.A.M. , circa la violazione dell'articolo 1136 c.c., per il mancato raggiungimento del voto favorevole della maggioranza numerica dei condomini presenti in assemblea, essendo stata la delibera approvata soltanto da due condomini anziché dai tre necessari, ha così affermato 1.1. Il motivo è palesemente infondato poiché la delibera di cui al punto numero 5 dell'ordine del giorno, oggetto dell'impugnazione, è stata approvata con il voto di 766,424 millesimi, dovendosi considerare, secondo il condivisibile principio espresso dalla Corte di Cassazione, che nel condominio di edifici, la regola posta dall'articolo 1136 c.c., comma 3, - secondo la quale la deliberazione dell'assemblea condominiale in seconda convocazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio - si deve intendere nel senso che coloro che abbiano votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore proprietario maggiore rispetto a coloro che abbiano votato a favore. Infatti, la disciplina dell'articolo 1136 c.c., privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali - ”. Il primo motivo del ricorso di M.A.M. deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 91 c.p.c., e articolo 1136 c.c., comma 3, circa il quorum deliberativo numerico necessario per una valida deliberazione. Il secondo motivo allega la violazione o falsa applicazione degli articolo 1117,1102 e 1051 c.c Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione o falsa applicazione degli articolo 91 e 112 c.p.c. Il quarto motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli articolo 1102,1117 ter e 1138 c.c Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato nel suo primo motivo, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'articolo 380 bis c.p.c., in relazione all'articolo 375 c.p.c., comma 1, numero 5 , il Presidente ha fissato l'adunanza della camera di consiglio. Il controricorrente ha presentato memoria. Secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'articolo 2377 c.c., comma 8, dettato in tema di società di capitali Cass. Sez. 6 - 2, 08/06/2020, numero 10847 Cass. Sez. 6 - 2, 11/08/2017, numero 20071 Cass. Sez. 2, 10/02/2010, numero 2999 Cass. Sez. 2, 28/06/2004, numero 11961 , rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese ad una valutazione di soccombenza virtuale. La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell'impugnazione ex articolo 1137 c.c., in quanto la sussistenza dell'interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l'azione, ma anche al momento della decisione. Perché possa verificarsi la rinnovazione sanante con effetti retroattivi, alla stregua dell'articolo 2377 c.c., comma 8, è necessario che la deliberazione impugnata sia sostituita con altra che abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti della prima deliberazione, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità Cass. Sez. 2, 09/12/1997, numero 12439 Cass. Sez. 2, 30/12/1992, numero 13740 Cass. Sez. 2, 19/04/1988, numero 3069 . Se, invece, l'assemblea decida di revocare la precedente deliberazione e di adottarne altra avente una portata organizzativa del tutto nuova, gli effetti di quest'ultima decorrono soltanto da quando sia stata assunta. Ove, dunque, il giudice rilevi la cessazione della materia del contendere in tema di impugnazione di delibera condominiale, analogamente a quanto disposto dall'articolo 2377 c.c., comma 8, il quale espressamente dispone, peraltro, nel testo successivo al D.Lgs. numero 6 del 2003, che . il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società . , la pronuncia finale sulle spese viene regolata sulla base di una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice del merito deve espressamente procedere ad un complessivo ed unitario giudizio circa l'originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere circa la incidenza della potenziale soccombenza sull'onere delle spese. Tale valutazione di fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, posta a fondamento della condanna di M.A.M. al rimborso delle spese processuali, è stata erroneamente compiuta dalla Corte d'appello di L'Aquila, delibando l'inconsistenza dei vizi denunciati dall'attrice nella impugnazione ex articolo 1137 c.c., della delibera del 14 ottobre 2016 richiamando un principio di diritto ratione temporis non corretto. La sentenza impugnata ha, invero, giudicato della validità della deliberazione assembleare del 14 ottobre 2016 sulla base del testo dell'articolo 1136 c.c., comma 3, vigente fino al 17 giugno 2013, allorché è entrata in vigore la modifica introdotta dalla L. numero 220 del 2012. È vero infatti che, ai sensi del vigente articolo 1136 c.c., comma 3, la delibera dell'assemblea di seconda convocazione, ove non si versi nelle ipotesi di cui ai commi 4 e 5, è valida se riporta un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell'edificio, dovendo, quindi, il numero di coloro che hanno votato a favore, sotto il profilo dell'elemento personale, superare pur sempre il numero dei condomini dissenzienti cfr. Cass. Sez. VI-2, 30/7/2020, numero 16338 Cass. Sez. VI-2, 30/7/2020, numero 16337 . Non può evidentemente condividersi quanto sostenuto dal controricorrente nella memoria ex articolo 380 bis c.p.c., comma 2, ovvero che si deve tener conto della peculiare costituzione del Condominio, costituto da un numero pari di condomini quattro , sicché la formulazione dell'articolo 1136 c.c., comma 3, impedisce stabilmente la deliberazione dell'assemblea poiché richiede la maggioranza degli intervenuti che però è chiaramente impossibile da formare in termini matematici sicché quando l'unanimità dei proprietari è in numero pari perché l'assemblea viene definitivamente impossibilitata a deliberare . Si solleva altrimenti dal controricorrente la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1136 c.c., comma 3, per contrasto con contrasto l'articolo 42 Cost., comma 2, oppure si propone una interpretazione conservativa. La memoria sostiene che la norma rende ingiustamente diversi i proprietari di un condominio costituito da un numero pari di condomini rispetto ai più fortunati che hanno un condominio formato da un numero dispari di partecipanti per i primi c'è uno stallo permanente dell'assemblea mentre per i secondi è sempre possibile deliberare . Le considerazioni svolte dal controricorrente sono palesemente sprovviste di fondamento. Allorché, come nel caso in esame, i partecipanti al condominio siano quattro, operano senza alcuna criticità le norme in tema di organizzazione ad es., articolo 1120,1121,1129,1130,1131,1132,1133,1135,1136,1137,1138 c.c. , e specialmente quelle procedimentali sul funzionamento dell'assemblea, restando agevolmente consentito il ricorso al principio di maggioranza assoluta sotto il profilo dell'elemento personale. In particolare, per il riscontro della maggioranza degli intervenuti , agli effetti dell'articolo 1136 c.c., occorre che la deliberazione sia approvata almeno dalla metà più uno dei membri del collegio. Se gli intervenuti sono quattro, la delibera deve essere quindi approvata da tre degli aventi diritto, e così sempre se gli intervenuti sono in numero pari. Se il numero degli intervenuti è, invece, dispari, la maggioranza è data dal numero che, raddoppiato, superi di almeno una unità il totale dei presenti in assemblea. E noto come l'articolo 1136 c.c., comma 3, sia stato novellato dalla L. numero 220 del 2012, in quanto la previgente formulazione imponeva per la validità della delibera approvata dall'assemblea di seconda convocazione un numero di voti che rappresentasse sempre il terzo dei partecipanti e almeno un terzo del valore dell'edificio. La Riforma ha stabilito che l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'edificio e un terzo dei partecipanti al condominio è condizione per la regolare costituzione dell'assemblea, mentre, proprio per facilitare la formazione della volontà collegiale, il quorum deliberativo deve far riferimento alla maggioranza degli intervenuti . La scelta del legislatore di rimettere a tale maggioranza l'approvazione delle deliberazioni dell'assemblea condominiale non è affatto irragionevole, nè è lesiva della proprietà privata, in quanto la soluzione sempre seguita dall'articolo 1136 c.c., come già dal R.D. 15 gennaio 1934, articolo 24, così differenziandosi dal Codice civile del 1865 è stata volta a contemperare le ragioni dominicali con la tutela delle volontà individuali dei condomini, che sarebbero altrimenti soverchiate nelle situazioni in cui vi è una evidente sproporzione dei valori millesimali spettanti ai singoli partecipanti. L'accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l'esame degli ulteriori motivi. Il ricorso va perciò accolto nel primo motivo, con assorbimento dei restanti motivi, e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti della censura accolta, con rinvio alla Corte d'appello di L'Aquila in diversa composizione, che procederà ad esaminare nuovamente la causa uniformandosi ai richiamati principio, e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di L'Aquila in diversa composizione.