Cane portato a spasso in aperta campagna: obbligatori comunque guinzaglio e museruola

Condannati due imputati, ritenuti colpevoli per le lesioni procurate a una donna dai loro due cani. Fatale l’avere portato a spasso i due animali senza guinzaglio e senza museruola. Irrilevante il contesto, precisano i Giudici, e irrilevante anche la presunta condotta aggressiva tenuta dalla persona poi azzannata dai cani.

Passeggiare in aperta campagna, in una zona poco frequentata, non rende meno grave la decisione di portare a spasso due cani senza guinzaglio e senza museruola. Consequenziale, quindi, la condanna dei padroni per le lesioni provocate dai due animali in occasione dell'aggressione compiuta ai danni di una persona. Scenario della vicenda è la provincia abruzzese. A finire sotto processo sono un uomo e una donna. A loro viene contestata la scarsa , quasi nulla, attenzione prestata alla custodia dei loro due cani , che, a spasso senza museruola e senza guinzaglio , hanno aggredito una donna, azzannandola a una gamba e alla testa. Ricostruito il drammatico episodio, i giudici di merito condannano l'uomo e la donna a pagare 300 euro di multa a testa, essendo entrambi ritenuti colpevoli del delitto di lesioni personali colpose . Per i giudici di merito è palese la responsabilità dell'uomo e della donna, avendo consentito che «i loro due cani circolassero liberamente, senza museruola» e non avendo impedito che «i due animali aggredissero una donna» in maniera così violenta da cagionarle «lesioni personali giudicate guaribili in venti giorni». Col ricorso in Cassazione, però, il legale che difende sia l'uomo che la donna prova, innanzitutto, a mettere in discussione la responsabilità di entrambi i suoi clienti. In questa ottica egli pone in rilievo la documentazione attestante «la cessione della proprietà di entrambi gli animali in favore dell'uomo», e aggiunge che in occasione dell'episodio incriminato «gli animali, poiché questi ultimi erano condotti solo dall'uomo» mentre «la donna si trovava ad oltre cento metri di distanza, intenta a conversare con il coniuge della donna poi aggredita dai due quadrupedi ». Centrale, però, nella linea difensiva proposta dal legale, è la tesi secondo cui «i due cani erano senza museruola» perché ci si trovava, in quegli istanti, « in una zona di aperta campagna , con conseguente transito di animali, anche selvaggi, in stato di libertà o di abbandono». Il legale sottolinea che la zona in cui si è verificata l'aggressione dei due cani ai danni della donna «non è frequentata da persone» e dunque «non vi era alcuna necessità di conformarsi a regole di prudenza», anche tenendo presente che «la veterinaria che ha avuto in cura gli animali, sin dalla nascita, ne ha attestato l'indole assolutamente pacifica, anche a fronte di manipolazioni invasive». In sostanza, «si tratta di cani di indole tranquilla, che», sostiene il legale, «si sono imprevedibilmente trovati di fronte a una persona collerica e aggressiva». Chiara la linea proposta dal legale dei detentori dei cani «non vi era alcuna necessità di adoperare particolari cautele» nella custodia degli animali. Giustificato, quindi, sempre secondo il legale, il mancato ricorso al guinzaglio e alla museruola. Questa visione viene respinta in modo netto dai Giudici di Cassazione, i quali confermano invece la responsabilità penale delle due persone sotto processo. Comunque, i magistrati ribadiscono, in premessa, che «l'obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto, tra un certo soggetto e un animale, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico», e, dunque, in questa vicenda, «non ha alcun rilievo stabilire chi fosse il proprietario dei cani, perché è pacifico che l'uomo e la donna avessero la materiale disponibilità degli animali». Proprio ragionando in questa ottica, «il trovarsi ad una certa distanza dall'animale di cui si ha la gestione non è un motivo di esonero dalla responsabilità, bensì integra un profilo di colpa, poiché il porsi nell'impossibilità di controllare un cane, dopo averlo lasciato senza museruola, costituisce senz'altro negligenza e imprudenza». Dunque, l'obiezione difensiva secondo cui «la donna si trovava ad una distanza di circa cento metri dai cani, intenta a conversare con un'altra persona, e quindi nell'impossibilità di intervenire in tempo utile per impedire l'aggressione, lungi dal costituire una giustificazione, vale ad ammettere un profilo di colpa», chiariscono i Giudici. Irrilevante anche il riferimento difensivo al contesto in cui i due quadrupedi hanno aggredito la donna. Su questo tema i Giudici ribattono che « in presenza di altre persone, occorre sempre adottare cautele idonee a evitare il pericolo che il cane possa assalire i terzi » e quindi « occorre portare l'animale al guinzaglio e munirlo di museruola , senza che abbia peso alcuno che ci si trovi in aperta campagna e che non si tratti di zona abitualmente frequentata da persone, poiché è proprio la presenza di terzi nella specifica occasione in cui ci si trova a transitare con il cane, e non in generale, a determinare la necessità di cautela». Né può avere rilievo il fatto che « la persona aggredita possa aver tenuto un atteggiamento che in qualche modo possa aver scatenato l'aggressività degli animali ». Difatti, «l'obbligo di protezione e controllo si estende ai comportamenti imprudenti altrui, in quanto la colpa della vittima che tenga un comportamento imprudente può, al più, concorrere con quella del garante ma non eliderla». Infine, «nemmeno può affermarsi che un'improvvisa aggressione da parte di un cane, anche se normalmente inoffensivo, è un fatto che esuli dalle ordinarie prospettazioni di una persona scrupolosa e che sia catalogabile in termini di imprevedibilità», precisano i Giudici, sottolineando, indirettamente, l'imprudenza compiuta dall'uomo e dalla donna, che lasciarono i cani «liberi e senza museruola».

Presidente Piccialli – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1.T.F. e R.M.G. ricorrono per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale sono stati condannati alla pena di Euro 300 di multa per il reato di cui agli articolo 113 e 590 c.p. perche, lasciando che due cani, di cui erano detentori e la R. anche proprietaria, circolassero liberamente, senza museruola, e non impedendo che i due animali aggredissero V.M. , cagionavano a quest'ultima lesioni personali giudicate guaribili in giorni 20. 2. I ricorrenti deducono violazione di legge e vizio di motivazione, poiché il certificato di iscrizione dei cani all'Ente nazionale della cinofilia, che riporta il numero di identificazione degli animali e reca la data del 19 gennaio 2016 come momento della cessione della proprietà di entrambi gli animali in favore di T.F. , costituisce prova dell'acquisto degli animali da parte di quest'ultimo, laddove il certificato di iscrizione all'anagrafe veterinaria, valorizzato dal giudice, non ha efficacia costitutiva nè ricognitiva della proprietà e assolve esclusivamente ad una funzione di prevenzione del randagismo e di censimento degli animali di affezione. Dunque non è previsto che la persona indicata nel certificato sia necessariamente proprietaria degli animali. Nemmeno si può affermare che entrambi i ricorrenti avessero una relazione di fatto con gli animali, poiché questi ultimi erano condotti dal solo T. e la R. si trovava ad oltre 100 metri di distanza, intenta a conversare con il coniuge della parte civile V. , come dichiarato anche da quest'ultima. 2.1. Il teste T. ha dichiarato di avere reso le prime dichiarazioni di fronte ai Carabinieri in uno stato di incoscienza, di non ricordarle e ha confermato le dichiarazioni del T. e non quelle della V. , confermando che quest'ultima, inizialmente non presente sui luoghi, sopraggiunse in un secondo momento, correndo e urlando all'indirizzo del T. di acchiappare i cani . Questi ultimi erano senza museruola perché si tratta di una zona di aperta campagna, con conseguente transito di animali, anche selvaggi, in stato di libertà o di abbandono, come confermato dal comandante della locale stazione Carabinieri. Anche la teste Falone ha dichiarato di dare asilo ad animali randagi, con conseguente alterco sfociato in una denuncia penale proprio a carico di T.G. . Non si tratta di una zona frequentata da persone e dunque non vi era alcuna necessità di conformarsi a regole di prudenza. La veterinaria che ha avuto in cura gli animali, sin dalla nascita, ne ha attestato l'indole assolutamente pacifica, anche a fronte di manipolazioni invasive. Si tratta dunque di cani di indole tranquilla che si sono imprevedibilmente trovati di fronte a una persona collerica e aggressiva, come la V. , ma non vi era alcuna necessità di adoperare particolari cautele. 2.2. Erroneamente il giudice di pace ha rigettato la richiesta di acquisizione di un CD che mostrava la persona offesa, in data 5 aprile 2019, all'interno di un negozio, intenta a fare acquisti, camminando regolarmente e portando pesi con entrambe le mani, a smentita dell'asserto formulato da quest'ultima, che ha affermato di essere rimasta invalida. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1.II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Correttamente, infatti, il giudice a quo ha richiamato il consolidato principio di diritto secondo cui l'obbligo di custodia di un animale sorge ogni qualvolta sussista una relazione di semplice detenzione, anche solo materiale e di fatto, tra un certo soggetto e un animale, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico Sez. 4, numero 51448 del 17-10- 2017 Rv. 271329 . Non ha dunque alcun rilievo stabilire chi fosse il proprietario dei cani perché è pacifico, sulla base di quanto risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, che gli imputati avessero la materiale disponibilità degli animali.Ne deriva che il trovarsi ad una certa distanza dall'animale del quale si ha la gestione, lungi dal costituire un motivo di esonero dalla responsabilità, integra un profilo di colpa, poiché il porsi nell'impossibilità di controllare un cane, dopo averlo lasciato senza museruola, costituisce senz'altro negligenza e imprudenza. Dunque l'affermazione formulata dai ricorrenti secondo cui la R. si trovava ad una distanza di circa 100 metri dai cani, intenta a conversare con un'altra persona, e quindi nell'impossibilità di intervenire in tempo utile per impedire l'aggressione, lungi dal costituire una giustificazione, vale ad ammettere un profilo di colpa. 2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. In presenza di altre persone occorre sempre adottare cautele idonee a evitare il pericolo che il cane possa assalire i terzi e quindi portare l'animale al guinzaglio e munirlo di museruola, senza che abbia rilievo alcuno che ci si trovi in aperta campagna e che non si tratti di zona abitualmente frequentata da persone, poiché è proprio la presenza di terzi nella specifica occasione in cui ci si trova a transitare con il cane, e non in generale, a determinare la necessità di cautela. Nè ha rilievo che la vittima possa aver tenuto un atteggiamento che possa in qualche modo aver scatenato l'aggressività degli animali perché l'obbligo di protezione e controllo si estende ai comportamenti imprudenti altrui in quanto la colpa della vittima che tenga un comportamento imprudente può, al più, concorrere con quella del garante ma non eliderla Sez. 4, numero 50562 del 10-9-2019 . Nemmeno può affermarsi che un'improvvisa aggressione da parte di un cane, anche se normalmente inoffensivo, è un fatto che esuli dalle ordinarie prospettazioni dell'homo eiusdem condicionis et professionis, sì da potersi connotare in termini di imprevedibilità. Orbene, secondo quanto emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, tali cautele non vennero adottate dai ricorrenti, poiché i cani erano liberi e senza museruola. 3. Non può essere accolto neanche il terzo motivo di ricorso. Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince, infatti, che la persona offesa, azzannata da un cane alla gamba destra e dall'altro alla testa, e trasportata in ambulanza al Pronto soccorso, venne ricoverata e dimessa con diagnosi di ferita da morso di cane alla gamba destra, con lacerazione del tibiale anteriore ed estensore del 5 dito e ferita alla regione frontale destra , come da referto acquisito agli atti. È dunque incontrovertibile l'esistenza delle predette lesioni mentre non sono stati contestati esiti permanenti, perché anzi l'imputazione recita lesioni personali giudicate guaribili in giorni 20, senza complicazioni , nè sono state emesse statuizioni civili, non avendo la parte civile rassegnato le conclusioni, come dà atto il giudice a quo. Era dunque irrilevante stabilire se la persona offesa fosse rimasta invalida o meno, onde richieste di prova al riguardo non potevano essere accolte. 4.1 ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. PQM Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.