Il danno biologico è la lesione dell’integrità psico-fisica della vittima, comprensiva delle alterazioni psico-fisiche, sia temporanee che permanenti e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti dinamico-relazionali. Esso viene accertato mediante criteri medico-legali e valutato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce proporzionalmente al crescere della percentuale d’invalidità.
Al fine della liquidazione unitaria del danno biologico, il danno da invalidità permanente e quello da invalidità temporanea, ovvero l'inabilità temporanea totale o parziale, devono essere oggetto di autonoma valutazione. La liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, invece, dev'essere effettuata tenendo conto delle sofferenze morali soggettive, patite dalla vittima del sinistro. Con la sentenza numero 27380, depositata il 19 settembre 2022, la Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, ha affrontato il tema dei criteri di liquidazione e quantificazione del danno biologico e precisamente il quesito se le conseguenze anatomo-fisiologiche della lesione della salute debbano essere tenute in considerazione, nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente o della personalizzazione del risarcimento. Il fatto. All'origine della fattispecie processuale c'è l' investimento di un pedone , da parte di un'autovettura e il conseguente procedimento giudiziale, instaurato inizialmente dalla vittima e dopo il suo decesso , proseguito dai suoi eredi, per ottenere il riconoscimento e la conseguente liquidazione di tutti i danni , patrimoniali e non . in primo grado gli attori vedevano rigettata la propria domanda, per carenza di prova sull' an . tale pronuncia veniva da essi impugnata, innanzi alla corte d'appello, che riformava la sentenza di primo grado, accogliendo parzialmente le richieste risarcitorie degli attori, ma liquidandole sulla scorta di una valutazione parziale del danno biologico, operata in primo grado dal nominato CTU. Avverso la sentenza di secondo grado gli eredi del pedone investito proponevano ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione. L'evoluzione della nozione unitaria di danno non patrimoniale. La Terza Sezione della Corte ha costruito il proprio ragionamento partendo dal presupposto che la nozione unitaria di danno non patrimoniale, elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 26972/2008, al fine di evitar le duplicazioni risarcitorie, si è nel tempo evoluta e pur mantenendo la finalità iniziale, ha recuperato le varie componenti del danno non patrimoniale, con le loro autonome caratteristiche e con i loro autonomi criteri risarcitori. La struttura del danno biologico e di quello non patrimoniale. Il principio di diritto, richiamato dalla Corte, afferma che il danno biologico è la lesione dell'integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni psico-fisiche, temporanee o permanenti e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti dinamico-relazionali. Esso viene accertato mediante criteri medico-legali e valutato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce proporzionalmente al crescere della percentuale d'invalidità. Al fine della liquidazione unitaria del danno biologico, il danno da invalidità permanente e quello da invalidità temporanea, ovvero l'inabilità temporanea totale o parziale, devono essere oggetto di autonoma valutazione. La liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, invece, dev'essere effettuata tenendo conto delle sofferenze morali soggettive, patite dalla vittima del sinistro. La valutazione autonoma della componente dinamico-relazionale. Secondo la Corte, la nozione unitaria di danno biologico comprende sia le alterazioni nella fisiologia della vittima del sinistro, sia le conseguenze che queste ultime hanno, nel compimento di atti ella vita quotidiana. Pertanto, le conseguenze di una lesione particolarmente grave o complessa devono essere valutate unitariamente e confluire nella quantificazione della percentuale di invalidità permanente, che si fonda tanto sull'apprezzamento medico degli esiti fisici permanenti, quanto sulle conseguenti limitazioni nella vita della persona. La componente dinamico-relazionale del danno biologico , quindi, dev'essere valutata autonomamente, dal punto di vista medico ed essere inglobata all'interno del danno biologico e non può essere appiattita all'interno della liquidazione del danno morale, inteso come dolore e sofferenza psicologica scaturenti dalla lesione subita. Il danno morale soggettivo, dal canto suo, dev'essere oggetto di un'autonoma valutazione e liquidazione, poiché ontologicamente differente dal danno biologico e non suscettibile di accertamento medico-legale, dato che la sofferenza interiore del danneggiato non può incidere soltanto sulla personalizzazione del danno biologico sentenze numero 27482/2018, 7126/2021 e 9006/2022 .
Presidente Spirito – Relatore Rubino Fatti di causa 1. - P.G. e P.E. propongono ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi, nei confronti di T.G., Generali Italia s.p.a. nonché di Generali Business Solutions s. c.p.a . e di Alleanza Toro s.p.a., contro la sentenza della Corte d'appello di Roma numero 5454 del 2019, pubblicata il 10 settembre 2019, con la quale, in riforma della sentenza di primo grado, si accerta che il sinistro stradale per cui è causa, dal quale derivavano gravi danni alla persona della signora R.F., madre dei ricorrenti, fosse ascrivibile all'esclusiva responsabilità del T. e si condanna Generali Italia s.p.a. quale assicuratrice per la responsabilità civile automobilistica del veicolo investitore, in solido col proprietario e conducente T., a pagare in favore dei P. quali eredi della defunta signora R. la complessiva somma di Euro 73.460,30 ad integrale liquidazione del danno non patrimoniale da questa subito, compensando le spese di lite nella misura del 30 % e ponendo il residuo 70% a carico degli appellati. 2. - Resiste con controricorso illustrato da memoria Generali Italia s.p.a., già Alleanza Toro s.p.a. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. 3. - La causa è stata avviata alla trattazione in udienza pubblica. 4. - Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede accogliersi il quinto motivo di ricorso e il rigetto dei precedenti. 5. - Questi i fatti, per quanto ancora qui rilevino la sera del 28 settembre 2009, in comune di Nerola, l'anziana signora R.F., all'epoca di 84 anni ma autonoma ed autosufficiente, scesa di casa per buttare la spazzatura, venne investita sul marciapiede vicino alla sua abitazione dall'autovettura condotta dal proprietario T.G., che nel compiere una manovra di retromarcia, al buio, non si avvedeva della sua presenza. Al pronto soccorso del vicino ospedale di omissis , ove fu condotta subito dopo l'incidente, vennero refertate in capo all'anziana signora frattura pluriframmentaria del collo e del trochite omerale sinistro, trauma cranico, contusione sopra orbitaria sinistra, distorsione del rachide cervico-dorsale, distorsione del ginocchio sinistro, contusioni multiple agli arti inferiori e ferita da strappo con perdita di sostanza a livello della gamba sinistra . Seguirono vari ricoveri e una degenza fino al 12 novembre omissis . Dimessa dall'ospedale, la signora ebbe bisogno di continua assistenza, avendo perso la capacità di deambulare ed anche la capacità di mantenere la stazione eretta, fino alla morte, verificatasi per altre cause nel omissis . 6. - Non avendo ricevuto alcun indennizzo dalla assicurazione del T., la R. agì in giudizio assumendo di essere stata autonoma e autosufficiente fino all'incidente, e di aver perso completamente, a causa di esso, ogni autonomia, la capacità di deambulare ed anche di mantenere la stazione eretta. Chiese pertanto il risarcimento del danno biologico, per l'invalidità temporanea e permanente causate dall'incidente. Morì in data omissis , nel corso del giudizio di primo grado, per cause indipendenti dall'incidente senza mai aver recuperato, neppure in parte, la sua precedente autonomia il giudizio fu proseguito dagli attuali ricorrenti, suoi unici eredi. 6.1 - Nel corso del primo grado di giudizio furono assunte alcune prove testimoniali e venne espletata una consulenza tecnica, che concluse dapprima nel senso che le lesioni fisiche riportate dalla R., che avevano determinato ben 498 giorni di invalidità temporanea assoluta, le avessero procurato un danno biologico del 12% in relazione al cosiddetto danno statico e rimise invece al giudice la quantificazione del danno biologico cosiddetto dinamico, concernente la perdita della funzione deambulatoria. Il giudice richiese all'ausiliario di integrare la relazione provvedendo alla richiesta valutazione e quantificazione globale del danno biologico. 6.2 - Effettuata l'integrazione richiesta, l'ausiliario in quella sede indicò che, sommando la perdita funzionale e la perdita della capacità di deambulare all'interno dell'unitario danno biologico, in ipotesi normali il danno biologico sarebbe stato pari all'8S%, mentre, tenuto conto delle condizioni della R., il danno totale poteva collocarsi tra il 40 e il 30 %, e infine, per la vittima, esso poteva essere determinato nella misura del 30%. 7. - All'esito dell'istruttoria espletata, il Tribunale di Tivoli rigettò integralmente la domanda, ritenendo non provato l'anumero 8. - I figli della vittima proposero appello. 9. - La Corte d'appello di Roma, con la sentenza numero 5454 del 2019 qui impugnata, in riforma della sentenza di primo grado - accolse la domanda ritenendo provata l'integrale responsabilità del T. nella causazione del sinistro e condannando gli appellati al risarcimento dei danni - quantificò il danno biologico nella misura del 12%, valorizzando le conclusioni contenute nella prima relazione del CTU, precedente all'integrazione richiesta, ed aumentò questo importo di circa un terzo a titolo di personalizzazione, valorizzando all'interno di essa la perdita definitiva della capacità di deambulare - compensò le spese di lite nella misura del 30%. 10. - Propongono ricorso per cassazione i figli della vittima nella qualità di eredi della defunta, ritenendo che la liquidazione dei danni subiti dalla signora R. sia stata gravemente errata ed inidonea a fornire un risarcimento integrale del danno. 11. - Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza per violazione dell' articolo 132, numero 4 c.p.c. , in relazione all'articolo 360 comma 1 nnumero 3 e 4 c.p.c., lamentando una sostanziale mancanza di motivazione. Denunciano che la sentenza d'appello, pur avendo formalmente dichiarato di condividere pienamente le conclusioni cui era giunto il CTU nominato dal tribunale, non ne aveva in effetti tenuto conto, avendo liquidato il danno biologico subito dalla R. nella misura del 12% pur aumentando l'importo derivante con una personalizzazione come indicato inizialmente dal consulente, senza tener alcun conto della diversa e più congrua e completa valutazione successiva, conseguente all'ordine di integrazione della consulenza impartito dal giudice affinché venisse fornita una valutazione unitaria del danno biologico, che tenesse conto sia della menomazione fisica sia della diminuzione funzionale che questa aveva comportato. 12. - Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la contraddittorietà della motivazione nonché la violazione dell' articolo 132 numero 4 c.p.c. in ordine alla liquidazione del danno derivante dalla invalidità temporanea della R., in quanto, avendo accertato l'esistenza di un periodo di 498 giorni di invalidità temporanea assoluta, l'importo da liquidare sarebbe stato pari ad Euro 48.804,00 in luogo della somma liquidata di 47.804,00. Aggiungono inoltre che ove fossero state seguite, per la liquidazione, le tabelle adottate dal Tribunale di Roma, la quantificazione per la invalidità temporanea assoluta sarebbe stata superiore. 13. - Con il terzo motivo denunciano l'omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che hanno formato oggetto di discussione, in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c., in quanto, dopo aver formalmente dichiarato di far proprie le conclusioni del consulente tecnico, la motivazione della sentenza e gli esiti complessivi del giudizio mostrano che la corte d'appello non ha tenuto conto affatto della consulenza integrativa, l'unica che liquida in maniera unitaria il danno biologico, valutando seppur sempre in maniera confusa, contraddittoria e riduttiva gli esiti invalidanti nella loro completezza, ovvero anche sotto il profilo della perdita della capacità di deambulazione. 14. - Con il quarto motivo denunciano nuovamente la violazione dell'articolo 132 numero 4 nonché degli articolo 112 e 115 c.p.c. , in relazione a tutte le ipotesi contemplate dall' articolo 360 comma 1 numeri 3, 4 e 5 c.p.c. Lamentano, con questo motivo, che non si sarebbe tenuto conto nella quantificazione, del danno subito dagli eredi per l'assistenza prestata alla madre per tutto il lungo periodo - 498 giorni - di invalidità temporanea assoluta che ha fatto seguito all'incidente, durante il quale hanno dovuto prestarle quotidiana assistenza. Sostengono aver formulato questa domanda fin dal primo grado di giudizio e di averla riproposta in appello richiamano la comparsa conclusionale depositata in tribunale in cui si dice che a queste voci di danno devono aggiungersi le spese per l'assistenza costante ed ininterrotta a favore di entrambi i figli P.G. e P.E. in pari misura che vi hanno provveduto con molto affetto senza l'ausilio di alcuna persona e quindi non hanno alcuna documentazione della spesa relativa . 15. - Infine, con il quinto motivo denunciano la violazione e falsa applicazione degli articolo 91,92, 93 e 132 c.p.c. nonché dell'articolo 118 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. e degli articolo 24 e 111 della Costituzione, in quanto la Corte d'appello ha compensato per il 30% le spese processuali in difetto di soccombenza degli appellanti, il cui appello è stato integralmente accolto avendo chiesto il risarcimento dei danni nella misura di giustizia , e, ove abbia inteso compensare per altre ragioni, in difetto di ogni motivazione sulle gravi ed eccezionali ragioni per una compensazione anche parziale. Ragioni della decisione 16. - Non è più in discussione la dinamica del sinistro a seguito del quale la defunta signora R. ebbe a riportare gravi lesioni personali, essendo stato definitivamente accertato in appello che esso fu provocato dal comportamento imprudente del T., che nel compiere una manovra in retromarcia al buio al volante della propria auto, invase il marciapiede ove si trovava la R. travolgendola. 17. - Sono in discussione invece i criteri utilizzati dalla corte d'appello per liquidare il danno biologico, giungendo ad una quantificazione complessiva ad avviso degli eredi errata, troppo esigua e inidonea a risarcire integralmente del danno subito. 18. - Il primo motivo e il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, e sono fondati. I motivi di ricorso pongono con sufficiente chiarezza il quesito se le conseguenze anatorno-fisiologiche della lesione della salute costituiscano fattori di cui tenere conto nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente i.p. , o della personalizzazione del risarcimento . La distinzione rileva non solo sotto il profilo teorico, ma nelle sue ricadute pratiche, perché - il grado di invalidità permanente si determina in base ai bare'mes, mentre la personalizzazione si effettua in via equitativa - l'individuazione del grado di i.p. è di competenza del medico legale, la personalizzazione è di competenza del giudice - il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce proporzionalmente al crescere della percentuale di invalidità, mentre la personalizzazione non è governata da un criterio progressivo di proporzionalità con la gravità della lesione. Ciò premesso, sussistono nel caso di specie sia il denunciato vizio di motivazione, per insanabile contraddittorietà di essa che la priva totalmente di logica, che la violazione di legge, in riferimento alla corretta nozione del danno biologico, che conduce ad una errata ed incompleta liquidazione del danno stesso. La corte d'appello esordisce asserendo di condividere appieno gli esiti della consulenza tecnica eseguita in prime cure, ed afferma correttamente il principio per cui, essendo deceduta l'attrice in corso di causa, l'ammontare del danno biologico cui hanno diritto gli eredi iure successionis va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita della vittima ma alla sua durata effettiva principio ribadito da ultimo da Cass. numero 41933 del 2021 . Però, quando poi va a quantificare il danno, recupera e fa propria la prima valutazione del c.t.u., mostrando di condividere forse inconsapevolmente, perché si tratta di una scelta non giustificata, e contraddittoria rispetto alle premesse, che inficia la coerenza della motivazione gli esiti della valutazione iniziale del consulente, fondata su una nozione frammentata e di conseguenza errata del danno biologico, da liquidarsi a punto percentuale solo in riferimento al suo profilo statico, ovvero alla alterazione o menomazione fisica riportata dalla vittima del sinistro, senza considerare l'incidenza di essa sulla vita della persona e sulla sua capacità di attendere alle normali occupazioni, che rileverebbe solo in sede di personalizzazione del danno. Infatti, mentre nella integrazione di c.t.u. il consulente prendeva in considerazione il danno biologico complessivo stimandolo in una percentuale del 30% con un ragionamento peraltro privo di motivazione laddove abbatteva al 30 % la percentuale finale, tenute in conto le non meglio precisate né esplicitate condizioni della signora, legate evidentemente all'età avanzata e alla sua preesistente condizione di salute , la corte va a recuperare, senza spiegarne la ragione, e limitandosi ad affermare che non può dare soddisfazione alle maggiori richieste degli appellanti, la errata e superata percentuale del 12 %, pari solo al profilo c.d. statico del danno biologico, dalla quale era stata espunta ogni conseguenza dinamica delle menomazioni riportate, e in particolare la perdita della capacità di deambulazione, pur accertata dal c.t.u., recuperando la rilevanza di questa componente del danno biologico riportato dalla vittima solo a mezzo di una personalizzazione in aumento, all'interno della liquidazione equitativa della componente di danno morale. Solo all'interno di questa personalizzazione la corte d'appello tiene in conto, come precisato a pagina 12 della sentenza impugnata, l'incidenza della diminuita perduta, in effetti capacità di deambulazione, non come limitazione funzionale ma perché essa comprensibilmente ha determinato dolore e sofferenze psicologiche rilevanti . Il tutto pur avendo affermato, a pagina 11, che deve procedersi ad una valutazione del danno non patrimoniale subito dalla defunta da intendersi sia nella sua componente statica sia nella sua componente dinamica . Gli errori di diritto commessi dalla Corte d'appello consistono pertanto - nell'aver scisso la componente cosiddetta statica del danno alla persona dalla sua componente dinamico-relazionale, ritenendo che quest'ultima possa essere apprezzata solo sotto un profilo di personalizzazione del danno - nell'aver identificato la liquidazione della componente del danno morale all'interno della più ampia categoria del danno non patrimoniale alla salute, con la personalizzazione del danno biologico. Quanto al primo profilo, la scissione della componente statica del danno alla persona da quella cosiddetta dinamico-relazionale in caso di invalidità permanente non ha fondamento giuridico né scientifico la medicina legale da decenni esprime una nozione unitaria dell'invalidità permanente, definendola come la menomazione dell'integrità psicofisica della persona, espressa in termini percentuali e comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali e della di essa incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti . Essa è poi del tutto immotivata, ed è stata operata discostandosi dagli esiti finali della c.t.u., in cui il medico legale, sollecitato dal giudice di prime cure, che aveva chiesto per questo una integrazione della c.t.u., al rispetto della nozione unitaria di danno biologico, e seppur con una consulenza poco decifrabile in quanto, dopo aver indicato per casi analoghi - in cui cioè al sinistro aveva fatto seguito, come esito permanente, la perdita della capacità di deambulare - una invalidità dell'80%, scendeva senza giustificarne le ragioni al 30% aveva, superando la prima versione contenente solo la valutazione medico legale della componente statica del danno, esaminato anche le ricadute della componente dinamica sullo svolgimento della vita della persona aumentando la percentuale originariamente stimata di invalidità permanente. Così facendo il giudice di appello non si è attenuto al principio di diritto fondamentale secondo il quale al danno biologico corrisponde una nozione unitaria, che tiene conto sia delle alterazioni nella fisiologia della persona riportate a seguito del sinistro sia delle conseguenze che queste alterazioni determinano nel compiere gli atti della vita quotidiana e quindi in particolar modo gli esiti di una frattura o come in questo caso di un trauma molto complesso, che comportano la perdita addirittura della capacità di stare in piedi e di camminare, devono essere valutate unitariamente e confluire nella quantificazione della percentuale di invalidità permanente, che si fonda su un apprezzamento medico degli esiti fisici permanenti e sulle conseguenti limitazioni nella vita della persona. Il secondo profilo di errore è quello di aver recuperato la rilevanza della componente dinamico-relazionale del danno attraverso la personalizzazione, appiattendola all'interno della liquidazione del danno morale, ovvero prendendo in considerazione la diminuita in effetti, cessata capacità di deambulazione della signora a causa dell'incidente solo come fonte di dolore e sofferenze psicologiche rilevanti. Non ha in tal modo considerato che per provvedere all'integrale risarcimento del danno non patrimoniale da lesione della salute, all'interno del quale si colloca il danno biologico senza esaurire le possibili conseguenze non patrimoniali di un evento dannoso, il danno morale soggettivo deve essere oggetto di autonoma valutazione e liquidazione, in quanto pregiudizio ontologicamente diverso dal danno biologico, consistente in uno stato d'animo di sofferenza interiore che non si identifica con le vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato per quanto ne possa essere influenzato ed insuscettibile di accertamento medico-legale, non potendo la considerazione della sofferenza interiore patita dal danneggiato incidere unicamente sulla personalizzazione del risarcimento del danno biologico come già più volte affermato da questa Corte Cass. numero 27482 del 2018 Cass. numero 7126 del 2021 Cass. numero 9006 del 2022 . L'affermazione di una nozione unitaria del danno non patrimoniale, effettuata da Cass. S.U. numero 26972 del 2008 allo scopo di evitare la duplicazione di voci di danno, si è nel tempo sviluppata mantenendo il necessario rigore volto ad evitare la creazione di duplicazioni risarcitorie, ma recuperando le varie componenti del danno non patrimoniale nelle loro autonome caratteristiche, cui corrispondono distinti criteri risarcitori. I motivi primo e terzo sono quindi da accogliere, con rinvio al giudice di merito che provvederà a riesaminare il caso e a liquidare integralmente il danno non patrimoniale subito dalla R. facendo applicazione dei principi di diritto di seguito riportati. 19. - Il secondo motivo è inammissibile laddove lamenta, sotto il profilo della violazione di legge, l'errata quantificazione di quanto dovuto a titolo di invalidità temporanea assoluta, evidenziando un errore di calcolo, emendabile con un procedimento di correzione di errore materiale dinanzi al giudice che quel provvedimento ha adottato e non denunciabile in sé come violazione di legge, in quanto il giudice, premesso il valore da liquidare per ciascun giorno di invalidità 98 Euro ed indicati i giorni, è poi arrivato ad un calcolo finale leggermente inferiore ed incoerente con tali premesse. Il secondo profilo, con il quale i ricorrenti lamentano l'ammontare della quantificazione finale dell'invalidità temporanea, sia perché se fossero state applicate le tabelle adottate dal Tribunale di Roma per la quantificazione del danno biologico si sarebbe arrivati ad un totale più favorevole, sia perché sul totale di quanto liquidato a titolo di invalidità temporanea assoluta non sarebbe poi stata applicata la personalizzazione, è parimenti inammissibile. Quanto alla mancata applicazione delle tabelle del Tribunale di Roma, che attiene alla individuazione del criterio di riferimento per la liquidazione equitativa del danno, non risulta neppure che i ricorrenti nei precedenti gradi di merito avessero sollecitato l'adozione delle predette tabelle in luogo di quelle milanesi. La quantificazione pro die è inoltre tratta dalle tabelle del Tribunale di Milano dell'anno corrispondente alla decisione, consolidatamente indicate da questa Corte come idonee a costituire il fondamento di una valutazione uniforme del danno biologico salvo che per l'ipotesi specifica della liquidazione del danno parentale, che qui non viene in considerazione , né i ricorrenti spiegano per quali motivi essa fosse inadeguata e si dovesse provvedere, come pure previsto dalle medesima tabelle ma solo in presenza di comprovate peculiarietà tali da non essere state tenute in conto nella valutazione pro die, ad una personalizzazione in aumento. 20. - Il quarto motivo denuncia l'omesso esame di una domanda per danno proprio subito dagli attuali ricorrenti. Anch'esso deve essere dichiarato inammissibile, perché risulta che i ricorrenti abbiano agito non in proprio ma solo iure successionis, proseguendo la causa intrapresa dalla loro dante causa, né essi indicano con la necessaria specificità le conclusioni che assumono di aver tratto in proprio. Si limitano a richiamare un passo non dell'atto introduttivo ma della comparsa conclusionale in primo grado, espunto dal contesto, nel quale sarebbe stato inserito tardivamente, come a suo tempo peraltro eccepito dalla controricorrente, e all'interno di un atto destinato esclusivamente ad illustrare le domande precedenti, depositato dai ricorrenti solo come eredi della defunta, il riferimento alle spese subite dai familiari per l'assistenza domiciliare dell'anziana signora dopo le dimissioni dall'ospedale. Non emerge quindi che una domanda risarcitoria in proprio sia stata formulata dall'inizio del presente giudizio, dai P., né nella sentenza di appello i P. compaiono come appellanti in proprio o come titolari di una propria pretesa sia nella intestazione della sentenza che nel testo compaiono solo come eredi della defunta R. e come tali i ricorrenti stessi esclusivamente si qualificano nella intestazione del ricorso per cassazione. Come puntualizzato dalla controricorrente, gli odierni ricorrenti sono intervenuti nel giudizio di primo grado subentrando alla madre defunta e costituendosi quali unici eredi della madre si sono quindi riportati alla citazione della loro dante causa agendo solamente iure successionis. 21. - Il quinto motivo, relativo alla compensazione per il 30 lo delle spese di lite, in ordine al quale la controricorrente sostiene che la corte d'appello avrebbe legittimamente compensato in parte le spese legali in considerazione dell'accoglimento solo parziale della domanda risarcitoria, rimane assorbito dall'accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, che comporterà la rinnovazione della liquidazione del danno biologico spettante alla defunta signora R. e per essa ai suoi eredi, nella sua completezza, e la rinnovare della liquidazione delle spese di lite. 22. - In accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, inammissibili il secondo e il quarto, assorbito il quinto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio e si atterrà ai seguenti principi di diritto Il danno biologico è la lesione della integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni fisio-psichiche, temporanee o permanenti, e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti personali dinamico-relazionali. Esso va accertato con criteri medico-legali e valutato in punti percentuali in base ad un accreditato bare'me medico-legale in cui il valore monetario del punto di invalidità permanente cresce proporzionalmente al crescere della percentuale di invalidità. Ai fini della sua unitaria liquidazione, devono formare oggetto di autonoma valutazione il pregiudizio da invalidità temporanea da riconoscersi come danno da inabilità temporanea totale o parziale ove il danneggiato si sia sottoposto a periodi di cure necessarie per conservare o ridurre il grado di invalidità residuato al fatto lesivo o impedirne l'aumento, inteso come privazione della capacità psico-fisica in corrispondenza di ciascun periodo e in proporzione al grado effettivo di inabilità sofferto , e quello da invalidità permanente con decorrenza dal momento della cessazione della malattia e della relativa stabilizzazione dei postumi . Ai fini della liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, deve tenersi conto altresì delle sofferenze morali soggettive, eventualmente patite dal soggetto in ciascuno degli indicati periodi. P.Q.M. La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibili il secondo e il quarto, assorbito il quinto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.