Ogni rinegoziazione del patto d’usura consuma un nuovo reato (e la prescrizione è più lontana)

Gli inadempimenti del debitore e i successivi tentativi di rientro della somma mediante nuovi e più afflittivi patti non giovano all’usuario, il cui reato si prescriverà a far data dalla rinegoziazione.

Il fatto L'usuraio aveva versato un'ingente somma al debitore pattuendo interessi usurari all'inadempimento del debitore - il quale non era riuscito a versare alcuna delle rate scadenzate - era seguito un ulteriore patto a condizioni ancora più afflittive in capo al debitore. La Corte d'Appello aveva ritenuto la consumazione di un nuovo reato a far data dalla rinegoziazione anziché, come sosteneva l'imputato - che avrebbe giovato della prescrizione del reato - dal momento della negoziazione del primo patto, cui non era seguito alcun adempimento. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso motivando sulla scorta del nuovo articolo 644- ter c.p., introdotto con la l. numero 108/1996 . Le ipotesi Come noto, le dinamiche criminali e le soventi difficoltà di chi si rivolge all'usuraio determina rapporti di debito/credito in continua evoluzione , in cui alle difficoltà di adempimento del debitore possono seguire nuovi patti anche più afflittivi nei suoi confronti. In specie, per sistematizzare, possono accadere più ipotesi. La prima al patto originario segue la dazione del capitale oltre gli interessi in tal caso, la consumazione del reato è di tipo frazionato o a consumazione prolungata, mantenuta la natura istantanea del reato, e ogni singolo adempimento, in ogni caso, non integra un post factum non punibile, bensì scivola nel tempo e in avanti l'individuazione del momento consumativo del reato. A far mente dell'articolo 644- ter c.p. come introdotto, la prescrizione decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia del capitale che degli interessi. La seconda ipotesi il debitore non adempie all'originaria obbligazione e, nel tempo, debitore e creditore si accordano per un piano di rientro più afflittivo e scaglionato nel tempo. Per la Cassazione in parola, che conferma le statuizioni di merito, il momento consumativo del “nuovo” reato di usura si verifica al momento del nuovo patto. Le ragioni della decisione La Cassazione segue l'intento riformatore del 1996 il quale ha inteso superare i paradossi che dalla prassi criminale di rinegoziare il debito usurario per le difficoltà del debitore, possa avvantaggiarsi l'usuraio, la cui consumazione del reato - a far detto dell'orientamento precedente alla riforma - sarebbe rubricata al momento del primo accordo, con effetti evidentemente favorevoli in punto di prescrizione. La riforma, postergando il dies a quo a prescrivere al momento dell'ultima dazione di capitale e interessi, conferisce rilievo alle vicende successive al patto originario - quale, appunto, una rinegoziazione del debito - da non qualificare meri e irrilevanti post factum non punibili. Ogni rinegoziazione del patto d'usura, in breve, costituisce un nuovo reato, in continuazione coi precedenti.

Presidente Verga – Relatore Pellegrino   Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 18/02/2021, la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Palmi in data 22/06/2018 che aveva condannato Z.G. ed Z.O. alla pena di anni sette di reclusione ed Euro 3.000 di multa, il primo a cui sono stati contestati due episodi di usura in concorso con Z.O. ed uno di estorsione, ascritti rispettivamente ai capi A, C ed E alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 8.000 di multa, il secondo a cui sono stati contestati due episodi di usura in concorso con Z.G., ascritti ai capi A e C , con le pene accessorie di legge e la condanna al risarcimento dei danni a favore della parte civile M.V 3. Avverso la predetta sentenza, nell'interesse di Z.G. e di Z.O., sono stati proposti distinti ricorsi per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p. . 3.1. Ricorso di Z.G Primo motivo violazione di legge in relazione alle contestazioni di usura capi A e C . Del tutto censurabile è l'assunto secondo il quale, a seguito della rinegoziazione del debito, sarebbe scaturita una nuova ipotesi di reato, contestata al capo C , avendo la Corte territoriale omesso di considerare l'insegnamento della giurisprudenza secondo cui, il reato di usura si configura come reato a schema duplice, che si perfeziona con la sola accettazione della promessa degli interessi o degli altri vantaggi usurari, ove alla promessa non sia seguita alcuna effettiva dazione degli stessi, ovvero, nella diversa ipotesi in cui la dazione sia stata effettuata, con l'integrale adempimento dell'obbligazione usuraria cfr., Sez. 2, numero 23919 del 15/07/2020, Basilicata, Rv. 279487 . Invero, nel caso di rateizzazione della corresponsione del capitale e degli interessi illeciti pattuiti, il momento consumativo del reato si sposta in avanti nel tempo, andando di volta in volta a coincidere con i singoli versamenti Sez. 2, numero 42322 del 19/06/2009, Iannini, Rv. 245240 . Nell'ipotesi in esame, all'originaria pattuizione non è seguito l'adempimento completo della prestazione pattuita con la relativa corresponsione degli interessi lo slittamento della restituzione della somma pattuita, avrebbe comportato un innalzamento della soglia di interessi, ma ciò non è sufficiente comunque, a comportare la contestazione di un'autonoma fattispecie di reato, costituendo la stessa semplicemente un'evoluzione del rapporto in origine stabilito tra le parti. Secondo motivo violazione di legge e manifesta illogicità della valutazione di elementi probatori confluiti in atti. Non vi è traccia alcuna circa l'oggetto della dazione monetaria, vale a dire che il denaro avuto in prestito dalla persona offesa fosse in realtà frutto di un patto usurario. Il dato in questione non emerge né dalla registrazione effettuata da M.V. nella prima occasione e, successivamente, da parte del figlio del M.W., presso l'ufficio del parroco Don D.M., alla presenza degli Z., né dalle deposizioni che sono state rese dai familiari della persona offesa. La vicenda, in realtà, prende vita dalla prospettazione di un affare avente ad oggetto l'acquisto di uno stock di pentole che M.V. aveva proposto agli Z., che avrebbe dovuto fruttare agli stessi un guadagno pari a 20.000 Euro. Al momento del conferimento dei 50.000 Euro non sono stati pattuiti interessi la corresponsione di 20.000 Euro non è oggetto di un patto usurario geneticamente pattuito, ma in assenza dell'alea contrattuale, il guadagno che il M. ha prospettato agli Z. dalla vendita dello stock di pentole. Quand'anche si volesse ritenere l'esistenza di un contratto di mutuo con interessi aumentati, nondimeno si sarebbe sempre al di fuori dell'usura, dovendosi la stessa valutare solo al momento della pattuizione un tasso pattuito legittimamente non diventa illegittimo per la successiva variazione al ribasso dei tassi soglia. Terzo motivo manifesta illogicità della motivazione in relazione alla registrazione effettuata da M.V. ed avente ad oggetto il dialogo in occasione del secondo incontro con il prete Don D.M. cui hanno preso parte gli odierni imputati. E' stata eccepita l'inutilizzabilità delle registrazioni dei dialoghi intercorsi al cospetto del parroco Don D.M., realizzata all'insaputa degli altri conversanti da M.V. e dal figlio di quest'ultimo, M.W., in quanto tagliata in alcuni punti. Peraltro, anche a voler ritenere pienamente utilizzabili le conversazioni oggetto di registrazione, non può non rilevarsi la manifesta illogicità della motivazione, atteso che la stessa si concentra su alcuni aspetti ritenuti rilevanti, giungendo su tali basi a conclusioni palesemente illogiche. Emerge dagli stessi come M.V., rispetto ai calcoli che gli Z. avevano formulato, non palesò alcuna obiezione, limitandosi ad accettare, riconoscendo come tutto sia iniziato dall'affare delle pentole . Quarto motivo violazione di legge in relazione al capo E estorsione . La contestata condotta estorsiva avrebbe inizio a far data dall'aprile 2008 e termine il 13/07/2012, e si sarebbe sostanziata nell'aver indotto la vittima a promettere gli interessi usurari di cui ai capi A e C . Nell'arco oggetto di contestazione, alcuna condotta estorsiva è stata posta in essere dai fratelli Z., per stessa ammissione della persona offesa nonché dei suoi familiari, che hanno escluso che sia alla primigenia dazione di denaro relativa ai fatti oggetti del capo A , che al momento della rinegoziazione della restituzione di quanto pattuito nel successivo mese di marzo del 2009 capo C , gli odierni imputati avessero coartato l'autonomia negoziale della vittima, imponendo con la violenza o la minaccia la pattuizione dei relativi interessi. E' circostanza oggettiva e pacifica che la persona offesa ottenuto in prestito la somma rispetto alla quale si è impegnata alla restituzione e, non solo non ha versato agli imputati gli interessi pattuiti, ma neppure il capitale oggetto del prestito. Non vi sono elementi probatori concreti che dimostrino che il M. abbia corrisposto gli interessi subendo un danno ingiusto con conseguente ingiusto profitto da parte dello Z Quinto motivo violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione della fattispecie di cui al capo E , in quella di cui all' articolo 610 c.p. ovvero agli articolo 56 e 629 c.p. . Il dato certo ed oggettivo acclarato è quello del prestito di Euro 50.000 erogato dai fratelli Z. in favore di M.V I giudici del merito hanno evidenziato il dato della parziale restituzione della somma priva di interessi avrebbero dovuto pertanto verificare la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi della fattispecie oggetto di contestazione, e certamente valutare la possibilità di derubricare il reato estorsivo con altre figure di reato indicate dalla difesa, quale innanzitutto l'ipotesi di violenza privata, ovvero quella di tentata estorsione, tenuto conto della mancata percezione delle somme. Sesto motivo violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione della fattispecie di cui al capo E , in quella di cui all' articolo 393 c.p. . Censurabile è poi il mancato riconoscimento dell'ipotesi di cui all' articolo 393 c.p. , posto che è dato certo ed oggettivo quello per il quale il credito che i fratelli Z. vantavano nei confronti del M. fosse costituito da un diritto certo e lecito, derivante dai canoni di locazione non pagati da quest'ultimo, in relazione al capannone di proprietà degli imputati, oggetto del rapporto di locazione, oltre ai guadagni dell'affare concernente l'acquisto dello stock di pentole dal quale la persona offesa avrebbe dovuto corrispondere la cifra di Euro 20.000 ai ricorrenti. Settimo motivo violazione di legge, nella specie dell' articolo 192 c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione, in punto di travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Il narrato di quest'ultima è apparso lacunoso e contraddetto nei suoi aspetti essenziali. In tal senso, depone l'intervento di Don D.M., referente dell'Associazione Libera, che venne interessato della questione proprio da M.V., il cui obiettivo visto che non solo non era riuscito a pagare i canoni di locazione relativi all'immobile di proprietà dello Z. ed oggetto di regolare contratto di locazione, ma neppure a rispettare le promesse relative al guadagno della somma di Euro 20.000 relativa all'acquisto dello stock di pentole era quello di sortire un intervento del prelato al fine di azzerare il debito contratto nei confronti dei ricorrenti. 3.2. Ricorso di Z.O Primo motivo violazione di legge in relazione alle contestazioni di usura capi A e C . Riprende nell'integralità il primo motivo proposto nel ricorso di Z.G Secondo motivo violazione di legge e manifesta illogicità della valutazione di elementi probatori confluiti in atti. Riprende nell'integralità il secondo motivo proposto nel ricorso di Z.G Terzo motivo manifesta illogicità della motivazione in relazione sia alla registrazione effettuata da M.V. ed avente ad oggetto il dialogo in occasione del secondo incontro con il prete Don D.M. cui hanno preso parte gli odierni imputati. Riprende nell'integralità il terzo motivo proposto nel ricorso di Z.G Quarto motivo violazione di legge in relazione al capo E estorsione . Riprende nell'integralità il quarto motivo proposto nel ricorso di Z.G Quinto motivo violazione di legge in relazione agli articolo 110 e 629 c.p. . Sebbene Z.O. non sia stato chiamato a rispondere della fattispecie estorsiva, è pur vero che nei confronti dello stesso è stata chiesta la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda nei suoi riguardi anche in ordine a questo reato. Il ricorrente è consapevole del fatto che la giurisprudenza, ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, ritiene sufficiente anche la semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo dell'esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all'autore del fatto, uno stimolo all'azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa. Tuttavia, tale principio non appare invocabile nella fattispecie, in quanto la presenza di Z.O. non è stata mai diretta a rafforzare lo stimolo dell'azione nell'animo dell'autore del fatto, né ha manifestato chiara adesione al progetto criminoso ed infatti, in una specifica occasione, lo stesso avrebbe preso per un braccio il fratello G. allontanandolo dal luogo dei fatti e, in un'altra situazione, sarebbe stato del tutto assente. Sesto motivo violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione della fattispecie di cui al capo E , in quella di cui all' articolo 610 c.p. ovvero agli articolo 56 e 629 c.p. . Riprende nell'integralità il quinto motivo proposto nel ricorso di Z.G Settimo motivo violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione della fattispecie di cui al capo E , in quella di cui all' articolo 393 c.p. . Riprende nell'integralità il sesto motivo proposto nel ricorso di Z.G Ottavo motivo violazione di legge, nella specie dell' articolo 192 c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione, in punto di travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Riprende nell'integralità il settimo motivo proposto nel ricorso di Z.G 3.3. In data 16/05/2022 le difese di Z.G. e di Z.O. hanno presentato memoria con motivi aggiunti, illustrando ulteriormente il primo e l'ultimo motivo di ricorso e richiedendo in via alternativa, rispetto al motivo teso a riconoscere il bis in idem tra capo A e capo C , di dichiararsi l'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo A già alla data della pronuncia della sentenza di secondo grado. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono inammissibili. 2. Va evidenziato in premessa che, nella fattispecie, ricorre un'ipotesi di c.d. doppia conforme , con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo grado e dell'adozione - da parte di entrambe le sentenze - dei medesimi criteri nella valutazione delle prove cfr., Sez. 3, numero 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595 Sez. 2, numero 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 . Sempre preliminarmente, evidenzia il Collegio, rispondendo al rilievo proposto nelle memorie difensive, come nessuno dei reati in contestazione per i quali è stata pronunciata condanna, alla data della pronuncia della sentenza di appello risultava essere prescritto. In particolare, quanto ai capi A ed E , costituenti i reati di maggiore risalenza temporale, dovendosi ascrivere i fatti consumativi alla data del 30/04/2008 come da contestazione, tenuto conto della comune pena edittale prevista per i due delitti contestati e del termine massimo di durata conseguente al verificarsi degli eventi interruttivi pari a complessivi anni dodici e mesi sei , termine a cui vanno aggiunti i periodi sospensivi di centoventi giorni conseguenti ai differimenti delle udienze del 28/11/2009 e del 13/02/2020 rispettivamente differite, per legittimo impedimento del difensore alle date del 13/02/2020, la prima e del 21/05/2020, la seconda, con calcolo del termine massimo di sessanta giorni oltre alla durata dell'impedimento per ciascun rinvio, giusti gli insegnamenti di Sez. U, numero 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio , si perviene ad un termine comune finale di prescrizione pari ad anni dodici e mesi dieci termine venuto a scadenza il 27/02/2021, data successiva all'emissione della sentenza di appello, pronunciata, come detto, il 18/02/2021. La rilevata inammissibilità dei proposti ricorsi non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione preclude la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell' articolo 129 c.p.p. Sez. U, numero 32 del 22/11/2000, D.L , Rv. 217266 nella specie, l'inammissibilità del ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata, come nella fattispecie, successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso conformi, Sez. U, numero 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531 Sez. U, numero 23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164, e Sez. U, numero 19601 del 28/02/2008, Niccoli, Rv. 239400 . 3. Ricorso nell'interesse di Z.G 3.1. Manifestamente infondato è il primo motivo. 3.1.1. La giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto che, in tema di usura, quando tra le stesse persone le dazioni di denaro successive alla scadenza delle precedenti non costituiscono l'esecuzione della iniziale promessa, ma il rinnovo del patto usurario con la rifissazione del capitale in diverso importo e dei conseguenti interessi, trattandosi della conclusione di patti successivi, anche se occasionalmente promananti dalla scadenza dei precedenti, si è in presenza di un reato continuato di usura cfr., Sez. 2, numero 3441 del 11/12/2019, dep. 2020, Clerici, non mass. Sez. 6, numero 1601 del 27/04/1998, Leoni, Rv. 213410 Sez. 2, numero 5633 del 18/02/1988, Mascioli, Rv. 178350 . Per queste ragioni, la qualificazione del reato di usura quale delitto istantaneo ad effetti permanenti non è più attuale ed è stata superata da più recenti decisioni. L'occasione per il mutamento di indirizzo è stata offerta dalla riforma del reato di usura del 1996, che ha introdotto una speciale regola in tema di decorrenza della prescrizione, l' articolo 644 ter c.p. , il quale stabilisce che la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale . Tale statuizione, infatti, non è allineata con l'orientamento che attribuiva all'usura la natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e rappresenta un segnale forte di superamento di quella visione del delitto tutta incentrata sul momento della pattuizione. Così che, in tema di usura, qualora alla promessa segua - mediante la rateizzazione degli interessi convenuti - la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell'originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo sostanziale del reato, necessariamente realizzandosi, così, una situazione non assimilabile alla categoria del reato eventualmente permanente, ma configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata. 3.1.2. Fatta tale doverosa premessa in ordine alla struttura del delitto, occorre chiarire il senso ed il significato dell' articolo 644 ter c.p. , secondo cui la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale . Introdotta con la riforma del reato in oggetto di cui alla L. numero 108 del 1996 , la predetta norma ha certamente inteso evitare che, facendo decorrere la prescrizione dal momento della sola c.d. pattuizione degli interessi usurari che identifica il momento consumativo del reato, i rapporti caratterizzati da un lungo arco temporale, e per ciò solo già maggiormente afflittivi e significativi di capacità criminale, fossero destinati alla prescrizione ove la stessa venisse fatta decorrere sempre dal momento del contratto di mutuo tra le parti e cioè del sinallagma contrattuale. Può, pertanto, dirsi che la introduzione dell' articolo 644 ter c.p. ha inteso definitivamente suggellare il superamento della teoria della usura come reato a struttura esclusivamente sinallagmatica, che si consuma al momento dell'accordo, individuando l'evento lesivo del patrimonio del danneggiato come momento significativo, pur se non indispensabile, del reato e dal quale decorre la prescrizione. 3.1.3. Nella fattispecie, in relazione al capo C , la sentenza impugnata evidenzia come la nuova pattuizione intervenne, sul finire del 2008, allorquando la persona offesa, M.V., chiese ed ottenne di rinegoziare l'originaria scadenza di dicembre 2008, spostandola a marzo 2009, obbligandosi a versare entro la nuova data ulteriori 30.000 Euro, rispetto agli originari 70.000. A garanzia di questi ulteriori importi, consegnò agli imputati due assegni di 15.000 Euro intestati ai due fratelli, sottoscritti ma senza data. In esecuzione del nuovo accordo, agli Z. furono poi versati 25.000 Euro nel settembre 2009 ed ulteriori 5.000 Euro nel settembre 2010 inoltre, nel marzo 2010 furono ulteriormente consegnati due assegni dell'importo di Euro 10.000 ciascuno. Scrivono i giudici di appello che il reato può dirsi consumato in quanto si è in presenza di un nuovo termine di scadenza, della determinazione di un nuovo tasso, e quindi di nuove condizioni non certo del mero adempimento della pregressa pattuizione, modificata nei suoi elementi essenziali. Non può dubitarsi del fatto che la promessa, e i successivi incassi, rappresentino un nuovo reato . la dilazione nel pagamento, e la richiesta di ulteriori 30.000 Euro per il ritardo . si inscrivono in una nuova offesa del bene protetto, e giammai possono essere considerati alla stregua di un post factum non punibile Sez. 2, numero 37693 del 04/06/2014, Rv. 260782 . le conclusioni assunte dalla Corte territoriale - che ha riconosciuto come la nuova negoziazione non poteva considerarsi una mera prosecuzione del patto già concluso, rappresentando al contrario una nuova offesa al bene protetto - sono pienamente in linea con i consolidati ed ampiamente condivisibili insegnamenti giurisprudenziali. 3.2. Aspecifici, reiterativi di censure in fatto e comunque manifestamente infondati sono sia il secondo, che il terzo, che il quarto motivo di ricorso, accomunati dall'identità di vizio. 3.2.1. Alla luce del denunciato sostanziale travisamento della prova in cui sarebbero incorsi i giudici di merito, evidenzia in premessa il Collegio come il vizio in parola, per assumere rilievo in sede di legittimità, deve, da un lato, immediatamente emergere dall'obiettivo e semplice esame dell'atto, specificamente indicato, dal quale deve trarsi, in maniera certa ed evidente, che il giudice del merito ha travisato una prova acquisita al processo, ovvero ha omesso di considerare circostanze risultanti dagli atti espressamente indicati dall'altro, esso deve riguardare una prova decisiva, nel senso che l'atto indicato, qualunque ne sia la natura, deve avere un contenuto da solo idoneo a porre in discussione la congruenza logica delle conclusioni cui è pervenuto il giudice di merito. Invero, il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione in ipotesi di doppia conforme sia in ipotesi in cui entrambi i giudici siano incorsi in travisamento della prova, sia nella ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle censure della difesa, abbia richiamato elementi probatori non esaminati dal primo giudice, ma in questo ultimo caso la preclusione opera comunque rispetto a quelle parti della sentenza che abbiano esaminato e valutato in modo conforme elementi istruttori comuni e suscettibili di autonoma valutazione cfr., Sez. 4, numero 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155 Sez. 5, numero 18975 del 13/02/2017, Cadore, Rv. 269906 , mentre in relazione alla ipotesi di duplice travisamento, lo stesso deve emergere in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio tra le parti Sez. 2, numero 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 . Orbene, alla stregua di tali principi, deve ritenersi che nessuno dei giudici di merito appare essere incorso nel travisamento della prova. Di contro, lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimità, le doglianze articolate nei sunnominati motivi di ricorso finiscono per contestare il giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere, al contrario, tali elementi pienamente e integralmente riscontrati all'esito della ricostruzione della concreta vicenda processuale. Ed in effetti, è utile ribadire che, ai fini della corretta deduzione del vizio di violazione di legge di cui all' articolo 606 c.p.p. , comma 1, lett. b il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione della riconducibilità del fatto - come ricostruito dai giudici di merito - nella fattispecie astratta delineata dal legislatore altra cosa, invece, e', come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si deduce l'erroneità dell'opera di sussunzione del fatto non suscettibile di essere rimessa in discussione in sede di legittimità rispetto alla fattispecie astratta nel secondo caso, invece, la censura si risolve nella contestazione della possibilità di enucleare, dalle prove acquisite, una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che e', invece, operazione prettamente riservata al giudice di merito. Con le doglianze svolte, il ricorrente contesta, in sostanza, l'approdo decisionale cui sono pervenuti i giudici di merito nell'affermare la penale responsabilità dello stesso, sottoponendo alla Corte una serie di argomentazioni che si risolvono nella formulazione di una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti posti a fondamento della decisione. 3.2.2. Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come non rientri nei poteri del giudice di legittimità quello di effettuare una rilettura degli elementi storico-fattuali posti a fondamento del motivato apprezzamento al riguardo svolto nell'impugnata decisione di merito, essendo il relativo sindacato circoscritto alla verifica dell'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari aspetti o segmenti del percorso motivazionale ivi tracciato verifica il cui esito non può che dirsi positivamente raggiunto nel caso in esame. 3.2.3. Infine, con particolare riferimento alla dedotta inutilizzabilità delle registrazioni audio prodotte dalla persona offesa in quanto caratterizzate da tagli in alcuni punti, la Corte territoriale ne ha evidenziato la non decisività in presenza di ampi riscontri alle dichiarazioni di M.V. rappresentati dalla documentazione rinvenuta e sequestrata dalla polizia giudiziaria appunti pacificamente riconducibili agli imputati, nei quali vengono ricostruiti i rapporti con il M., con la indicazione di importi e riferimenti temporali del tutto omogenei rispetto a quanto emerso dalla escussione della persona offesa v. pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata . In conclusione, va riconosciuto come le sopra esposte doglianze difensive non siano, pertanto, idonee ad infirmare la ragionevolezza del complessivo risultato probatorio tratto dalla ricostruzione della vicenda operata nell'ultima decisione di merito, per la semplice ragione che esse tendono a nuovamente prospettare un'alternativa, e come tale non consentita nella presente sede, rivisitazione del fatto oggetto del correlativo tema d'accusa, ovvero ad invalidarne elementi di dettaglio o di contorno, lasciando inalterata la consistenza delle ragioni giustificative a sostegno della pronuncia di responsabilità. 3.3. Manifestamente infondati sono anche sia il quinto che il sesto motivo di ricorso che censurano la qualificazione giuridica di cui al capo E , affermando, da un lato, che il reato di estorsione non potesse dirsi consumato, essendo rimasto allo stadio del tentativo, comunque derubricabile - attesa l'assenza del profitto ingiusto - nella fattispecie di cui all' articolo 610 c.p. e, dall'altro, che entrambi gli imputati, animati dalla pretesa - ritenuta legittima - di recuperare le somme dovute, avrebbero al più commesso il reato di ragion fattasi, secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza delle sezioni unite penali. 3.3.1. Va innanzitutto ricordato come questa Suprema Corte Sez. 2, numero 2988 del 22/11/2007, dep. 2008, Rv. 238747 ha chiarito che la condotta tipica del reato di usura non richiede che il suo autore assuma atteggiamenti intimidatori o minacciosi nei confronti del soggetto passivo, atteso che tali comportamenti caratterizzano la diversa fattispecie dell'estorsione ed ha inoltre precisato Sez. 2, numero 5231 del 14/01/2009, Rv. 243283 che i delitti d'usura e di estorsione possono concorrere ove la violenza o la minaccia, assenti al momento della stipula del patto usurario, siano in un momento successivo impiegate per ottenere il pagamento dei pattuiti interessi o degli altri vantaggi usurari diversamente, sussiste il solo reato di estorsione ove la violenza o la minaccia siano usate ab initio al fine di otttenere la dazione dei suddetti vantaggi. Invero, il reato di usura, che rientra tra i delitti contro il patrimonio mediante frode, si distingue dall'estorsione, che rientra tra i delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone, perché, ai fini dell'integrazione della sua materialità, non occorre che il soggetto attivo ponga in essere, in danno di quello passivo, una violenza o minaccia. Ne consegue che, quando la violenza o la minaccia vengano poste in essere dal soggetto attivo per farsi dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità risulterà integrato il solo reato di estorsione, in virtù dell'elemento specializzante della violenza o minaccia per indurre il soggetto ad accettare la pattuizione usuraia, non l'usura, che sarebbe integrata dalla mera dazione o promessa, del tutto spontanea quindi, non indotta dalla coercizione di interessi o altri vantaggi usurari in tal caso, infatti, l'agente, con violenza o minaccia, perché procura a sé un ingiusto profitto consistente nell'ottenere un vantaggio interessi usurari vietato dalla legge. L'usura e l'estorsione possono, tuttavia, concorrere, nel caso in cui la violenza o minaccia sia esercitata in un momento successivo rispetto all'iniziale pattuizione usuraia, ovvero al fine di ottenere l'ingiusto profitto consistente nella corresponsione dei pattuiti interessi o altri vantaggi usurari che il soggetto passivo non possa o non voglia più corrispondere Sez. 2, numero 38551 del 26/04/2019, D'Amico, Rv. 277090-02 . 3.3.2. Ciò premesso, nessun dubbio sussiste sul fatto che integra il delitto di estorsione, in relazione all'ingiusto profitto derivante da una pretesa penalmente e civilisticamente illecita, la minaccia posta in essere per ottenere il pagamento di un credito di natura usuraria cfr., Sez. 5, numero 49604 del 30/09/2014, Caruso, Rv. 261335 Sez. 2, numero 41481 del 29/09/2009, Pierro, Rv. 244941 pretesa giammai tutelabile in giudizio, giusta la previsione di cui all' articolo 1815 c.c. , comma 2. Invero, il comportamento tenuto ai danni del M. integra pacificamente, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, la fattispecie dell'estorsione, essendo ingiusto, in quanto connesso ad azione intimidatoria e senza alcuna comprovata base giustificativa lecita, il profitto che ne ricava l'intermediario e sussistendo altresì il danno per la vittima, costretta a versare denaro senza alcuna garanzia di effetto liberatorio cfr., Sez. 5, numero 22003 del 07/03/2013, Accarino, Rv. 255651 Sez. 2, numero 12982 del 16/02/2006, Caratozzolo, Rv. 234117 Sez. 5, numero 5193 del 27/02/1998, PG, Rv. 211492 . La ricostruzione effettuata dai giudici di merito si presenta tra l'altro pienamente rispettosa dei criteri, in tema di estorsione, evidenziati da ultimo da Sez. U, numero 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027-02, circa le modalità di accertamento del dolo di estorsione. 3.3.3. I rilievi che la Corte territoriale ha speso per giustificare la mancata ricorrenza dell'ipotesi delittuosa di cui all' articolo 393 c.p. sono logici ed ampiamente condivisibili. Si è evidenziato, innanzitutto, come della ragionevole opinione degli agenti della sussistenza, in capo agli stessi, del preteso diritto di credito, mancano gli indicatori fattuali, essendovene alcuni di natura assolutamente contraria, tra loro assolutamente convergenti. Scrivono i giudici di appello . i fratelli Z. la cui posizione è assolutamente identica mai attivarono alcun canale legale per la restituzione delle somme prestate, ma si rivolsero al loro difensore per la restituzione dei soli canoni di locazione, e solo molto tempo dopo la denuncia del M La ripetuta richiesta di denaro contante, l'evocazione della natura usuraria del rapporto e dell'agire in nome e per conto di terze persone, in grado di mettere in pericolo l'altrui incolumità, depongono, piuttosto, nel senso della assoluta consapevolezza della illiceità della condotta e giammai dell'esercizio di un preteso diritto . La stessa Corte territoriale ha poi riconosciuto di aderire al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui è configurabile il delitto di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni nei confronti del creditore che eserciti una minaccia per ottenere il pagamento di interessi usurari, poiché egli è consapevole di porre in essere una condotta per ottenere il soddisfacimento di un profitto ingiusto, in quanto derivante da una pretesa contra ius Sez. 2, numero 9931 del 01/12/2014, Iovine, Rv. 262566 nello stesso senso, Sez. 2, numero 26235 del 12/05/2017, Nicosia, Rv. 269968 . E, poiché nel caso in esame, la natura usuraria originaria del rapporto instaurato tra gli Z. quali creditori e M. quale debitore usurato risulta pacifica, la più lieve ipotesi di cui all' articolo 393 c.p. invocata dal ricorrente potrebbe al più essere riconosciuta solo qualora fosse emerso dal complesso probatorio - ma ciò non è avvenuto - che inequivocabilmente le parti avevano sostituito all'originario rapporto usurario altro contratto con il quale era previsto l'obbligo di restituzione della sola somma capitale. 3.4. Manifestamente infondato è il settimo motivo. Ferma l'acclarata credibilità della persona offesa, si è ancora una volta al cospetto di una censura che tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all'apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito. 4. Ricorso nell'interesse di Z.O 4.1. Manifestamente infondati sono il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il sesto, il settimo e l'ottavo motivo che riprendono, anche nella parte grafica, rispettivamente il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso di Z.G In relazione agli stessi si rimanda alle considerazioni e alle valutazioni esposte nei paragrafi 3.1., 3.2., 3.3. e 3.4. ed eventuali ulteriori sottoparagrafi del considerato in diritto che precede. 4.2. Manifestamente infondato è anche il quinto motivo, introdotto in via autonoma dal ricorrente Z.O Va innanzitutto evidenziato come il provvedimento di cui si discute da escludersi certamente dal novero degli atti abnormi, costituendo l'esercizio di un potere espressamente conferito dalla legge al giudice è certamente non impugnabile perché consegue ad una richiesta del tutto discrezionale del pubblico ministero a cui il giudice, senza poter esercitare alcun sindacato, è costretto a dare inevitabilmente corso. In ogni caso, va anche detto che il provvedimento di trasmissione atti non è impugnabile perché lo stesso non ha alcuna natura decisoria assumendo, infatti, un carattere meramente strumentale, in quanto si concretizza in un mero impulso processuale che non lede in alcun modo le prerogative dell'imputato, che potrà svolgere le proprie difese, successivamente e senza alcuna limitazione, nelle sedi opportune. Da qui l'affermazione del seguente principio di diritto Difetta di interesse a proporre ricorso per cassazione il soggetto, già imputato per altro reato, nei cui confronti è stata chiesta la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda nei suoi riguardi per un reato mai formalmente contestatogli, trattandosi di provvedimento oggettivamente non impugnabile e difettando in capo allo stesso un vantaggio concreto dalla ipotetica rimozione del provvedimento . 5. In relazione, infine, ai motivi aggiunti di ricorso oggetto delle memorie difensive depositate nell'interesse dei due ricorrenti in data 16/05/2022 - ciascuno dei quali ripropone taluna delle corrispondenti censure dei motivi principali - il Collegio intende precisare come gli stessi mutuino la loro inammissibilità da questi ultimi, e ciò anche a voler tacere della congruità delle risposte che le critiche ivi articolate trovano nella motivazione della sentenza impugnata. Ed invero, l'imprescindibile vincolo che esiste fra detti motivi e quelli su cui si fonda l'impugnazione principale cfr., Sez. U, numero 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210529 Sez. 2 numero 17693 del 17/01/2018, Corbelli, Rv. 272821 comporta che il vizio radicale da cui sono inficiati questi ultimi non possa essere tardivamente sanato dai primi cfr., Sez. 2, numero 34216 del 29/04/2014, Cennamo, Rv. 260851 Sez. 6, numero 47414 del 30/10/2008 Arruzzoli, Rv. 242129 , anche ove i motivi aggiunti valgano, in teoria, a colmare i difetti di quelli originali Sez. 5, numero 8439 del 24/01/2020, Lucarelli, Rv. 278387 . 6. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell' articolo 616 c.p.p. , la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Gli imputati vanno altresì condannati al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, M.V., che si liquidano in complessivi Euro 3.400,00 oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, M.V., che liquida in complessivi Euro 3.400,00, oltre accessori di legge.