Il gravame che risulti dai pubblici registri si presume conosciuto e può non essere dichiarato espressamente

«Il vincolo, che sia pari agli oneri a carico degli immobili discendenti da prescrizioni urbanistiche, contenute in piani regolatori che una volta approvati e pubblicati hanno valore di prescrizione di ordine generale a contenuto normativo con efficacia erga omnes , ha natura pubblicistica ed è assistito da una presunzione legale di conoscenza assoluta da parte dei destinatari, sicché non può qualificarsi come onere non apparenti gravanti sull'immobile, ai sensi dell'articolo 1489 c.c., e non è, conseguentemente, invocabile dal compratore quale fonte di responsabilità del venditore che non li abbia eventualmente dichiarati nel contratto».

Il caso. Due persone fisiche, rispettivamente promissario venditore e promissario acquirente, stipulavano contratto preliminare avente ad oggetto un compendio immobiliare. Al momento della sottoscrizione, il promissario acquirente versava una somma a titolo di caparra confirmatoria, inoltre, le parti individuavano il termine ultimo per la stipula del definitivo. Medio tempore, l'acquirente eccepiva la presenza di gravame sul cespite e una destinazione d'uso differente da quella convenuta, tuttavia, dichiarava la disponibilità a perfezionare l'acquisto sebbene a prezzi differenti da quelli originariamente pattuiti. L'acquirente, invitava il venditore a stipulare il contratto definitivo previo verifica dello stato dell'immobile. Il promissario venditore regolarizzava la situazione e invitava l'acquirente alla stipula del definitivo, invito formulato in data successiva a quella indicata nel preliminare. Spirato il termine, il promissario acquirente conveniva il giudizio il venditore affinché fosse dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento e condannato il convenuto al pagamento del doppio della caparra oltre risarcimento danni. Il tribunale dichiarava legittimo il comportamento del venditore, per l'effetto, dichiarava il diritto a trattenere la caparra. La corte d'Appello confermava la decisione di primo grado e spiegava che il gravame cui si riferiva parte acquirente articolo 79 L. P. Bolzano numero 13/1997 era un vincolo ricognitivo del regime urbanistico edilizio del fondo, aveva natura pubblicistica, come tale conoscibile-opponibile erga omnes , senza necessità di particolare menzione. La Corte rigettava richiamava l'articolo 9 del r.d. numero 499/1929 ed affermava che gli oneri ed i diritti reali che diminuiscono il libero godimento della cosa venduta, se risultano iscritti nel libro fondiario, si considerano come dichiarati nel contratto, restando salva la responsabilità del venditore che abbia dichiarato specificatamente che la cosa è libera da oneri o da diritti altrui. Natura apparente del vincolo risultante da pubblici registri. I giudici di legittimità hanno spiegato che il vincolo di cui all'articolo 79 della L. P. di Bolzano numero 13/1997 ha natura di pubblicità notizia, pertanto, è efficace erga omnes , senza che l'annotazione sia necessaria ai fini dell'apponibilità ai terzi Cons. di Stato numero 4335/2014 . Sul punto, la Cassazione si è espressa come segue « il citato vincolo, alla pari degli oneri a carico degli immobili discendenti da prescrizioni urbanistiche, contenute in piani regolatori che una volta approvati e pubblicati hanno valore di prescrizione di ordine generale a contenuto normativo con efficacia erga omnes , ha natura pubblicistica ed è assistito da una presunzione legale di conoscenza assoluta da parte dei destinatari, sicché non può qualificarsi come onere non apparenti gravanti sull'immobile, ai sensi dell' articolo 1489 c.c. , e non è, conseguentemente, invocabile dal compratore quale fonte di responsabilità del venditore che non li abbia eventualmente dichiarati nel contratto » Cass. numero 14289/2018 . Successione e rilevanza processuale. La corte territoriale preso atto del decesso del convenuto, aveva escluso la legittimazione processuale della moglie che, costituendosi in giudizio aveva depositato il certificato storico di famiglia riferito a diversi anni prima e non aggiornato. La Corte ha spiegato che in caso di riassunzione del processo, dopo la morte della parte, la legittimazione passiva può essere individuata allo stato degli atti cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta o conoscibile con l'ordinaria diligenza – Cass. numero 21227/2014 . In tal senso, il certificato storico della composizione della famiglia non costituisce affatto un documento idoneo all'identificazione degli eredi e, comunque, di tutti gli eredi basti pensare ad una successione testamentaria difforme dalla legittima , validamente raggiunti, per contro, dalla notificazione impersonale e collettiva Cass. numero 23783/2007 . Con le argomentazioni espresse, la cassazione ha confermato la decisione impugnata e condannato parte ricorrente al pagamento delle spese.

Presidente Bellini - Relatore Massafra  Fatti di causa 1. F.A. convenne in giudizio R.A., chiedendo la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per inadempimento oltre al risarcimento del danno ed al doppio della caparra versata, esponendo di aver sottoscritto con il predetto, in qualità di promittente acquirente, un accordo preliminare in data 20.2.2008 avente ad oggetto il compendio immobiliare sito in c.comma omissis pp.mm. omissis della p.ed. omissis pp.mm., costituenti un'unità abitativa a piano terra, con cantina ed un garage all'interrato, che egli si era impegnato ad acquistare per sé o per persona da nominare mentre R.A. si era impegnato a trasferirglielo in assoluta proprietà . Il prezzo venne pattuito a corpo nella somma complessiva di Euro 380.000, di cui Euro 50.000,00 vennero versati alla sottoscrizione del preliminare a titolo di caparra confirmatoria mentre i restanti Euro 330.000 sarebbero stati pagati al saldo del residuo prezzo al momento della sottoscrizione dell'atto notarile, da redigersi entro il 31 maggio 2008. La parte venditrice assunse l'obbligo di vendere il compendio immobiliare libero da pesi, ipoteche ed ogni altro e diverso onere pregiudizievole, nella situazione apparente dal libro fondiario, nonché a realizzare una recinzione. Successivamente l'acquirente venne a conoscenza dell'esistenza di un impedimento al trasferimento degli immobili costituito da trascrizione del vincolo L.P. numero 13 del 1997 , ex articolo 79, e dall'assenza in capo al F. dei requisiti richiesti da detta normativa per l'acquisto degli stessi. Sicché, contestando la presenza del vincolo, il ricorrente manifestò, comunque, la propria disponibilità alla stipulazione del contratto ma a diverse condizioni rispetto a quelle originariamente stabilite dalle parti. Con lettera del 17.7.2008 R.A. venne, quindi, invitato a presentarsi dinanzi al notaio designato per il trasferimento dei beni il giorno 5.8.2008. Seguì ulteriore corrispondenza tra le parti e venne fissato, dal ricorrente, un nuovo appuntamento in data 12.12.2008, per verificare la possibilità di trasferire gli immobili alla propria moglie e discutere nuovamente del prezzo. Nelle more, R.A., ottenuta la cancellazione del vincolo, in data 19.1.2009 inviò al ricorrente la diffida ad adempiere. 1.2. F., quindi, si dolette del comportamento inadempiente del R. evidenziando al riguardo che questi gli aveva dapprima sottaciuto l'esistenza del vincolo provinciale e, dopo aver incassato la caparra di Euro 50.000, si era rifiutato di cooperare al fine della sua cancellazione e gli aveva infine inviato la diffida ad adempiere per poi vendere a terzi i beni immobili nel frattempo liberati dal vincolo. Si costituì nel giudizio R.A. rilevando che il F. si era impegnato ad acquistare per sé o per persona da nominare nella specie la moglie , di talché l'impedimento assoluto derivante dal vincolo di cui all'articolo 79 citato non sussisteva, e che l'esistenza dello stesso doveva essere necessariamente nota all'attore essendo originato da una norma imperativa e come tale assistita da una presunzione legale di conoscenza. R.A. chiese, quindi, in via riconvenzionale, stante l'inadempimento dell'attore all'obbligo di stipulare il definitivo, la declaratoria di legittimità del recesso operato e, per l'effetto, il diritto dello stesso a trattenere l'importo di Euro 50.000,00 incamerato a titolo di caparra confirmatoria. Il giudizio venne interrotto, successivamente alla precisazione delle conclusioni, a seguito della comunicazione del decesso del convenuto e successivamente riassunto da F.A. nei confronti delle odierne resistenti. 2. Il giudice di prime cure, sulla scorta delle risultanze probatorie, dichiarò risolto il contratto preliminare, previa declaratoria di legittimità del comportamento del R. e del trattenimento da sua parte della caparra, e dichiarò inammissibile la domanda nei confronti di M.M., non essendo la stessa erede del R. avendo divorziato dallo stesso . La decisione venne impugnata dall'odierno ricorrente e confermata dalla Corte d'appello. Quest'ultima, tra l'altro, facendo proprio l'iter motivazionale del giudice di prime cure, ricostruì il contenuto e la ratio della L.P. numero 13 del 1997 , articolo 79, evidenziando la natura di pubblicità-notizia della annotazione, trattandosi di vincolo ricognitivo del regime urbanistico edilizio del fondo, di natura pubblicistica e come tale efficace erga omnes, senza che dunque, l'annotazione sia necessaria ai fini dell'opponibilità ai terzi . La Corte rigettò, quindi, l'appello richiamando del R.D. numero 499 del 1929, articolo 9, ed affermando che gli oneri ed i diritti reali che diminuiscono il libero godimento della cosa venduta, se risultano iscritti nel libro fondiario, si considerano come dichiarati nel contratto, restando salva la responsabilità del venditore che abbia dichiarato specificatamente che la cosa è libera da oneri o da diritti altrui. In relazione alla domanda svolta nei confronti di M.M. la Corte d'appello confermò, anche sotto questo profilo, la decisione del giudice di prime cure, stante l'assenza in capo alla stessa della qualità di erede, ed evidenziò come l'aver prodotto lo stato di famiglia storico non potesse, nella specie, ritenersi sufficiente ai fini di una compiuta verifica degli eredi di R.A 3. F.A. impugna la sentenza con 3 motivi, due in relazione alla posizione di R.C. e M., uno in relazione a M.M., resistono con controricorso R.C. e M. nonché M.M In prossimità dell'adunanza sono state depositate memorie. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell' articolo 360 c.p.comma , numero 3, per violazione di norme di diritto violazione dell' articolo 360 c.p.comma , numero 5 per errata ed omessa ricostruzione di fatti decisivi di causa ed omessa e falsa interpretazione dei fatti decisivi relativi alla manifestazione della volontà delle parti, in ordine all'esecuzione dell'accordo del 20 febbraio 2008 errata e falsa interpretazione, ai sensi del combinato disposto dell' articolo 1453 c.comma e articolo 1482 c.comma , comma 2 e dei principi di buona fede contrattuale, articolo 1337 c.comma , degli inviti a cooperare errata e falsa interpretazione delle obbligazioni di cooperazione e collaborazione cui agli articolo 11751375 c.c., avendoli sussunti come obblighi falsa ed erronea attribuzione al vincolo ex articolo 79 L.P. della natura apparente. Il ricorrente, nella sostanza, ritiene la ricostruzione del compendio probatorio effettuata dal giudice di seconde cure sia erronea e lacunosa e che ciò abbia determinato l'errata applicazione delle norme di legge innanzi indicate. Con specifico riferimento poi alla della L.P. Bolzano articolo 79, si denuncia la errata attribuzione di natura apparente al vincolo da essa previsto. 1.2. Il motivo, è in parte infondato ed in parte inammissibile. Sotto il profilo della dedotta violazione di cui all' articolo 360 c.p.comma , numero 5, il motivo è inammissibile vertendosi in ipotesi di doppia conforme . Com'e' noto, infatti, non sono impugnabili per omesso esame di fatti storici le sentenze di secondo grado in ipotesi di c.d. doppia conforme, la quale presuppone che nei due gradi di merito le questioni di fatto siano state decise in base alle stesse ragioni Cass. numero 29222 del 2019 , circostanza, verificatasi nel caso di specie. Sicché, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all' articolo 360 c.p.comma , numero 5 nel testo riformulato dal D.L. numero 83 cit., articolo 54, comma 3, ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012 , il ricorrente deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. Nella specie, la parte non ha dimostrato che la motivazione del primo e del secondo grado poggi su presupposti differenti, circostanza peraltro esclusa espressamente dal giudice di seconde cure il quale afferma, testualmente, di fare proprio il ragionamento di prime cure. 1.3. In relazione alla dedotta contraddittorietà della motivazione, va inoltre rimarcato in seguito alla riformulazione dell' articolo 360 c.p.comma , comma 1, numero 5, disposta del D.L. numero 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. numero 134 del 2012 , non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall' articolo 111 Cost. , comma 6, che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali Cass. numero 7090 del 2022 . Sicché è denunciabile, ai sensi dell'articolo innanzi citato, solo l'anomalia motivazionale che risulti dal testo della sentenza si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante in quanto attiene all'esistenza stessa della motivazione non avendo più rilievo il mero difetto di sufficienza. Si ritiene opportuno, al riguardo, ulteriormente, ribadire che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali, ove mai sussistente, da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell' articolo 360 c.p.comma , comma 1, numero 5 che attribuisce rilievo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio , né in quello del precedente numero 4, disposizione che - per il tramite dell' articolo 132 c.p.comma , numero 4 - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante. Alla luce di quanto innanzi ne consegue l'inammissibilità dei profili di doglianza esaminati. 1.4. Sotto il diverso profilo della ritenuta violazione di legge, il motivo si appalesa come infondato. Il ricorrente non deduce, infatti, l'errore di ricognizione della fattispecie astratta disciplinata da una norma di legge ma, nella sostanza, denuncia l'omessa ed errata, a suo dire, valutazione e ricostruzione del compendio probatorio contrapponendovi la propria. Sul punto appare quindi opportuno ribadire che il giudice nell'esprimere il proprio convincimento non è tenuto a dare conto di tutte le risultanze probatorie. Infatti, non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l'analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi Cass. numero 2153 del 2020 . Sicché, i profili di doglianza fatta eccezione per la censura relativa alla L.P. numero 13 del 1997 , articolo 79, che sarà trattato successivamente che denunciano una violazione di legge, di cui al motivo di ricorso, lungi dall'integrare una violazione di legge costituiscono una contestazione della valutazione del compendio probatorio effettuato dal giudice di merito e delle conclusioni cui esso è pervenuto, mirando a sollecitare una valutazione del merito da parte del giudice di legittimità inibita in questa sede. 2. Il ricorrente si duole, inoltre, della omessa e falsa applicazione della norma di diritto invocata dalla sentenza della Cassazione numero 13208 del 28.05.2013 c.c. . Con questo profilo di doglianza, il ricorrente si duole della ritenuta attribuzione di natura apparente al vincolo previsto dalla L. Urbanistica della Provincia di Bolzano numero 13 del 1997, articolo 79, dovendosi invece, nella sua prospettazione, ritenere il predetto onere non apparente, incidendo poi tale interpretazione sulla valutazione della condotta di R.A., ed in particolare sulla sua reticenza circa l'esistenza del vincolo. La doglianza, sotto questo profilo, è infondata. La Corte d'appello ha escluso la rilevanza di tale reticenza sul corretto presupposto, in precedenza esplicitato dal Consiglio di Stato, con la sentenza numero 4335 del 2014, che il vincolo di cui alla L.P. Bolzano numero 13 del 1997 , articolo 79, ha natura di pubblicità- notizia e pertanto è efficace erga omnes, senza che l'annotazione sia necessaria ai fini dell'opponibilità ai terzi. Va, infatti, al riguardo evidenziato che l'articolo 79, relativo all'edilizia convenzionata, prevede al comma 1 che le Abitazioni convenzionate devono essere occupate per il soddisfacimento del fabbisogno abitativo primario da parte di persone aventi, al momento del rilascio della concessione edilizia, la residenza anagrafica in un comune della provincia e che non siano o i cui componenti il nucleo familiare non siano proprietari di un'abitazione adeguata al fabbisogno della famiglia in località facilmente raggiungibile dal posto di lavoro o di residenza ovvero non siano titolari del diritto di usufrutto o di abitazione su una tale abitazione. Se l'abitazione viene occupata da due coniugi in regime di comunione legale dei beni, è sufficiente che uno di essi sia in possesso dei requisiti per la residenza anagrafica al momento del rilascio della concessione edilizia. Alle persone indicate nel primo periodo sono equiparate, per quanto riguarda la residenza, le persone residenti o aventi il posto di lavoro in un comune della provincia da almeno cinque anni al momento dell'occupazione dell'abitazione. Il canone di locazione nei primi venti anni non può essere superiore al canone di locazione provinciale, determinato ai sensi della L.P. 17 dicembre 1998, numero 13, articolo 7, salvo che il proprietario corrisponda, anche dopo il rilascio della licenza d'uso, il contributo di concessione commisurato al costo di costruzione pari al 15 per cento dell'importo vigente al momento della presentazione della relativa domanda . Il comma 2 della medesima disposizione prevede che nei casi di convenzionamento, la concessione edilizia può essere rilasciata soltanto a condizione che il concessionario, con un atto unilaterale d'obbligo o con una convenzione, autorizzi il comune a far annotare il vincolo di cui al presente articolo nel libro fondiario. L'annotazione è richiesta dal comune a spese del concessionario . Il citato vincolo, alla pari degli oneri a carico degli immobili discendenti da prescrizioni urbanistiche, contenute in piani regolatori che una volta approvati e pubblicati hanno valore di prescrizione di ordine generale a contenuto normativo con efficacia erga omnes , ha natura pubblicistica ed è assistito da una presunzione legale di conoscenza assoluta da parte dei destinatari, sicché non può qualificarsi come onere non apparenti gravanti sull'immobile, ai sensi dell' articolo 1489 c.comma , e non e', conseguentemente, invocabile dal compratore quale fonte di responsabilità del venditore che non li abbia eventualmente dichiarati nel contratto sul punto Cass. numero 14289 del 2018 . Ne deriva l'infondatezza della doglianza anche sotto il profilo di cui innanzi. 3. Con il secondo motivo si denuncia la violazione articolo 360 c.p.comma , numero 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ed ai sensi dell' articolo 360 c.p.comma , numero 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla emissione del certificato di stato di famiglia storico di R. . Con questo motivo il ricorrente, nella sostanza, si duole del fatto che il giudice non abbia ritenuto idoneo il certificato storico al fine della corretta individuazione degli eredi nella specie in forza di detto certificato il ricorrente ha individuato come erede l'ex moglie del convenuto e l'ha quindi citata in giudizio . Innanzi tutto, in relazione alla doglianza di cui all' articolo 360 c.p.comma , numero 5, va ribadito che essendosi in presenza di una doppia conforme , il motivo è inammissibile per le ragioni già esplicitate in relazione al primo motivo di ricorso. Sotto il diverso profilo della violazione di legge, va evidenziato che pur essendo indicato nella rubrica, non risulta indicata la norma violata né in quali termini sarebbe stata violata. L'intera doglianza è relativa, in realtà, alla erronea valutazione, in quanto difforme da quella datane dal ricorrente, fatta dal giudice del certificato storico, ossia del documento prodotto, ossia di una prova. La doglianza, quindi, mirando sotto questo profilo alla rivisitazione della valutazione che del compendio probatorio è stata effettuata dal giudice di seconde cure, è inammissibile. 3.1. Va, peraltro, in questa sede ribadito che il certificato storico della composizione della famiglia non costituisce affatto un documento idoneo all'identificazione degli eredi e, comunque, di tutti gli eredi basti pensare ad una successione testamentaria difforme dalla legittima , validamente raggiunti, per contro, dalla notificazione impersonale e collettiva Cass. numero 23783 del 2007 . Come affermato da Cass. numero 21227 del 2014 in parte motiva in caso di riassunzione del processo, dopo la morte della parte la legittimazione passiva può essere individuata allo stato degli atti cioè nei confronti dei soggetti che oggettivamente presentino un valido titolo per succedere, qualora non sia conosciuta o conoscibile con l'ordinaria diligenza, esclusa dalla Corte d'appello nella specie con motivazione non sindacabile in questa sede, alcuna circostanza idonea a dimostrare che il titolo a succedere sia venuto a mancare. La Corte d'appello ha, infatti, affermato che lo stato di famiglia storico allegato sub. docomma 2 al ricorso per riassunzione dell'attore depositato il 30.12.2014, dà atto della situazione del 13.1.1999, talché non poteva menzionare il divorzio intervenuto nel 2007 e, essendo il decesso di R.A. intervenuto in data 8.10.2014, tale documento, attestante una situazione risalente a 15 anni prima, non può ritenersi sufficiente ai fini di una compiuta verifica degli eredi del medesimo . 4. Ulteriore profilo di doglianza riguarda le spese di giudizio e con esso da un lato si denuncia l'errata e falsa applicazione del principio di compensazione delle spese e dall'altro l'errata e falsa applicazione dello scaglione di riferimento e dei valori medi applicati per le convenute R.M. e R.C. in relazione all' articolo 360 c.p.comma , numero 3 . Con il primo profilo della doglianza di cui innanzi si contesta la circostanza secondo cui la Corte nel rigettare la doglianza relativa alla mancata compensazione avrebbe errato poiché nella specie sarebbero sussistenti i presupposti stanti la ritenuta parziale soccombenza della parte convenuta e i comportamenti tenuti dal R. . Il ricorrente ripercorre la domanda svolta dalle eredi del R., per poi affermare, effettuando una personale ricostruzione ed interpretazione dell'impianto motivazionale, che testualmente conferma la sentenza di primo grado seguendone l'iter argomentativo, che il giudice di seconde cure avrebbe ritenuto sussistente una domanda principale ed una subordinata mentre le convenute avrebbero chiaramente svolto due domande alternative . Nella prospettazione del ricorrente, quindi, la Corte d'appello o avrebbe accolto la domanda di risoluzione, rigettando al contempo quella di risarcimento del danno, o avrebbe accolto la domanda di recesso ma, in questo caso, avrebbe motivato come risoluzione. In entrambi i casi, nella prospettazione del F., essendovi parziale soccombenza delle convenute sul danno e tenuto conto dei comportamenti tenuti dal R. il giudice avrebbe dovuto disporre la compensazione delle spese. 4.1. Il motivo è infondato. Il giudice di seconde cure ha confermato integralmente la sentenza di prime cure che aveva ritenuto legittimo il recesso di R.A. e, quindi, immune da censure la sua condotta ed quindi liquidato le spese in conformità alla statuizione adottata e, dunque, in forza della soccombenza del F Nella specie, peraltro, va evidenziato come il giudice di seconde cure abbia affermato che le domande riconvenzionali del R., in quanto formulate subordinatamente all'accoglimento della domanda del F., che è stata respinta, non siano state proprio esaminate di qui, ulteriormente, l'infondatezza della censura del ricorrente. Va, in questa sede, peraltro, ribadito che in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l'eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione Cass. numero 11329 del 2019 . 4.2. Sempre nell'ambito della censura di cui innanzi il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza impugnata laddove dispone in ordine alla dedotta soccombenza della . rispetto alla domanda ex articolo 96 c.p.comma , va osservato che una tale istanza non risulta formalmente proposta in sede di precisazione delle conclusioni, come risulta dalla comparsa di costituzione di M.M. dd. 25.2.2015 . L'espressione è censurata in quanto il ricorrente, secondo la sua prospettazione, avrebbe richiesto la soccombenza rispettivamente la compensazione delle spese in relazione alla domanda della M.M. che non sarebbero rinvenibili nei motivi addotti nella sentenza impugnata, bensì nella diversa circostanza, di ritenere il comportamento processuale della M. ai sensi dell' articolo 96 c.p.comma , e non certo sostenendo che la M. avesse svolto domanda ex articolo 96 c.p.comma cfr. sul punto ricorso in riassunzione F. . 4.3. La censura sotto questo profilo è inammissibile. In disparte, il difetto di autosufficienza in relazione a questo profilo di doglianza, non essendo stato indicato del documento, la pagina specificatamente posta a fondamento della pretesa, né chiarito i termini in cui essa si sostanzi, va evidenziato come la Corte d'appello abbia disatteso l'appello e, pertanto, confermato il rigetto della domanda nei confronti di M.M. per difetto di legittimazione passiva, ponendo a carico del ricorrente le spese di lite in base al principio di soccombenza, di talché la censura è inammissibile per difetto di interesse. 4.4. Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della falsa applicazione dello scaglione di riferimento e dei valori medi applicati per le convenute R.E. e R.C. in relazione all' articolo 360 c.p.comma , numero 3. Il ricorrente di duole dello scaglione applicato perché il giudice avrebbe considerato la somma domandata e non quella attribuita così violando del D.M. numero 55 del 2014, articolo 5, comma 1. La causa nella specie era stata ritenuta di valore indeterminabile. Era stato chiesto infatti non solo la restituzione della caparra ma anche il risarcimento del danno. In concreto sono state riconosciute Euro 50.000 a titolo di caparra. Il motivo è infondato. 4.5. Il principio applicabile nella specie è quello di cui a Cass. numero 28417de1 2018, secondo cui in caso di rigetto della domanda, nei giudizi per pagamento di somme o risarcimento di danni, il valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari di avvocato a carico dell'attore soccombente, è quello corrispondente alla somma da quest'ultimo domandata, dovendosi seguire soltanto il criterio del disputatum , senza che trovi applicazione il correttivo del decisum . 5. Il ricorrente denuncia, infine, sotto la rubrica omessa motivazione in relazione ad un motivo di appello la falsa applicazione dell' articolo 360 c.p.comma , in ordine alla carenza di motivazione sulla domanda accolta di controparte, se in relazione alla chiesta risoluzione sia in relazione al richiesto recesso . Il motivo, così come formulato, è inammissibile, per difetto di autosufficienza non essendo stati né riassunti né riportati i termini nei quali il proprio atto di appello era stato formulato, né il capo della sentenza impugnata. Quando il ricorso si fonda su atti processuali, il ricorrente ha l'onere di indicarli in modo specifico nel ricorso, a pena di inammissibilità articolo 366 c.p.comma , comma 1, numero 6 . Indicarli in modo specifico vuol dire a trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo b indicare in quale fase processuale siano stati prodotti c indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione in tal senso, ex multis, Sez. 6 - 3, Sentenza numero 19048 del 28/09/2016 Sez. 5, Sentenza numero 14784 del 15/07/2015 Sez. U, Sentenza numero 16887 del 05/07/2013 Sez. L, Sentenza numero 2966 del 7.2.2011 . Di questi tre oneri, richiesti come s'e' detto a pena di inammissibilità, il ricorrente non ne ha assolto alcuno. Peraltro va rimarcato come questa Corte, infatti, possa conoscere solo degli errori correttamente censurati, ma non può di norma rilevarne d'ufficio, né può pretendersi che essa intuisca quale tipo di censura abbia inteso proporre il ricorrente, quando questi esponga le sue doglianze con tecnica redazionale oscura ex multis Cass. numero 6546 del 2020 . Ne consegue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza, sono liquidate come da dispositivo e ne va disposta la chiesta attribuzione, rispettivamente, agli avvocati Lucente, Pusateri ed Occhipinti che si sono dichiarati antistari delle stesse. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese che liquida in Euro 3500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, con attribuzione all'avvocato Lucente, antistatario e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente che liquida in Euro 3500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, con attribuzione agli avv. Pusateri ed Occhipinti antistatari. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1-bis.