Il recesso unilaterale dal contratto di locazione commerciale in assenza di gravi motivi non produce effetti

L'articolo 27, comma 8, l. numero 392/1978 introduce una deroga eccezionale al principio secondo cui il contratto di locazione - per scopi diversi da quello abitativo - può essere sciolto solo per volontà delle parti. Trattasi di un recesso titolato per cui per produrre i suoi effetti dovranno essere presenti due condizioni ossia la presenza di gravi motivi ed il preavviso anteriore ai sei mesi.

Così ha statuito la Corte di Cassazione, con ordinanza numero 26623 depositata il 9 settembre 2022. Il caso. La causa, decisa dalla ordinanza in commento, originava da quattro ricorsi per decreto ingiuntivo, chiesti ed ottenuti da un locatore nei confronti della società conduttrice intimando il pagamento di una data somma pari ai canoni dovuti relativamente ad una locazione ad uso commerciale, disdettata in via unilaterale dal conduttore prima della scadenza di legge. La decisione del Tribunale di Milano di conferma dei decreti ingiunti viene successivamente confermata anche dalla Corte di Appello. La società conduttrice propone ricorso per Cassazione con un solo motivo di ricorso deducendo la violazione e falsa applicazione degli articolo 1334 c.c. e 27 l. numero 392/1978 con riferimento all'efficacia risolutoria del recesso privo dei requisiti di cui all'articolo 27 l. numero 392/1978. Le questioni giuridiche sottese alla pronuncia. Con la pronuncia in epigrafe la Cassazione ripercorre il diritto vigente che regola il recesso del conduttore da un contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso dall'abitazione assoggettato, tuttora, alla normativa inderogabile della l. numero 392/1978. Il recesso del conduttore, in quanto integra una eccezione alla durata della locazione, stabilita inderogabilmente dalla legge, è caratterizzato da un particolare rigore formale, con una conseguente interpretazione restrittiva anche con riferimento alla esistenza e valutazione dei “gravi motivi” che consentono al conduttore di recedere dal contratto di locazione di un immobile adibito a uso diverso da quello abitativo prima del termine di durata fissato dalla legge ai sensi e per gli effetti di cui al comma 8 dell'articolo 27 l. numero 392/78. Il recesso, prima della scadenza fissata per legge del conduttore commerciale è, quindi, legittimamente esercitato quando si verificano degli eventi estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili, sopravvenuti alla costituzione del rapporto locativo e tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la persistenza del rapporto locativo in essere, motivi che devono sussistere al momento dell'esercizio del diritto di recesso e comunicati nei tempi previsti al locatore. Queste condizioni previste dalla normativa, pertanto, devono sussistere al fine di poter considerare efficacie e legittimo il recesso anticipato, con il fine di liberare il conduttore dall'obbligazione di pagamento dei canoni. Elemento quest'ultimo che va tenuto ben distinto dagli effetti della dichiarazione unilaterale di recesso sul contratto di locazione in assenza delle condizioni previste dalla norma, come ricorda la Suprema nella decisione in commento. La decisione. Nel ritenere infondato l'unico motivo di ricorso addotto da parte conduttrice i Giudici, confermando orientamenti consolidati della stessa Corte e della giurisprudenza di merito, chiariscono come nell'ambito del contratto di locazione commerciale, fatta eccezione per il recesso convenzionalmente stipulato con il contratto di locazione, la norma di cui al comma 8 dell'articolo 27 l. numero 392/1978 è di derivazione diretta dal recesso unilaterale disciplinato dall'articolo 1373 c.c. ed inquadra il recesso unilaterale non convenzionalmente convenuto come deroga eccezionale al principio secondo il quale tale rapporto può essere sciolto solo per concorde volontà delle parti. Secondo il ragionamento della Corte pertanto, l'atto di recesso del conduttore, anche se condizionato da una giustificazione obbiettiva, produce l'effetto di sciogliere il rapporto di locazione attraverso il meccanismo proprio degli atti unilaterali descritto dall'articolo 1344 c.c. tra le altre, Cass. civ., numero 954/1996 . Quest'ultima norma dispone che gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona cui sono indirizzati, in ottemperanza al principio di vincolatività della dichiarazione, la quale non può essere più revocata dopo la conoscenza da parte del destinatario. Orbene, traslando tale concetto al recesso del conduttore ai sensi dell'articolo 27 citato, questo comporta che, una volta espressa la volontà di recesso, il conduttore non può affidarne l'effetto ad elementi causali non contenuti nell'atto di preavviso richiesto dalla norma in quanto trattasi di recesso titolato ex multis, Cass. civ., numero 24266/2020 . Pertanto, il giudice chiamato a verificare la legittimità del recesso del conduttore, deve verificare anche che questo corrisponda ai motivi che debbono essere gravi espressi nell'atto di preavviso. La presenza dei “gravi motivi” pertanto da un lato è condizione essenziale per il perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo.

Presidente Frasca – Relatore Condello Rilevato che 1. Con quattro decreti ingiuntivi, su istanza della omissis s.p.a., il Tribunale di Milano ingiungeva, in relazione a diversi periodi, alla omissis s.r.l. il pagamento dei canoni rimasti impagati in relazione all'immobile adibito ad uso commerciale, sito in omissis , in forza di contratto di locazione stipulato in data 14 luglio 2010. La società conduttrice proponeva distinte opposizioni, deducendo che il mancato pagamento trovava giustificazione nel recesso dal contratto per gravi motivi della L. numero 392 del 1978, ex articolo 27, u.c., comunicato con lettera del 31 luglio 2013, avente effetto dal 1 febbraio 2014. Evidenziava, in particolare, che nell'anno 2013 aveva sottoscritto un contratto di appalto, con il quale aveva ottenuto l'incarico da una società estera per lo sviluppo, la progettazione, commercializzazione e gestione di 50 strutture commerciali su tutto il territorio della Repubblica Popolare cinese, assumendo l'obbligo di assumere nuovo personale, nonché di ampliare i propri uffici, il che aveva reso impossibile una soluzione che ipotizzasse di ricavare i nuovi spazi necessari nei locali oggetto di locazione, già interamente occupati da altri dipendenti e consulenti. Il Tribunale di Milano, riuniti i procedimenti relativi alle diverse opposizioni, esclusa la sussistenza dei dedotti gravi motivi , respingeva le opposizioni, confermando i decreti ingiuntivi. 2. La sentenza, impugnata dalla omissis s.r.l., è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano. I giudici di appello, dopo avere respinto il primo motivo di gravame, sottolineando che la scadenza naturale del contratto cadeva nel 2016 e che, pertanto, era legittima l'aspettativa della locatrice di ricevere il pattuito canone locativo fino a tale scadenza, hanno rilevato che non era in discussione la illegittimità del recesso, avvenuto in assenza dei gravi motivi previsti dalla legge, e che non era condivisibile la tesi difensiva della efficacia risolutoria del recesso illegittimo, considerato che la prescrizione della sussistenza dei gravi motivi L. numero 392 del 1978, ex articolo 27, non poteva essere aggirata considerando comunque produttivo di effetti il recesso privo di tale requisito essenziale. Confermando, poi, che omissis s.p.a. ora omissis s.p.a. non aveva assunto personale aggiuntivo, avendo anzi ridotto il numero degli addetti, e che il progetto di collaborazione con l'impresa cinese non era riferibile all'appellante, ma ad altra società facente parte del gruppo, la omissis s.p.a., la Corte territoriale ha posto in evidenza che la circostanza che, in pendenza dei giudizi, fosse intervenuta la fusione tra le società omissis s.p.a. e omissis s.p.a. non aveva rilevanza, atteso che i motivi giustificanti il recesso anticipato dovevano esistere al momento della comunicazione stragiudiziale inoltrata alla parte locatrice, a nulla rilevando la deduzione di circostanze insorte dopo la comunicazione del recesso. Respinte tutte le altre doglianze e le richieste istruttorie, la Corte milanese ha condannato l'appellante al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio. 3. omissis s.r.l. ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con un unico motivo. omissis s.p.a. resiste con controricorso. 4. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380 bis.1 c.p.c Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero presso la Corte. In prossimità dell'adunanza camerate la controricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c Considerato che 1. Con l'unico motivo di ricorso la omissis s.r.l. deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1334 c.c. e della L. numero 392 del 1978, articolo 27, in merito all'efficacia risolutoria del recesso privo dei requisiti di cui della L. numero 392 del 1978, articolo 27 . Evidenzia, sotto un primo profilo, che nel corso del giudizio di merito aveva sottolineato la natura di atto unilaterale e recettizio del recesso contrattuale, il quale, ai sensi dell'articolo 1334 c.c., produce i suoi effetti dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla quale l'atto è destinato il che determina una chiara distinzione tra illegittimità del recesso determinata in base alle previsioni contrattuali o di legge ed inefficacia del medesimo, laddove mentre quest'ultima impedisce all'atto di sortire i suoi effetti risolutori, la prima consentirebbe comunque all'atto di conseguirli, lasciando al soggetto eventualmente danneggiato dalla violazione, non già il diritto all'adempimento di obbligazioni relative ad un contratto ormai risolto, bensì unicamente un semplice diritto risarcitorio per il danno eventualmente e conseguentemente subito . Sotto un secondo profilo, la ricorrente sottolinea l'esistenza di altre ipotesi di recesso, come quelle operanti nell'alveo dei rapporti di lavoro e di mandato a tempo indeterminato articolo 2118 e 1725 c.c. , in ordine alle quali il recesso anticipato e privo del consenso dell'altra parte, ancorché non consentito, determina comunque gli effetti risolutivi, riservando alla parte che ha subito il recesso non già il diritto di richiedere comunque l'adempimento, bensì unicamente quello risarcitorio. L'applicazione del medesimo principio al caso di specie, secondo la ricorrente, comporta che, ricevuta la comunicazione di recesso inviata dalla conduttrice e disposto l'avvenuto rilascio, il contratto di locazione deve intendersi in ogni caso risolto, restando unicamente di valutare, in presenza di eventuale richiesta risarcitoria da parte del conduttore, il comportamento colposo del danneggiante ossia del locatore . Poiché nel giudizio di merito era mancata una domanda di siffatta natura da parte del locatore, che si era limitato a richiedere il pagamento di canoni e spese, la pretesa della locatrice, ad avviso della ricorrente, era del tutto infondata, essendo venuto meno il titolo contrattuale su cui la stessa si fondava, stante anche l'inesistenza delle prestazioni godimento dell'immobile - che poteva legittimarne il pagamento. 2. La censura è infondata. 2.1. Occorre preliminarmente chiarire che il riferirnento contenuto nell'illustrazione del motivo alla sentenza di questa Corte numero 6895 del 2015 non è pertinente perché essa riguarda una fattispecie in cui era stata accertata la ricorrenza dei gravi motivi di cui alla L. numero 392 del 1978, articolo 27. Affrontando la questione se l'efficacia del recesso legittimamente esercitato debba spiegarsi solo a seguito del giudiziale accertamento di tali motivi o, se piuttosto, l'efficacia debba operare sin dal momento della ricezione, da parte del locatore, della dichiarazione di recesso inoltrata dalla parte conduttrice, questa Corte ha ritenuto corretta la statuizione del giudice di merito il quale, accertata la sussistenza dei giusti motivi invocati dalla conduttrice, aveva ritenuto risolto il contratto con decorrenza dalla scadenza del sesto mese successivo alla manifestazione della volontà di recesso, reputando irrilevante al fine del differimento degli effetti del recesso l'opposizione della società locatrice. Il principio affermato dalla richiamata pronuncia, secondo cui, in materia di locazioni di immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, il recesso del conduttore per gravi motivi della L. 27 luglio 1978, numero 392, ex articolo 27, comma 8, attesa la sua natura di atto unilaterale recettizio, produce effetto - ex articolo 1334 c.c., per il sol fatto che la relativa dichiarazione pervenga al domicilio del locatore, non occorrendo anche la mancata contestazione, da parte di quest'ultimo, circa l'esistenza o rilevanza dei motivi addotti, non vale dunque a supportare la tesi difensiva dell'odierna ricorrente. 2.2. Piuttosto, come questa Corte ha già avuto modo di osservare Cass., sez. 3, 5/02/1996, numero 954 conforme, Cass., sez. 3, 3/11/2020, numero 24266 , fatta eccezione del recesso convenzionalmente stipulato con il contratto di locazione, l'articolo 27, u.c., della Legge richiamata è di derivazione diretta dal recesso unilaterale disciplinato dall'articolo 1373 c.c., ed inquadra il recesso unilaterale non convenzionalmente convenuto come deroga eccezionale al principio secondo il quale tale rapporto può essere sciolto solo per concorde volontà delle parti. La deroga è, tuttavia, subordinata a due condizioni, ossia la presenza di gravi motivi che investano la posizione del conduttore e il preavviso anteriore di sei mesi. Tale forma di recesso può, dunque, essere validamente esercitata solo in presenza di gravi motivi , la cui valutazione è rimessa al giudice di merito Cass., sez. 3, 24/09/2002, numero 13909 . L'atto di recesso del conduttore, anche se condizionato da una giustificazione obiettiva, produce l'effetto di sciogliere il rapporto di locazione attraverso il meccanismo proprio degli atti unilaterali descritto dall'articolo 1334 c.c. Cass., sez. 3, 07/04/2015, numero 6895 e, quindi, dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona cui è indirizzato. Ciò comporta che nella legge dell'equo canone è contenuto un principio di vincolatività della dichiarazione, la quale non può essere più revocata dopo la conoscenza da parte del destinatario, per cui, una volta espressa la volontà di recesso, il conduttore non può affidarne l'effetto ad elementi causali non contenuti nell'atto di preavviso richiesto dai ricordati articoli della L. numero 392 del 1978, ed il giudice chiamato a verificare la legittimità del recesso del conduttore deve verificare che questo corrisponda ai motivi, che devono essere gravi, espressi nell'atto di preavviso. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, pertanto, l'onere, per il conduttore, di specificare i gravi motivi contestualmente alla dichiarazione di recesso in parola deve ritenersi insito nella facoltà di recesso, la cui comunicazione, in quanto trattasi di recesso titolato , non può prescindere - in ciò distinguendosi dal recesso ad nutum - dalla specificazione dei motivi, che valgono a dare alla dichiarazione di recesso la precisa collocazione nell'ambito della fattispecie normativa in parola, sicché tale specificazione inerisce al perfezionamento stesso della dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei motivi di recesso addotti sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo Cass., sez. 3, 26/11/2002, numero 16676 Cass., sez. 3, 29/03/2006, numero 7241 Cass., sez. 3, 24/04/2008, numero 10677 Cass., sez. 3, 17/01/2012, numero 549 Cass., sez. 3, 3/11/2020, numero 24266 . Da quanto detto discende che il recesso del conduttore di cui si discute, attesa la sua natura di atto unilaterale recettizio, produce l'effetto, come già osservato - ex articolo 1334 c.c. - per il sol fatto che la relativa dichiarazione pervenga al domicilio del locatore, non occorrendo anche la mancata contestazione, da parte di quest'ultimo, circa l'esistenza o rilevanza dei motivi addotti con l'ulteriore precisazione che l'eventuale contestazione del locatore circa l'esistenza o la rilevanza dei giusti motivi invocati dal conduttore non introduce un'azione costitutiva finalizzata ad una sentenza che dichiari sciolto il recedente dal contratto, ma introduce una mera azione di accertamento, il cui scopo è stabilire se esistessero al momento del recesso i giusti motivi invocati dal conduttore Cass., sez. 3, 07/04/2015, numero 6895 Cass., sez. 3, 9/07/2009, numero 16110 e Cass., sez. 3, 20/02/1993, numero 2070, in motivazione . Naturalmente, il dire che l'effetto che il recesso in discorso determina si produce ai sensi dell'articolo 1334 c.c., ossia mediante la manifestazione di volontà unilaterale di recesso da parte del conduttore, connotata dall'indicazione dei gravi motivi, non deve indurre confusione con la produzione degli effetti di tale manifestazione negoziale sul contratto. Tali effetti, ossia la cessazione della locazione, se ricorrono i giusti motivi, o perché non contestati dal locatore o perché accertati a seguito di contestazione e lite, si determinano dal momento in cui scade il relativo termine, in quanto la idoneità della volontà negoziale motivata a produrre è per legge differita. Va, tuttavia, ribadito che trattasi in ogni caso di recesso titolato che non può prescindere dalla specificazione dei motivi, la quale inerisce al perfezionamento stesso della dichiarazione di recesso e risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo alla necessità dell'indicazione, nella dichiarazione di recesso, dei motivi posti a fondamento dello stesso dalla parte conduttrice non può non corrispondere l'onere, della parte locatrice, di una contestazione tempestiva e specifica degli stessi, e ciò anche in chiave di tendenziale contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti del contratto, in una prospettiva di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici e di certezza delle situazioni giuridiche. Di qui l'irrilevanza della esistenza di norme che prevedono ipotesi in cui il recesso, disposto anticipatamente rispetto al termine contrattualmente pattuito, sortisca comunque gli effetti risolutivi del rapporto, non potendo ravvisarsi alcuna analogia tra la disciplina dettata dagli invocati articolo 2118 e 1725 c.c., e la fattispecie normativa speciale disciplinata della L. numero 392 del 1978, articolo 27, u.c L'evocazione della norma sul mandato e di quella sul rapporto di lavoro, per le quali si privilegia la conseguenza del risarcimento del danno è fuori luogo, in quanto in quei contratti una delle prestazioni ha ad oggetto un'opera e, dunque, il rimedio del risarcimento, comunque previsto dal legislatore, si spiega per questo, dovendosi considerare che gli effetti del contratto non potrebbero continuare come se nulla fosse in conseguenza del recesso. Nella locazione, invece, si è in presenza di una prestazione di conferimento del godimento che resta insensibile di fronte al recesso illegittimo. 3. Alla luce della interpretazione della normativa di cui della L. numero 392 del 1978, articolo 27, u.c., sopra delineata, l'accertata - e non contestata - assenza, nel caso in esame, dei gravi motivi previsti dalla legge non può che condurre, come correttamente ritenuto dalla Corte d'appello, a far ritenere fondata la pretesa creditoria azionata dalla locatrice a titolo di adempimento, non potendosi considerare intervenuta la risoluzione del rapporto contrattuale. La sentenza impugnata va, pertanto, esente dalle censure ad essa rivolte. 4. Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito della L. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.