Il recesso del socio di s.r.l.: negata la libera uscita se la durata è «eccessiva»

Con ordinanza numero 26060 del 5 settembre 2022 la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione torna ad occuparsi del tema del diritto di recesso del socio di s.r.l., ribadendo il principio per cui la possibilità per il socio di recedere ad nutum sussiste soltanto nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato e non anche a tempo determinato, sia pure cronologicamente lontano.

Il caso risolto dalla Corte Suprema. Una società a responsabilità limitata proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova che, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato la legittimità del recesso esercitato dal socio, condannando la società al pagamento del controvalore della quota. Segnatamente, il Tribunale di Sanremo aveva disatteso la domanda del socio evidenziando che la richiesta di liquidazione della quota presupponeva l'accertamento della legittimità del recesso che, tuttavia, non era stato chiesto dall'attore. Il primo Giudice reputava insussistente, in ogni caso, il diritto di recesso poiché la società presentava una durata determinata. La Corte di Appello accoglieva il gravame interposto dal socio sul presupposto che questo avesse il diritto di recedere dalla società ove quest'ultima, come nella specie, fosse stata costituita con un termine di durata molto lungo. Da qui il ricorso proposto dalla società nel quale viene lamentata la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2473, comma 2, c.c. per avere la sentenza impugnata ritenuto che il termine di durata della società, fissato al 2050, fosse di lunghezza tale da consentire il recesso ad nutum. Il diritto di recesso del socio di s.r.l. e la durata della società. Ricorda, anzitutto, la Prima Sezione della Corte di Legittimità che l'articolo 2473, comma 2, c.c., con disposizione che ricalca la disciplina delle s.p.a. non quotate, riconosce al socio di s.r.l. il diritto di recedere in ogni momento, salvo preavviso, qualora la società risulti contratta a tempo indeterminato. Ciò in considerazione del generale sfavore che accompagna, nel nostro ordinamento, l'assunzione di vincoli perpetui, estendendosi anche alle società di capitali il principio della libera recedibilità, nel rispetto del principio di buona fede, dai contratti a prestazioni continuate o periodiche aventi durata indeterminata. Le correnti giurisprudenziali in tema di recesso del socio di s.r.l. Osserva poi la Corte di Cassazione che la sentenza impugnata ha aderito alla tesi che riconosce il diritto di recesso ad nutum anche quando lo statuto preveda un termine di durata particolarmente lungo, ponendosi in allineamento al precedente di legittimità numero 9662 del 22 aprile 2013 che ha valorizzato sia il criterio relativo alla durata della vita del socio, sia il collegamento funzionale tra il termine di durata della società e il progetto di attività che si intende perseguire, sia l'impossibilità di ricostruire l'effettiva volontà delle parti circa l'opzione fra una durata a tempo determinato o indeterminato della società in presenza di fissazione di un termine di durata oltremodo lontano nel tempo. Previsione statutaria, questa, che si risolverebbe, nella sostanza, nella mancata determinazione del tempo di durata della società. Ciò anche in considerazione del fatto che la riforma del diritto societario ha inteso potenziare il diritto di recesso nella s.r.l., tutelando i soci di minoranza e favorendo l'accessibilità al recesso come contropartita delle ampie facoltà attribuite al controllo da parte dei soci di maggioranza. In senso contrario si è posta l'ordinanza di legittimità numero 8962 del 19 marzo 2019 che ha escluso l'assimilazione delle situazioni di durata indeterminata a quelle di durata eccessivamente lontana nel tempo, valorizzando sia il dato letterale dell'articolo 2473, comma 2, c.c., che limita tassativamente la possibilità di recedere ad nutum al solo caso di società contratta a tempo indeterminato, sia la necessità di pervenire ad una valutazione sistematica delle disposizioni, che tenga conto della differente disciplina dettata per le società a responsabilità limitata rispetto a quella operante per le società di persone, sia, infine, l'interesse dei creditori sociali al mantenimento dell'integrità del patrimonio sociale. Tesi, questa, confermata anche dalla più recente sentenza di legittimità numero 4716 del 21 febbraio 2020 che ha ribadito il principio per cui la possibilità per il socio di recedere ad nutum sussiste solo nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato e non anche a tempo determinato, sia pure lontano. Ed è quest'ultima la ricostruzione ermeneutica qui condivisa dalla Prima Sezione che, accogliendo il ricorso, rigetta l'originaria domanda del socio. Le ragioni della tesi valorizzata dalla Corte Suprema ed i rischi di quella opposta. Le motivazioni che hanno indotto il Collegio a dare continuità alla soluzione appena esposta sono le seguenti A la necessità di assicurare carattere di certezza e univocità alle informazioni desumibili dalla consultazione degli atti iscritti nel registro delle imprese, senza imporre ai terzi un'attività di valutazione e interpretazione delle stesse B l'esigenza di terzi i creditori, in particolare di conoscere in anticipo, al momento in cui contrattano con la s.r.l. e per l'intera durata del loro rapporto, il catalogo esatto delle ipotesi di recesso dei soci, in relazione alla potenziale distrazione di patrimonio netto dagli scopi dell'iniziativa e alla alterazione della generica garanzia del credito rappresentato dal patrimonio sociale C evitare al creditore di dover monitorare costantemente la composizione della compagine sociale ciò si verificherebbe se il diritto di recesso ad nutum venisse ancorato all'aspettativa di vita residua del socio D tutelare l'interesse dei creditori vuoi sotto il profilo patrimoniale, in relazione alla conservazione della garanzia patrimoniale rappresentata dal patrimonio sociale vuoi sotto il profilo organizzativo, in relazione alla conoscenza delle cause di recesso, in quanto strumentale alla pianificazione dei rapporti con la società sulla base di informazioni accessibili, chiare e incontrovertibili. Avverte la Prima Sezione che la tesi opposta a quella ora condivisa si espone alle seguenti critiche I stante la regola tendenziale della libera trasferibilità della quota, il subentro nella veste di socio di un soggetto avente un'aspettativa di vita sensibilmente diversa e più breve rispetto al cedente potrebbe rivelarsi idoneo a introdurre una causa di recesso originariamente inesistente, con pregiudizio delle predette esigenze di certezza in ordine alla conoscibilità della sussistenza delle facoltà di recesso a disposizione dei singoli soci II parametrare la durata «eccessiva» della società alla durata del progetto imprenditoriale, avuto riguardo alla tendenziale difficoltà di individuare l'arco temporale entro il quale l'oggetto sociale può plausibilmente essere conseguito, laddove non consistente in attività suscettibile di ripetizione potenzialmente all'infinito, renderebbe opinabile e incerto il ricorso a un siffatto criterio, oltre alla constatazione che l'eventuale conseguimento dell'oggetto costituisce causa di scioglimento della società ben prima del decorso del termine. Esclusa l'applicazione analogica della disciplina del recesso delle società di persone. Infine, a detta della prima Sezione, se è vero che con la riforma del diritto societario il legislatore ha inteso semplificare la gestione e l'esercizio dell'impresa affidata alla s.r.l., differenziandone maggiormente i connotati rispetto a quelli della s.p.a., ciò non consente di poter applicare analogicamente alla s.r.l. la disciplina del recesso prevista per le società di persone, avuto riguardo, in particolare, al differente regime patrimoniale che le caratterizza. Le massime dei precedenti di legittimità richiamati nell'ordinanza annotata v. Cass. 22 aprile 2013, numero 9662, secondo cui «in tema di società a responsabilità limitata, la previsione statutaria di una durata della società per un termine particolarmente lungo nella specie, l'anno 2100 , tale da superare qualsiasi orizzonte previsionale anche per un soggetto collettivo, ne determina l'assimilabilità ad una società a tempo indeterminato ne consegue che, in base all'articolo 2473, comma 2, c.c., compete al socio in ogni momento il diritto di recesso, sussistendo la medesima esigenza di tutelare l'affidamento del socio circa la possibilità di disinvestimento della quota da una società sostanzialmente a tempo indeterminato» Cass. 29 marzo 2019, numero 8962, alla cui stregua «non è consentito il recesso ad nutum del socio di una società a responsabilità limitata contratta a tempo determinato, in considerazione sia della previsione letterale di cui all'articolo 2473 c.c., che limita la possibilità di recedere al solo caso di società contratta a tempo indeterminato, sia della valutazione sistematica dipendente dalla diversa disposizione dettata per le società di persone, sia, infine, in relazione all'esigenza di tutela dei creditori che, facendo affidamento sul patrimonio sociale, hanno interesse al mantenimento della sua integrità. La S.C. ha dettato il principio in riferimento all'ipotesi di una società a responsabilità limitata con durata prevista fino al 2050, in relazione alla quale il socio pretendeva di poter esercitare il recesso ad nutum, perché la durata della società eccedeva la propria aspettativa di vita, dato che la Corte ha ritenuto non rilevante » Cass. 21 febbraio 2020, numero 4716, ove è stabilito che «è da preferire un'interpretazione restrittiva delle norme che prevedono le ipotesi di recesso del socio di società per azioni, al fine di non incrementare a dismisura le cause che legittimano l'uscita dalla società. In ogni caso, non potrebbe giustificarsi un'estensione basata su criteri d'incerta definizione e applicazione concreta, quali quella della durata della vita umana, o anche di un progetto imprenditoriale, che renderebbero eccessivamente aleatorie le prospettive di soddisfazione dei terzi creditori». Per la giurisprudenza di merito, di recente cfr. Trib. Milano, Sez. Impresa, 5 maggio 2022, in Dejure, secondo cui   «è giustificata l'applicazione della disciplina del recesso ad nutum del socio, dettata per le s.r.l. costituite a tempo indeterminato dall'articolo 2437, comma 3, c.c., quando il termine di durata di una società, pur essendo previsto, appaia in assoluto elusivo, apparente o insignificante, ovvero quando esorbiti ogni ragionevole previsione di durata della società stessa come persona giuridica nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto sussistente il diritto di recesso dei soci da una s.r.l. il cui termine di durata era stato pattuito dallo statuto al 31.12.3000 » App. Milano Sez. Impresa, 27 aprile 2021, numero 1323 che ha cosi statuito «in tema di previsione di durata di una s.r.l., affinché il termine di un'epoca lontana sia considerato come indeterminato, con possibilità di recesso ad nutum di un socio, detto termine deve essere tale da oltrepassare qualsiasi orizzonte previsionale di vita, non solo della persona fisica ma anche di un soggetto collettivo, tenuto conto della ragionevole data di compimento del progetto imprenditoriale ne deriva l'illegittimità del recesso di un socio da una s.r.l. con durata prevista di 132 anni, e termine al 2100, che abbia come progetto la gestione di un immobile di lunga durata, essendo detto termine perfettamente compatibile con detto progetto, non potendosi individuare un termine ragionevolmente più breve».

Presidente Scaldaferri – Relatore Catallozzi Rilevato che - la Iniziative Milanesi s.r.l. in liquidazione, già B. Generali Costruzioni s.r.l., propone ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva della Corte di appello di Genova, depositata il 9 febbraio 2015, e la sentenza definitiva della medesima Corte, depositata il 25 maggio 2017, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Sanremo, hanno dichiarato legittimamente esercitato il recesso operato da G.P. dalla società e, per l'effetto, condannato quest'ultima al pagamento della somma di Euro 32.755,00 oltre interessi legali a decorrere dal 26 settembre 2006, quale controvalore della sua quota - dall'esame delle sentenze impugnate si evince che con la domanda proposta l'attore, premesso di essere titolare di una quota pari al 10% della B. Costruzioni Generali s.r.l., aveva chiesto accertarsi la sussistenza del suo diritto di recesso e condannarsi la società al pagamento del valore della sua quota - la Corte di appello ha riferito che il Tribunale aveva disatteso la domanda evidenziando che la richiesta di liquidazione della quota presupponeva l'accertamento della legittimità del recesso, non richiesto, tuttavia, dall'attore e, in ogni caso, che non sussisteva il vantato diritto di recesso poiché la società aveva una durata determinata e, inoltre, aveva ritenuto inammissibile la domanda di accertamento del valore della quota sul fondamento che l'autorità giudiziaria aveva unicamente il potere di nominare il perito estimatore e non anche di procedere autonomamente alla valutazione - con la prima delle sentenze impugnate la Corte di appello ha accolto il gravame interposto ritenendo che il socio di una società a responsabilità limitata avesse il diritto di recedere dalla società ove quest'ultima, come nel caso in esame, fosse stata costituita con un termine di durata molto lungo e che la previsione da parte dell'articolo 2473 c.c., di un procedimento di volontaria giurisdizione preordinato all'accertamento del valore della quota di un socio non faceva venir meno la possibilità che un siffatto accertamento potesse essere eseguito anche in sede contenziosa laddove la relativa esigenza sorgesse nell'ambito di un più ampio giudizio - con la seconda della sentenza impugnate, disattesa l'eccezione di improcedibilità per sopravvenuta messa in liquidazione della società, in quanto tardivamente proposta, ha proceduto, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio disposta con la decisione non definitiva, alla quantificazione del controvalore della quota di partecipazione dell'attore - il ricorso è affidato a quattro motivi - resiste con controricorso G.P. - le parti depositano memoria ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c Considerato che - con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 2473 c.c., comma 3, per aver la sentenza impugnata ritenuto che il giudice potesse accertare il valore della quota di partecipazione al capitale di una società a responsabilità limitata di un socio a seguito dell'esercizio del diritto di recesso - sostiene, in proposito, che, in virtù della richiamata disposizione normativa, una siffatta funzione spetta, in caso di disaccordo tra i soci, esclusivamente ad un esperto nominato dal giudice - con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., per aver la Corte di appello ritenuto che la domanda di condanna al pagamento del valore della quota sociale contenesse implicitamente anche la domanda di accertamento della legittimità del recesso, benché non espressamente formulata - con il terzo motivo si duole della violazione e falsa applicazione dell'articolo 2473 c.c., u.c. e articolo 167 c.p.c., comma 2, per aver il giudice di appello disatteso l'eccezione di improcedibilità della domanda di condanna sollevata con riferimento alla sopravvenuta messa in liquidazione della società - con l'ultimo motivo lamenta la violazione falsa applicazione dell'articolo 2473 c.c., comma 2, per aver la sentenza impugnata ritenuto che il termine di durata della società, fissato nell'anno 2050, fosse di lunghezza tale da consentire il recesso ad nutum - va preliminarmente esaminato, per motivi di ordine logico-giuridico, il secondo motivo di ricorso, il quale è infondato l'esercizio di un'azione di condanna contiene necessariamente la richiesta dell'accertamento del diritto che si vuol fare valere, accertamento che rappresenta l'elemento proprio e comune di ogni azione di tale natura e che, in quanto tale, pur potendo costituire oggetto di una autonoma azione, non deve essere oggetto di specifica domanda - può, quindi, esaminarsi, sempre in ossequio ad un ordine logico-giuridico, l'ultimo motivo del ricorso, che, invece, è fondato - l'articolo 2473 c.c., comma 2, con disposizione che ricalca analoga disciplina dettata per le s.p.a. non quotate, riconosce a ciascun socio di una società a responsabilità limitata il diritto di recedere in ogni momento dalla stessa, salvo preavviso, qualora la società risulti contratta a tempo indeterminato - tale previsione trova la sua giustificazione nel generale sfavore che accompagna, nel nostro ordinamento, l'assunzione di vincoli perpetui e consegue, più precisamente, all'estensione anche alle società di capitali del principio della libera recedibilità, nel rispetto del principio di buona fede, dai contratti a prestazioni continuate o periodiche aventi durata indeterminata - la sentenza non definitiva impugnata aderisce alla tesi secondo cui il diritto di recesso ad nutum va riconosciuto non solo quando la società è contratta a tempo indeterminato, ma anche quando lo statuto preveda un termine particolarmente lungo, facendo leva sul precedente rappresentato dalla sentenza di questa Corte numero 9662 del 22 aprile 2013, che ha valorizzato sia il criterio, proprio della disciplina delle società di persone ma richiamato per ragioni di ordine sistematico, relativo alla durata della vita del socio, sia il collegamento funzionale tra il termine di durata della società e il progetto di attività che si intende perseguire, sia l'impossibilità di ricostruire l'effettiva volontà delle parti circa l'opzione tra una durata a tempo determinato o indeterminato della società in caso di fissazione di un termine di durata oltremodo lontano nel tempo nel caso di specie, 2100 - la menzionata sentenza ha, quindi, evidenziato che una siffatta previsione statutaria si risolverebbe, nella sostanza, nella mancata determinazione del tempo di durata della società e darebbe luogo a un effetto elusivo della norma che prevede il diritto di recesso ad nutum del socio per società contratte a tempo indeterminato - ha, infine, osservato che la riforma del diritto societario ha inteso potenziare il diritto di recesso nella s.r.l., tutelando i soci di minoranza e favorendo l'accessibilità al recesso come contropartita delle ampie facoltà attribuite al controllo da parte dei soci di maggioranza - deve, tuttavia, osservarsi che questa Corte, con successiva ordinanza numero 8962 del 19 marzo 2019, si è espressa, sia pure con riferimento ad una previsione statutaria recante una durata meno lontana nel tempo 2050, anziché 2100 , in senso contrario all'assimilazione delle situazioni di durata indeterminata e di durata eccessivamente lontana nel tempo, ponendo in evidenzia sia il dato letterale dell'articolo 2473 c.c., comma 2, che limita tassativamente la possibilità di recedere ad nutum al solo caso di società contratta a tempo indeterminato, sia la necessità di pervenire ad una valutazione sistematica delle disposizioni, che tenga conto della differente disciplina dettata per le società a responsabilità limitata rispetto a quella operante per le società di persone, sia, infine, l'interesse dei creditori sociali al mantenimento dell'integrità del patrimonio sociale - tale tesi interpretativa ha ricevuto conferma dalla sentenza di questa Corte numero 4716 del 21 febbraio 2020, la quale, pronunciandosi con riferimento al diritto di recesso ad nutum del socio di una società per azioni - la cui disciplina e', come rilevato in precedenza, analoga a quella delle società a responsabilità limitata -, ha ribadito il principio per cui la possibilità per il socio di recedere ad nutum sussiste solo nel caso in cui la società sia contratta a tempo indeterminato e non anche a tempo determinato, sia pure lontano nel tempo, ponendo a fondamento della decisione gli elementi rappresentati dal dato testuale della disciplina del recesso nelle società di capitali e dalla prevalenza, sull'interesse del socio al disinvestimento, dell'interesse della società a proseguire nella gestione del progetto imprenditoriale e dei terzi alla stabilità dell'organizzazione imprenditoriale e all'integrità della garanzia patrimoniale offerta esclusivamente dal patrimonio sociale, non potendo questi fare affidamento diversamente da quanto accade per le società di persone - anche sul patrimonio personale dei singoli soci - orbene, ritiene questo Collegio che la ricostruzione ermeneutica da ultimo esposta merita condivisione e che, pertanto, all'orientamento espresso dalle più recenti pronunce di questa Corte va assicurata continuità - va sottolineata, in particolare, la necessità di assicurare carattere di certezza e univocità alle informazioni desumibili dalla consultazione degli atti iscritti nel registro delle imprese, senza imporre ai terzi un'attività di valutazione e interpretazione delle stesse connotata da un margine di opinabilità e, dunque, dall'esito non concludente, ed esporli ai rischi connessi alla indeterminatezza dei relativi dati - i terzi - e i creditori, in particolare - hanno interesse a conoscere in anticipo, al momento in cui contrattano con la s.r.l. e per l'intera durata del loro rapporto con la stessa, il catalogo esatto delle ipotesi di recesso dei soci, in relazione alla potenziale distrazione di patrimonio netto dagli scopi dell'iniziativa e alla alterazione della generica garanzia del credito rappresentato dal patrimonio sociale - ancorare il diritto di recesso ad nutum all'aspettativa di vita residua del socio esporrebbe, dunque, il creditore alla necessità di effettuare accertamenti per definizione illiquidi e di monitorare costantemente la composizione della compagine sociale - inoltre, stante la regola tendenziale della libera trasferibilità della quota, il subentro nella veste di socio di un soggetto avente un'aspettativa di vita sensibilmente diversa e più breve rispetto al cedente potrebbe rivelarsi idoneo a introdurre una causa di recesso originariamente inesistente, con pregiudizio delle predette esigenze di certezza in ordine alla conoscibilità della sussistenza delle facoltà di recesso a disposizione dei singoli soci - ad analoghe critiche si espone anche il riferimento - quale elemento cui parametrare la durata eccessiva della società, in quanto tale legittimante il recesso ad nutum - alla durata del progetto imprenditoriale, avuto riguardo alla tendenziale difficoltà di individuare l'arco temporale entro il quale l'oggetto sociale può plausibilmente essere conseguito, laddove non consistente in attività suscettibile di ripetizione potenzialmente all'infinito, e, dunque, all'opinabilità e alla conseguente incertezza che il ricorso a un siffatto criterio comporterebbe, oltre alla constatazione che l'eventuale conseguimento dell'oggetto costituisce causa di scioglimento della società ben prima del decorso del termine - l'adesione ad un'interpretazione letterale del testo dell'articolo 2473 c.c., comma 2, si impone, pertanto, in primo luogo, in ragione della necessità di tutelare l'interesse dei creditori sotto il profilo patrimoniale, in relazione alla conservazione della garanzia patrimoniale rappresentata dal patrimonio sociale, a tutela anche del quale è dettata la disciplina del procedimento di liquidazione della quota, interesse già esposto al rischio del recesso ad nutum laddove sia pattuita l'intrasferibilità della partecipazione articolo 2469 c.c., comma 2 , oltre che nelle altre ipotesi previste dall'atto costitutivo o dalla legge articolo 2473 c.c., comma 1 - sotto tale profilo, è evidente la differenza con la disciplina del recesso operato nelle società di persone, invocata quale utile elemento interpretativo dalla tesi opposta, in considerazione della inclusione del patrimonio dei singoli soci nella generica garanzia patrimoniale cui possono fare affidamento i creditori sociali - la tesi restrittiva risponde, in secondo luogo, anche all'esigenza di tutelare l'interesse dei creditori sotto il profilo organizzativo, in relazione alla conoscenza delle cause di recesso, in quanto strumentale alla pianificazione dei rapporti con la società sulla base di informazioni accessibili, chiare e incontrovertibili - si osserva, altresì, che se è vero, come affermato nella richiamata pronuncia del 2013, che con la riforma del diritto societario il legislatore ha inteso semplificare la gestione e l'esercizio dell'impresa affidata alla s.r.l., differenziandone maggiormente i connotati rispetto a quelli della s.p.a., ciò non consente di poter applicare analogicamente alla s.r.l. la disciplina del recesso prevista per le società di persone, avuto riguardo, in particolare, al differente regime patrimoniale che le caratterizza - né risulta persuasiva l'argomentazione, anch'essa presente in tale pronuncia, del potenziamento del diritto di recesso realizzato con la riforma del diritto societario, non sussistendo, nella fattispecie in esame, quelle ragioni di tutela dei soci di minoranza in funzione delle quali tale diritto è stato rafforzato - all'accoglimento dell'ultimo motivo di ricorso segue l'assorbimento del primo e del terzo motivo, in quanto vertenti su questioni strettamente dipendenti - la sentenza va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere nel merito, rigettando l'originaria domanda - in considerazione del consolidamento della giurisprudenza di legittimità solo successivamente all'introduzione del giudizio in esame si ritiene giustificata l'integrale compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta il secondo, assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda compensa integralmente tra le parti le spese dell'intero giudizio.