La Corte di Cassazione torna sull’obbligo di mantenimento dei genitori nei confronti della prole, accogliendo però in questo caso il ricorso di un padre, al momento indigente e incapace di provvedere economicamente al loro sostentamento.
Un padre, condannato per la violazione degli obblighi di assistenza familiare, ricorreva per Cassazione, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia. Il secondo motivo di doglianza, l'unico accolto dal Collegio, riguarda la delicata questione relativa all'impossibilità assoluta per il padre di adempiere agli obblighi di mantenimento per indigenza, tanto da avere difficoltà nella propria sopravvivenza. Nonostante per la Corte di Cassazione sia pacifico obbligo di ciascun genitore di contribuire al mantenimento dei figli, è anche necessario tenere presente che esistano delle situazioni in cui non sia possibile ascrivere la colpevolezza al genitore stesso, nel caso di specie al padre. Sottolinea la Corte di Cassazione che nella vicenda esaminata, non sia realmente possibile per il padre provvedere al mantenimento dei figli, avendo una situazione personale precaria che altrimenti non gli permetterebbe nemmeno una sopravvivenza dignitosa. Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata.
Presidente Di Stefano – Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Attraverso il proprio difensore, F.A. impugna la sentenza della Corte di appello di Venezia del 28 settembre 2021, che ne ha confermato la condanna alla pena di tre mesi di reclusione per il delitto di cui all'articolo 570-bis, c.p., nonché al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore della parte civile P.C., disposta dal Tribunale di Treviso con sentenza dell'11 marzo 2019. 2. Il ricorso è sorretto da cinque motivi, con i quali il ricorrente lamenta violazioni di legge e vizi cumulativi od alternativi di motivazione, in relazione ai seguenti profili I nullità di entrambe le decisioni di merito, per violazione dell'articolo 520 c.p.p., avendo il Tribunale omesso di disporre la notifica del verbale dell'udienza del 23 marzo 2018, alla quale il Pubblico ministero ha modificato il capo d'imputazione, inserendovi indicazioni non costituenti mere precisazioni o correzioni di errori materiali, come invece erroneamente ha ritenuto la Corte d'appello inoltre, a seguito di ulteriore interpolazione, avvenuta all'udienza del 28 gennaio 2019, il capo d'imputazione risulterebbe pressoché indecifrabile, con conseguente violazione del diritto di difesa II sussistenza dell'elemento psicologico del reato, avendo l'imputato dato dimostrazione di essersi incolpevolmente trovato in situazione d'indigenza e, quindi, nell'impossibilità assoluta di adempiere agli obblighi impostigli dal giudice civile, essendo stato nelle more licenziato ed avendo intrapreso senza fortuna varie attività lavorative, tanto da essersi trovato costretto a chiedere numerosi prestiti a parenti ed amici per sopravvivere III violazione del principio d'irretroattività delle norme penali incriminatrici, essendo stato l'articolo 570-bis c.p., introdotto nel nostro ordinamento soltanto nel marzo 2018, con vigenza dal 6 aprile successivo, mentre i fatti oggetto di addebito risalgono quasi tutti ad un periodo anteriore tale nuova fattispecie avrebbe ampliato l'ambito di operatività della L. numero 898 del 1970, articolo 12-sexies, in un primo momento individuato dal Pubblico ministero come norma violata , non sussistendo tra le due disposizioni una progressione criminosa testuale IV irrogazione della pena detentiva, anziché di quella pecuniaria alternativa, e commisurazione della stessa in misura distante dal minimo edittale, nonché diniego delle attenuanti generiche, avendo la Corte d'appello ignorato elementi invece positivamente valutabili, quali le spontanee dichiarazioni rese dall'imputato al Tribunale V eccessività della somma liquidata a titolo di risarcimento. 3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, in accoglimento del motivo di ricorso afferente al dolo. 4. Ha depositato conclusioni scritte la difesa dell'imputato, insistendo per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso non è ammissibile. 1.1. Esso, anzitutto, è generico, consistendo nella riproposizione della questione già dedotta con l'appello e risolta dal giudice del gravame, con argomentazioni dalle quali il ricorso si limita a dissentire. Così come rilevato da quei giudici, infatti, le modificazioni dell'imputazione apportate dal Pubblico ministero all'udienza del 23 marzo 2018 dinanzi al Tribunale sono state essenzialmente di tipo formale date dei provvedimenti del giudizio civile impositivi degli obblighi, precisazione della norma di legge violata , essendo invece rimasto immutato il fatto oggetto d'addebito l'inadempimento, cioè, degli obblighi economici di assistenza verso i familiari, imposti dal giudice civile. Deve, perciò, convenirsi per l'assenza di qualsiasi vulnus per le ragioni difensive, e quindi per l'inesistenza del lamentato difetto di correlazione tra contestazione e decisione, quale conseguenza dell'omessa notifica del relativo verbale d'udienza all'imputato assente. Giova rammentare che, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione, da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa. Vertendosi, infatti, in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia comunque venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione Sez. U, Sentenza numero 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051 Sez. U, numero 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205619 . Nello specifico, peraltro, le modificazioni apportate avevano meglio specificato il capo d'imputazione, in origine abbastanza generico, così ponendosi, semmai, ad ulteriore garanzia del diritto di difesa. 1.2. In secondo luogo, la doglianza è manifestamente infondata. In tema di nuove contestazioni, la modifica dell'imputazione, non accompagnata dalla notifica dell'estratto del verbale dibattimentale all'imputato contumace o assente, determina una nullità assoluta soltanto quando essa investa il nucleo sostanziale dell'addebito, recando pregiudizio al diritto dell'imputato di individuare con esattezza il fatto contestatogli, sì da impedirgli il pieno esercizio dei diritti difensivi. Al di fuori di tale ipotesi, l'omessa notificazione del verbale di udienza contenente la modifica integra una semplice nullità relativa, perciò non deducibile con l'impugnazione della sentenza, se non eccepita dal difensore presente all'udienza successiva Sez. 2, numero 35821 del 10/07/2019, Trailo, Rv. 276742 Sez. 2, numero 46342 del 26/10/2016, Furfaro, Rv. 268320 . Nel caso specifico, non soltanto l'ipotetica nullità non è stata tempestivamente eccepita, ma, ad un'udienza ancora successiva, l'imputazione è stata ulteriormente dettagliata e, in questo caso, il verbale è stato correttamente notificato all'imputato che, dunque, al momento della decisione, aveva ben chiari i termini del fatto contestatogli. 2. Merita di essere accolto, invece, il secondo motivo di ricorso, in punto di dolo. Correttamente i giudici d'appello hanno richiamato il principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l'impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento verso i familiari imposti dal giudice civile debba essere assoluta, non potendo desumersi automaticamente neppure da una condizione di disoccupazione dell'obbligato nella potendo escludere, in ipotesi, che questi possa godere di rendite finanziarie, dominicali o comunque di introiti diversi dai redditi da lavoro . Ma il predicato di assolutezza non può nemmeno essere calibrato al livello dell'indigenza totale, dovendo essere inteso, piuttosto, secondo un'accezione di tipo assiologico, in coerenza con il generale principio di offensività del diritto penale. Occorre, cioè, tenere in considerazione i beni giuridici in conflitto, assegnando certamente prevalenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. debole , in ragione dei doveri di solidarietà imposti dalla legge civile articolo 433 c.c. ss., , ma individuando il punto di equilibrio tra i medesimi, secondo il canone generale della proporzione e tenendo conto di tutte le peculiarità del caso specifico importo delle prestazioni imposte, disponibilità reddituali dell'obbligato, necessità per lo stesso di provvedere a proprie esigenze di vita egualmente indispensabili vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa , solerzia, da parte sua, nel reperimento di possibili fonti di reddito eventualmente ulteriori, se necessario, rispetto a quelle di cui già disponga , contesto socio-economico di riferimento e quant'altro sia in condizione d'influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria sopravvivenza dignitosa. Una siffatta disamina non è stata compiuta dal giudice di merito, al quale occorre, pertanto, rimettere gli atti affinché vi provveda, dovendo perciò annullarsi con rinvio, sul punto, la sentenza impugnata. 3. Non essendo ancora risolto, per quanto s'e' appena detto, il profilo della colpevolezza, gli ulteriori motivi di ricorso debbono conseguentemente ritenersi assorbiti, attenendo alla qualificazione del fatto per la quale il tema del dolo si pone in termini identici, quale che sia la fattispecie da applicarsi , al trattamento sanzionatorio ed agli obblighi risarcitori verso la parte civile. Su di essi, dunque, non v'e' necessità di trattenersi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.