Nella vendita forzata «il trasferimento si verifica invito domino, ossia indipendentemente dalla volontà del debitore». Ciò non rappresenta, quindi, un’esatta ragione per escludere che l'aggiudicatario «subentri nella medesima situazione giuridica soggettiva spettante al primo sul bene espropriato».
La Suprema Corte ha avuto modo di esprimersi su una controversia, avente ad oggetto la nullità della compravendita di un immobile, a causa della violazione del divieto del patto commissorio. Il Collegio ricorda a riguardo che «l'acquisto di un bene da parte dell'aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario ricollegandosi ad un provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato» Cass. numero 443/1985 numero 27/2000 numero 20037/2010 numero 6386/2017 numero 20608/2017 . Inoltre, è applicabile all'aggiudicatario l'articolo 111 c.p.c., nel senso che «è opponibile a lui, quale successore a titolo particolare del debitore esecutato, la sentenza pronunziata contro costui, salva l'eventuale operatività delle limitazioni previste dagli art 2915 e 2919 c.c.» Cass. numero 1299/1977 . Viene anche chiarito che nel concorso dei presupposti, il giudicato è opponibile all'aggiudicatario senza che occorre la preventiva impugnazione del decreto di trasferimento cfr. Cass. numero 6072/1985 , e che con il decreto di trasferimento «il giudice dell'esecuzione si limita ad ordinare che si cancellino soltanto le trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie articolo 586 c.p.c. , ma non anche della trascrizione della domanda giudiziale con la quale un terzo abbia preteso la proprietà o altro diritto reale sul bene medesimo» Cass. numero 13212/2003 numero 5121/1978 . Ne consegue che nella vendita forzata, «il trasferimento si verifica invito domino, ossia indipendentemente dalla volontà del debitore» e ciò non rappresenta «una esatta ragione per escludere che l'aggiudicatario subentri nella medesima situazione giuridica soggettiva spettante al primo sul bene espropriato. L'intervento dell'organo esecutivo, se può imprimere alla vendita forzata un carattere diverso dalla comune alienazione negoziale, non è tale da escludere la sua configurazione come trasferimento coattivo, nel quale permane la derivazione del diritto del nuovo titolare del bene dal precedente titolare, ossia in cui vi è una successione in senso proprio, intesa come sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarità del diritto trasferito, che rimane obiettivamente immutato». Ciò è confermato dal sistema normativo di diritto positivo. In particolare, l'articolo 2919 c.c. statuisce che «la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. L'aggiudicatario è così posto nella stessa condizione di chi acquista un bene mediante una vendita volontaria, nel senso che sono trasmessi a lui i medesimi diritti che spettavano al suo dante causa». Anche la c.d. garanzia per evizione di cui all'articolo 2921 c.c., «pur avendo un fondamento ed una natura diversi dall'omonima garanzia per evizione della vendita volontaria - in quanta il rimedio è riconducibile al generale principio di cui all'articolo 2033 c.c. - sta a significare che i creditori, in tanto hanno diritto al ricavato della vendita forzata, in quanta il prezzo versato abbia surrogato la cosa venduta entrando a far parte dei patrimonio dei debitore - effetto questo che non si verifica, ove manchi la qualità di proprietario della res di costui». Infine, è previsto che anche nella esecuzione forzata «il conflitto tra acquirente e terzi viene ad essere risolto secondo i principi generali, con le particolari disposizioni previste per il caso di evizione articolo 2921 c.c. » Cass. numero 655/1964 .
Presidente Di Virgilio – Relatore Tedesco Fatti di causa G.A. , dopo avere trasferito la proprietà di immobili a una società, con citazione notificata il 14 maggio 1997, chiamava in giudizio l'acquirente, chiedendo dichiararsi la nullità della compravendita per violazione del divieto del patto commissorio. La domanda giudiziale, volta a far dichiarare la nullità dei contratti, era tempestivamente trascritta il 17 maggio 1997 al numero 2746 di formalità. Nel medesimo giudizio l'attore proponeva una domanda subordinata per avere il corrispettivo della vendita, che assumeva non essere stato pagato dall'acquirente. Il Tribunale adito rigettava la domanda di nullità e accoglieva la domanda subordinata, condannando la convenuta omissis s.a.s. al pagamento della somma di Euro 62.415,00, oltre al 50% delle spese di lite, che compensava per il resto. L'attore G.A. , vittorioso sulla domanda subordinata, avviava l'esecuzione forzata, sottoponendo a pignoramento l'immobile trasferito con i contratti oggetto della domanda di nullità tempestivamente trascritta contro la venditrice, poi assoggettata a esecuzione. Naturalmente la trascrizione del pignoramento contro l'esecutata è successiva alla trascrizione della domanda di nullità della vendita. L'esecuzione forzata si concludeva nel 2008 con l'aggiudicazione del complesso pignorato in favore di M.A.G. e F.G. il lotto 1 e dell'Azienda Agricola omissis di omissis il lotto 2. Parallelamente all'esecuzione forzata si è svolto il giudizio d'appello contro la sentenza in base alla quale il G. aveva agito in executivis contro l'acquirente, che era stata impugnata sia dalla società acquirente, sia dal G. , che riproponeva la domanda principale di nullità della vendita, alla quale ineriva la prioritaria trascrizione. L'appello del G. era accolto dalla Corte d'appello di Venezia, che dichiarava la nullità della vendita e condannava la società acquirente al rilascio del complesso immobiliare a suo tempo acquistato con i contratti dichiarati nulli tali statuizioni erano assunti dal giudice d'appello con sentenza numero 808 del 20 giugno 2007, divenuta definitiva il 4 novembre 2014, a seguito della conclusione del giudizio di cassazione. Immediatamente dopo l'aggiudicazione il G. ha chiamato in giudizio gli aggiudicatari, nei cui confronti ha chiesto la restituzione degli immobili aggiudicati e ciò in forza della decisione che aveva accolto la domanda di nullità della vendita contro la società esecutata. A giustificazione della pretesa egli ha fatto valere la priorità della trascrizione della domanda giudiziale rispetto alla trascrizione del pignoramento. Il Tribunale, con sentenza numero 24 del 2011, accoglieva la domanda e la decisione era impugnata dall'Azienda Agricola P. S.a.s. dinanzi alla Corte d'appello di Venezia, la quale sospendeva il giudizio in attesa della formazione del giudicato sulla decisione che aveva dichiarato la nullità dei contratti. Riassunto il processo dopo il passaggio in giudicato, la Corte d'appello confermava la decisione di primo grado, in forza delle seguenti considerazioni a non occorreva che l'attore, una volta fatta valere la priorità della trascrizione della domanda, impugnasse in modo specifico il decreto di trasferimento la questione fu presentata in appello come deduzione della nullità della citazione, in quanto non contenente la richiesta di annullamento del decreto c dovevano inoltre ritenersi superate le censure sulla inammissibilità della domanda, in quanto proposta contro gli aggiudicatari quando ancora la sentenza dichiarativa della nullità dei contratti non era passata in giudicato la corte d'appello osservava al riguardo di avere sospeso il processo, in attesa del giudicato, nel frattempo formatosi, ed essendo incontroversa l'identità fra i beni aggiudicati e quelli di cui è stato chiesto il rilascio. Per la cassazione della sentenza l'Azienda Agricola P. S.a.s. ha proposto ricorso affidato a sei motivi. G.A. ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo nullità della sentenza e del procedimento ex articolo 360 numero 4, c.p.c. - Omesso esame del motivo d'appello relativo all'eccezione di nullità della sentenza di primo grado, violazione ex articolo 360 numero 3, c.p.c. per mancata sospensione necessaria del processo ai sensi dell'articolo 295 c.p.c. la ricorrente sostiene che il giudizio contro gli aggiudicatari, intrapreso prima del passaggio in giudicato della decisione che aveva dichiarato la nullità della vendita, avrebbe dovuto essere sospeso già in primo grado. All'omissione del primo giudice la Corte d'appello avrebbe dovuto rimediare non tanto con la sospensione del giudizio nel grado, ma avrebbe dovuto dichiarare la nullità del processo, che non avrebbe potuto essere proseguito quando era ancora incerto il presupposto legittimante la pretesa dell'attore. La Corte d'appello ha invece erroneamente ritenuto che la questione non fosse più attuale a seguito della sospensione disposta nel grado, incorrendo così sia nella violazione di omesso esame di un motivo di impugnazione, sia nella violazione delle norme processuali che imponevano la sospensione già del giudizio di primo grado. Con il secondo motivo violazione di legge ai sensi dell'articolo 360 c.p.c. per errata interpretazione degli articolo 99 e 100 c.p.c. Difetto di interesse ad agire e di legittimazione attiva. Violazione di legge anche ai sensi dell'articolo 360 numero 4, c.p.c. , coordinato al motivo precedente, si sostiene che l'azione non avrebbe potuto essere intrapresa prima del passaggio in giudicato, non sussistendo nè l'interesse ad agire, nè la legittimazione ad agire, e non avendo efficacia sanante il giudicato sopravvenuto in corso di causa. 1.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. La mancata sospensione del processo è stata fatta valere in appello quale vizio della sentenza di primo grado. La Corte d'appello ha ravvisato sussistente la ragione di pregiudizialità e ha sospeso il processo. Cessata la causa di sospensione la causa è stata correttamente decisa nel merito, non ricorrendo, in conseguenza della mancata sospensione, alcun vizio del procedimento tale da comportare la rimessione della causa al primo giudice, nè tanto meno l'inammissibilità originaria della domanda. Tanto la legittimazione, quanto l'interesse ad agire, in quanto condizioni dell'azione, possono sopravvenire in corso di causa Cass. numero 3314 del 2001 numero 5321/2016 . 2. Il terzo motivo denuncia violazione di legge ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3 per errata interpretazione dei requisiti di cui all'articolo 163 e 164 c.p.c. in relazione ai requisiti dell'atto di citazione e della nullità dello stesso. La ricorrente rimprovera alla Corte d'appello di non avere considerato che l'attore aveva fatto valere una sentenza pronunciata contro terzi, chiedendo l'accertamento della proprietà di beni che risultavano di proprietà degli aggiudicatari in forza del decreto di trasferimento emesso nell'esecuzione forzata. L'attore, pertanto, avrebbe dovuto proporre un'azione di rivendicazione contro i terzi proprietari, facendo valere l'inefficacia del decreto di trasferimento. In assenza di qualsiasi impugnativa del decreto, la sentenza su cui si fondava la pretesa, in quanto emessa inter alios, non consentiva, per sé stessa, di sovvertire la situazione di appartenenza che risultava dal titolo, costituito dal provvedimento giudiziale decreto di trasferimento, regolarmente trascritto . Il motivo è infondato. L'acquisto di un bene da parte dell'aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario ricollegandosi ad un provvedimento del giudice dell'esecuzione, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato Cass. numero 443/1985 27/2000 m. 20037/2010 numero 6386/2017 20608/2017 . In considerazione di ciò è stato chiarito che è applicabile all'aggiudicatario l'articolo 111 c.c. c.p.c., nel senso che è opponibile a lui, quale successore a titolo particolare del debitore esecutato, la sentenza pronunziata contro costui, salva l'eventuale operatività delle limitazioni previste dagli articolo 2915 e 2919 c.c. Cass. numero 1299/1977 Devesi ancora chiarire che, nel concorso dei presupposti, il giudicato è opponibile all'aggiudicatario senza che occorre la preventiva impugnazione del decreto di trasferimento cfr. Cass. numero 6072/1985 . È stato giustamente rimarcato che, con il decreto di trasferimento, il giudice dell'esecuzione si limita ad ordinare che si cancellino soltanto le trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie articolo 586 c.p.c. , ma non anche della trascrizione della domanda giudiziale con la quale un terzo abbia preteso la proprietà o altro diritto reale sul bene medesimo Cass. numero 13212/2003 numero 5121/1978 . 3. Il quarto motivo denuncia violazione di legge ex articolo 360 c.p.c. per errata interpretazione dell'articolo 2652 numero 6 c.p.c., che non sarebbe applicabile per risolvere il conflitto fra acquirenti di diritti incompatibili nel caso in cui la trascrizione posteriore sia stata presa non in forza di un titolo negoziale, ma riguardi un atto, come il pignoramento, destinato a dare avvio a un procedimento giurisdizionale. Il quinto motivo denuncia violazione di legge ex articolo 360 c.p.c., numero 3 per errata interpretazione dell'articolo 619 c.p.c. nel combinato disposto dell'articolo 2562 numero 6 c.c. e dell'articolo 586 c.p.c. Omesso esame ed omessa decisione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 4 . Con il motivo, coordinato al precedente, la ricorrente sostiene ancora una volta che la norma dell'articolo 2652, numero 6, regola i conflitti dipendenti da negozi giuridici e non giustifica la prevalenza dell'attore, vittorioso sulla domanda di nullità trascritta prima del pignoramento, nei confronti dell'aggiudicatario a seguito di esecuzione forzata, tanto più nel caso in esame nel quale il pignoramento fu trascritto dal medesimo soggetto che aveva trascritto la domanda. Secondo la ricorrente, il venditore doveva far valere i diritti nell'esecuzione in corso, tramite opposizione, e ciò anche per evitare il pagamento del prezzo da parte degli aggiudicatari, pagamento invece avvenuto nel caso in esame. Si fa notare ancora, da parte della ricorrente, che il venditore, nella sua impropria veste di creditore procedente, ha poi riscosso il prezzo pagato dagli aggiudicatari. Insomma, conclude la ricorrente, non può essere consentito che colui il quale abbia espropriato un bene, incassando il ricavato della vendita forzata, possa poi pretendere nei confronti dell'aggiudicatario di essere riconosciuto proprietario del bene stesso. 3.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati. È stato già chiarito che la considerazione secondo cui nella vendita forzata, il trasferimento si verifica invito domino, ossia indipendentemente dalla volontà del debitore, non rappresenta una esatta ragione per escludere che l'aggiudicatario subentri nella medesima situazione giuridica soggettiva spettante al primo sul bene espropriato. L'intervento dell'organo esecutivo, se può imprimere alla vendita forzata un carattere diverso dalla comune alienazione negoziale, non è tale da escludere la sua configurazione come trasferimento coattivo, nel quale permane la derivazione del diritto del nuovo titolare del bene dal precedente titolare, ossia in cui vi è una successione in senso proprio, intesa come sostituzione di un soggetto ad un altro nella titolarità del diritto trasferito, che rimane obiettivamente immutato. Devesi rilevare che quest'ultima opinione è confermata dal sistema normativo di diritto positivo. In particolare, l'articolo 2919 c.c. statuisce che la vendita forzata trasferisce all'acquirente i diritti che sulla cosa spettavano a colui che ha subito l'espropriazione. L'aggiudicatario è così posto nella stessa condizione di chi acquista un bene mediante una vendita volontaria, nel senso che sono trasmessi a lui i medesimi diritti che spettavano al suo dante causa. Anche la c.d. garanzia per evizione di cui all'articolo 2921 c.c., pur avendo un fondamento ed una natura diversi dall'omonima garanzia per evizione della vendita volontaria - in quanta il rimedio è riconducibile al generale principio di cui all'articolo 2033 c.c. - sta a significare che i creditori, in tanto hanno diritto al ricavato della vendita forzata, in quanta il prezzo versato abbia surrogato la cosa venduta entrando a far parte dei patrimonio dei debitore - effetto questo che non si verifica, ove manchi la qualità di proprietario della res di costui. Anche nella esecuzione forzata il conflitto tra acquirente e terzi viene ad essere risolto secondo i principi generali, con le particolari disposizioni previste per il caso di evizione articolo 2921 c.c. Cass. numero 655/1964 . 3.2. Il comma 2 dell'articolo 2915 c.c. considera gli atti e le domande per la cui efficacia di fronte ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione, e condiziona la loro opponibilità al creditore pignorante alla trascrizione anteriore al pignoramento. Il creditore pignorante è equiparato al terzo acquirente, in quanto il pignoramento prevale sulla sentenza che riconosca ai terzi diritti incompatibili o comunque contrastanti con la destinazione del bene al soddisfacimento dei creditori, partecipanti all'esecuzione, qualora la domanda, in base alla quale si è iniziato il processo, sia stata trascritta, agli effetti previsti negli articolo 2652 e 2653 c.c., dopo il pignoramento stesso. Nel caso in esame, essendo acquisito che la domanda di nullità è stata trascritta prima del pignoramento, l'aggiudicatario è privo della tutela prevista in favore del sub acquirente dall'articolo 2652, numero 6, c.c. Cass. numero 1292/1974 numero 37722/2021 . La circostanza che l'attore, in favore del quale fu emessa la pronuncia idonea a pregiudicare l'acquisto dell'aggiudicatario, sia il medesimo creditore pignorante si spiega in considerazione delle vicenda processuale che ha avuto origine con la domanda trascritta, perché, in primo grado, la domanda di nullità fu rigettata, mentre fu accolta la domanda di condanna al pagamento di somma. La coincidenza soggettiva non introduce alcuna reale ragione di anomalia, nè crea le premesse per un indebito arricchimento. L'aggiudicatario, infatti, dispone pur sempre dei diritti a lui riconosciuti per l'ipotesi di evizione dall'articolo 2921 c.c., il cui fondamento è generalmente ravvisato proprio sul principio che vieta l'indebito arricchimento dei creditori ed eventualmente del debitore e di coloro cioè che si ripartiscono il prezzo ricavato dalla vendita del bene espropriato e poi tolto all'acquirente. 4. Il sesto motivo denuncia violazione di legge ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., numero 3 per errata interpretazione dell'articolo 619 c.p.c. e dell'articolo 2652 numero 6 c.c. che ha portato al rigetto della domanda riconvenzionale condizionata proposta dalla azienda agricola P. . La corte doveva accogliere la domanda riconvenzionale dell'attuale ricorrente, volta a far valere la prevalenza del decreto di trasferimento rispetto alla domanda giudiziale, trascritta prima del pignoramento. Il motivo è inammissibile. Esso, infatti, si traduce nella petizione di principio che la preventiva trascrizione della domanda ex articolo 2652 numero 6 c.c. non pone l'attore vittorioso nella posizione di poter prevalere sull'aggiudicatario a favore del quale sia stato emesso decreto di trasferimento. È stato già chiarito che tale tesi è contraria alla disciplina della materia, che parifica la posizione del creditore pignorante a quello del terzo acquirente del convenuto. A sua volta l'articolo 2919 c.c. sancisce il principio della parificazione, in ordine all'opponibilità del diritto acquistato dai terzi sul bene venduto, a quella del creditore pignorante e dei creditori intervenuti. 4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese e raddoppio del contributo. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge ai sensi del articolo 13 comma 1 quater del D.P.R. numero 115 del 2002 articolo 13 comma 1 quater, inserito dall'articolo 1, comma 17 della L. numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.