Anche la Cassa integrazione in deroga configura un caso di sospensione totale o parziale per la quale è prevista l'integrazione salariale, nel senso di un periodo di assenza dal lavoro con diritto alla retribuzione, eventualmente soddisfatto in tutto o in parte in forma previdenziale, che figura come periodo di retribuzione normale, anche se la conservazione della retribuzione sia limitata a una aliquota percentuale di essa.
Il pagamento della CIGD spetta, qualora il lavoratore non sia rioccupato alla cessazione del periodo alle dipendenze del datore di lavoro, al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore di lavoro, il dipendente non ha diritto all'ammissione allo stato passivo del credito per le quote di TFR maturate in tale periodo, ma di quelle del periodo anteriore trasferite nel Fondo di Tesoreria, di cui non sia provato il versamento da parte del datore di lavoro. Lo sostiene la Corte di Cassazione nell'ordinanza 25838, depositata il 1° settembre 2022. La fattispecie. Il Tribunale di Palermo ammetteva allo stato passivo del Fallimento di una s.p.a. in liquidazione un dipendente in via privilegiata per l'ulteriore credito di quasi 4.000 euro a titolo di TFR. In tal modo riformava il decreto del Giudice delegato, che lo aveva ammesso per oltre 7.000 euro a titolo di TFR veniva, dunque, esclusa una somma trasferita al Fondo di Tesoreria presso l'Inps e ribadita la correttezza dell'ammissione allo stato passivo del Fallimento del credito per TFR per la sua maturazione anche nel periodo Integrazione Guadagni in Deroga, con il conseguente obbligo datoriale di accantonamento e alla cessazione del rapporto di lavoro di pagamento. La curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione. La controversia riguarda la contestazione, da parte della curatela fallimentare ricorrente, dell'ammissione da parte del Tribunale, in sede di opposizione allo stato passivo, dell'ulteriore credito in aggiunta a quello di 7.702,97 euro per TFR già ammesso dal giudice delegato in sede di verifica dello stato passivo di 3.927,17 euro, a titolo di TFR maturato dal gennaio 2007 nel vigore del fondo di Tesoreria istituito presso l'Inps, con modalità di finanziamento rispondenti al principio della ripartizione e gestione, per conto dello Stato, dall'Inps su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato. TFR natura e funzione. Occorre, per prima cosa, chiarire che il TFR non è effetto dell'anzianità. Nel nuovo sistema la somma capitale spettante al prestatore di lavoro alla cessazione del rapporto non è proporzionale agli anni di servizio parole infatti scomparse nel nuovo testo dell'articolo 2120 c.c. , bensì è determinata in proporzione all'ammontare delle retribuzioni percepite nel corso del rapporto, delle quali una quota aggiuntiva viene di anno in anno nominalmente accantonata per formare il trattamento di fine rapporto sicché l'anzianità rileva indirettamente, posto che l'entità degli accantonamenti aumenta in ragione del numero degli anni di servizio e solo nella misura corrispondente a periodi di retribuzione effettiva. Tuttavia, l'indennità di anzianità o del TFR matura anche in caso di sospensione del rapporto di lavoro per l'intervento della cassa integrazione guadagni. Maturazione TFR anche in caso di CIGD? Si tratta, quindi, di valutare se la regola di maturazione a favore del lavoratore del TFR, in caso di sospensione del rapporto di lavoro per l'intervento della cassa integrazione guadagni, operi anche per la CIGD, qui in oggetto e a carico di chi gravi. Secondo la Cassazione, la CIGD deve essere computata ai fini del TFR, quale ulteriore strumento di integrazione salariale, a sostegno delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016, con utilizzazione delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione Quanto poi al trasferimento delle quote di TFR maturate dopo il 1° gennaio 2007 al Fondo di Tesoreria, è ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte il principio per il quale, in tema di loro pagamento, deve essere escluso l'obbligo del Fondo Tesoreria dello Stato gestito dall'INPS, ove il datore di lavoro appaltatore o il committente, obbligato solidale ex lege , non provi no l'avvenuto versamento al Fondo delle quote di TFR, costituendo tale circostanza fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro, che deve provare chi lo eccepisca. Il lavoratore è legittimato all'ammissione allo stato passivo. Nel caso di specie, il lavoratore è legittimato all'ammissione allo stato passivo del datore di lavoro fallito per le quote di TFR non versate al Fondo Tesoreria dello Stato gestito dall'Inps egli, alle dipendenze della società fallita, che ha fruito del periodo di integrazione salariale in deroga CIGD da settembre 2012 a dicembre 2014, ha cessato il rapporto al suo termine in data 31 dicembre 2014, essendo stato assunto il 1° gennaio 2015 da un'altra società, per effetto del trasferimento del ramo d'azienda cui era addetto, non essendo stato quindi rioccupato alle dipendenze della società datrice fallita ha, pertanto, diritto all'ammissione allo stato passivo di un ulteriore credito, in via privilegiata, per le quote di TFR maturate nel periodo dal 1° gennaio 2007, in quanto trasferite al Fondo di Tesoreria e non essendo stato provato dalla curatela fallimentare il loro versamento da parte della datrice fallita, fino all'inizio del periodo di CIGD settembre 2012 non invece per quelle maturate da tale data e fino alla fine del periodo di CIGS, coincidente con quella del rapporto di lavoro esse devono, invece, in parziale accoglimento del ricorso, essere detratte dal credito di 3.927,17 euro, a titolo di TFR maturato nel periodo successivo al 1° gennaio 2007 ed escluse dallo stato passivo del Fallimento, in quanto non a carico, per le ragioni illustrate, della società datrice di lavoro fallita, ma del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Pertanto, il ricorso deve essere accolto con il rinvio al Tribunale di Palermo in diversa composizione, che dovrà decidere sulla base dei seguenti principi di diritto «anche la Cassa integrazione in deroga configura un caso di sospensione totale o parziale per la quale è prevista l'integrazione salariale, nel senso di un periodo di assenza dal lavoro con diritto alla retribuzione, eventualmente soddisfatto in tutto o in parte in forma previdenziale, che figura come periodo di retribuzione normale, anche se la conservazione della retribuzione sia limitata a una aliquota percentuale di essa». «Il pagamento della CIGD spetta, qualora il lavoratore non sia rioccupato alla cessazione del periodo alle dipendenze del datore di lavoro, al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore di lavoro, il dipendente non ha diritto all'ammissione allo stato passivo del credito per le quote di TFR maturate in tale periodo, ma di quelle del periodo anteriore trasferite nel Fondo di Tesoreria, di cui non sia provato il versamento da parte del datore di lavoro».
Presidente Esposito – Relatore Patti Rilevato che 1. con decreto 9 agosto 2018, il Tribunale di Palermo ha ammesso allo stato passivo del Fallimento omissis s.p.a. in liquidazione il dipendente D.P. in via privilegiata ai sensi dell'articolo 2751bis c.c., numero 1 per l'ulteriore credito di Euro 3.927,17, a titolo di T.f.r., oltre interessi legali come per legge così riformando il decreto del Giudice delegato, che lo aveva ammesso per Euro 7.702,97 a titolo di T.f.r., escludendo il suddetto ulteriore, in quanto relativo a somme trasferite al Fondo di Tesoreria presso l'Inps 2. ribadita la correttezza dell'ammissione allo stato passivo del Fallimento del credito per T.f.r., per la sua maturazione anche nel periodo di sospensione del rapporto di lavoro per Cassa Integrazione Guadagni in Deroga CIGD da settembre 2012 a dicembre 2014 , a norma dell'articolo 2120 c.c., comma 3, con il conseguente obbligo datoriale di accantonamento e alla cessazione del rapporto di lavoro di pagamento, esso ha riconosciuto spettante al lavoratore anche le quote di T.f.r. trasferite al suindicato Fondo di Tesoreria relative al periodo dal 10 gennaio 2007, di trasferimento ad esso , ai sensi della L. numero 296 del 2006, articolo 1, comma 756 in difetto di prova dalla curatela fallimentare del loro versamento dalla datrice fallita 3. con atto notificato il 10 settembre 2018, la curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione con cinque motivi il lavoratore, regolarmente intimato, non ha svolto difese. Considerato che 1. il lavoratore ha dedotto violazione e falsa applicazione dell'articolo 2120 c.c., comma 3, per erronea estensione della disciplina della norma denunciata alla Cassa Integrazione in Deroga, istituto eccezionale di natura assistenziale e non previdenziale primo motivo violazione e falsa applicazione della L. numero 92 del 2012, articolo 2, comma 64 della L. numero 164 del 1975, della L. numero 1115 del 1968 e dell'articolo 2120 c.c., comma 3, per non avere il Tribunale ritenuto la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, istituto eccezionale di natura assistenziale e non previdenziale, discrezionalmente concesso dal Ministro del Lavoro, senza individuazione di cause integrabili, ad imprese appartenenti a settori produttivi esclusi da CIGO e CIGS, finanziato non dai loro contributi, ma dalle risorse pubbliche destinate alla tutela dei lavoratori appartenenti ad esse, nell'ambito del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione secondo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 14 preleggi, per non avere il Tribunale considerato insuscettibile di interpretazione analogica l'articolo 2120 c.c., comma 3, in quanto norma eccezionale terzo motivo violazione e falsa applicazione dell'articolo 12 preleggi e della L. numero 464 del 1972, articolo 2, comma 2 per avere il Tribunale ritenuto non estensibile alla Cassa Integrazione Guadagni in Deroga la norma denunciata, di posizione a carico dell'Inps delle quote di T.f.r. maturate durante il periodo di integrazione salariale, qualora, come nel caso di specie, il rapporto sia cessato al suo termine quarto motivo violazione e falsa applicazione della L. numero 296 del 2006, articolo 1, comma 756 e dell'articolo 2116 c.c., per esclusione dell'obbligo del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei T.f.r. di corresponsione del T.f.r., in assenza di versamento da parte del datore di lavoro delle quote via via maturate, per la loro reciproca indipendenza quinto motivo 2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono parzialmente fondati, in riferimento alle quote di T.f.r. maturate nel periodo 10 settembre 2012 - 31 dicembre 2014 e invece infondati in riferimento alle quote di T.f.r. maturate nel periodo anteriore 3. la presente controversia riguarda la contestazione, da parte della curatela fallimentare ricorrente, dell'ammissione da parte del Tribunale, in sede di opposizione allo stato passivo, dell'ulteriore credito in aggiunta a quello di Euro 7.702,97 per T.f.r. già ammesso dal giudice delegato in sede di verifica dello stato passivo di Euro 3.927,17, a titolo di T.f.r. maturato dal gennaio 2007 così all'ultimo capoverso di pg. 4 del decreto , nel vigore del Fondo di Tesoreria istituito presso l'Inps, con effetto dal 1 gennaio 2007, a norma della L. numero 296 del 2006, articolo 1, comma 755 con modalità di finanziamento rispondenti al principio della ripartizione e gestione, per conto dello Stato, dall'Inps su un apposito conto corrente aperto presso la tesoreria dello Stato allo scopo di garantire ai lavoratori dipendenti del settore privato l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto, a norma dell'articolo 2120 c.c., per la quota corrispondente ai versamenti indicati al comma 756 dello stesso articolo, secondo quanto previsto dal codice civile. 3.1. è nota la previsione dell'articolo 2120, comma 1, secondo cui In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni . A differenza dell'indennità originariamente prevista dall'articolo 2120 c.c., il T.f.r. non è un effetto dell'anzianità. Nel nuovo sistema la somma capitale spettante al prestatore di lavoro alla cessazione del rapporto non è proporzionale agli anni di servizio parole infatti scomparse nel nuovo testo dell'articolo 2120 c.c. , bensì è determinata in proporzione all'ammontare delle retribuzioni percepite nel corso del rapporto, delle quali una quota aggiuntiva viene di anno in anno nominalmente accantonata per formare il trattamento di fine rapporto sicché l'anzianità rileva indirettamente, posto che l'entità degli accantonamenti aumenta in ragione del numero degli anni di servizio, e solo nella misura corrispondente a periodi di retribuzione effettiva così Corte Cost. 14 luglio 1988, numero 802, Considerato in diritto, p.to 3., primi due capoversi . Il comma 3 dell'articolo 2120 c.c. introduce, tuttavia, un'eccezione al fondamento rigorosamente retributivo del computo del T.f.r., con la seguente previsione In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell'anno per una delle cause di cui all'articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al comma 1 l'equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro 4. alla luce di tale disposizione, si è così ritenuta la maturazione, anche in caso di sospensione del rapporto di lavoro per l'intervento della cassa integrazione guadagni, a favore del lavoratore dell'indennità di anzianità o del T.f.r., ai sensi della L. numero 464 del 1972, articolo 2, comma 2 Cass. 23 marzo 2002, numero 4171, che ha riconosciuto, in riferimento a un'ipotesi particolare, il diritto delle aziende di chiedere alla Cassa integrazione il rimborso delle relative quote e dalla esplicita previsione in tal senso dell'articolo 2120 c.c., comma 3 nel testo introdotto dalla L. numero 297 del 1982, articolo 1 . Ed esso stabilisce che Per i lavoratori licenziati al termine del periodo di integrazione salariale, le aziende possono richiedere il rimborso alla cassa integrazione guadagni dell'indennità di anzianità, corrisposta agli interessati, limitatamente alla quota maturata durante il periodo predetto . Sicché, in tema di cassa integrazione guadagni straordinaria, il trattamento di fine rapporto nella quota maturata durante il periodo di integrazione salariale è stato posto a carico del Fondo per la mobilità della manodopera nel periodo compreso tra l'entrata in vigore della L. numero 675 del 1977 e quella del D.L. numero 86 del 1988 ed a carico della Cassa integrazione guadagni per il tempo anteriore e successivo a questo periodo, a condizione che al termine del periodo di integrazione salariale il lavoratore venisse licenziato o comunque non venisse rioccupato nella stessa azienda nel caso di rioccupazione, restando il trattamento a carico del datore di lavoro ai sensi dell'articolo 2120 c.c., nel testo introdotto dalla L. numero 297 del 1982, articolo 1 Cass. 5 marzo 2003, numero 3261 Cass. 4 luglio 2018, numero 17501 5. si tratta ora di valutare se la regola di maturazione a favore del lavoratore del T.f.r., in caso di sospensione del rapporto di lavoro per l'intervento della cassa integrazione guadagni, operi anche per la CIGD, qui in oggetto e a carico di chi gravi 5.1. la L. numero 92 del 2012, articolo 2, comma 64 ha introdotto, al fine di garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali di cui alla presente legge, assicurando la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016 , la facoltà del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di concedere trattamenti di integrazione salariale e di mobilità sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui al D.L. numero 185 del 2008, articolo 18, comma 1, lett. a conv. con mod. in 1. 2/2009, come rifinanziato dal comma 65 del presente articolo . E la sua disciplina è contenuta nel D.M. Lavoro 1 agosto 2014, numero 83743, articolo 2 come strumento di ammortizzazione sociale concedibile o prorogabile per le causali indicate situazioni aziendali dipendenti da eventi transitori non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori situazioni aziendali determinate da condizioni temporanee di mercato crisi aziendali ristrutturazione o riorganizzazione al comma 1 , mai in caso di cessazione dell'attività dell'impresa o di una sua parte comma 2 , previa utilizzazione degli strumenti ordinari di flessibilità, inclusa la fruizione delle ferie residue comma 8 e tanto ad imprese non soggette alla disciplina in materia di CIGO o CIGS comma 9 che ad imprese ad essa soggette comma 10 5.2. reputa questa Corte, condividendo quanto ritenuto dal Tribunale di Palermo, che la CIGD debba essere computata ai fini del T.f.r., quale ulteriore strumento di integrazione salariale, a sostegno delle situazioni derivanti dal perdurare dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, per gli anni 2013-2016, con utilizzazione delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell'ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione istituito nello stato di previsione dell'allora Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nel quale confluenti anche le risorse del Fondo per l'occupazione e le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione, a norma del D.L. numero 185 del 2008, articolo 18, comma 1, lett. a conv. con mod. in L. numero 2 del 2009 . Anch'essa rientra a pieno titolo nella previsione dell'articolo 2120 c.c., comma 3 in quanto caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l'integrazione salariale , di natura eccezionale rispetto alla regola ordinaria del comma 1 dello stesso articolo espressamente citata al superiore p.to 3.1. nel senso che i periodi ivi indicati di assenza dal lavoro con diritto alla retribuzione, eventualmente soddisfatto in tutto o in parte in forma previdenziale, figurano come periodi di retribuzione normale anche se la conservazione della retribuzione fosse limitata a una aliquota percentuale di essa , con la conseguenza che non entrano nel computo del trattamento di fine rapporto i periodi di sospensione della prestazione di lavoro per i quali non spetta al lavoratore il diritto alla conservazione, nemmeno parziale, della retribuzione. così Corte Cost. 14 luglio 1988, numero 802, Considerato in diritto, p.to 3., secondo capoverso, ultima parte e terzo capoverso in specifico riferimento all'esclusione dal computo nell'indennità di anzianità o del T.f.r. del periodo di assenza dal lavoro per adempimento degli obblighi di leva, durante il quale il prestatore ha diritto alla conservazione della posizione di lavoro, ma non alla retribuzione 5.3. tale trattamento grava, secondo l'illustrata legge istitutiva, a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali 6. quanto poi al trasferimento delle quote di T.f.r. maturate dopo il 10 gennaio 2007 al Fondo di Tesoreria, è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per il quale, in tema di loro pagamento, deve essere escluso l'obbligo del Fondo Tesoreria dello Stato gestito dall'INPS, ove il datore di lavoro appaltatore o il committente, obbligato solidale ex lege , non provi no l'avvenuto versamento al Fondo delle quote di T.f.r., costituendo tale circostanza fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei confronti del datore di lavoro, che deve provare chi lo eccepisca Cass. 15 novembre 2017, numero 27014 Cass. 2 maggio 2019, numero 11536 6.1. la ricostruzione del sistema della previdenza complementare e', infatti, nel senso della qualità del datore di lavoro, non di mero adiectus solutionis causa, posto che non perde la titolarità dell'obbligazione di corrispondere il T.f.r. perché la L. numero 296 del 2006, articolo 1, comma 755 - 757 e il D.M. 30 gennaio 2007 delineano un quadro in cui l'intervento del Fondo, nei casi in cui è previsto, dà luogo ad un rapporto trilaterale tra datore di lavoro, Fondo e prestatore di lavoro, in virtù del quale a il primo è obbligato nei confronti del secondo a versare il T.f.r., al pari di quanto avviene per le contribuzioni previdenziali b il secondo è tenuto ad erogare le prestazioni secondo le modalità previste dall'articolo 2120 c.c., nei limiti della quota maturata a decorrere dall'1 gennaio 2007, mentre la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro c la materiale erogazione del T.f.r. è affidata al datore di lavoro anche per la parte di competenza del Fondo, salvo conguaglio sui contributi dovuti al Fondo stesso ed agli altri enti previdenziali 6.2. per quanto allora qui in particolare interessa, il lavoratore è legittimato all'ammissione allo stato passivo del datore di lavoro fallito per le quote di T.f.r. non versate al Fondo Tesoreria dello Stato gestito dall'Inps Cass. 16 maggio 2018, numero 12009 Cass. 10 settembre 2021, numero 24510 7. nel caso di specie, il lavoratore alle dipendenze della società fallita, che ha fruito del periodo di integrazione salariale in deroga CIGD da settembre 2012 a dicembre 2014, ha cessato il rapporto al suo termine in data 31 dicembre 2014, essendo stato assunto il 10 gennaio 2015 da un'altra società, per effetto del trasferimento del ramo d'azienda cui era addetto, ai sensi della L. numero 428 del 1990, articolo 47, comma 1 non essendo stato quindi rioccupato alle dipendenze della società datrice fallita 7.1. egli ha pertanto diritto all'ammissione allo stato passivo di un ulteriore credito, in via privilegiata ai sensi dell'articolo 2751bis c.c., per le quote di T.f.r. maturate nel periodo dal 10 gennaio 2007, in quanto trasferite al Fondo di Tesoreria e non essendo stato provato dalla curatela fallimentare il loro versamento da parte della datrice fallita come accertato dal Tribunale al penultimo capoverso della parte motiva di pg. 5 del decreto , fino all'inizio del periodo di CIGD settembre 2012 non invece per quelle maturate da tale data e fino alla fine del periodo di CIGS, coincidente con quella del rapporto di lavoro 31 dicembre 2014 esse devono invece, in parziale accoglimento del ricorso, essere detratte dal credito di Euro 3.927,17, a titolo di T.f.r. maturato nel periodo successivo al 10 gennaio 2007 ed escluse dallo stato passivo del Fallimento, in quanto non a carico, per le ragioni illustrate, della società datrice di lavoro fallita, ma del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8. pertanto il ricorso deve essere accolto nei limiti suesposti e rigettato nel resto, con la cassazione del decreto impugnato in parte qua e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Palermo in diversa composizione, sulla base dei seguenti principi di diritto Anche la Cassa integrazione in deroga, istituita dalla L. numero 92 del 2012, articolo 2, comma 64 CIGD , rientra nella previsione dell'articolo 2120 c.c., comma 3 per essere un caso di sospensione totale o parziale per la quale è prevista l'integrazione salariale, nel senso di un periodo di assenza dal lavoro con diritto alla retribuzione, eventualmente soddisfatto in tutto o in parte in forma previdenziale, che figura come periodo di retribuzione normale, anche se la conservazione della retribuzione sia limitata a una aliquota percentuale di essa . Il pagamento della CIGD spetta, qualora il lavoratore non sia rioccupato alla cessazione del periodo alle dipendenze del datore di lavoro, al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la conseguenza che, in caso di fallimento del datore di lavoro, il dipendente non ha diritto all'ammissione allo stato passivo del credito per le quote di T.f.r. maturate in tale periodo, ma di quelle del periodo anteriore trasferite nel Fondo di Tesoreria, di cui non sia provato il versamento da parte del datore di lavoro . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei sensi indicati in motivazione, rigettato nel resto cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi come accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Palermo in diversa composizione.