In tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell’articolo 1965 c.c., devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti.
Il caso. La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione verte sui requisiti necessari a qualificare un accordo tra le parti come transazione ex articolo 1965 c.c. Secondo la ricorrente – attrice in via monitoria nei precedenti giudizi di merito – i Giudici territoriali avrebbero erroneamente qualificato come transazione un accordo sottoscritto con la debitrice in difetti dei necessari requisiti della res dubia e dell' aliquid datum, aliquid retentum . La decisione della Corte di Cassazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso e ha confermato quanto statuito dai giudici di merito. Secondo i Giudici, come noto, il contratto di transazione – che nel codice civile vigente è riproposto con una previsione sostanzialmente analoga a quella del codice del 1865 con la sola “novità” introdotta dal comma 2 dell' articolo 1965 c.c. – è composto di due elementi essenziali, rappresentati dalla res litigiosa e dal nuovo regolamento di interessi che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite. In tale contesto, in particolare, a integrare il contratto di transazione è stato ritenuto idoneo anche un accordo con il quale le parti di limitino ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali. Più in generale, la Corte di Cassazione ha affermato il principio in base al quale in tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce il primo comma dell' articolo 1965 c.c. , devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti. Nel caso in esame, i giudici di legittimità non hanno ritenuto dubitabile che l'accordo tra le parti presentasse i requisiti della transazione. Allo scopo, infatti, di superare «un dissenso potenziale, pur se ancora da definire nei più previsi termini di una lite», l'accordo prevedeva che la debitrice versasse alla ricorrente un importo che costituiva, appunto, un quid medium tra la pretesa avanzata da quest'ultima e quanto riteneva invece di dover versare la debitrice. Pertanto, se è vero che il profilo del sopra menzionato aliquid datum , aliquid retentum deve essere apprezzato solo in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti, non possono esservi dubbi, nel caso in esame, in relazione alla sua effettiva ricorrenza.
Presidente Frasca – Relatore Guizzi Fatti di causa 1. La società omissis S.r.l. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza numero 635/18, dell'8 novembre 2018, della Corte di Appello di Trieste, che - respingendone il gravame esperito contro la sentenza numero 190/17, del 19 febbraio 2017, del Tribunale di Udine - ha confermato l'accoglimento dell'opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla società omissis S.p.a. oggi omissis S.p.a. , in relazione ad un provvedimento monitorio che le ingiungeva di pagare, alla società omissis , la somma di Euro 29.899,34, oltre interessi di cui al D.Lgs. 9 ottobre 2002, numero 231 , quale corrispettivo per lavori di manutenzione eseguiti presso talune residenze per anziani gestite dalla società opponente. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di aver agito in sede monitoria sul presupposto di vantare un credito. di entità, peraltro, maggiore, rispetto a quello azionato ex articolo 633 c.p.c. , giacché l'importo complessivo dei lavori eseguiti ammontava a Euro 73.401,34. Assumeva, infatti, che, in forza di accordo concluso con omissis il omissis che qualificava - e qualifica - come remissione parziale del debito, condizionata al pagamento del dovuto alle scadenze pattuite, da intendersi come termini essenziali , l'entità del credito era stata ridotta rispetto all'importo originario. Non avendo, tuttavia, la debitrice proceduto al pagamento integrale del dovuto, essa omissis conseguiva il decreto ingiuntivo, poi fatto oggetto di opposizione da omissis . Qualificato, tuttavia, dal primo giudice l'accordo negoziale intervenuto tra le parti come transazione, e constatato l'integrale pagamento - ancorché in corso del giudizio - di quanto pattuito in via transattiva, il decreto ingiuntivo veniva revocato, escludendosi pure, per difetto della gravità dell'inadempimento ex articolo 1455 c.c. , la possibilità di dichiarare risolta la transazione, come da domanda riconvenzionale subordinatamente proposta dall'odierna ricorrente. Esperito gravame dall'opposta, il giudice di appello lo respingeva, confermando l'impianto motivazionale del primo giudice. 3. Avverso la sentenza della Corte giuliana ricorre per cassazione la omissis , sulla base - come detto - di due motivi. 3.1. Con il primo motivo è denunciata - ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5 , - violazione e falsa applicazione degli articolo 1965 e 1236 c.c. Si censura la sentenza impugnata perché - condividendo la valutazione già fatta dal primo giudice - ha qualificato come transazione l'accordo del omissis , esito al quale essa è pervenuta in base sia allo stesso tenore letterale del documento chiudiamo ad Euro 55.000,00 , sia della successiva qualificazione operata nella lettera di intimazione ad adempiere del 10 agosto 2015, ove si legge che l'invio della stessa avveniva a seguito del mancato rispetto da parte della Serena Orizzonti della transazione raggiunta il omissis . La Corte territoriale, tuttavia, avrebbe errato nel qualificare il ridetto accordo come transazione, mancandone i requisiti l'esistenza della res dubia e dellmaliquid datum, aliquid retentum . Difatti, a dire della ricorrente, tra le parti non vi era alcun rapporto con carattere di incertezza, ma soltanto un inadempimento, da parte di omissis analogamente, difetterebbe pure l'ulteriore presupposto della transazione, visto che nessuna concessione sarebbe stata compiuta da omissis , atteso che i lavori ed il materiale impiegato sono rimasti invariati rispetto all'accordo originario , l'unica concessione essendo stata quella di omissis sul prezzo degli stessi. Di qui, pertanto, la necessità di qualificare il documento suddetto come riconoscimento di debito, da parte di omissis , con rimessione parziale dello stesso operata da omissis , sebbene condizionata all'effettuazione dei programmati pagamenti entro le scadenze stabilite, da intendere come termini essenziali. 3.2. Il secondo motivo denuncia - ai sensi dell' articolo 360 c.p.c. , comma 1, nnumero 3 e 5 , - violazione e falsa applicazione degli articolo 1965 e 1236 c.c. La censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la sussistenza dei presupposti della risoluzione, per inadempimento, del contratto di transazione. In particolare, si contesta l'affermazione della Corte triestina circa il difetto della non scarsa importanza dell'inadempimento, giacché tale attributo - assume la ricorrente - deve essere valutato con riferimento all'interesse della parte non inadempiente all'esatta e tempestiva prestazione . Nella specie, la volontà e l'interesse di omissis all'esatta esecuzione del contratto nonché la finalità del contratto stesso risiederebbero nella necessità di remunerazione dei costi sostenuti per i lavori effettuati . 4. La società omissis Holding S.p.a. già omissis ha resistito, con controricorso, all'avversaria impugnazione chiedendone la declaratoria di inammissibilità, ovvero, in subordine, il rigetto. Ragioni della decisione 5. Il ricorso è inammissibile. 5.1. In via preliminare, infatti, deve rilevarsi che entrambi i motivi di ricorso si fondano su di un documento - la scrittura privata del omissis - che ambo i giudici di merito hanno ritenuto di qualificare come transazione. Della stessa, tuttavia, la ricorrente - quantunque abbia provveduto a riprodurla, in parte qua , nel testo del ricorso non ha provveduto alla localizzazione tra gli atti del procedimento, donde l'inammissibilità della proposta impugnazione cfr., da ultimo, sulla necessità della localizzazione, Cass. Sez. 6-1, ord. 10 dicembre 2020, numero 28184, Rv. 66009001 . Questa Corte, del resto, anche nella sua massima sede nomofilattica, ha affermato che sono inammissibili le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l'esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità Cass. Sez. Unumero , sent. 27 dicembre 2019, numero 34469 , Rv. 656488-01 . 5.2. In ogni caso, il ricorso sarebbe stato comunque destinato al rigetto. 5.2.1. Il primo motivo, infatti, non è fondato. Come noto, infatti, l' articolo 1965 c.c. , nel definire - al comma 1 - il contratto di transazione, ha introdotto una previsione sostanzialmente corrispondente a quella dell' articolo 1764 c.c. del 1865, quantunque connotata da maggiore sinteticità, visto che il riferimento alle reciproche concessioni tiene il posto dell'indicazione di quelle condotte - consistenti nel dare , promettere o ritenere , ciascuna delle parti transigenti, qualche cosa - che, nel sistema dell'abrogato codice civile, identificava uno degli elementi connotanti, ancora oggi, la presente fattispecie contrattuale ovvero, il c.d. aliquid datum, aliquid retentum . Del resto, nella stessa Relazione al Re del Ministro Guardasigilli, veniva sottolineata la sostanziale continuità tra la disciplina introdotta nel 1942 e quella previgente, affermandosi che la nozione tradizionale del contratto di transazione, fondata sull'elemento funzionale della composizione della lite e sull'elemento strutturale delle reciproche concessioni , è sostanzialmente rimasta immutata così, testualmente, il p. 772 . Una novità, invece, è costituita dall' articolo 1965 c.c. , comma 2 quantunque la già citata Relazione chiarisca che il codice del 1942, nello stabilire che le reciproche concessioni possono riguardare rapporti diversi da quello controverso - dando vita, così, ad una fattispecie contrattuale che una parte della dottrina definisce come transazione complessa , o mista , in contrapposizione a quella semplice - ha inteso, in realtà, solo consacrare legislativamente la prevalente tendenza dottrinale di quel tempo peraltro affermatasi anche nella giurisprudenza coeva , individuando, però, un limite solo per il caso in cui il rapporto creato mediante il negozio transattivo importa estinzione per novazione del rapporto controverso . Ricorrendo, infatti, tale ipotesi l'inadempimento di una delle parti non può far rivivere rapporti definitivamente estinti, se non quando la volontà di entrambe abbia subordinato all'effettivo adempimento l'estinzione medesima cfr. il p. 773 . Ciò premesso, venendo ad esaminare gli elementi del contratto di transazione, questi sono comunemente identificati nella res litigiosa ad integrare la quale, peraltro, non occorre che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto la determinatezza propria della pretesa, essendo sufficiente l'esistenza di un dissenso potenziale, pur se ancora da definire nei più precisi termini di una lite, e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione così in motivazione, da ultimo, Cass. Sez. 2, sent. 4 maggio 2016, numero 8917 , Rv. 639880-01 in senso conforme Cass. Sez. Lav., sent. 10 aprile 2006, numero 8301 , Rv. 589205-01 Cass. Sez. 3, sent. 16 luglio 2003, numero 11142 , Rv. 565142-01 Cass. Sez. Lav., sent. 11 marzo 1983, numero 1846 Rv. 426678-01 e nel nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, viene a sostituirsi a quello precedente cui si riconnetteva la lite o il pericolo di lite così, del pari in motivazione, Cass. Sez. 2, sent. numero 8917 del 2016 , cit. in senso conforme, Cass. Sez. 2, sent. 7 maggio 1997, numero 3969, Rv. 504114-01 Cass. Sez. 3, sent. 4 settembre 1990, numero 9114 , Rv. 469171-01 . In particolare, ad integrare il contratto di transazione - sotto il profilo delle reciproche concessioni - è stato ritenuto idoneo anche un accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche solo quantitative ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali Cass. Sez. Lav., sent. 14 giugno 2006, numero 13717 , Rv. 590340-01 . Più in generale, si è affermato che in tema di transazione, le reciproche concessioni, cui si riferisce l' articolo 1965 c.c. , comma 1 devono essere intese in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 9 giugno 2021, numero 16154 , Rv. 661536-01 . Orbene, alla luce di tali premesse, non sembra seriamente dubitabile che l'accordo oggetto del presente giudizio presentasse i requisiti della transazione. Allo scopo, infatti, di superare un dissenso potenziale, pur se ancora da definire nei più precisi termini di una lite giacché funzione della transazione è anche quella di porsi quale strumento negoziale di prevenzione di una lite Cass. Sez. 6-1, ord. 9 ottobre 2017, numero 23482 , Rv. 646040-01 , l'accordo suddetto prevedeva che omissis si impegnasse a versare a Marchio Euro 60.500,00 ovvero, Euro 55.000 più I.V.A. , sornme che costituiva un quid medium tra la pretesa avanzata da quest'ultima, che assumeva di aver eseguito prestazioni per Euro 73.401,34., e quanto riteneva, invece, di dover versare la debitrice, solo la somma di Euro 47.798,30 come attesta, non solo il controricorso, ma la sentenza impugnata a pag. 2, nel riassumere le conclusioni di omissis . Pertanto, se è vero, che il profilo del c.d. aliquid datum, aliquid retentum , deve essere apprezzato solo in correlazione con le reciproche pretese e contestazioni e non già in relazione ai diritti effettivamente a ciascuna delle parti spettanti , non possano esservi dubbi, nel caso in esame, in relazione alla sua effettiva ricorrenza. 5.2.2. Anche il secondo motivo non è fondato. La sentenza impugnata, in relazione alla risoluzione del contratto di transazione per inadempimento, nell'escludere la gravità dello stesso, tra l'altro, sul presupposto che il dovuto era stato integralmente pagato in corso di causa, si è uniformata alla giurisprudenza di questa Corte, la quale afferma - salvo che per i contratti di durata cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 26 ottobre 2012, numero 18500 , Rv. 624429-01 - che l'adempimento successivo alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto non ne arresta gli effetti, ma deve essere preso in esame dal giudice nella valutazione dell'importanza dell'inadempimento, potendo condurre ad escluderne la gravità e, quindi, a rigettare la suddetta domanda da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 6 giugno 2017, numero 14011 , Rv. 644475-01 . 5.3. In conclusione, ove il ricorso fosse stato ammissibile, esso sarebbe stato, comunque, da rigettare. 6. Le spese seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo. 7. In ragione della declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste a carico della ricorrente l'obbligo di versare, se dovuto secondo un accertamento spettante all'amministrazione giudiziaria Cass. Sez. Unumero , sent. 20 febbraio 2020, numero 4 315, Rv. 657198-01 , l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società omissis S.r.l. a rifondere, alla società omissis S.p.a., le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.000,00, più Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1 , comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari, in ipotesi, a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.