Derivati e costi occulti: il fulmine della nullità strutturale

Con ordinanza numero 24654 del 10 agosto 2022 la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione torna ad analizzare gli elementi essenziali del contratto finanziario derivato e le strutture rimediali applicabili.

In presenza di una operazione connotata da costi occulti è configurabile la nullità del derivato ai sensi dell'articolo 1418, comma 2, c.c. questo l'approdo raggiunto nell'ordinanza in allineamento all'impostazione delle Sezioni Unite numero 8770/2020. La disputa. Una società cooperativa contestava innanzi al Tribunale di Roma la validità di due contratti derivati chiedendo la condanna della banca convenuta sia alla restituzione delle somme indebitamente riscosse quali flussi periodici e commissioni indebite, sia al risarcimento dei danni subiti. Segnatamente, veniva dedotta la nullità dei derivati per difetto di valido contratto quadro e per mancanza di causa. Veniva inoltre allegato l'inadempimento della banca rispetto agli obblighi informativi circa l'esatta natura e l'adeguatezza delle operazioni finanziarie in lite. La banca, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto delle domande avversarie perché ritenute infondate. Il Tribunale respingeva le richieste di parte attrice che interponeva gravame. La Corte di Appello di Roma rigettava l'impugnazione. Da qui il ricorso per cassazione della società operante in strumenti finanziari derivati. La dichiarazione di operatore qualificato ratio, contenuti ed effetti. La Corte di Cassazione reputa infondato il primo motivo di ricorso incentrato sulla violazione o falsa applicazione dell'articolo 31 Reg. Consob numero 11522/1998. Ad avviso dei Giudici di Legittimità la richiamata norma regolamentare non richiede che la dichiarazione debba essere redatta anteriormente al perfezionamento del negozio. La ratio della disposizione è quella di richiamare l'attenzione del cliente sull'importanza della dichiarazione svincolando l'intermediario dall'obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento di fatto sul punto Cass. 26 maggio 2009, numero 12138 . A detta della Corte Suprema deve escludersi, per le medesime ragioni, che la dichiarazione debba essere circostanziata attraverso l'indicazione delle specifiche operazioni di investimento. La nozione di operatore qualificato ha difatti un contenuto unitario e non compete all'investitore individuare la tipologia delle operazioni finanziarie cui esso debba essere riferito. La disciplina dell'articolo 31, comma 2, Reg. Consob numero 11522/1998 richiede semplicemente una dichiarazione circa il possesso, da parte della società cliente, della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in strumenti finanziari. Tale dichiarazione, ripete la Corte, ha l'effetto di esonerare l'intermediario dall'obbligo di effettuare per suo conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull'investitore l'onere di provare elementi contrari emergenti dalla documentazione in possesso dell'intermediario Cass. 4 aprile 2018, numero 8343 . In presenza della dichiarazione di operatore qualificato resta esclusa, in forza del comma 1 del richiamato articolo, non soltanto l'applicabilità della disciplina sulla stipula del contratto quadro articolo 30, comma 1 , ma anche quella sugli obblighi informativi e sull'adeguatezza delle operazioni di cui ai precedenti articolo 28 e 29 sicché, conclude la Corte, la ricorrente non può dolersi della mancata risoluzione del contratto derivato per inadempimento dell'intermediario a quegli obblighi. I costi occulti del derivato l'applicazione della nullità strutturale. La società ricorrente ha poi lamentato che gli obblighi di informazione e di trasparenza imponevano alla banca di fornire una chiara indicazione dei reali costi dell'operazione costi che incidevano sull'oggetto del contratto, «sia sotto il profilo della pattuizione del compenso della banca, sia sotto il profilo dell'esatta determinazione delle alee rispettivamente assunte». La Corte territoriale ha invece escluso che la violazione di regole di condotta gravanti sull'intermediario e afferenti all'informazione sul derivato potesse determinare la nullità del contratto. Con la precisazione che l'occultamento di costi a svantaggio del cliente, tanto per una valutazione iniziale sfavorevole all'investitore mark to market negativo , quanto per l'apparente erogazione di somme a parziale indennizzo della posizione sfavorevole assunta dal cliente upfront , rileverebbe, «nella normalità dei casi, sul piano della violazione delle regole di condotta, sia in punto di obblighi informativi, sia, ove l'intermediario collochi in contropartita diretta i prodotti derivati, in relazione al conflitto di interessi». Il ragionamento della Corte di Appello di Roma non viene condiviso dai Giudici di Legittimità. Le Sezioni Unite hanno infatti precisato che, in tema di interest rate swap, occorre accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi accordo che non si può limitare al mark to market, ossia al costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all'operazione è disposto a subentrarvi, ma deve investire, altresì, gli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall'intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo Cass. Sez. U. 12 maggio 2020, numero 8770 . In presenza, dunque, di una operazione connotata da costi occulti, il derivato, stabilisce la Prima Sezione, è da ritenersi nullo.  Nullità ― precisa la Corte di Cassazione ― che non è quella, virtuale articolo 1418, comma 1, c.c. , di cui si sono occupate due ben note pronunce delle Sezioni Unite Cass. Sez. U. 19 dicembre 2007, nnumero 26724 e 26725 per escludere che essa abbia a prospettarsi in caso di inosservanza degli obblighi informativi da parte dell'intermediario, ma una nullità strutturale articolo 1418, comma 2, c.c. , inerente ad elementi essenziali del contratto. Da qui la necessità di riformare la sentenza impugnata che ha escluso in radice il vizio genetico degli swap in lite. Per la dottrina v. CAPUTO NASSETTI, Da Bologna a Roma passando per Bisanzio i derivati in una recente pronuncia delle Sezioni Unite, in Riv. dir. comm., 2020, 355, ove criticata la sentenza della Corte Suprema a Sezioni Unite 12 maggio 2020, numero 8770 che si è pronunciata sull'operatività in derivati perfezionata da un Comune. A detta dell'A. i Giudici di legittimità hanno «svolto un percorso non necessario e tortuoso, inciampando in temi quali l'oggetto del contratto di swap, includendovi gli scenari probabilistici e le formule di mark to market, aderendo senza argomentazioni ad una recente dottrina minoritaria e creando un campo minato per la finanza italiana. Unico paese al mondo nel quale dovrebbero servire centinaia di pagine per descrivere previsioni economiche e finanziarie, magari anche strampalate per ora non è richiesto che siano corrette ex post e migliaia di pagine di formule e modelli matematico-statistici per misurare i numerosi elementi che concorrono alla formazione del prezzo del derivato tra l'altro per calcolarne il valore in caso di estinzione anticipata che non è nemmeno prevista contrattualmente ». In argomento, v. GAROFALO, Interest rate swap e causa le Sezioni Unite prendono posizione, in Riv. dir. civ., 2020, 1435 LEMBO, Il recente orientamento giurisprudenziale in tema di contratti derivati anche in relazione alla disciplina comunitaria. Focus su scenari di peformance e mark to market, in Dir. comm. int., 2021, 162 CHERUBINI-MAFFEIS, Scommesse razionali, probabilità e informazione. Note di un matematico e di un giurista a un anno dalla sentenza SS.UU. 8770 del 2020, in Riv. dir. bancario, 2021, 473 PATRONI GRIFFI, Noterelle a margine di Cass., sez. unumero , 12 maggio 2020, numero 8770 asimmetrie informative e meritevolezza dei contratti IRS, in Banca borsa tit. cred., 2021, 60 PERRONE, La Cassazione, i derivati e la lezione dimenticata di Cesare Vivante, in Riv. dir. banc., 2022, 57 MAFFEIS, La scommessa irrazionale di swap e lo scopo di copertura, in Persona e mercato, 2022, 193.

Presidente Scotti – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - omissis soc. coop. - in seguito omissis - ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Roma omissis s.p.a. chiedendo dichiararsi la nullità, l'annullamento o la risoluzione per inadempimento di due contratti aventi ad oggetto derivati stipulati l'8 febbraio 2007 il 30 settembre 2008, con condanna della convenuta sia alla restituzione delle somme indebitamente riscosse quali flussi periodici e commissioni indebite, sia al risarcimento dei danni subiti. L'attrice ha dedotto la nullità dei due contratti per difetto di valido contratto quadro e per difetto di causa ha inoltre allegato l'inadempimento della banca rispetto agli obblighi informativi circa l'esatta natura e l'adeguatezza delle operazioni, nonché la situazione di conflitto di interessi in cui versava l'intermediario, che aveva pure violato, a suo dire, l'obbligo contrattualmente assunto di segnalare le perdite che avessero superato la soglia concordata. La banca si è costituita in giudizio contestando la fondatezza delle domande attrici, di cui ha chiesto il rigetto. Il Tribunale ha respinto la domanda. 2. - omissis ha proposto gravame, cui ha resistito la omissis . La Corte di appello di Roma ha rigettato l'impugnazione. 3. - Ricorre per cassazione, facendo valere sette motivi di censura, la stessa omissis . Resiste con controricorso la omissis . Sono state depositate memorie. Il Pubblico Ministero ha concluso per l'accoglimento del quinto motivo di ricorso. Ragioni della decisione 1. - Il primo motivo oppone la violazione o falsa applicazione dell'articolo 31 reg. Consob numero 11522/1998 e dell'articolo 21 t.u.f. D.Lgs. numero 58 del 1998 . Viene lamentato che la sentenza impugnata abbia equiparato il testo contenuto nella clausola contrattuale di cui all'articolo 6 del primo contratto, redatto in lingua inglese, alla dichiarazione di cui all'articolo 31 del cit. reg. Consob si deduce che tale dichiarazione è soggetta a una disciplina legislativa che richiede, al fine indicato, precisi elementi preesistenza, specificità, chiarezza e provenienza dal legale rappresentante della società investitrice . Si oppone che la dichiarazione resa non si conformerebbe a tali prescrizioni, con la conseguenza che, inefficace la clausola, il primo contratto sarebbe nullo in quanto concluso in assenza di previa stipula del contratto quadro. Si sostiene, inoltre, che il contratto in questione sarebbe comunque suscettibile di risoluzione per inadempimento, avendo riguardo alla mancata prestazione di attività informativa e all'inadeguatezza delle operazioni poste in atto. Il motivo è infondato. A norma dell'articolo 31, comma 2, reg. Consob numero 11522/1998, applicabile ratione temporis al primo contratto, rientra tra gli operatori qualificati ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante. La Corte di appello ha osservato che la dichiarazione relativa alla natura qualificata dell'operatore era contenuta, quanto al primo contratto, nell'articolo 6 del testo negoziale dichiarazione che, sebbene redatta in lingua inglese, risultava essere chiaramente e facilmente riconducibile nel suo contenuto a quanto richiamato al capoverso dell'articolo 31 del citato reg. Consob. La ricorrente censura tale affermazione contestando, anzitutto, che la dichiarazione in questione non risulterebbe essere preesistente al contratto ma il rilievo è innanzitutto ingiustificato sul piano letterale, giacché la norma regolamentare non richiede che la dichiarazione scritta di cui trattasi sia redatta anteriormente al perfezionamento del negozio essa è, inoltre, ingiustificata avendo riguardo alla ratio della disposizione che, come già osservato da questa Corte - sebbene con riguardo all'analoga prescrizione contenuta nell'articolo 13 reg. Consob numero 587/1991 - è volta a richiamare l'attenzione del cliente circa l'importanza della dichiarazione ed a svincolare l'intermediario dall'obbligo generalizzato di compiere uno specifico accertamento di fatto sul punto così Cass. 26 maggio 2009, numero 12138, in motivazione . Per le medesime ragioni deve escludersi che la dichiarazione dovesse essere circostanziata attraverso l'indicazione delle operazioni di investimento rispetto alle quali … F.M. intendeva essere considerata un operatore qualificato . La nozione di operatore qualificato ha del resto un contenuto unitario e non compete all'investitore individuare la tipologia delle operazioni finanziarie cui esso debba essere riferito. La disciplina dell'articolo 31, comma 2, del reg. Consob numero 11522/1998 richiede, puramente e semplicemente, una dichiarazione circa il possesso, da parte della società amministrata, della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in strumenti finanziari e tale dichiarazione ha l'effetto di esonerare l'intermediario dall'obbligo di effettuare per suo conto ulteriori verifiche al riguardo, gravando sull'investitore l'onere di provare elementi contrari emergenti dalla documentazione già in possesso dell'intermediario Cass. 4 aprile 2018, numero 8343 . Quanto alla deduzione secondo cui la dichiarazione più volte richiamata non sarebbe stata sottoscritta dal legale rappresentante della società, si osserva quanto segue. La Corte di merito ha evidenziato che la società appellante non aveva mai contestato la validità - sotto il profilo della mancanza del consenso, siccome espresso da soggetto non legittimato a impegnare la società - del contratto di investimento onde, a suo avviso, risultava evidentemente impropria e strumentale la pretesa di ‘scomporrè il testo contrattuale ‘limitandò l'inefficacia della sottoscrizione alla dichiarazione di cui all'articolo 31 del reg. Consob numero 11522/1998 . Se ne ricava che il Giudice di appello abbia tratto argomenti di prova dalla condotta processuale dell'odierna ricorrente, reputando, in sintesi, non potersi dubitare, in ragione del detto comportamento, che il contratto, con la dichiarazione in esso contenuta, promanasse da soggetto munito del potere di impegnare la società nei confronti dei terzi. omissis fa pure questione, col primo motivo in esame, della mancata approvazione per iscritto, a norma degli articolo 1341 e 1342 c.c., della dichiarazione in contestazione. Ma, a prescindere da ogni ulteriore profilo, la questione non risulta essere stata sottoposta alla Corte di appello e, come è noto, il giudizio sulla necessità che una clausola contrattuale sia specificamente approvata per iscritto non può essere compiuto per la prima volta in sede di legittimità Cass. 30 marzo 2022, numero 10258 Cass. 9 giugno 2005, numero 12125 . In presenza della dichiarazione di cui all'articolo 31, comma 2, reg. Consob numero 11552/1998 resta ovviamente esclusa, in forza del comma 1 dello stesso articolo, non solo l'applicabilità della disciplina sulla stipula del contratto quadro articolo 30, comma 1 , ma anche quella sugli obblighi informativi e sull'adeguatezza delle operazioni di cui ai precedenti articolo 28 e 29 sicché l'istante non può dolersi della mancata risoluzione del contratto per inadempimenti dell'intermediario a quegli obblighi. 2. - Col secondo motivo si oppone l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sentenza viene censurata per aver mancato la Corte di merito di esaminare la questione, posta dalla ricorrente, circa l'ambito di operatività delle dichiarazioni da questa rese come cliente professionale, con riferimento al secondo contratto di swap. Si deduce, in particolare, che il Giudice di appello avrebbe omesso di pronunciarsi sulla prospettata inidoneità delle dette dichiarazioni a giustificare la stipula di un contratto con finalità speculativa. Il motivo va disatteso. Il vizio denunciato non è riconducibile a quello di cui all'articolo 360 c.p.c., numero 5, preannunciato in rubrica, dal momento che la società istante non lamenta l'omesso esame di un fatto storico, primario o secondario secondo l'insegnamento di Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8053 e Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, numero 8054 , quanto, semmai, la mancata pronuncia su di una censura di appello e infatti, a pag. 18 del ricorso omissis prospetta la violazione del principio tra chiesto e pronunciato articolo 112 c.p.c. . Anche così declinata, però, la censura non coglie nel segno. La ricorrente lamenta, in poche parole, che la profilatura del cliente operata in virtù del questionario persone giuridiche non avrebbe consentito la stipula del secondo contratto di swap, definito come derivato esotico . La Corte di appello ha tuttavia respinto il primo motivo di gravame anche con riguardo al tema del suddetto questionario pag. 13 della sentenza impugnata . Tanto è sufficiente per escludere che ricorra il vizio di omessa pronuncia come è noto, infatti, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione Cass. 29 gennaio 2021, numero 2151 Cass. 9 maggio 2007, numero 10636 . Per completezza, mette conto di osservare che la dichiarazione ex articolo 31, comma 2, reg. Consob numero 11522/1998, resa con riferimento al primo contratto di swap, ha avuto l'effetto di esonerare l'intermediario dagli obblighi informativi anche con riguardo al secondo, integrando, come è evidente, la condizione prevista e cioè l'attestazione circa il possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dal legale rappresentante . 3. - Il terzo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli articolo 2697 c.c. e 115 c.p.c. Rileva la ricorrente che al momento della decisione della controversia in appello la banca non aveva prodotto il fascicolo di primo grado. Si lamenta, quindi, che la decisione sia stata assunta sulla scorta di documenti non acquisiti al giudizio di gravame. Il motivo non merita accoglimento. La questione del mancato deposito del fascicolo si era posta con riferimento alla profilatura dell'investitore e, segnatamente, con riguardo al tema della esperienza maturata da omissis in materia di strumenti derivati aspetto della controversia, questo, che spiegava influenza sulla decisione, avendo riguardo al principio, evocato nella sentenza, per cui ai fini dell'appartenenza del soggetto, che stipula il contratto con l'intermediario finanziario, alla categoria degli operatori qualificati, è sufficiente l'espressa dichiarazione per iscritto da parte dello stesso quale società o persona giuridica di disporre della competenza ed esperienza richieste in materia di operazioni in valori mobiliari e questa esonera l'intermediario dall'obbligo di ulteriori verifiche, ma solo in mancanza di elementi contrari emergenti dalla documentazione già in suo possesso Cass. 26 maggio 2009, numero 12138 . La Corte di appello ha osservato, al riguardo, essere pacifico che, al momento della sottoscrizione di due contratti oggetto di causa, la società avesse già una rilevante operatività di strumenti finanziari derivati, avendone sottoscritti ben dieci tra il 2001 e il 2005, per importi consistenti e a condizioni di fatto sostanzialmente non differenti da quelle di cui si dibatteva in giudizio. Ora, l'acquisizione del fascicolo d'ufficio di primo grado, ai sensi dell'articolo 347 c.p.c., non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d'appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensì, al più, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d'appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde ed esplicitati dalla parte interessata Cass. 4 aprile 2019, numero 9498 Cass. 7 agosto 2018, numero 20631 . Parte ricorrente si riporta al principio per cui i documenti in primo grado non possono ritenersi definitivamente acquisiti al processo, occorrendo - invece - che la parte vittoriosa li produca in appello, potendo il giudice del gravame decidere la causa sulla sola base delle prove che siano ritualmente e direttamente sottoposte al suo esame in sede di decisione. La censura è però anzitutto non concludente, in quanto l'istante manca di indicare in qual modo la mancata acquisizione, in appello, dei documenti già prodotti in primo grado pregiudicasse l'accertamento cui è pervenuta la Corte di merito. È anzi da sottolineare, al riguardo, come la sentenza impugnata abbia considerato non decisiva, ai fini della prova della conoscenza delle modalità operative dei derivati da parte del responsabile di omissis , la mancata produzione dello scambio di mail intercorso tra la detta società e la omissis , osservando che il contenuto delle dette corrispondenze era stato riprodotto dall'odierna controricorrente nella comparsa di appello e risultava, in sintesi, non contestato cfr. pag. 12 della sentenza . Ma il motivo è pure privo di fondamento. Infatti, nel vigente ordinamento processuale, il giudizio d'appello non può più dirsi, come un tempo, un riesame pieno nel merito della decisione impugnata novum judicium , ma ha assunto le caratteristiche di una impugnazione a critica vincolata revisio prioris instantiae . Ne consegue che l'appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio d'appello, e su di lui ricade l'onere di dimostrare la fondatezza dei propri motivi di gravame, quale che sia stata la posizione processuale di attore o convenuto assunta nel giudizio di primo grado. Pertanto, ove l'appellante si dolga dell'erronea valutazione, da parte del primo giudice, di documenti prodotti dalla controparte e da questi non depositati in appello, ha l'onere di estrarne copia ai sensi dell'articolo 76 disp. att. c.p.c. e di produrli in sede di gravame Cass. Sez. U. 8 febbraio 2013, numero 3033 in senso conforme, di recente Cass. 17 dicembre 2021, numero 40606 . Era quindi omissis ad essere onerata della produzione, in appello, della documentazione in questione, come lo era, del resto, anche in primo grado, stante il rilascio della dichiarazione quanto al possesso di competenza ed esperienza in materia di operazioni in strumenti finanziari, di cui si è detto. 4. - Col quarto motivo la sentenza impugnata è censurata per omesso esame fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Si lamenta che il Giudice di appello abbia mancato di scrutinare alcune questioni giuridiche che gli erano state sottoposte, relative alla domanda di risoluzione dei contratti di swap per inadempimento della banca agli obblighi di legge e regolamentari posti a suo carico si evocano in particolare i temi del conflitto di interessi e della violazione dell'articolo 21 t.u.f Il motivo è infondato. Anche in questo caso la doglianza non investe l'omesso esame di fatti decisivi, a norma dell'articolo 360 c.p.c., numero 5. Ma - pure qui - non si delinea nemmeno il vizio di omesso pronuncia del Giudice di appello, dal momento che l'accertamento, in capo alla società investitrice, della veste di operatore qualificato precludeva, come si è detto, l'applicazione della disciplina regolamentare in tema di conflitto di interessi e di obblighi informativi. In tal senso, la statuizione che si assume mancata è da considerarsi oggetto di un implicito assorbimento. Ebbene, il vizio d'omessa pronuncia, configurabile allorché manchi completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, deve essere escluso, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza Cass. 16 gennaio 2016, numero 1360 cfr. pure Cass. 2 luglio 2021, numero 18832 Cass. 3 febbraio 2020, numero 2334 in tal caso, infatti, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita di rigetto oppure di accoglimento anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell'assorbimento Cass. 19 dicembre 2019, numero 33764 Cass. 12 novembre 2018, numero 28995 Cass. 27 dicembre 2013, numero 28663 . 5. - Il quinto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli articolo 1323 e 1418 c.c., oltre che dell'articolo 21 t.u.f Si assume che, contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, gli obblighi di informazione e di trasparenza della banca imponevano a questa di fornire una chiara indicazione dei reali costi dell'operazione costi che incidevano sull'oggetto del contratto, sia sotto il profilo della pattuizione del compenso della banca, sia sotto il profilo dell'esatta determinazione delle alee rispettivamente assunte . Col sesto motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli articolo 1323 e 1418 c.c Si deduce l'erroneità della sentenza per violazione dei principi dettati in materia di causa del contratto anche nella parte in cui la stessa sostiene che la valutazione dell'impossibilità di funzionamento dei derivati in termini di copertura del rischio di rialzo dei tassi di interesse sarebbe effettuabile solo ex post dovrebbe risolversi nella generica impossibilità di funzionamento del contratto. Si deduce che i due contratti di swap erano nulli anche per mancanza di causa e che il profilo della violazione dei doveri di correttezza e trasparenza si aggiungeva a tale profilo di nullità, senza escluderlo. I due motivi, che si prestano a una trattazione congiunta, sono fondati nei termini che si vengono a esporre. La Corte di appello ha escluso che la violazione di regole di condotta gravanti sull'intermediario, e afferenti l'informazione sul derivato potesse determinare la nullità del contratto concluso tra il detto soggetto e l'investitore. Ha precisato che l'occultamento di costi a svantaggio del cliente, tanto per una valutazione iniziale sfavorevole all'investitore mark to market negativo , quanto per l'apparente erogazione di somme a parziale indennizzo della posizione sfavorevole assunta dal cliente upfront , rileverebbe, nella normalità dei casi, sul piano della violazione delle regole di condotta, sia in punto di obblighi informativi, sia, ove l'intermediario collochi in contropartita diretta i prodotti derivati, in relazione al conflitto di interessi . Il Giudice del gravame ha inteso quindi escludere che il profilo relativo all'implicazione, nelle operazioni in derivati, di costi occulti, quali quelli lamentati, nel giudizio di merito, dalla società investitrice cfr. sentenza impugnata, pag. 16 , si ripercuotesse sulla validità del contratto. Una tale conclusione non è conforme alla giurisprudenza che questa Corte ha espresso nella sua articolazione più autorevole. Le Sezioni Unite hanno infatti avuto modo di precisare che, in tema di interest rate swap, occorre accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi accordo che non si può limitare al mark to market, ossia al costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all'operazione è disposto a subentrarvi, ma deve investire, altresì, gli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall'intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo Cass. Sez. U. 12 maggio 2020, numero 8770 . Il Collegio, pur consapevole che la materia prospetta profili di delicata complessità, come evidenziato dalla banca controricorrente nella propria memoria, reputa condivisibile ex articolo 374, comma 3, c.p.c. il richiamato principio di diritto, il quale colloca sul piano della nullità del contratto la tutela dell'investitore a fronte di un'operazione in derivati connotata da costi occulti nullità che - è bene precisare -non è quella, virtuale articolo 1418 c.c., comma 1 , di cui si sono occupate due ben note pronunce delle Sezioni Unite Cass. Sez. U. 19 dicembre 2007, nnumero 26724 e 26725 per escludere che essa abbia a prospettarsi in caso di inosservanza degli obblighi informativi da parte dell'intermediario, ma una nullità strutturale articolo 1418, comma 2, c.c. , inerente ad elementi essenziali del contratto nella pronuncia del 2020 si richiama, a tale proposito, l'oggetto - punto 9.8 -, ma anche la causa del negozio cfr., segnatamente, punto 9.3 della sentenza . In tale prospettiva, la sentenza impugnata, che ha escluso in radice il vizio genetico degli swap oggetto di giudizio, merita censura. 6. - Il settimo motivo prospetta la violazione o falsa applicazione dell'articolo 92, commi 1 e 2, c.p.c Si assume che la complessità delle questioni trattate avrebbe giustificato la deroga al principio di soccombenza. Il mezzo resta assorbito, stante l'accoglimento del quinto e del sesto motivo. 7. - In conclusione, la sentenza va cassata in relazione a tali mezzi censura e la causa rinviata alla Corte di Roma che in diversa composizione statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto e il sesto motivo dichiara assorbito il settimo respinge i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.