Niente risarcimento se uno dei passeggeri non indossa la cintura di sicurezza

Il Tribunale di Lecce ritorna sul tema dei sinistri stradali ricordando che «l'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza deve qualificarsi come condotta eziologicamente capace di causare l'evento dannoso [ ]».

La vittima di un sinistro stradale impugnava la decisione del Giudice di Pace di Lecce che aveva solo parzialmente accolto la sua domanda risarcitoria, proposta nei confronti del proprietario di un'auto e della compagnia assicurativa per le lesioni subite. La vettura che aveva causato l'incidente, svoltando a sinistra aveva invaso la corsia opposta, andando a collidere con l'automobile della vittima. La peculiarità di questa vicenda risiede nel fatto che in occasione del sinistro stradale il terzo trasportato sul sedile posteriore dell'auto che subiva l'incidente, avesse riportato danni in quanto non indossava la cintura di sicurezza. Esiste infatti, un nesso di causalità tra la condotta illecita e l'evento dannoso e questo può essere constatato dal giudice anche semplicemente sulla base di una prova che lo renda probabile. Secondo il Giudice del Tribunale pugliese il ricorso proposto deve essere rigettato, in quanto l'evento lesivo è ascrivibile alla condotta colposa dell'appellante che ha causato il danno. Infatti, emerge dal giudizio che se fossero stati correttamente utilizzati i presidi di sicurezza personale, previsti come obbligatori anche per i sedili posteriori dall'articolo 172 del Codice della strada, il terzo passeggero figlia dell'appellante non si sarebbe potuta protendere in avanti al punto di riportare delle lesioni. Quello che emerge chiaramente dalla vicenda in esame è che «l'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza deve qualificarsi come condotta eziologicamente capace di causare l'evento dannoso del resto, l'esistenza del nesso di causalità tra una condotta illecita ed un evento di danno può essere affermata dal giudice civile anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che siffatta prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio » Cass. numero 23933/2013, numero 13214/2012 e numero 12686/2011 . Alla luce di questi motivi, l'appello è stato rigettato dal Tribunale di Lecce.

Giudice Guido Svolgimento del processo e conclusioni delle parti Con atto di citazione in appello notificato il 01.12.2017, B.M. ha impugnato la decisione numero 2680/2017 emessa dal Giudice di Pace di Lecce il 14.06.2017 con la quale è stata accolta solo in parte qua la sua domanda risarcitoria proposta nei confronti di S.A. , proprietario dell'autovettura omissis, e della AXA Assicurazioni S.p.A., compagnia assicurativa di detta vettura, per le lesioni patite a seguito del sinistro stradale avvenuto in omissis il 05.02.2015 alle ore 15.15 circa, allorquando la vettura su cui era trasportata, svoltando a sinistra per Via omissis, invadeva la corsia opposta e impattava con la vettura omissis. Con comparsa di risposta si è costituita la compagnia assicurativa che ha concluso per il rigetto dell'appello e la conferma della decisione gravata. È rimasto, viceversa, contumace S.A All'udienza del 09.06.2022 le parti hanno precisato le rispettive conclusioni e la causa è stata trattenuta per la decisione, previa rinuncia delle parti ai termini di cui all'articolo 190 c.p.c. Motivi della decisione L'appello è infondato e va rigettato per le motivazioni di seguito indicate. Con due motivi di gravame, che possono essere esaminati congiuntamente, attesa la connessione logico-giuridica intercorrente tra gli stessi, l'appellante ha mosso doglianze avverso la sentenza del Giudice di primo grado, deducendo il vizio di confusa e contradditoria motivazione per avere costui accolto solo parzialmente la domanda risarcitoria che, per converso, a suo parere, avrebbe dovuto essere accolta in toto in base alle dichiarazioni testimoniali e alle prove documentali versate in atti. In particolare, la B. ha lamentato che è erronea la prima decisione nella parte in cui non ha liquidato il danno dentario riportato. I motivi non possono essere accolti. In punto di fatto, giova rammentare che la B. ha riportato il danno ai denti in quanto seduta sul sedile anteriore con la cintura di sicurezza allacciata, era rivolta col capo verso la figlia N.A. che si trovava sul sedile posteriore. A causa dell'urto la bambina si protendeva in avanti e la signora B. urtava contro il capo della bambina. In quella occasione perdeva il secondo incisivo inferiore sinistro cfr. quanto affermato dal conducente della vettura, S.A. , all'udienza del 23.02.2016 . Orbene, stanti tali pacifici elementi di fatto, ne consegue che – in applicazione dell'articolo 1227, primo comma, c.c. – l'appello vada rigettato, poiché l'evento lesivo è ascrivibile alla condotta colposa dell'appellante che ha causato il danno. La disposizione in oggetto, in combinazione con gli articolo 1223 e 1225 c.c., contribuisce infatti complessivamente a delimitare l'area e la misura dei danni da risarcire. In particolare, il principio di cui al primo comma dell'articolo 1227 c.c. limita il risarcimento del danno che è causato dallo stesso danneggiato fondamento del principio è l'esigenza che al danneggiante non faccia carico il danno per quella parte che non è a lui causalmente imputabile. Il Giudice peraltro è tenuto ad esaminare d'ufficio l'incidenza causale del comportamento colposo del creditore nella produzione dell'evento dannoso Così Cass., 11258/2018 . Ciò posto, nel merito va sottolineato che qualora fossero stati correttamente utilizzati i presidi di sicurezza personale, previsti come obbligatori anche per i sedili posteriori dall'articolo 172 c.d.s., la figlia dell'appellante non si sarebbe potuta protendere in avanti al punto da impattare col capo della madre. All'evidenza, stante il rapporto personale con l'occupante del sedile posteriore, incombeva anche in capo alla B. l'obbligo di far utilizzare i sistemi antinfortunistici alla figlia. Ne consegue che l'omesso utilizzo delle cinture di sicurezza deve qualificarsi come condotta eziologicamente capace di causare l'evento dannoso del resto, l'esistenza del nesso di causalità tra una condotta illecita ed un evento di danno può essere affermata dal giudice civile anche soltanto sulla base di una prova che lo renda probabile, a nulla rilevando che siffatta prova non sia idonea a garantire una assoluta certezza al di là di ogni ragionevole dubbio Cass. numero 23933/2013 numero 13214/2012 e numero 12686/2011 . In conclusione, l'appello è infondato e va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, come da dispositivo, sulla scorta dei parametri medi, ridotti della metà, del DM 55/2014 e delle attività processuali concretamente svolte dalle parti. Nulla sulle spese nei rapporti con l'appellato contumace, S.A. . Atteso il rigetto dell'appello, si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell'articolo 13, comma Iquater, DPR numero 115/2002, introdotto dal comma 17 dell'articolo 1 della Legge 24 dicembre 2012 numero 228. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'appello proposto nella causa rubricata al numero 12071/2017 R.G., disattesa ogni contraria istanza ed eccezione così provvede a Rigetta l'appello e per l'effetto conferma la sentenza numero 2680/2017 emessa dal Giudice di pace di Lecce e depositata in cancelleria il 14.06.2017 b Condanna l'appellante alla rifusione delle spese di lite in favore dell'appellata costituita, liquidate in euro 1.600,00, oltre spese forfettarie, IVA e CAP come per legge c Nulla sulle spese del presente grado di giudizio nei rapporti con l'appellato contumace Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell'articolo 13, comma I-quarter, DPR numero 115/2002, introdotto dal comma 17 dell'articolo 1 della Legge 24 dicembre 2012 numero 228.