Il decreto sulla giustizia civile è legge

La Camera dei deputati - con 317 voti favorevoli, 182 contrarie e 5 astenuti - ha approvato oggi, 6 novembre 2014, in via definitiva il disegno di legge di conversione del decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 recante Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”.

Approvazione che, come sempre più spesso avviene, ha fatto seguito a un voto di fiducia posto dal Governo sul testo già approvato dal Senato che, a sua volta, era frutto di un voto di fiducia su un maxi emendamento governativo sostitutivo di tutti quelli precedentemente votati in commissione. Rispetto alla versione originaria del decreto, la legge di conversione apporta alcune novità che metteremo in evidenza nel commento delle singole disposizioni processuali come quella, ad esempio, in materia di negoziazione assistita nei casi di separazione e divorzio e quella relativa al pignoramento di autoveicoli . 3 novità. In questa sede, tuttavia, meritano di essere segnalate - in ragione della loro extravaganza” rispetto al decreto legge - tre novità. Mediazione civile e commerciale La prima novità riguarda il d.lgs. n. 28/2010 in materia di mediazione civile e commerciale. Ed infatti, in linea con una tendenza propria della legge di conversione, è ora previsto che l’accordo di mediazione, una volta divenuto esecutivo per effetto dell’omologazione ad opera del Tribunale, deve essere integralmente trascritto nel precetto ai sensi dell’art. 480, comma 2, del codice di procedura civile . geografia giudiziaria. La seconda novità, invece, riguarda la geografia giudiziaria ed infatti, è stato inserito un art. 22- bis in base al quale vengono ripristinati due uffici del giudice di pace particolarmente delicati in ragione del bacino di utenza servito particolarmente numerosa si tratta del giudice di pace di Ostia che è un municipio di Roma e di quello di Barra che risulta competente anche per una municipalità di Napoli . Crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere. La terza novità, infine, è rappresentata dall’introduzione di un art. 21 bis relativo alla tutela dei crediti delle rappresentanze diplomatiche e consolari straniere da procedure esecutive. Le novità, però, comprendono anche delle soppressioni eccellenti” come, ad esempio, quelle che hanno colpito l’art. 7 sulla possibilità che la negoziazione assistita potesse riguardare le controversie di lavoro e rappresentare una sede protetta ai sensi dell’art. 2113 c.c. peraltro sostenuta, a quanto è parso di capire da Confindustria e l’art. 15 che avrebbe consentito la possibilità di acquisire al processo dichiarazioni testimoniali scritte anteriori al processo raccolte dal difensore .

La legge di conversione ha arricchito il codice di procedura civile di una disciplina specifica relativa al pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi e, cioè, alcuni dei beni mobili registrati dedicandovi due norme l’art. 26, comma 2, e l’art. 521- bis c.p.c. Con la prima norma, e cioè il nuovo secondo comma dell’art. 26 c.p.c., il legislatore ha previsto una regola di competenza territoriale quanto all’esecuzione forzata su autoveicoli, motoveicoli e rimorchi essa spetta al giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede . Con la seconda norma, e cioè, con l’art. 521- bis c.p.c. ha dettato specifiche norme che tengono conto delle peculiarità di quei beni il regime di circolazione connesso dall’esistenza del pubblico registro automobilistico e, dall’altro lato, nella difficoltà che spesso si incontra di individuare fisicamente il bene. Pignoramento mediante notificazione al debitore. Orbene, quanto alle modalità il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dalla legge speciale per la loro iscrizione nei pubblici registri, i beni e i diritti che si intendono sottoporre ad esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista nell'articolo 492 . Inoltre, e proprio in considerazione della peculiarità dei beni ed in particolare la necessità dei documenti relativi , il pignoramento dovrà contenere anche l'intimazione, a consegnare entro dieci giorni i beni pignorati, nonché i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all'uso dei medesimi, all'istituto vendite giudiziarie che è autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede . Per effetto del pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. Al momento della consegna l'istituto vendite giudiziarie assume la custodia del bene pignorato e ne da immediata comunicazione al creditore pignorante a mezzo posta elettronica certificata ove possibile. Peraltro, per rafforzare la fruttuosità dell’esecuzione, il legislatore prevede che decorso il termine di dieci giorni senza che il debitore abbia consegnato il bene e i documenti gli organi di polizia che accertano la circolazione dei beni pignorati procedono al ritiro della carta di circolazione nonché, ove possibile, dei titoli e dei documenti relativi alla proprietà e all'uso dei beni pignorati e consegnano il bene pignorato all'istituto vendite giudiziarie autorizzato ad operare nel territorio del circondario nel quale è compreso il luogo in cui il bene pignorato è stato rinvenuto” che ne diventa custode e che dovrà provvedere alle relative comunicazioni. Una volta eseguito il pignoramento e, quindi, una volta eseguita l'ultima notificazione l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto di pignoramento perché proceda alla trascrizione nei pubblici registri. Entro 30 giorni dalla comunicazione di cui al terzo comma, il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi del titolo esecutivo, del precetto, dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione. Il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento - in linea con la tendenza della riforma - perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento, del titolo esecutivo e del precetto sono depositate oltre il termine di cui al quinto comma.

Uno dei capitoli più importanti del d.l. n. 132/2014 è rappresentato dal restyling del processo esecutivo cui sono dedicate tre disposizioni l’art. 18 relativo all’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione, l’art. 19 rubricato misure per l’efficienza e la semplificazione del processo esecutivo e l’art. 20 relativo al monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali e deposito della nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche. Tra queste misure merita sicuramente un’attenzione particolare la possibilità dell’ufficiale giudiziario di accedere alle banche dati al fine di ricercare i beni di cui il debitore è titolare e, in particolare, quei beni che non risultano da un pubblico registro consultabile da chiunque vi abbia interesse come ad esempio i beni immobili . Una possibilità che è fondamentale la fruttuosità dell’espropriazione forzata che potrebbe essere frustrata proprio dalla mancanza di conoscenza degli elementi attivi del patrimonio del debitore da parte del creditore procedente. Ebbene, dopo che il legislatore, tempo per tempo, aveva già fatto alcune aperture verso una maggiore possibilità per il creditore di ricercare beni utilmente pignorabili, oggi l’art. 492- bis c.p.c. disciplina le modalità di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. Necessaria l’autorizzazione del presidente del Tribunale. Orbene, la ricerca potrà partire su istanza del creditore procedente che dovrà pagare il relativo contributo unificato di 43 euro , ma avrà la necessità di ottenere l’autorizzazione da parte del presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Il presidente del Tribunale ovvero un giudice da lui delegato , a seguito dell’istanza del creditore che deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del difensore nonché, ai fini dell’art. 547, dell’indirizzo di posta elettronica certificata dovrà quindi verificare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e, in caso positivo, autorizzerà la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. Centro elaborazione dati. Peraltro, la clausola di riserva contenuta nel secondo comma dell’art. 492- bis sembra escludere, se non ci si inganna, dall’elenco delle banche dati consultabili il Centro elaborazione dati tenuto dal Ministero dell’interno. Viceversa, sarà interrogabile l’archivio dei rapporti finanziari intrattenuti con banche, Poste italiane, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmi, nonché ogni altro operatore finanziario art. 155- bis disp. att. c.p.c. . Quanto al provvedimento di autorizzazione - in realtà superfluo e surrogabile da un controllo che rientra nelle competenze dell’ufficiale giudiziario - è bene ricordare che la verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata non potrà mai interferire con l’eventuale successivo giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dal debitore esecutato. Ed infatti, il provvedimento di autorizzazione non è un provvedimento idoneo al giudicato essendo una mera autorizzazione procedimentale che ben avrebbe potuto essere attribuita all’ufficiale giudiziario . Inoltre, l’istanza del creditore procedente non dovrà essere preceduta da un tentativo di pignoramento, ad esempio, mobiliare non andato a buon fine, ma potrà rappresentare, generalmente, l’attività immediatamente successiva alla notifica del titolo esecutivo e del precetto. Ed infatti, a me pare, che la notifica del precetto - salvo il caso di esenzione dal termine - sia necessaria proprio in considerazione di ciò, che a seguito dell’accesso l’ufficiale giudiziario procede d’ufficio al pignoramento. Pignoramento che, come noto, deve essere preceduto dalla notifica del precetto. Del resto, l’art. 19 ha modificato l’art. 492 c.p.c. abrogandone il settimo comma dal quale avrebbe potuto trarsi l’affermazione secondo la quale l’accesso all’anagrafe tributaria e, quindi, a maggior ragione a tutte le banche dati avrebbe dovuto seguire alla constatazione che non erano stati individuati beni utilmente pignorabili ovvero i beni individuati non apparivano sufficienti. Inoltre, il legislatore non ha previsto che il provvedimento di autorizzazione del presidente del tribunale dovesse valutare l’opportunità di accesso alle banche dati. Gli esiti dell’interrogazione delle banche dati. Una volta terminate le operazioni l’ufficiale giudiziario dovrà redigere un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze ultimo periodo del comma 2 . Ma vediamo con ordine quali potrebbero essere gli esiti e le attività conseguenti. Pignoramento mobiliare. Se l'accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, quest'ultimo accede agli stessi per provvedere d'ufficio agli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520 e, cioè, il pignoramento mobiliare . Laddove i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario che ha proceduto all’interrogazione, egli dovrà rilasciare al creditore una copia autentica del verbale affinché questi, entro dieci giorni dal rilascio a pena di inefficacia della richiesta, lo presenti, unitamente all'istanza per gli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520, all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Peraltro, laddove l’ufficiale giudiziario non dovesse rinvenire una cosa individuata mediante l'accesso nelle banche dati di cui al secondo comma, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell'articolo 388, sesto comma, del codice penale. Pignoramento presso terzi. Se l'accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio, ove possibile a norma dell'articolo 149- bis o a mezzo telefax, al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell'indirizzo di posta elettronica certificata di cui al primo comma, del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell'ingiunzione, dell'invito e dell'avvertimento al debitore di cui all'articolo 492, primo, secondo e terzo comma, nonché l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'articolo 546. Il verbale di cui al presente comma e' notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest'ultimo riferibili. In questo modo il creditore procedente non sarà più costretto a procedere & lt al buio& gt , ad esempio, notificando a tutte le banche un pignoramento presso terzi nella speranza che qualcuna renda la dichiarazione positiva. Quando il PPT segue all’istanza di consultazione delle banche dati, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al comma 4 dell’art. 543. Estensione delle norme sull’accesso alle banche dati. Da ultimo occorre segnalare che, per effetto della legge di conversione, le disposizioni in materia di ricerca dei beni da pignorare si applicano anche per l’esecuzione del sequestro conservativo oltre che per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali, di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui art. 155- quinquies disp. att. c.p.c.

Rispetto al decreto, la legge di conversione conferma l’idea che la semplificazione del processo deve passare dalla possibilità di avere a disposizione moduli procedimentali diversi a seconda della tipologia concreta di causa sottoposta al giudice, mentre non ritiene di coltivare l’idea di introdurre nel processo civile la testimonianza scritta raccolta prima del processo dall’avvocato. Sommario di cognizione. Ed infatti, resta soltanto l’art. 14 con il quale il legislatore ha introdotto nel codice di procedura civile l’art. 183- bis rubricato Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione al fine di prevedere uno strumento flessibile la cui attivazione è nella disponibilità del giudice anziché delle parti - almeno nella scelta iniziale - come nella disciplina di cui agli artt. 702- bis e segg. per far sì che ogni processo abbia una tempistica proporzionata alla bisogna. Ed infatti, la nuova norma prevede che nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell'udienza di trattazione,valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, puo' disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma dell'articolo 702- ter . Ove ciò disponga, invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria. Se richiesto, puo' fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a quindici giorni per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Ne deriva che, da quel momento, il processo prosegue nelle forme del processo sommario di cognizione senza possibilità di retrocessione al processo ordinario? e, quindi, si applicherà la relativa disciplina oltre all’appello anche la restituzione del contributo unificato già versato per la causa ordinaria? . Testimonianza scritta. Soppresso, invece, dalla legge di conversione, l’art. 15 che avrebbe permesso di semplificare l’istruzione probatoria testimoniale consentendo alla parte di produrre, sui fatti rilevanti ai fini del giudizio, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate al difensore. Riduzione delle ferie e del feriato. Da ultimo dobbiamo segnalare una modifica relativa al c.d. periodo feriato. Da un lato, infatti, il legislatore non ha receduto - nonostante le reazioni dei magistrati ma anche dell’avvocatura - dalla disposta riduzione delle ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato da quarantacinque giorni a trenta. Dall’altro lato, invece, ha modificato il periodo di sospensione feriale dei termini processuali prevista dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742 fissandolo dal 1° al 31 agosto di ciascun anno così evitando di complicare la vita a quanti devono calcolare i termini di impugnazione che generalmente sono in mesi .

Sono forse due delle poche disposizioni che saranno effettivamente in grado di incidere sul numero e qualità dei processi civili poiché, come vedremo, sono idonee a disincentivare il debitore a sfruttare a proprio vantaggio i tempi del processo civile a danno del creditore e, in genere, di quelle parti che intendono abusare del processo e dei suoi tempi e consuetudini” . Esse sono rappresentate dall’art. 13 portante Modifiche al regime della compensazione delle spese legali” e l’art. 17 recante Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti”. Ritardo nei pagamenti. Orbene, iniziando proprio da quest’ultima disposizione, si tratta della modifica dell’art. 1284 c.c. relativo al tasso degli interessi legali attualmente pari al 2,5% . La novità consiste nell’introduzione di un comma in base al quale dal momento in cui è proposta una domanda giudiziaria e non più soltanto da quando ha inizio un procedimento di cognizione scatterà, quindi, anche in presenza, ad esempio, di un sequestro conservativo se le parti non hanno previsto diversamente, il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali attualmente tra il 7 e il 10% circa a seconda delle circostanze . L’effetto di questa disposizione, tra gli altri, sarà quello di disincentivare il debitore a imporre” al proprio creditore un prestito a buon mercato e, cioè, il tasso legale del 2,5% ed infatti, in luogo di chiedere un prestito ad una banca, ad esempio, è molto più facile e, quindi, anche più conveniente finanziarsi” ritardando la restituzione di una somma di denaro. Peraltro, questa modalità consente anche di ottenere” la liquidità senza passare per il previo vaglio di solvibilità del mutuante qui costretto a subire e senza rilasciare garanzie. L’aumento del tasso di interesse legale, quindi, riducendo notevolmente, il divario tra saggio di interesse da corrispondere al creditore e saggio di interesse di mercato ed in ogni caso a prescindere da questo disincentiva le resistenze in giudizio meramente dilatorie poiché diventeranno più onerose naturalmente per quei debitori che sono capienti . Infine, l’ultimo comma del nuovo art. 1284 estende l’applicabilità della disposizione anche al procedimento arbitrale e, quindi, sia quello rituale che irrituale . Le novità produrranno effetti rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Compensazione delle spese legali. La seconda norma importante per constare l’abuso del processo è proprio l’art. 13 che modifica, ancora una volta, l’art. 92 in base al quale la compensazione delle spese, parzialmente o per intero, sarà possibile soltanto se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti . Si tratta di una disposizione più limitativa rispetto alla formula del precedente comma 2 dell’art. 92 che ancora sopravvive per i procedimenti pendenti in base al quale dovevano sussistere gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione . Rispetto a quella formulazione frutto, come si ricorderà della modifica ad opera della legge n. 69/2009 oggi i casi di possibile compensazione sono tassativi ed tipizzati. Peraltro, pur in assenza della precisazione di cui alla formulazione precedente, ritengo che permanga comunque l’obbligo della motivazione seppur decisamente semplificata nel caso di soccombenza reciproca o mutamento della giurisprudenza con riferimento alla novità della questione. Inoltre, l’attuale formulazione è ancora più ristrettiva rispetto alla versione del decreto legge che consentiva la compensazione totale o parziale se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza il legislatore ha aggiunto che la novità deve essere assoluta” e che il mutamento della giurisprudenza deve riguardare non qualsiasi questione, ma quelle dirimenti per il processo. Inevitabile dunque la conclusione che il giudice dovrà compensare le spese soltanto in casi del tutto eccezionali e in cui la discrezionalità è pressoché ridotta a zero.

In attesa dell’annunciata modifica della disciplina relativa ai tempi per poter chiedere il divorzio, la legge consente oggi ai coniugi di separarsi o divorziare ovvero modificare le relative condizioni mediante una negoziazione assistita da uno o più avvocati oppure presentandosi direttamente davanti ad un ufficiale dello Stato Civile. Rispetto alla versione originaria del decreto, la legge di conversione non esclude più dalla possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita le coppie con figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti d’ora in avanti, per brevità, figli minori . Ed infatti, è ora previsto una doppia” procedura una per quanti hanno figli minori dove l’accordo deve essere autorizzato dal procuratore della Repubblica e una per quanti non hanno figli minori dove comunque interviene il procuratore a verificare eventuali irregolarità . In ogni caso - ma vedremo le differenze - il legislatore ha pensato di interessare della questione il pubblico ministero che sarà chiamato a svolgere anche una funzione di filtro. Separazione e divorzio in Comune. Orbene, in presenza di tutti i presupposti, la strada più semplice sarà quella prevista dal comma 1 dell’art. 12 secondo cui i coniugi possono concludere innanzi al sindaco, quale ufficiale dello stato civile [] del comune di residenza di uno di loro o del comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2 , lettera b , della legge n. 898/1970, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio . In questo caso il percorso è molto semplificato l’ufficiale dello stato civile riceverà da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate. La legge ha previsto che le parti possano essere assistite facoltativamente da un avvocato così volendo evitare - forse - che il Comune possa mettere alla porta non si sa perché eventuali avvocati accompagnatori! Unici limiti a questa modalità sono, da un lato, che non devono esserci figli minori ovvero maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero non autosufficienti. Dall’altro lato, l’impossibilità che gli accordi contengano patti di trasferimento patrimoniale art. 12, comma 3 . L’atto contenente l’accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente comma. L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Termine dilatorio? Circa la procedura davanti al Comune occorre segnalare quella che per me rappresenta un qualche cosa di bizzarro nei casi di separazione personale, cessazione degli effetti civili del matrimonio o di scioglimento del matrimonio secondo condizioni concordate, l’ufficiale di stato civile, quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo avvertendo che in caso di mancata presentazione l’accordo non si intenderà confermato. Quindi - se ho ben compreso - i coniugi arrivano con un accordo davanti all’Ufficiale di stato civile il quale riceve l’atto immediatamente e poi invita i coniugi a tornare non prima di trenta giorni. Francamente spero di aver capito male perché non se ne sente proprio la necessità di un termine dilatorio di ripensamento come del resto , chi scrive, non ritiene più adeguato il triennio primo di poter divorziare . Se le parti vogliono ripensarci hanno tutto il diritto e i modi di farlo senza appesantire un meccanismo che dovrebbe in realtà essere rapido. Separazione e divorzio con negoziazione assistita. La seconda possibilità sarà quella di ricorrere alla negoziazione assistita che ai sensi dell’art. 6 dovrà essere assistita da almeno un avvocato per parte con la conseguenza che i coniugi non potranno affidarsi ad un unico avvocato con quel che ne consegue in materia di costi e di appetibilità del nuovo strumento . Ed infatti, la convenzione di negoziazione [] può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’art. 3, comma 1, n. 2 , lett. b , legge n. 898/1970, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio . Occorre oggi distinguere due percorsi a seconda che ci siano, oppure no, figli minori. Assenza di figli minori. Nel caso in cui non ci siano figli minori nel senso di cui abbiamo detto i coniugi possono raggiungere un accordo all’esito della negoziazione assistita, ma i rispettivi avvocati dovranno trasmettere” l’accordo al procuratore della Repubblica perché verifichi se ci siano, o no, irregolarità”. Come si debba trasmettere” l’accordo al procuratore della Repubblica speriamo tramite una veloce ed indolore PEC e in che cosa consistano le possibili irregolarità” sarà oggetto di successivo approfondimento. Se non vi sono irregolarità il procuratore della Repubblica comunicherà” sempre via PEC speriamo agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti successivi al raggiungimento dell’accordo previsti dal comma 3. E cioè l’avvocato dovrà ricordarsi di trasmettere, entro il termine di 10 giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’art. 5 e, quindi, la certificazione dell’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico . In caso di violazione dell’obbligo di trasmissione dell’accordo segue la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2mila ad euro 10mila e non più da 5mila a 50mila originariamente prevista da parte del Comune del luogo dove l’accordo avrebbe dovuto essere annotato. L’accordo con figli minori deve essere autorizzato. - Nel caso in cui, invece, siano presenti figli minori l’accordo raggiunto a seguito della convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l’accordo risponde all’interesse dei figli, lo autorizza . Laddove, viceversa, il procuratore non ritenga che l’accordo raggiunto sia nell’interesse dei figli, lo trasmette, entro 5 giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti, e provvede senza ritardo . Peraltro, è bene ricordare che, stante il rinvio all’art. 5, nel caso in cui i coniugi prevedano un trasferimento immobiliare qui possibile diversamente che rispetto all’ufficiale di stato civile per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. I termini per il divorzio. Infine, resta da dire che il decreto legge ha avuto cura anche di precisare - andando a modificare l’art. 3 della legge sul divorzio - che il triennio per domandare il divorzio decorre anche dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile .

Abbiamo sin qui esaminato i tratti principali della nuova procedura definita di negoziazione assistita e i suoi ambiti applicativi che vanno ben oltre la materia civile e commerciale dal momento che abbraccia anche il diritto di famiglia quantomeno con riferimento alla separazione e al divorzio . Dobbiamo ora esaminare, però, quali sono i rapporti tra la negoziazione assistita e la mediazione civile anche perché sono presenti alcune aree di controversie dove i due strumenti potrebbero essere astrattamente sovrapponibili. Orbene, prima di iniziare, però, l’esame delle disposizioni è bene ricordare che il naturale rapporto tra i due strumenti di risoluzione delle controversie è un rapporto che potremmo definire cronologico” e di sussidiarietà. Prima viene logicamente il tentativo delle parti di trovare un accordo tra di loro negoziazione diretta , poi di trovare un accordo grazie all’intervento dei loro consulenti negoziazione assistita, già prevista e in qualche misura favorita dal Codice deontologico degli avvocati e, infine in caso di fallimento anche di questo percorso” grazie all’intervento di un terzo mediatore mediazione . Clausola multi step? Ne deriva che, ad esempio, a livello contrattuale le parti potrebbero ben prevedere una clausola multi step che preveda, ad esempio, un obbligo di negoziare, una convenzione di negoziazione assistita e una clausola di mediazione e, perché, no, infine, una clausola arbitrale . Chiarito questo aspetto preliminare passiamo ad esaminare le norme con riferimento alle materia per le quali la negoziazione assistita e la mediazione rappresentano condizione di procedibilità. Quanto alla negoziazione essa deve essere obbligatoriamente tentata da chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti” nonché da chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro . Posto che il decreto del Fare aveva eliminato dall’elenco delle materie per le quali la mediazione è una condizione di procedibilità proprio le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, le possibili aree di interferenza possono essere individuate con riferimento alle domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. Orbene, quanto alle domande di condanna non superiori a 50mila euro il comma 1 prevede espressamente una clausola di prevalenza della mediazione rispetto alla negoziazione assistita dal momento che la rende obbligatoria fuori dei casi previsti dall’art. 5, comma 1 bis , d.lgs. n. 28/2010 . Il che non significa, ovviamente, che le parti non possano stipulare, in quelle materie, una convenzione di negoziazione assistita ad eccezione, forse, della materia di consumo dove la clausola sarebbe particolarmente gravosa e, quindi, necessiterebbe di tutte le garanzie del codice del consumo . Fuori da queste ipotesi il comma 5 dell’art. 2 d.l. prevede che restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati . Ne deriva che, in assenza di una clausola come quella prima individuata ed in applicazione del principio di successione temporale degli istituti in esame, dovrebbe concludersi che, prima, scatta l’obbligo della negoziazione assistita e, poi, in caso di insuccesso, quello della conciliazione o mediazione comunque denominata prevista dalla legislazione speciale. Ma se le parti tentano la mediazione, dimenticando la negoziazione assistita, poiché nel più ci sta il meno ritengo che anche la condizione di procedibilità della negoziazione assistita eventualmente pattizia sia stata assolta. In fondo, imporre una doppia condizione di procedibilità non sembra rappresentare un onere troppo eccessivo specie ove si pensi che laddove la parte sia ammessa al gratuito patrocinio l’avvocato non deve essere compensato sici! per la propria attività . Doppia condizione di procedibilità. Peraltro potrebbe essere questa un’ipotesi in cui sarà chiamata ad operare la norma introdotta nella legge di conversione in base alla quale il termine di cui ai commi 1 e 2, per materie soggette ad altri termini di procedibilità, decorre unitamente ai medesimi . In quel caso in base alla legge che però contraddice il principio di sussidiarietà di cui prima la parte potrebbe contemporaneamente proporre una convenzione di negoziazione assistita e la mediazione civile. Senonché, la lettura che appare più aderente alle intenzioni del legislatore è quella per la quale la norma sconta un errore tecnico il riferimento non sarebbe alla doppia condizione di procedibilità che come abbiamo visto nei rapporti tra mediazione e negoziazione assistita potrebbe operare soltanto per via contrattuale ma all’operare di una condizione di proponibilità della domanda e una di procedibilità. In questo caso il problema che è stato risolto violando ancora una volta il principio di sussidiarietà e contraddicendo la ratio della condizione di procedibilità è stato quello di sapere se a seguito di un sinistro stradale posso proporre immediatamente la convenzione di negoziazione assistita oppure la posso proporre soltanto dopo che sia trascorso il tempo che la legge riserva all’assicurazione per proporre la liquidazione del danno. Problema risolto nel senso che posso proporre sia la richiesta stragiudiziale di risarcimento del danno sia la convenzione di negoziazione assistita qui condizione di procedibilità . Senonché, qui la soluzione avrebbe dovuto essere opposta come aveva ben argomentato la giurisprudenza che aveva escluso la possibilità di depositare la domanda di mediazione prima che fosse trascorso il termine dilatorio. Efficacia esecutiva degli accordi. Resta, infine, doveroso un confronto tra gli esiti della negoziazione assistita e a quelli della mediazione civile e commerciale. Quanto all’efficacia dell’accordo raggiunto in entrambi i casi un contratto sia nella negoziazione che nella negoziazione siamo in presenza di un titolo esecutivo idoneo anche all’iscrizione di ipoteca giudiziaria. Ma una differenza di regime tuttavia esiste. Ed infatti, nel caso di negoziazione assistita quell’efficacia consegue direttamente alla certificazione da parte degli avvocati dell’autografia della sottoscrizione e della non contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative senza necessità di omologazione. Viceversa nella mediazione quella medesima efficacia è subordinata all’exequatur del Tribunale a meno che gli avvocati che abbiano assistito le parti in mediazione non sottoscrivano il verbale di accordo certificando la non contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative. In ogni caso sia per l’accordo di mediazione che per l’accordo raggiunto all’esito della negoziazione assistita il legislatore prevede la necessità di trascrivere integralmente l’accordo nel precetto. Quanto invece alla maggiore ampiezza di utilizzo della negoziazione assistita occorre dare atto della possibilità accordata di stipulare convenzioni in sede di separazione e di divorzio tramite la negoziazione assistita seppure con le peculiarità di disciplina che vedremo.

Negoziazione assistita. Oltre a puntare sull’arbitrato il legislatore dell’urgenza punta anche sull’introduzione in Italia della negoziazione assistita che viene anche prevista, per certe materie, come condizione di procedibilità. Ma vediamo in che cosa consiste la negoziazione assistita già sperimentata, ad esempio, in Francia senza, però, grande successo , a chi viene affidata, in quali materie opera e quali i possibili esiti e quali i rapporti con gli altri mezzi di risoluzione alternativa delle controversie quali la mediazione civile e l’arbitrato. Peraltro, è da dire che con riferimento alla negoziazione assistita si pone il più che fondato dubbio che il ricorso alla decretazione d’urgenza per prevedere questo nuovo istituto, il cui obiettivo dichiarato è quello di diminuire il carico giudiziario in entrata nei tribunali civili, sia illegittimo. Dubbio ancora più consistente se si pensa che le nuove norme e, cioè, quelle relative all’improcedibilità sono ad efficacia differita dal momento che esse acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. La convenzione di negoziazione assistita. Orbene, l’art. 2 del d.l. definisce la convenzione di negoziazione assistita da uno avvocato o più avvocati come un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati anche quelli stabiliti in Italia . Ne deriva intanto, quindi, che rispetto a qualsiasi clausola di negoziazione o anche di rinegoziazione inserita in un contratto qui la convenzione di negoziazione assistita viene qualificata dalla circostanza che si deve svolgere tramite l’assistenza di uno o più avvocati si tratta con ogni evidenza di un tentativo di negoziazione diretta assistita. Peraltro, la precisazione apportata in sede di conversione che la negoziazione possa essere assistita da uno o più avvocati impone un approfondimento. Ed infatti, ci si potrebbe chiedere se le parti possano affidare ad un unico avvocato la fase di negoziazione assistita. La formulazione della norma sembra dare e direi anche opportunamente la facoltà che l’avvocato possa essere uno soltanto, ma sul punto occorrerà un approfondimento. Del resto, quando lo ha voluto specificare, il legislatore lo ha detto come nel caso della negoziazione assistita in sede di separazione e divorzio dove oggi la legge parla espressamente di convenzione assistita da almeno un avvocato per parte peraltro non se ne avvertiva proprio la necessità, anzi! . Certo, questo potrebbe porre qualche problema che, però, il tempo e la prassi potranno risolvere offrendo prassi comportamentali virtuose ad esempio evitando l’ipotesi che l’unico avvocato possa poi difendere una delle due parti nella loro causa comune . Certo la norma dell’art. 1- bis pure introdotta in sede di conversione pone il dubbio che con riferimento alle controversie con la pubblica amministrazione la designazione dell’unico avvocato sia pressoché impossibile. Ed infatti, è fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001, di affidare la convenzione di negoziazione assistita alla propria avvocatura . Difficile pensare che la controparte possa avere fiducia del dipendente della amministrazione che certo non può dirsi in posizione di indipendenza e terzietà. Forma e contenuto della convenzione. Per espressa previsione di legge la convenzione di negoziazione - che deve essere redatta per iscritto a pena di nullità - deve precisare a il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese e non superiore a tre mesi prorogabile per ulteriore trenta giorni su accordo tra le parti b l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili o vertere in materia di lavoro. Ma v’è di più. Ed infatti il comma 5 prevede - non si sa perché!- che anche la convenzione stessa deve essere conclusa con l’assistenza di uno o più avvocato che certificano anche l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione. Soprattutto, però, il comma 7 precisa che è dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell'incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita oltre che dell’esistenza della mediazione civile ex art. 4 d.lgs. n. 28/2010 . Condizione di procedibilità. Una volta creato rectius disciplinato lo strumento della negoziazione assistita il legislatore dell’urgenza ha pensato di utilizzarlo in chiave deflattiva. Per l’effetto ha introdotto una condizione di procedibilità a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e di chi - fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall’art. 5, comma 1- bis , d.lgs. n. 28/2010- intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo ad eccezione delle controversie di lavoro di somme non eccedenti 50mila euro. Peraltro - rispetto alla bozza circolata dopo il consiglio dei ministri del 29 agosto - il testo definitivo prevede che la condizione di procedibilità non opera con riferimento alle a controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori . Precisazione opportuna anche perché la negoziazione assistita è onerosa dovendo essere liquidata secondo i parametri attualmente in uso per l’attività stragiudiziale a meno dell’ipotesi di parte che ha diritto di essere ammessa al gratuito patrocinio ad eccezione dell’ipotesi in cui potrebbe essere rappresentata da se stessa . Quando opera la condizione di procedibilità, la parte attrice, tramite il suo avvocato, deve invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita a pena di improcedibilità della relativa domanda giudiziaria d’ora in avanti l’ invito ” . Ne deriva, quindi, che l’avvocato della parte dovrà inviare alla controparte un invito firmato dalla parte la cui autografia sarà certificata proprio dall’avvocato a concludere una convenzione di negoziazione assistita al quale potrà seguire a l’adesione della controparte necessariamente assistita dal suo difensore e la conseguente stipula della convenzione b la mancata adesione della controparte c il rifiuto della controparte alla stipulazione entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito Peraltro l’invito alla controparte deve contenere anche l' avvertimento che la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli artt. 96 e 642, comma 1, e, quindi, ciò vorrebbe dire che a seguito dell’invito non seguito il creditore potrebbe ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo del codice di procedura civile art. 4, comma 1 . Orbene, nelle materie per le quali esiste la condizione di procedibilità essa si considera come avverata sia nelle ipotesi sub b e sub c sia nell’ipotesi in cui, una volta stipulata la convenzione, è decorso il termine fissato dalle parti e che in ogni caso non può essere inferiore a un mese art. 3 comma 2 . Sul modello del d.lgs. n. 28/2010 la condizione di procedibilità non opera a nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione diversamente dalla mediazione dove la condizione scatta nella fase di opposizione b nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile c nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata d nei procedimenti in camera di consiglio e nell’azione civile esercitata nel processo penale. Regime dell’eccezione di improcedibilità. L'improcedibilità prevista soltanto per la negoziazione assistita obbligatoria deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 2, comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell’invito. Per quanto riguarda, invece, gli effetti della stipulazione di una convenzione di negoziazione assistita sul processo civile occorre mettere in evidenza come, sorprendentemente, il legislatore si sia dimenticato di disciplinarli l'art. 3, comma 1, sembra del resto riferirsi soltanto alla condizione di procedibilità prevista ex lege . Ed infatti, manca una disciplina analoga a quella che regola gli effetti della clausola di mediazione di cui all’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 ecco allora che, in assenza di una previsione espressa di una causa di improcedibilità, resta il dubbio che la proposizione di una domanda in pendenza del termine delle trattative o prima dell’inizio delle trattative rappresenti in via generale e salvo le valutazioni dei singoli casi soltanto una chiara e manifesta violazione della buona fede che potrebbe incidere sulla valutazione del comportamento delle parti ovvero su un eventuale risarcimento del danno. L’esito della negoziazione assistita. Sebbene la disciplina taccia sulle modalità della trattativa che dovrebbe svolgersi a seguito dell’avvenuta stipula della convenzione l’inciso cooperare in buona fede e con lealtà sarebbe stato già ricavabile dal sistema , il decreto si preoccupa di regolare gli effetti della trattativa. Se la trattativa non approda ad alcunché, gli avvocati designati dalle parti certificano il mancato accordo art. 4, comma 3 Viceversa, se le parti giungono ad un accordo che compone la controversia, esso dovrà essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono e costituirà titolo esecutivo anche per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Si tratta di una disposizione che richiama - come le successive del resto - l’art. 11, d.lgs. n. 28/2010 in materia di mediazione e che si colloca nella generale tendenza a favorire la creazione di titoli esecutivi fuori dal processo. Autografia delle firme e conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Ma per fare acquisire la qualità di titolo esecutivo gli avvocati dovranno anche certificare l’autografia delle firme e sin qui nessun problema e, soprattutto, la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico che pone maggiori problemi anche di responsabilità . Resta fermo - è bene sottolinearlo - che l’eventuale accordo raggiunto all’esito della trattativa pur non sottoscritto anche da tutti gli avvocati mantiene la sua validità ed efficacia che gli è propria in altri termini, se le parti hanno raggiunto una transazione essa manterrà il suo valore a prescindere dalle ulteriori sottoscrizioni ma non avrà, di per sé, efficacia di titolo esecutivo e di titolo per l’ipoteca giudiziaria. Se, poi, con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo sic! deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Quel che francamente, però, stona e anche tanto è la previsione secondo la quale i difensori che sottoscrivono l’accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati affinché questo trasmetta i dati al CNF per l’elaborazione delle statistiche nazionali art. 11 comma 1 . Ed infatti, tutta la riservatezza art. 9 che circonda la negoziazione assistita svanisce in buona parte se l’accordo oltre ad essere soggetto, come normalmente avviene, alla pubblicità fiscale e quella immobiliare deve essere reso noto al Consiglio dell’ordine degli avvocati al quale - francamente - non dovrebbe proprio interessare il contenuto dell’accordo, ma tutt’al più che un accordo è stato raggiunto. Ed ecco perché bene farebbe il Parlamento in sede di conversione a sostituire l’obbligo di trasmissione dell’accordo con la trasmissione di una scheda con l’indicazione delle parti e della circostanza che un accordo è stato raggiunto oppure no così i dati sarebbero anche più completi! Effetti dell’invito sulla prescrizione e decadenza. Occorre ricordare che il legislatore all’art. 8 ha previsto che a seguito della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l’invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all’articolo 4, comma 1, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati. Peraltro si deve ipotizzare che l’effetto sospensivo si protragga fino al decorso del termine previsto nella convenzione ovvero nel termine di un mese ovvero nel maggior termine che, eventualmente, le parti convengono, via via, di darsi per tentare la risoluzione della controversia. Manca qualsiasi incentivo. Resta, infine, da dire che il decreto non prevede alcun incentivo né a stipulare convenzioni di negoziazioni assistita fuori dalle ipotesi in cui è prevista come condizione di procedibilità né a raggiungere un accordo in quella sede. Ed infatti, se si eccettua quanto previsto con riferimento al diritto del lavoro art. 7 e alle separazioni e divorzi sui quali vedi infra , manca qualsiasi norma di favore per le convenzioni con le quali le parti pongono termine alla loro lite.

Uno dei primi strumenti al quale il Governo ha pensato per ridurre l’arretrato civile è rappresentato dall’arbitrato. L’idea è quella per la quale le parti di un processo civile pendente, in primo grado o in appello, chiedono congiuntamente al giudice di trasferire la decisione della causa dal giudice dello Stato ad un arbitro. Arbitrato ok, ma ci sono 2 limiti. La scelta della via arbitrale conosce due limiti che sono quelli, da un lato, della natura della controversia oggetto di giudizio la controversia non dovrà relativa ad un diritto indisponibile né a materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale. Faranno eccezione alla regola - per effetto della modifica apportata in sede di conversione - soltanto le controversie vertenti su diritti che abbiano nel contratto collettivo di lavoro la propria fonte esclusiva quando il contratto stesso abbia previsto e disciplinato la soluzione arbitrale” E dall’altro lato un limite temporale poiché il trasferimento potrà essere chiesto finché la causa non è stata assunta in decisione così stabilendo un limite relativo alla fase processuale. Senonché, anche per le ragioni che si vedranno in ordine alla scarsa della sede arbitrale per come pensata dal legislatore, quasi tutti i commentatori sembrano essere - e a giusta ragione - scettici circa la reale capacità deflattiva del meccanismo pensato dal legislatore. E ciò nonostante che la misura possa essere apprezzata quantomeno per la circostanza che contribuisce a rafforzare l’idea che gli strumenti di risoluzione delle controversie non giurisdizionali sono un pilastro della riforma della giustizia. Il consenso di entrambe le parti al trasferimento. Per comprendere qual è il più forte limite alla capacità deflattiva dell’istituto è opportuno richiamare il presupposto in presenza del quale si verificherà il trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria. Ebbene, il trasferimento avverrà soltanto quando le parti, con istanza congiunta richiederanno di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile né più né meno di un compromesso a lite pendente. Senonché l’esperienza dimostra che sono molto poche le ipotesi di procedimento arbitrale che traggono origine da un compromesso rispetto ad una clausola arbitrale e sarà ancora minore, forse, la possibilità che le parti già in lite e che hanno già speso soldi decidano di proseguire in un'altra sede il loro processo. Unica forma di agevolazione - se così la possiamo chiamare - per la scelta della via arbitrale è quanto ha previsto la legge di conversione con riferimento alle forme e tempi di manifestazione del consenso da parte della pubblica amministrazione. Ed infatti, il consenso dell’Amministrazione pubblica si intende prestato con riferimento alle controversie in materia di responsabilità extracontrattuale sino a 50000 euro e in quelle aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, salvo che essa esprima il dissenso scritto entro trenta giorni dalla richiesta. Sembra così - ad un lettore che potrebbe apparire forse un po’ maligno - che il legislatore abbia pensato di favorire gli accordi sfruttando i tempi lunghi e le difficoltà di decisione dell’amministrazione italiana. Arbitro unico o collegio arbitrale. Laddove le parti decidano di proseguire il processo in sede arbitrale il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute , dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale [] . Su questo punto occorre prestare attenzione poiché la legge di conversione ha prestato almeno in parte alle critiche mosse alla obbligatorietà della designazione di un collegio arbitrale che non incentivava per nulla la strada dell’arbitrato. Ed infatti, il legislatore aveva previsto che l’arbitro dovesse essere sempre un collegio arbitrale e non un arbitro unico . Oggi, il legislatore ha previsto una disciplina diversa a seconda del valore della controversia. Ed infatti, si procederà alla nomina del collegio arbitrale per le controversie di valore superiore ad euro 100.000 e, ove le parti lo decidano concordemente, di un arbitro per le controversie di valore inferiore ad euro 100.000. Francamente non è dato comprendere perché il legislatore preveda come obbligatoria per le controversie oltre i 100.000 e come preferibile per quelle di valore inferiore la nomina di un collegio arbitrale anziché quella dell’arbitro unico oppure - come meglio avrebbe dovuto fare - rimettere totalmente la decisione alle parti in sede di conclusione dell’accordo compromissorio. L’arbitro avvocato. Tanto nell’ipotesi di collegio arbitrale che di arbitro unico i componenti non potranno che essere avvocati come avvocati saranno i difensori ex art. 2, comma 5, legge n. 247/2012 . Avvocati che, dovranno essere iscritti da almeno cinque anni all’albo dell’ordine circondariale e che non dovranno aver subìto negli ultimi cinque anni condanne definitive comportanti la sospensione dall’albo. Oltre a questo requisito di mera anzianità di iscrizione è richiesta soltanto una manifestazione di disponibilità ad assumere l’incarico che dovrà avvenire prima della trasmissione del fascicolo da parte del giudice al presidente dell’ordine degli avvocati. A tal proposito varie sono le critiche che possono essere mosse e che in estrema sintesi possono essere così individuate. In primo luogo, non è dato comprendere la ragione per la quale imporre alle parti di avvalersi soltanto di avvocati forse che commercialisti o ingegneri, ad esempio, non possono essere bravi” arbitri specialmente con riferimento alle materie tecniche di loro elezione? In secondo luogo, perché gli avvocati devono essere iscritti all’albo della città dove è pendente la causa? Questa limitazione territoriale si pone in contrasto con l’esigenza di garantire la massima apparenza di indipendenza e imparzialità degli arbitri che meglio avrebbe potuto essere garantita rispetto ad una necessaria frequente vicinanza territoriale degli arbitri con la causa, le parti e i rispettivi avvocati. L’unica norma nuova inserita per ovviare possibili conflitti di interesse è quella in base alla quale la funzione di consigliere dell’ordine e l’incarico arbitrale [] sono incompatibili. Tale incompatibilità si estende anche per i consiglieri uscenti per una intera consiliatura successiva alla conclusione del loro mandato . In terzo luogo, il legislatore ha ritenuto di individuare un requisito di qualità” nella mera anzianità di iscrizione senza prestare attenzione alla preparazione del singolo avvocato quantomeno nella materia del diritto dell’arbitrato e come ben avrebbe potuto rectius dovuto fare alla luce della tendenza in materia di formazione dei professionisti e dei recenti provvedimenti ad esempio, in materia di mediazione . A tal fine il comma 5- bis pure aggiunto dalla legge di conversione non vale a sanare almeno per ora quanto rilevato. Tuttavia se il Ministero leggerà quella norma in base alla quale dovranno essere stabiliti i criteri per l’assegnazione degli arbitrati tra i quali, in particolare, le competenze professionali dell’arbitro, anche in relazione alle ragioni del contendere e alla materia oggetto della controversia in modo tale da prevedere una formazione specifica per l’aspirante arbitro, compirà sicuramente un apprezzabile passo verso una formazione mirata. Peraltro, con quel decreto verranno determinati anche i criteri per realizzare il principio della rotazione nella assegnazione degli incarichi, prevedendo altresì sistemi di designazione automatica. Traslatio iudicii. Per consentire il trasferimento del processo dalla sede giurisdizionale a quella arbitrale il legislatore ha previsto opportunamente un meccanismo di traslatio iudicii sul quale meccanismo nei rapporti tra arbitrato e processo era già intervenuta la Consulta con la sentenza 223/2013 il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza . Nulla viene, però, detto in ordine alla sorte del processo statale che argomentando a contrario da quanto previsto dal comma 4 per l’appello dovrà essere cancellato dal ruolo, pena l’ineffettività statistica” dello strumento deflattivo del carico giudiziario e alla sorte delle prove già raccolte che verosimilmente - nonostante qualsiasi previsione in tal senso che sarebbe stata opportuna - manterranno la loro efficacia propria e non degraderanno, come normalmente avviene, a argomenti di prova. Ne deriva che, molto probabilmente, pur restando ferme tutte le preclusioni e le decadenze già maturate gli arbitri o assumeranno loro le prove già chieste e magari già ammesse dal giudice dello stato? ovvero decideranno su un’istruttoria magari parzialmente già svolta dal giudice dello stato. Ecco allora che l’impressione è che questo particolare giudizio arbitrale sembra essere una sorta di sostituzione di parte dell’attività del giudice più che un procedimento arbitrale come siamo abituati a immaginarlo. Il compenso del collegio arbitrale. L’ultimo comma dell’art. 1 autorizza a calmierare i costi del procedimento arbitrale dal momento che prevede che con decreto regolamentare del Ministro della giustizia possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri . Regolamento che dovrà essere emanato entro novanta giorni dalla entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Inoltre la legge prevede anche che non si applica l’art. 814, comma 1, secondo periodo, del codice di procedura civile ciò significa che è esclusa la solidarietà delle parti al pagamento delle spese e dell’onorario degli arbitri che seguirà, quindi, la soccombenza o la diversa decisione assunta dal collegio arbitrale . Arbitrato ad hoc. Da ultimo occorre dire che gli arbitrati previsti dalla normativa in esame saranno arbitrati rituali ad hoc e non già arbitrati amministrati come sono, ad esempio, quelli incardinati presso le camere arbitrali delle Camere di Commercio e quelle degli ordini degli avvocati o presso enti privati . Ed infatti, il decreto legge prevede un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile con la peculiarità che il potere di nomina e anche quello di sostituzione? spetta al presidente del Consiglio degli avvocati e non già al Presidente del Tribunale al quale restano però tutti gli altri poteri in ordine al collegio arbitrale come ad esempio la decisione sulla ricusazione? . Arbitrato in appello. Una menzione a parte merita la scelta dell’arbitrato in sede di appello dal momento che il comma 4 detta una disciplina molto particolare per regolare il rapporto tra il giudizio arbitrale e il giudizio di appello che resta in qualche modo pendente. Riassunzione. Ed infatti, quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo dev’essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato con quindi deroga alla disponibilità del tempo per la pronuncia del lodo delle parti . Viceversa, in assenza della pronuncia del lodo se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile e, quindi, passerà in giudicato la sentenza di primo grado . Peraltro la legge di conversione ha espressamente previsto che è in facoltà degli arbitri, previo accordo tra le parti, richiedere che il termine per il deposito del lodo sia prorogato di ulteriori trenta giorni . Infine, la riassunzione del giudizio di appello sarà possibile anche quando, a norma dell’art. 830 c.p.c., è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità. E la libertà delle parti? Infine, mi sia consentito porre una domanda. Nel caso dell’arbitrato disciplinato dall’art. 1 d.l. la volontà delle parti sembra essere totalmente sacrificata nella nomina degli arbitri e nel numero, nelle preclusioni e nel tempo per la pronuncia del lodo in cambio della sola traslatio iudicii. Il che mi sembra francamente un po’ troppo poco per rendere appetibile il tutto!