Pubblicato il decreto legge sulla giustizia civile

Dopo due settimane dall’approvazione del testo all’esito del Consiglio dei ministri del 29 agosto scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2014 il decreto legge 12 settembre 2014 n. 132 recante Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile con qualche novità rispetto alla versione che già circolava seppure in maniera ufficiosa.

Come di consueto procederemo ad un’analisi dettagliata delle singole disposizioni normative che qui richiamiamo nella tabella che segue e che impatteranno sia sull’organizzazione giudiziaria che sul processo civile nonché sui sistemi di risoluzione alternativa delle controversie. Articolo Rubrica Entrata in vigore 1 Trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria In vigore 2 Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato In vigore 3 Improcedibilità 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione 4 Non accettazione dell'invito e mancato accordo In vigore 5 Esecutività dell'accordo raggiunto a seguito della convenzione e trascrizione In vigore 6 Convenzione di negoziazione assistita da un avvocato per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio In vigore 7 Conciliazione avente per oggetto diritti del prestatore di lavoro In vigore 8 Interruzione della prescrizione e della decadenza In vigore 9 Obblighi dei difensori e tutela della riservatezza In vigore 10 Antiriciclaggio In vigore 11 Raccolta dei dati In vigore 12 Ulteriori disposizioni per la semplificazione dei procedimenti di separazione personale e di divorzio Dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione 13 Modifiche al regime della compensazione delle spese Procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione 14 Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione Procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione 15 Dichiarazioni rese al difensore In vigore 16 Modifiche alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 e riduzione delle ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato A decorrere dall'anno 2015 17 Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti Procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione 18 Iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione In vigore - A decorrere dal 31 marzo 2015, il deposito nei procedimenti di espropriazione forzata della nota di iscrizione a ruolo ha luogo esclusivamente con modalità telematiche 19 Misure per l'efficienza e la semplificazione del processo esecutivo Procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto 20 Monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali e deposito della nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle procedure concorsuali ed ai procedimenti di esecuzione forzata pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento contenente le specifiche tecniche di cui all'articolo 16-bis, comma 9-sexies del D.L. n. 179/2012. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano, anche alle procedure di amministrazione straordinaria pendenti, a decorrere dal novantesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti previsti all'articolo 40, comma 1-bis, e 75, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 21 Disposizioni in tema di tramutamenti successivi dei magistrati Procedure di tramutamento avviate con delibera del Consiglio superiore della magistratura adottata successivamente all'entrata in vigore della legge di conversione 22 Disposizioni finanziarie // 23 Entrata in vigore Il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale Entrata in vigore delle disposizioni. Ai sensi dell’art. 23, il decreto legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, quindi, il 13 settembre 2014, fermo restando che alcune disposizioni hanno una disciplina temporale differente come vedremo in sede di singolo commento al quale, quindi, si rinvia.

In attesa dell’annunciata modifica della disciplina relativa ai tempi per poter chiedere il divorzio, il legislatore dell’urgenza consente oggi ai coniugi di separarsi o divorziare ovvero modificare le relative condizioni mediante una di negoziazione assistita da un avvocato oppure presentandosi direttamente davanti ad un ufficiale dello Stato Civile. Condizione fondamentale, però, - oltre a quella di essere d’accordo ovviamente - è quella che non ci devono essere figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, poiché diversamente continuerà ad essere necessario depositare un ricorso al tribunale civile. Separazione e divorzio in Comune . Orbene, in presenza di tutti i presupposti, la strada più semplice sarà quella prevista dal comma 1 dell’art. 12 secondo cui i coniugi possono concludere innanzi all’ufficiale dello stato civile, anche di un Comune diverso da quello in cui è stato celebrato il matrimonio, un accordo di separazione personale ovvero, nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2 , lettera b , della legge 10 dicembre 1970, n. 898, di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio . In questo caso il percorso è molto semplificato l’ufficiale dello stato civile riceverà da ciascuna delle parti personalmente la dichiarazione che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate. Unico limite al possibile contenuto degli accordi è previsto dallo stesso articolo l’accordo non potrà contenere patti di trasferimento patrimoniale art. 12, comma 3 . L’atto contenente l’accordo è compilato e sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente comma. L’accordo tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma 1, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Separazione e divorzio con negoziazione assistita . La seconda possibilità sarà quella di ricorrere alla negoziazione assistita da un avvocato come prevista dall’art. 6 del decreto legge. Ed infatti, il comma 1 dell’art. 6 prevede proprio che la convenzione di negoziazione assistita da un avvocato può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2 , lettera b , della legge 10 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio . In questo caso l’avvocato dovrà ricordarsi di trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell’accordo munito delle certificazioni di cui all’art. 5 e, quindi, la certificazione dell’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico In caso di violazione dell’obbligo di trasmissione dell’accordo segue la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 50.000 da parte del Comune del luogo dove l’accordo avrebbe dovuto essere annotato. Peraltro, è bene ricordare che, stante il rinvio all’art. 5, nel caso in cui i coniugi prevedano un trasferimento immobiliare qui possibile diversamente che rispetto all’ufficiale di stato civile per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. I termini per il divorzio . Infine, resta da dire che il decreto legge ha avuto cura anche di precisare - andando a modificare l’art. 3 della legge sul divorzio - che il triennio per domandare il divorzio decorre anche dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile .

Uno dei capitoli più importanti del decreto legge è rappresentato dal restyling del processo esecutivo cui sono dedicate tre disposizioni l’art. 18 relativo all’iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione, l’art. 19 rubricato Misure per l’efficienza e la semplificazione del processo esecutivo e l’art. 20 relativo al monitoraggio delle procedure esecutive individuali e concorsuali e deposito della nota di iscrizione a ruolo con modalità telematiche. Tra queste misure merita sicuramente un’attenzione particolare la possibilità dell’ufficiale giudiziario di accedere alle banche dati al fine di ricercare i beni di cui il debitore è titolare e, in particolare, quei beni che non risultano da un pubblico registro consultabile da chiunque vi abbia interesse come ad esempio i beni immobili . Una possibilità che è fondamentale la fruttuosità dell’espropriazione forzata che potrebbe essere frustrata proprio dalla mancanza di conoscenza degli elementi attivi del patrimonio del debitore da parte del creditore procedente. Ebbene, dopo che il legislatore, tempo per tempo, aveva già fatto alcune aperture verso una maggiore possibilità per il creditore di ricercare beni utilmente pignorabili, oggi l’art. 492- bis c.p.c. disciplina le modalità di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. Necessaria l’autorizzazione del presidente del Tribunale. Orbene, la ricerca potrà partire su istanza del creditore procedente che dovrà anche anticiparne i costi oltre che pagare il relativo contributo unificato di 43 , ma avrà la necessità di ottenere l’autorizzazione da parte del presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Il presidente del Tribunale ovvero un giudice da lui delegato , a seguito dell’istanza del creditore che deve contenere l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria ed il numero di fax del difensore nonché, ai fini dell’art. 547, dell’indirizzo di posta elettronica certificata dovrà quindi verificare il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e, in caso positivo, autorizzerà la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. Peraltro, la clausola di riserva contenuta nel secondo comma dell’art. 492- bis sembra escludere, se non ci si inganna, dall’elenco delle banche dati consultabili il Centro elaborazione dati tenuto dal Ministero dell’interno. Viceversa, sarà interrogabile l’archivio dei rapporti finanziari intrattenuti con banche, Poste italiane, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmi, nonché ogni altro operatore finanziario art. 155- bis disp. att. c.p.c. . Quanto al provvedimento di autorizzazione è bene ricordare che la verifica del diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata non potrà mai interferire con l’eventuale successivo giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dal debitore esecutato ed infatti, il provvedimento di autorizzazione non è un provvedimento idoneo al giudicato essendo una mera autorizzazione procedimentale che ben avrebbe potuto essere attribuita all’ufficiale giudiziario . Inoltre, ad una prima lettura, l’istanza del creditore procedente non dovrà essere preceduta da un tentativo di pignoramento, ad esempio, mobiliare non andato a buon fine, ma potrà rappresentare l’attività immediatamente successiva alla notifica del titolo esecutivo e del precetto. Del resto, l’art. 19 ha modificato l’art. 492 c.p.c. abrogandone il settimo comma dal quale avrebbe potuto trarsi l’affermazione secondo la quale l’accesso all’anagrafe tributaria e, quindi, a maggior ragione a tutte le banche dati avrebbe dovuto seguire alla constatazione che non erano stati individuati beni utilmente pignorabili ovvero i beni individuati non apparivano sufficienti. Inoltre, il legislatore non ha previsto che il provvedimento di autorizzazione del presidente del tribunale dovesse valutare l’opportunità di accesso alle banche dati. Gli esiti dell’interrogazione delle banche dati. Una volta terminate le operazioni l’ufficiale giudiziario dovrà redigere un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze ultimo periodo del comma 2 . Ma vediamo con ordine quali potrebbero essere gli esiti e le attività conseguenti. Pignoramento mobiliare. Se l'accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, quest'ultimo accede agli stessi per provvedere d'ufficio agli adempimenti di cui agli artt. 517, 518 e 520 e, cioè, il pignoramento mobiliare . Laddove i luoghi non sono compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario che ha proceduto all’interrogazione, egli dovrà rilasciare al creditore una copia autentica del verbale affinché questi, entro dieci giorni dal rilascio a pena di inefficacia della richiesta, lo presenti, unitamente all'istanza per gli adempimenti di cui agli artt. 517, 518 e 520, all'ufficiale giudiziario territorialmente competente. Peraltro, laddove l’ufficiale giudiziario non dovesse rinvenire una cosa individuata mediante l'accesso nelle banche dati di cui al secondo comma, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell'art. 388, sesto comma, c.p. Pignoramento presso terzi. Se l'accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio, ove possibile a norma dell'art. 149-bis o a mezzo telefax, al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l'indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell'indirizzo di posta elettronica certificata di cui al primo comma, del luogo in cui il creditore ha eletto domicilio o ha dichiarato di essere residente, dell'ingiunzione, dell'invito e dell'avvertimento al debitore di cui all'art. 492, primo, secondo e terzo comma, nonché l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'art. 546. Il verbale di cui al presente comma è notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest'ultimo riferibili. In questo modo il creditore procedente non sarà più costretto a procedere ‘al buio’, ad esempio, notificando a tutte le banche un pignoramento presso terzi nella speranza che qualcuna renda la dichiarazione positiva. Quando il PPT segue all’istanza di consultazione delle banche dati, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto, e si applicano le disposizioni di cui al quarto comma dell’art. 543. Ma il decreto legge cambia anche , e ancora una volta - semplificando maggiormente la procedura - la disciplina del pignoramento presso terzi di cui all’art. 543 c.p.c. Ed infatti, oltre ad aver eliminato la necessità che il PPT sia notificato personalmente al terzo , modifica la disciplina della dichiarazione del terzo. Da oggi il PPT dovrà contenere, tra l’altro, la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, con l'invito al terzo a comunicare la dichiarazione di cui all'articolo 547 al creditore procedente entro dieci giorni a mezzo raccomandata ovvero a mezzo di posta elettronica certificata con l'avvertimento al terzo che in caso di mancata comunicazione della dichiarazione, la stessa dovrà essere resa dal terzo comparendo in un'apposita udienza e che quando il terzo non compare o, sebbene comparso, non rende la dichiarazione, il credito pignorato o il possesso di cose di appartenenza del debitore, nell'ammontare o nei termini indicati dal creditore, si considereranno non contestati ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione . Rispetto a ieri, quindi, il legislatore, da un lato, ha giustamente generalizzato la possibilità del terzo di rendere la dichiarazione per iscritto direttamente al creditore procedente anche in materia di lavoro olim esclusa . Dichiarazione che, ai sensi dell’art. 547, comma 1, c.p.c., dovrà essere inviata al creditore a mezzo raccomandata o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, e nella quale dovrà essere specificato di quali cose o di quali somme il terzo è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna. Dall’altro lato, ha previsto un doppio passaggio e un avvertimento espresso se il terzo non rende per iscritto dovrà comparire in udienza e, se anche in quella sede, non compare o nulla dice scatterà quel particolare meccanismo molto efficace consistente nel ritenere per esistente - ai fini dell’espropriazione forzata - il credito così come indicato dal creditore procedente art. 548 c.p.c novellato .

Il legislatore ha pensato anche di intervenire su alcuni snodi fondamentali del processo civile idonei ad incidere sui tempi del processo. Sommario di cognizione. In primo luogo, con l’art. 14 ha introdotto nel codice di procedura civile l’art. 183- bis rubricato Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione al fine di prevedere uno strumento flessibile la cui attivazione è nella disponibilità del giudice anziché delle parti - almeno nella scelta iniziale - come nella disciplina di cui agli artt. 702- bis e segg. per far sì che ogni processo abbia una tempistica proporzionata alla bisogna. Ed infatti, la nuova norma prevede che nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell'udienza di trattazione, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma dell'articolo 702-ter . Ove ciò disponga, invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria. Se richiesto, puo' fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a quindici giorni per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria. Ne deriva che, da quel momento, il processo prosegue nelle forme del processo sommario di cognizione senza possibilità di retrocessione al processo ordinario? e, quindi, si applicherà la relativa disciplina oltre all’appello anche la restituzione del contributo unificato già versato per la causa ordinaria? . Testimonianza scritta. In secondo luogo, il legislatore con l’art. 15 ha pensato ad una semplificazione dell’istruzione probatoria testimoniale. Ed infatti, ha previsto la parte può produrre, sui fatti rilevanti ai fini del giudizio, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate al difensore, che, previa identificazione a norma dell'articolo 252, ne attesta l'autenticità . In quei casi il difensore dovrà aver avvertito il terzo che la dichiarazione può essere utilizzata in giudizio, delle conseguenze di false dichiarazioni e che il giudice può disporre anche d'ufficio che sia chiamato a deporre come testimone. Riduzione delle ferie e del feriato. In terzo luogo, con una disposizione che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica e le reazioni dei magistrati ma anche dell’avvocatura il legislatore, da un lato, ha modificato a legge 7 ottobre 1969, n. 742 riducendo a trenta giorni anziché 45 le ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato. Dall’altro lato, poi, ha modificato la legge 7 ottobre 1969, n. 742 prevedendo che la sospensione feriale dei termini processuali operi non più dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno ma dal 6 al 31 agosto di ciascun anno . Queste due disposizioni entreranno in vigore a decorrere dall'anno 2015 con la necessità di porre particolare attenzione ai termini di impugnazione in corso.

Sono forse due delle poche disposizioni che saranno effettivamente in grado di incidere sul numero e qualità dei processi civili poiché, come vedremo, disincentiva il debitore a sfruttare a proprio vantaggio i tempi del processo civile a danno del creditore e, in genere, di quelle parti che intendono abusare del processo e dei suoi tempi e consuetudini . Esse sono rappresentate dall’art. 13 portante Modifiche al regime della compensazione delle spese legali e l’art. 17 recante Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti . Ritardo nei pagamenti. Orbene, iniziando proprio da quest’ultima disposizione, si tratta della modifica dell’art. 1284 c.c. relativo al tasso degli interessi legali attualmente pari al 2,5% . La novità consiste nell’introduzione di un comma in base al quale da quando ha inizio un procedimento di cognizione, se le parti non hanno previsto diversamente, il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali attualmente tra il 7 e il 10% circa a seconda delle circostanze . L’effetto di questa disposizione, tra gli altri, sarà quello di disincentivare il debitore a imporre” al proprio creditore un prestito a buon mercato e, cioè, il tasso legale del 2,5% ed infatti, in luogo di chiedere un prestito ad una banca, ad esempio, è molto più facile e, quindi, anche più conveniente finanziarsi” ritardando la restituzione di una somma di denaro. Peraltro, questa modalità consente anche di ottenere” la liquidità senza passare per il previo vaglio di solvibilità del mutuante qui costretto a subire e senza rilasciare garanzie. L’aumento del tasso di interesse legale, quindi, riducendo notevolmente, il divario tra saggio di interesse da corrispondere al creditore e saggio di interesse di mercato ed in ogni caso a prescindere da questo disincentiva le resistenze in giudizio meramente dilatorie poiché diventeranno più onerose naturalmente per quei debitori che sono capienti . Infine, l’ultimo comma del nuovo articolo 1284 estende l’applicabilità della disposizione anche al procedimento arbitrale e, quindi, sia quello rituale che irrituale . Le novità produrranno effetti rispetto ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. Compensazione delle spese legali. La seconda norma importante per constare l’abuso del processo è proprio l’art. 13 che modifica, ancora una volta, l’art. 92 in base al quale la compensazione delle spese, parzialmente o per intero, sarà possibile soltanto se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza”. Si tratta di una disposizione più limitativa rispetto alla formula del precedente comma 2 dell’art. 92 che ancora sopravvive per i procedimenti pendenti in base al quale dovevano sussistere gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione . Rispetto a quella formulazione frutto, come si ricorderà della modifica ad opera della legge 69/2009 oggi i casi di possibile compensazione sono tassativi ed tipizzati. Peraltro, pur in assenza della precisazione di cui alla formulazione precedente, ritengo che permanga comunque l’obbligo della motivazione seppur decisamente semplificata nel caso di soccombenza reciproca o mutamento della giurisprudenza con riferimento alla novità della questione.

Abbiamo sin qui esaminato i tratti principali della nuova procedura definita di negoziazione assistita e i suoi ambiti applicativi che vanno ben oltre la materia civile e commerciale dal momento che abbraccia anche il diritto di famiglia quantomeno con riferimento alla separazione e al divorzio e le controversie di lavoro. Dobbiamo ora esaminare, però, quali sono i rapporti tra la negoziazione assistita e la mediazione civile anche perché sono presenti alcune aree di controversie dove i due strumenti sono astrattamente sovrapponibili. Orbene, prima di iniziare, però, l’esame delle disposizioni è bene ricordare che il naturale rapporto tra i due strumenti di risoluzione delle controversie è un rapporto che potremmo definire ‘cronologico’ e di sussidiarietà. Alla ricerca dell’accordo Prima viene logicamente il tentativo delle parti di trovare un accordo tra di loro negoziazione diretta , poi di trovare un accordo grazie all’intervento dei loro consulenti negoziazione assistita, già prevista e in qualche misura favorita dal Codice deontologico degli avvocati e, infine in caso di fallimento anche di questo ‘percorso’ grazie all’intervento di un terzo mediatore mediazione . Ne deriva che, ad esempio, a livello contrattuale le parti potrebbero ben prevedere una clausola multi step che preveda, ad esempio, un obbligo di negoziare, una convenzione di negoziazione assistita e una clausola di mediazione e, perché, no, infine, una clausola arbitrale . Chiarito questo aspetto preliminare passiamo ad esaminare le norme con riferimento alle materia per le quali la negoziazione assistita e la mediazione rappresentano condizione di procedibilità. Quanto alla negoziazione essa deve essere obbligatoriamente tentata da chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti nonché da chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro . Posto che il decreto del Fare aveva eliminato dall’elenco delle materie per le quali la mediazione è una condizione di procedibilità proprio le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, le possibili aree di interferenza possono essere individuate con riferimento alle domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro. Orbene, quanto alle domande di condanna non superiori a 50.000 euro il comma 1 prevede espressamente una clausola di prevalenza della mediazione rispetto alla negoziazione assistita dal momento che la rende obbligatoria fuori dei casi previsti dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 . Il che non significa, ovviamente, che le parti non possano stipulare, in quelle materie, una convenzione di negoziazione assistita ad eccezione, forse, della materia di consumo dove la clausola sarebbe particolarmente gravosa e, quindi, necessiterebbe di tutte le garanzie del codice del consumo . Fuori da queste ipotesi il comma 5 dell’art. 2 d.l. prevede che restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati . Ne deriva che, in assenza di una clausola come quella prima individuata ed in applicazione del principio di successione temporale degli istituti in esame, dovrebbe concludersi che, prima, scatta l’obbligo della negoziazione assistita e, poi, in caso di insuccesso, quello della conciliazione o mediazione comunque denominata prevista dalla legislazione speciale. Ma se le parti tentano la mediazione, dimenticando la negoziazione assistita, poiché nel più ci sta il meno ritengo che anche la condizione di procedibilità della negoziazione assistita eventualmente pattizia sia stata assolta. In fondo, imporre una doppia condizione di procedibilità non sembra rappresentare un onere troppo eccessivo specie ove si pensi che laddove la parte sia ammessa al gratuito patrocinio l’avvocato non deve essere compensato sic! per la propria attività . Resta doveroso un confronto tra gli esiti della negoziazione assistita e a quelli della mediazione civile e commerciale. Efficacia esecutiva degli accordi . Quanto all’efficacia dell’accordo raggiunto in entrambi i casi un contratto sia nella negoziazione che nella negoziazione siamo in presenza di un titolo esecutivo idoneo anche all’iscrizione di ipoteca giudiziaria. Ma una differenza di regime tuttavia esiste. Ed infatti, nel caso di negoziazione assistita quell’efficacia consegue direttamente alla certificazione da parte degli avvocati dell’autografia della sottoscrizione e della non contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative senza necessità di omologazione. Viceversa nella mediazione quella medesima efficacia è subordinata all’exequatur del Tribunale a meno che gli avvocati che abbiano assistito le parti in mediazione non sottoscrivano il verbale di accordo certificando la non contrarietà dell’accordo all’ordine pubblico e alle norme imperative. Quanto invece alla maggiore ampiezza di utilizzo della negoziazione assistita occorre dare atto di due aspetti non trascurabili in primo luogo il decreto legge ha modificato l’art. 2113 c.c. in materia di rinunce e transazioni del lavoratore. In base a quella modifica anche la conciliazione conclusa a seguito di una procedura di negoziazione assistita da un avvocato non potrà essere impugnata come quelle intervenute ai sensi degli artt. 410, 411, 412-ter e 412-quater c.p.c. conciliazione giudiziaria o in sede sindacale . Inoltre, dobbiamo ricordare la possibilità accordata sempre dal decreto legge in esame di stipulare convenzioni in sede di separazione e di divorzio tramite la negoziazione assistita.

Oltre a puntare sull’arbitrato il legislatore dell’urgenza punta anche sull’introduzione in Italia della negoziazione assistita che viene anche prevista, per certe materie, come condizione di procedibilità. Ma vediamo in che cosa consiste la negoziazione assistita già sperimentata, ad esempio, in Francia senza, però, grande successo , a chi viene affidata, in quali materie opera e quali i possibili esiti e quali i rapporti con gli altri mezzi di risoluzione alternativa delle controversie quali la mediazione civile e l’arbitrato. Peraltro, è da dire che con riferimento alla negoziazione assistita si pone il più che fondato dubbio che il ricorso alla decretazione d’urgenza per prevedere questo nuovo istituto, il cui obiettivo dichiarato è quello di diminuire il carico giudiziario in entrata nei tribunali civili, sia illegittimo. Dubbio ancora più consistente se si pensa che le nuove norme e, cioè, quelle relative all’improcedibilità sono ad efficacia differita dal momento che esse acquistano efficacia decorsi novanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. La convenzione di negoziazione assistita. Orbene, l’art. 2 del d.l. definisca la convenzione di negoziazione assistita da un avvocato come un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati anche quelli ‘stabiliti’ in Italia . Ne deriva intanto, quindi, che rispetto a qualsiasi clausola di negoziazione o anche di rinegoziazione inserita in un contratto qui la convenzione di negoziazione assistita viene qualificata dalla circostanza che si deve svolgere tramite l’assistenza dei propri avvocati si tratta con ogni evidenza di un tentativo di negoziazione diretta assistita dai rispettivi consulenti rectius necessariamente dai rispettivi avvocati . Forma e contenuto della convenzione. Per espressa previsione di legge la convenzione di negoziazione - che deve essere redatta per iscritto a pena di nullità - deve precisare a il termine concordato dalle parti per l’espletamento della procedura, in ogni caso non inferiore a un mese b l’oggetto della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili. Ma v’è di più. Ed infatti il comma 5 prevede - non si sa perché!- che anche la convenzione stessa deve essere conclusa con l’assistenza di un avvocato rectius forse di entrambi gli avvocati? i quali certificano anche l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione. Soprattutto, però, il comma 7 precisa che è dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell'incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita oltre che dell’esistenza della mediazione civile ex art. 4 d.lgs. 28/2010 . Condizione di procedibilità. Una volta creato rectius disciplinato lo strumento della negoziazione assistita il legislatore dell’urgenza ha pensato di utilizzarlo in chiave deflattiva. Per l’effetto ha introdotto una condizione di procedibilità a carico di chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e di chi - fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28- intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro . Peraltro - rispetto alla bozza circolata dopo il consiglio dei ministri del 29 agosto - il testo definitivo prevede che la condizione di procedibilità non opera con riferimento alle a controversie concernenti obbligazioni contrattuali derivanti da contratti conclusi tra professionisti e consumatori. Precisazione opportuna anche perché la negoziazione assistita è onerosa dovendo essere liquidata secondo i parametri attualmente in uso per l’attività stragiudiziale a meno dell’ipotesi di parte che ha diritto di essere ammessa al gratuito patrocinio ad eccezione dell’ipotesi in cui potrebbe essere rappresentata da se stessa . Quando opera la condizione di procedibilità, la parte attrice, tramite il suo avvocato, deve invitare l’altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita a pena di improcedibilità della relativa domanda giudiziaria d’ora in avanti ‘l’invito’ . Ne deriva, quindi, che l’avvocato della parte dovrà inviare alla controparte un invito firmato dalla parte la cui autografia sarà certificata proprio dall’avvocato a concludere una convenzione di negoziazione assistita al quale potrà seguire l’adesione della controparte necessariamente assistita dal suo difensore e la conseguente stipula della convenzione la mancata adesione della controparte il rifiuto della controparte alla stipulazione entro trenta giorni dalla ricezione dell’invito Peraltro l’invito alla controparte deve contenere anche l'avvertimento che la mancata risposta all'invito entro trenta giorni dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642, primo comma, e, quindi, ciò vorrebbe dire che a seguito dell’invito non seguito il creditore potrebbe ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo del codice di procedura civile art. 4 comma 1 . Orbene, nelle materie per le quali esiste la condizione di procedibilità essa si considera come avverata sia nelle ipotesi sub b e sub c sia nell’ipotesi in cui, una volta stipulata la convenzione, è decorso il termine fissato dalle parti e che in ogni caso non può essere inferiore a un mese art. 3 comma 2 . Sul modello del d.lgs. 28/2010 la condizione di procedibilità non opera a nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione diversamente dalla mediazione dove la condizione scatta nella fase di opposizione b nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile c nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata d nei procedimenti in camera di consiglio e nell’azione civile esercitata nel processo penale. Regime dell’eccezione di improcedibilità. L'improcedibilità prevista soltanto per la negoziazione assistita obbligatoria deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 2 comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell’invito. Per quanto riguarda, invece, gli effetti della stipulazione di una convenzione di negoziazione assistita sul processo civile occorre mettere in evidenza come, sorprendentemente, il legislatore si sia dimenticato di disciplinarli l'art. 3, comma 1, sembra del resto riferirsi soltanto alla condizione di procedibilità prevista ex lege . Ed infatti, manca una disciplina analoga a quella che regola gli effetti della clausola di mediazione di cui all’art. 5 d.lgs. 28/2010 ecco allora che, in assenza di una previsione espressa di una causa di improcedibilità, resta il dubbio che la proposizione di una domanda in pendenza del termine delle trattative o prima dell’inizio delle trattative rappresenti in via generale e salvo le valutazioni dei singoli casi soltanto una chiara e manifesta violazione della buona fede che potrebbe incidere sulla valutazione del comportamento delle parti ovvero su un eventuale risarcimento del danno. L’esito della negoziazione assistita. Sebbene la disciplina taccia sulle modalità della trattativa che dovrebbe svolgersi a seguito dell’avvenuta stipula della convenzione l’inciso cooperare in buona fede e con lealtà” sarebbe stato già ricavabile dal sistema , il decreto si preoccupa di regolare gli effetti della trattativa. Se la trattativa non approda ad alcunché, gli avvocati designati dalle parti certificano il mancato accordo art. 4, comma 3 . Viceversa, se le parti giungono ad un accordo che compone la controversia, esso dovrà essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono e costituirà titolo esecutivo anche per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Si tratta di una disposizione che richiama - come le successive del resto - l’art. 11 d.lgs. 28/2010 in materia di mediazione e che si colloca nella generale tendenza a favorire la creazione di titoli esecutivi fuori dal processo. Ma per fare acquisire la qualità di titolo esecutivo gli avvocati dovranno anche certificare l’autografia delle firme e sin qui nessun problema e, soprattutto, la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico che pone maggiori problemi anche di responsabilità . Resta fermo - è bene sottolinearlo - che l’eventuale accordo raggiunto all’esito della trattativa pur non sottoscritto anche da tutti gli avvocati mantiene la sua validità ed efficacia che gli è propria in altri termini, se le parti hanno raggiunto una transazione essa manterrà il suo valore a prescindere dalle ulteriori sottoscrizioni ma non avrà, di per sé, efficacia di titolo esecutivo e di titolo per l’ipoteca giudiziaria. Se, poi, con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del ‘processo verbale di accordo’ sic! deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. Quel che francamente, però, stona e anche tanto è la previsione secondo la quale i difensori che sottoscrivono l’accordo raggiunto dalle parti a seguito della convenzione sono tenuti a trasmetterne copia al Consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo è stato raggiunto ovvero al Consiglio dell’ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati affinché questo trasmetta i dati al CNF per l’elaborazione delle statistiche nazionali art. 11, comma 1 . Ed infatti, tutta la riservatezza art. 9 che circonda la negoziazione assistita svanisce in buona parte se l’accordo oltre ad essere soggetto, come normalmente avviene, alla pubblicità fiscale e quella immobiliare deve essere reso noto al Consiglio dell’ordine degli avvocati al quale - francamente - non dovrebbe proprio interessare il contenuto dell’accordo, ma tutt’al più che un accordo è stato raggiunto. Ed ecco perché bene farebbe il Parlamento in sede di conversione a sostituire l’obbligo di trasmissione dell’accordo con la trasmissione di una scheda con l’indicazione delle parti e della circostanza che un accordo è stato raggiunto oppure no così i dati sarebbero anche più completi! Effetti dell’invito sulla prescrizione e decadenza. Occorre ricordare che il legislatore all’art. 8 ha previsto che a seguito della comunicazione dell’invito a concludere una convenzione di negoziazione assistita ovvero della sottoscrizione della convenzione si producono sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data è impedita, per una sola volta, la decadenza, ma se l’invito è rifiutato o non è accettato nel termine di cui all’art. 4, comma 1, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza decorrente dal rifiuto, dalla mancata accettazione nel termine ovvero dalla dichiarazione di mancato accordo certificata dagli avvocati. Peraltro si deve ipotizzare che l’effetto sospensivo si protragga fino al decorso del termine previsto nella convenzione ovvero nel termine di un mese ovvero nel maggior termine che, eventualmente, le parti convengono, via via, di darsi per tentare la risoluzione della controversia. Manca qualsiasi incentivo. Resta, infine, da dire che il decreto non prevede alcun incentivo né a stipulare convenzioni di negoziazioni assistita fuori dalle ipotesi in cui è prevista come condizione di procedibilità né a raggiungere un accordo in quella sede. Ed infatti, se si eccettua quanto previsto con riferimento al diritto del lavoro art. 7 e alle separazioni e divorzi sui quali vedi infra , manca qualsiasi norma di favore per le convenzioni con le quali le parti pongono termine alla loro lite.

Uno dei primi strumenti al quale il Governo ha pensato per ridurre l’arretrato civile è rappresentato dall’arbitrato. L’idea è quella per la quale le parti di un processo civile pendente, in primo grado o in appello, chiedono congiuntamente al giudice di trasferire la decisione della causa dal giudice dello Stato ad un arbitro rectius un collegio arbitrale . Gli unici limiti sono quelli, da un lato, della natura della controversia oggetto di giudizio che non dovrà relativa ad un diritto indisponibile né a materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale . E dall’altro lato il trasferimento potrà essere chiesto finché la causa non è stata assunta in decisione così stabilendo un limite relativo alla fase processuale. Senonché, anche per le ragioni che si vedranno in ordine alla scarsa attrattività della sede arbitrale per come pensata dal legislatore, quasi tutti i commentatori sembrano essere - e a giusta ragione - scettici circa la reale capacità deflattiva del meccanismo pensato dal legislatore. Il consenso di entrambe le parti al trasferimento. Per comprendere qual è il più forte limite alla capacità deflattiva dell’istituto è opportuno richiamare il presupposto in presenza del quale si verificherà il trasferimento alla sede arbitrale di procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria. Ebbene, il trasferimento avverrà soltanto quando le parti, con istanza congiunta richiederanno di promuovere un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile né più né meno di un compromesso a lite pendente. Senonché l’esperienza dimostra che sono molto poche le ipotesi di procedimento arbitrale che traggono origine da un compromesso rispetto ad una clausola arbitrale e sarà ancora minore, forse, la possibilità che le parti già in lite e che hanno già speso soldi decidano di proseguire in un'altra sede il loro processo. La nomina del collegio arbitrale. Laddove le parti decidano di proseguire il processo in sede arbitrale il giudice, rilevata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del Consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il tribunale ovvero la corte di appello per la nomina del collegio arbitrale . Anche la disciplina di questo snodo processuale dimostra come il legislatore non abbia per nulla incentivato la strada dell’arbitrato. Ed infatti, in primo luogo, il legislatore prevede che l’arbitro debba essere un collegio arbitrale e non un arbitro unico e, in secondo luogo, prevede che chi provvede alla nomina le parti o il presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati debba individuare gli arbitri tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni all’albo dell’ordine circondariale . Sono almeno due le osservazioni che la formulazione delle norma solleva. La prima è che non è dato comprendere la ragione per la quale imporre alle parti di avvalersi di un collegio arbitrale anziché un arbitro unico, ma anche di individuare i membri del collegio arbitrale tra una rosa definita di soggetti correttamente, peraltro, una prima versione del testo lasciava libere le parti nella nomina delle parti . La seconda è che, in un momento dove dovrebbe privilegiarsi uno strumento che non favorisca rendendoli più frequenti possibili conflitti di interesse, non appare condivisibile che gli avvocati siano propri quelli iscritti all’albo dell’ordine circondariale ed infatti, meglio sarebbe stato che gli avvocati fossero scelti tra avvocati quantomeno di un foro diverso da quello dove molto probabilmente è ambientata” la causa da decidere. Traslatio iudicii. Per consentire il trasferimento del processo dalla sede giurisdizionale a quella arbitrale il legislatore ha previsto opportunamente un meccanismo di traslatio iudicii sul quale meccanismo nei rapporti tra arbitrato e processo era già intervenuta la Consulta con la sentenza 223/2013 il procedimento prosegue davanti agli arbitri. Restano fermi gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale e il lodo ha gli stessi effetti della sentenza . Nulla viene, però, detto in ordine alla sorte del processo statale che argomentando a contrario da quanto previsto dal comma 4 per l’appello dovrà essere cancellato dal ruolo, pena l’ineffettività ‘statistica’ dello strumento deflattivo del carico giudiziario e alla sorte delle prove già raccolte che verosimilmente - nonostante qualsiasi previsione in tal senso che sarebbe stata opportuna - manterranno la loro efficacia propria e non degraderanno, come normalmente avviene, a argomenti di prova. Ne deriva che, molto probabilmente, pur restando ferme tutte le preclusioni e le decadenze già maturate gli arbitri o assumeranno loro le prove già chieste e magari già ammesse dal giudice dello stato? ovvero decideranno su un’istruttoria magari parzialmente già svolta dal giudice dello stato. Ecco allora che l’impressione è che questo particolare giudizio arbitrale sembra essere una sorta di sostituzione di parte dell’attività del giudice più che un procedimento arbitrale come siamo abituati a immaginarlo. Il compenso del collegio arbitrale. L’ultimo comma dell’art. 1 autorizza a calmierare i costi del procedimento arbitrale dal momento che prevede che con decreto regolamentare del Ministro della giustizia possono essere stabilite riduzioni dei parametri relativi ai compensi degli arbitri . Inoltre la legge prevede anche che non si applica l’articolo 814, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile ciò significa che è esclusa la solidarietà delle parti al pagamento delle spese e dell’onorario degli arbitri che seguirà, quindi, la soccombenza o la diversa decisione assunta dal collegio arbitrale . Arbitrato ad hoc. Da ultimo occorre dire che gli arbitrati previsti dalla normativa in esame saranno arbitrati rituali ad hoc e non già arbitrati amministrati come sono, ad esempio, quelli incardinati presso le camere arbitrali delle Camere di Commercio e quelle degli ordini degli avvocati o presso enti privati . Ed infatti, il decreto legge prevede un procedimento arbitrale a norma delle disposizioni contenute nel titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile con la peculiarità che il potere di nomina e anche quello di sostituzione? spetta al presidente del Consiglio degli avvocati e non già al Presidente del Tribunale al quale restano però tutti gli altri poteri in ordine al collegio arbitrale come ad esempio la decisione sulla ricusazione? . Arbitrato in appello. Una menzione a parte merita la scelta dell’arbitrato in sede di appello dal momento che il comma 4 detta una disciplina molto particolare per regolare il rapporto tra il giudizio arbitrale e il giudizio di appello che resta in qualche modo pendente. Riassunzione. Ed infatti, quando la trasmissione a norma del comma 2 è disposta in grado d’appello e il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro centoventi giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo dev’essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi sessanta giorni. Quando il processo è riassunto il lodo non può essere più pronunciato con quindi deroga alla disponibilità del tempo per la pronuncia del lodo delle parti . Viceversa, in assenza della pronuncia del lodo se nessuna delle parti procede alla riassunzione nel termine, il procedimento si estingue e si applica l’articolo 338 del codice di procedura civile e, quindi, passerà in giudicato la sentenza di primo grado . Infine, la riassunzione del giudizio di appello sarà possibile anche quando, a norma dell’articolo 830 del codice di procedura civile, è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato entro il termine di centoventi giorni di cui al primo periodo o, in ogni caso, entro la scadenza di quello per la riassunzione, il processo deve essere riassunto entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità . E la libertà delle parti? Infine, mi sia consentito porre una domanda. Nel caso dell’arbitrato disciplinato dall’art. 1 d.l. la volontà delle parti sembra essere totalmente sacrificata nella nomina degli arbitri e nel numero, nelle preclusioni e nel tempo per la pronuncia del lodo in cambio della sola traslatio iudicii. Il che mi sembra francamente un po’ troppo poco per rendere appetibile il tutto!