Mediazione 2.0 in vigore dal 21 settembre 2013

Il 21 settembre 2013, se vogliamo aderire all’interpretazione letterale della frase decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto , entra finalmente in vigore il D.Lgs. 28/2010 così come modificato dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, che ha convertito il D.L. n. 69 del 21 giugno 2013.

In pratica, si tratta della Mediazione 2.0”, visto che il D.L. e la legge di conversione hanno apportato alla disciplina svariate modifiche sostanziali, tutte ancora da verificare sul campo, le quali introducono delle novità importanti alla regolamentazione della procedura di mediazione, tese, nelle intenzioni del legislatore, a rafforzare l’istituto e a soddisfare alcune lacune del D.Lgs. 28/10. Si tratta di novità di vario tipo, tra cui la reintroduzione della condizione di procedibilità nelle materie già previste dalle quali è stata esclusa la r.c. auto e limitata a quattro anni di tempo, la previsione della gratuità della procedura nel caso in cui non si raggiunga l’accordo al primo incontro, l’assistenza obbligatoria del legale, la qualifica di diritto di mediatore per gli avvocati, l’introduzione della competenza territoriale, la previsione dell’esecutività del verbale senza la necessità dell’omologa , nel caso di sottoscrizione degli avvocati, la trascrivibilità del verbale per l’accertamento dell’usucapione.

Avvocati mediatori di diritto. Altre novità sono quelle che prevedono la nomina” a mediatori a tutti gli avvocati, la possibilità – confermata – per il mediatore di esprimere una proposta e la modifica dell’art. 2643 bis, con l’inserimento del comma 12 bis, che prevede la possibilità di trascrizione degli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del verbale autentica da parte di un pubblico ufficiale. La prima di queste novità è contenuta nel comma 4-bis dell’art. 16 Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica . La norma, accolta da molti avvocati, apparentemente non interessati a diventare mediatori, con una certa indifferenza, conferisce quindi a tutti gli avvocati la qualifica di mediatore, in apparenza senza la necessità formale di seguire il noto corso di formazione né di svolgere il tirocinio, ma semplicemente con un non meglio precisato dovere di formazione e aggiornamento. E’ però inevitabile pensare che, con tutta probabilità, nessun professionista serio si dedicherebbe ad un’attività come quella di mediatore civile e commerciale senza aver svolto il corso di abilitazione, che come sappiamo è formato solo in minima parte dalla parte normativa, mentre assai più importante è quella relativa alle tecniche di negoziazione. Inoltre, sarà ovviamente cura degli Organismi che vogliano rispettare i criteri di serietà e di professionalità di cui abbiamo già parlato, di accreditare Avvocati che abbiano i requisiti di formazione e di aggiornamento tali da garantire loro la necessaria preparazione inoltre, nell’attesa di un Decreto Ministeriale che speriamo dia dei chiarimenti, a mia opinione è comunque necessario che gli avvocati che intendano effettivamente svolgere l’attività di mediatore, effettuino almeno il tirocinio, e seguano i corsi di aggiornamento nella misura prevista dalla legge per tutti i mediatori. La proposta conciliativa. Altra modifica da tenere presente è quella introdotta dall’art. 1 Mediazione l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa , che specifica quindi che lo scopo del mediatore è quello di assistere le parti nelle ricerca dell’accordo, e che la formulazione della proposta è un mezzo per raggiungere l’obiettivo. Nella stesura precedente, le due funzioni erano nettamente divise si tratta quindi di una norma tesa a rafforzare la posizione del mediatore ma anche a processualizzare la mediazione. Le sanzioni per la mancata accettazione della proposta, se il suo contenuto verrà poi riportato sostanzialmente in un’eventuale sentenza, sono rimaste le stesse come sono rimaste identiche quelle relative alla mancata partecipazione, riportate nel comma 4-bis dell’art. 8. Le sanzioni per la mancata partecipazione. Infine, grazie all’introduzione del comma 12-bis nell’art. 2643 c.c. Gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato , divengono passabili di trascrizione gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione, previa sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale, che dovrà quindi intervenire alla mediazione. Si tratta di una norma tesa a risolvere, nelle intenzioni, le problematiche relative alle tante procedure di mediazione riguardanti l’usucapione, in cui poi ci si era scontrati con l’impossibilità di trascrizione del verbale e le parti avevano dovuto, tramite escamotage vari, redigere nuovi atti dinanzi al Notaio, con aggravio di spese. Con questa nuova norma, dovrebbe essere sufficiente l’autentica di firma.

Il nuovo testo dell’art. 12, al comma 1, così recita 1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico . Efficacia esecutiva del verbale. Fermo restando quanto già detto sull’interpretazione del suddetto comma per quanto riguarda la presenza degli avvocati, rileviamo che si tratti di norma di grande novità e di grande importanza. In questo modo, l’accordo raggiunto in mediazione, ove firmato da tutti gli avvocati delle parti coinvolte, i quali debbono certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, è stato inserito tra gli atti aventi valore di titolo esecutivo per il nostro codice. E’ probabile che questa norma, di grande importanza, sia stata pensata dal legislatore anche per far meglio accettare agli avvocati la normativa sulla mediazione, in precedenza mal digerita anche se non da tutti, conferendo loro un ruolo assai importante e che può portare ad un risultato di grande importanza. Basti pensare ai vantaggi di avere immediatamente in mano un titolo esecutivo, in termini di risparmio di tempi e di costi. La norma, a mio parere, ha stabilito quindi un regime di esecutività del verbale di conciliazione semplificato e alternativo a quello ordinario, che è basato sull’omologa giudiziale. Il nuovo regime di esecutività del verbale di conciliazione ha carattere generale, pertanto, è applicabile a tutte le tipologie di mediazione volontaria, obbligatoria ex lege , ordinata dal giudice e obbligatoria per contratto . Una riflessione. Teniamo conto che questa opportunità è affiancata da un nuovo rischio di responsabilità professionale, poiché al legale da ora in poi potrà essere contestato di aver siglato un accordo il cui contenuto è in contrasto con norme imperative. Attenzione quindi, anche se pare difficile che dei legali che hanno faticato per raggiungere un accordo, lo facciano in modo tale che sia contrario a norme imperative o all’ordine pubblico. Nello stesso articolo, è prevista anche l’ipotesi in cui il verbale non sia sottoscritto dai legali oppure questi siano assenti, possibilità, come detto, che si può verificare solo nella volontaria. In questi casi, si ricorrerà alla vecchia” procedura di omologazione dell’accordo da parte del Presidente del Tribunale, su istanza di parte.

Il D.Lgs. 28/2010, istitutivo della disciplina della mediazione in Italia, fu emanato a seguito della legge delega n. 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla controversia delle controversie civili e commerciali. Dall’obbligatorietà della mediazione Il decreto legislativo, che introduceva nel nostro sistema l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, come condizione di procedibilità del ricorso all’autorità giudiziaria, nelle materie allora previste dalla legge, e precisamente dall’art. 1 del D. Lgs., ed esattamente diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Per queste materie, la condizione di procedibilità entrò in vigore il 21 marzo 2011, mentre dal 21 marzo 2012, entrò in vigore anche per le materie condominiali e per il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. Nel periodo in cui l’obbligatorietà rimase in vigore, i risultati, nonostante la ferma opposizione di parte dell’avvocatura e di alcuni Giudici di Pace, furono piuttosto buoni, tanto che fu stimato in circa 4 milioni di € il risparmio, per le casse dello Stato, seguente al calo di iscrizioni a ruolo delle cause per le quali fu trovato l’accordo in mediazione. Sicuramente, il D.Lgs. 28/10 e i successivi D.M. di attuazione non furono esenti da pecche e da critiche, relative alla supposta insufficienza delle condizioni per divenire mediatori e della vaga indicazione dei requisiti di serietà e professionalità degli organismi, ma anche per esempio alla mancanza del criterio di territorialità, tanto che secondo i detrattori dell’istituto, per fare un esempio, il proprietario di un immobile sito in Sicilia avrebbe potuto essere convocato a Torino, con tutte le conseguenze del caso sulla riuscita della procedura di conciliazione. Infatti, come noto, alcuni Giudici di Pace, sollecitati da vari avvocati, posero la questione di costituzionalità, e la Consulta, con il noto comunicato stampa del 24 ottobre 2012 e la successiva sentenza, statuì l’incostituzionalità del D.Lgs. 28/10, nella parte in cui stabiliva l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione l’art. 5 co. 1 , esclusivamente per eccesso di delega. Questa decisione provocò il blocco totale del deposito delle istanze di mediazione, tanto che da più parti si cercò, tramite il deposito di emendamenti ai cosiddetti Decreto Sviluppo2 e Decreto Stabilità”, sotto il Governo Monti, di reintrodurre l’obbligatorietà. Tutti gli emendamenti, però, furono bocciati, anche grazie al disinteresse totale dell’allora Ministro della Giustizia. alle modifiche introdotte con il Decreto Fare. Il Governo Letta, sia nella persona del Presidente del Consiglio che in quella del Ministro della Giustizia, ha fortemente puntato sulla reintroduzione della Mediazione, quale strumento di risoluzione alternativa delle controversie e come strumento deflattivo degli uffici giudiziari, ormai al collasso. Tanto che, con decreto legge del 21 giugno 2013, ha dato nuovo impulso all’istituto, ristabilendo la vigenza della condizione di procedibilità nelle materie già previste, con esclusione della c.d. r.c. auto”, e introducendo una serie di novità, alcune poi leggermente modificate dalla legge di conversione, la n. 98/2013, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 2013, e che prevede, per la parte che ci interessa, l’entrata in vigore decorsi trenta giorni dall’entra in vigore della legge di conversione del decreto. Dato che la legge di conversione, come indicato in G.U., è entrata ufficialmente in vigore il giorno dopo alla sua pubblicazione, e quindi il 21 agosto scorso, il D.Lgs. 28/10, come modificato, entrerà in vigore il 21 settembre 2013.

Reintrodotta la condizione di procedibilità. Il comma 1.bis dell’art. 5, introdotto dal Decreto Legge di giugno, che in pratica sostituisce il vecchio comma, ritenuto incostituzionale, così recita Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto . In pratica, esso ha reintrodotto la condizione di procedibilità nelle stesse materie in cui era previsto in precedenza, tranne che per il risarcimento del danno da sinistri stradali, specificando altresì, riguardo alla responsabilità medica, che essa comprende anche quella sanitaria. L’assistenza dell’avvocato. Ha introdotto, però, una fondamentale novità, e cioè quella dell’assistenza tecnica e non della rappresentanza dell’avvocato. Si tratta di una misura introdotta forse senza voler pensare male per accontentare la categoria che ha, più di tutti, anche se non nella sua interezza, combattuto la condizione di procedibilità? Oppure di una norma intesa a garantire nel miglior modo possibile la parte che viene in mediazione? Quale che sia la soluzione, la norma introduce una serie di problematiche che andranno affrontate dagli operatori della mediazione, a partire già dal primo incontro. La prima domanda che ci si pone è cosa può accadere se la parte si presenta senza avvocato, e non si tratta di una questione banale come potrebbe sembrare. La norma è chiara al riguardo, dato che essa stabilisce che le parti devono” partecipare con l’assistenza dell’avvocato, almeno per quanto riguarda le materie in cui è prevista la condizione di procedibilità. In questi giorni, molti organismi si stanno ponendo la domanda su cosa fare se la parte si presenta senza avvocato, e addirittura alcuni si chiedono se sia possibile prevedere, nel regolamento, la possibilità per le parti di rinunciare alla presenza dei legali. Vanno esaminati, a mia opinione, tre articoli. Il primo è il citato comma 1 bis dell’art. 5, il secondo è l’art. 8, come modificato, che recita Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato infine, l’art. 12, che stabilisce che Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale . Per quanto riguarda la prima previsione, ritengo personalmente che essa vada interpretata nel senso che essa si riferisca esclusivamente alle materie in cui il tentativo di conciliazione è obbligatorio. La norma, nella confusione generale che pervade il Decreto Legislativo come modificato, tanto che attendiamo tutti un Decreto Ministeriale che faccia chiarezza su alcuni punti, sembra essere abbastanza chiara. L’espressione usata non sembra lasciar dubbi sul fatto che la parte che intenda iniziare una mediazione, nelle materie in cui è prevista la condizione di procedibilità, debba farlo con l’assistenza non con la rappresentanza dell’avvocato. Ovviamente, questa previsione è estensibile anche alla parte chiamata, altrimenti non avrebbe senso. E’ però da ritenere, come detto, che si riferisca solo alle materie in cui vige l’obbligo, anche perché altrimenti sarebbe a forte rischio di incostituzionalità. L’assistenza, ai sensi dell’art. 8, deve esserci durante tutta la procedura di mediazione, dal primo incontro a quelli successivi, fino al termine della procedura. Come detto, a mio parere questa previsione riguarderebbe, in teoria, solo le materie per le quali è prevista la condizione di procedibilità. La formulazione dell’art. 8, però, lascia campo a dei forti dubbi, in quanto mancante del riferimento al comma 1 bis dell’art. 5. Pertanto, credo che, almeno fino all’emanazione di un Decreto Ministeriale che, auspichiamo, possa chiarire i dubbi, anche nelle mediazioni volontarie sia preferibile, che le parti siano assistite dall’avvocato. A mio parere, però, le parti, nelle mediazioni volontarie, adeguatamente informate dall’Organismo, possono sottoscrivere un documento in cui dichiarino di rinunciare all’assistenza dell’avvocato, consentendo così il regolare svolgimento della procedura. Sostenere il contrario, vorrebbe dire porre un limite all’autonomia negoziale delle parti. Ciò detto, dobbiamo prendere in considerazione l’ipotesi di una mediazione c.d. obbligatoria, in cui le parti si presentino senza l’avvocato. Si è già acceso un forte dibattito al riguardo la mia personalissima opinione è che non si possa procedere, nemmeno nel caso in cui entrambe le parti dichiarino di voler rinunciare all’assistenza del legale. Se il mediatore dovesse proseguire, si andrebbe incontro alla forte possibilità di mancata omologa del verbale, e certamente al mancato superamento della condizione di procedibilità, con tutte le conseguenze del caso, anche per il mediatore e per l’organismo. A mia opinione, il mediatore ha l’unica possibilità di rinviare l’incontro, anche al giorno seguente, invitando le parti a nominare un legale per l’assistenza, come prevista dalla legge. Alcuni organismi stanno pensando di fornire una sorta di servizio alle parti che si trovino in questa situazione, tramite la redazione di un elenco di avvocati disponibili ad assistere le parti che se ne trovino sprovviste. Al riguardo, mi pare di poter individuare diversi aspetti da considerare attentamente. Prima di tutto, ritengo che, ove quest’idea fosse realizzata, si dovrebbe garantire che i legali iscritti in questo elenco non abbiano – ovviamente – alcun tipo di rapporto con l’organismo, di tipo economico ma non solo. Essi dovrebbero poi impegnarsi, per ovvi motivi deontologici e di incompatibilità, a non depositare le istanze dei loro clienti presso lo stesso organismo. Il problema delle tariffe. Essendo una sorta di avvocato d’ufficio”, quale tariffa dovrebbe applicare? Ed è giusto costringere una parte a pagare un legale per andare in mediazione quando la parte stessa preferirebbe non essere assistita? Queste sono tutte problematiche che il nostro legislatore avrebbe dovuto considerare. Non avendolo fatto, non possiamo che cercare di considerare tutte le ipotesi e attendere di vedere, in pratica oltre al D.M. eventuali soluzioni giurisprudenziali. Tornando all’art. 8, notiamo che esso parla di assistenza dell’avvocato, e non di rappresentanza, e che statuisce anche che le parti devono partecipare personalmente, a mia opinione, pur se con la suddetta assistenza. Ancora, esso prevede che gli avvocati devono essere presenti al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura. Si desume, quindi, che anche la mancata presenza dell’avvocato a un solo incontro rischia di invalidare l’eventuale accordo, o comunque lo espone alle conseguenze del rischio di mancata omologa o di non superamento della condizione di procedibilità. Infine, dobbiamo esaminare l’art. 12 del novellato D.lgs. n. 28/2010. Come abbiamo detto, esso prevede che ove tutte le parti siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti stesse e dai legali, assume direttamente efficacia esecutiva, senza necessità di omologa, e che gli avvocati attestano assumendosene il rischio la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In seguito, si dice che In tutti gli altri casi, l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del Presidente del Tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico . Quest’articolo si pone in apparente contraddizione con quelli esaminati in precedenza e si sta già prestando alle più varie interpretazioni. Infatti, il fatto stesso che dica ove siano state assistite , potrebbe far pensare che non sia necessario che le parti siano sempre accompagnate dal legale e quindi corroborare l’ipotesi per cui l’assistenza del legale sia obbligatoria solo per le materie in cui vi è la condizione di procedibilità. In tutti gli altri casi un’altra espressione dal dubbio significato. Vi è poi, nello stesso articolo, un’altra espressione dal dubbio significato. Infatti, dopo aver statuito che l’accordo sottoscritto e garantito dagli avvocati costituisce titolo esecutivo, si parla di altre ipotesi In tutti gli altri casi , in cui l’accordo è omologato, su istanza di parte, dal Presidente del Tribunale. La norma è, evidentemente, ancora una volta poco chiara, tanto che si discute già sulla sua interpretazione. Cosa significa, infatti, l’espressione in tutti gli altri casi ? Si riferisce all’eventuale assenza degli avvocati oppure alla loro decisione, per i più svariati motivi, di non firmare l’accordo attestandone la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico? In questo caso, mi riesce francamente difficile ipotizzare, da parte dei legali delle parti, una loro certamente attiva e proficua collaborazione nel raggiungimento e nella stesura di un accordo che poi essi stessi ritengano essere contrario a norme imperative o all’ordine pubblico. Credo quindi che il legislatore si riferisse all’eventualità, che come ho detto pare sussistere solo per le mediazioni volontarie, in cui gli avvocati non siano presenti. Per chiarire tutti questi dubbi, è comunque necessario attendere il D.M. e probabilmente, le prime interpretazioni giurisprudenziali.

L’art. 4, nella sua nuova formulazione, costituisce forse una delle novità più rilevanti infatti, come accennato in precedenza, una delle critiche che venivano rivolte più frequentemente era quella relativa alla mancanza di un criterio di individuazione della competenza territoriale. Il legislatore ha cercato di ovviare a questa mancanza, con il nuovo comma 1, che così recita La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza . La norma si applica anche alle mediazioni volontarie, salvo deroghe pattuite tra le parti, nei casi consentiti dalla legge. In realtà, anche questa norma pone alcune problematiche, data la sua formulazione piuttosto vaga. Premesso che spetterà all’istante decidere quale sia il luogo competente e individuare poi l’organismo, questo dovrà poi verificare, a mio avviso, di essere effettivamente competente e curarsi di segnalare alla parte, in caso negativo, il mancato soddisfacimento della condizione di procedibilità, o nel caso di procedura volontaria, la possibilità di nullità del verbale, a meno di accordo contrattuale o successivo, sulla deroga alla competenza territoriale. Come individuare l’organo territorialmente competente? La norma oggi prevede che l’organismo prescelto debba essere situato nel luogo del giudice territorialmente competente a mia opinione, anche tramite una sede secondaria . Per individuare esattamente la competenza, dobbiamo quindi valutare diverse ipotesi. Prima di tutto, dobbiamo valutare se la controversia, per quanto riguarda il valore e la materia, sia di competenza del giudice di pace o del Tribunale. Una volta accertato questo primo paletto, si deve quindi individuare con esattezza, anche alla luce della recente riforma della geografia giudiziaria, quale sarebbe stato l’ufficio giudiziario competente se si fosse iniziata la causa, e in base a questo criterio individuare il luogo competente. Per quanto riguarda le mediazioni delegate, sembra evidente che il luogo da individuarsi per la competenza debba essere quello in cui era incardinata la causa che il Giudice ha ordinato portarsi in mediazione. Poi va valutato, se l’organismo ha sede principale e sedi secondarie, se si possa scegliere la sede secondaria avente sede nel luogo” del giudice territorialmente competente, o meno. La mia interpretazione, come detto, è positiva, nel senso che non si può interpretare la legge in modo che un organismo possa gestire mediazioni solo relative al luogo in cui ha la sede legale altrimenti, le sedi secondarie non avrebbero più ragione di esistere. Qualche problema potrebbe creare la norma per le aziende che vogliano adottare la clausola di mediazione nei propri contratti, dato che esse non potrebbero più indicare un organismo di propria fiducia, se non presente sul territorio. Anche qui il dibattito è già ampio, nel senso che, se per quanto riguarda le mediazioni volontarie, nei casi previsti dalla legge, la clausola di deroga alla competenza territoriale è sicuramente valida, nelle materie obbligatorie così non è. Le aziende dovranno quindi essere molto attente ad individuare, a seconda delle loro attività, un organismo che ne abbia molte sul territorio. La norma, nei suoi effetti pratici, potrebbe comunque favorire gli Organismi dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati delle Camere di Commercio, che sembrano essere più diffuse sul territorio nazionale, Mediazione online. Per quanto riguarda infine le ODR, cioè le procedure di mediazione online, diviene comunque necessario il deposito dell’istanza presso un organismo territorialmente competente. A seguito dell’adesione del chiamato va verificato e raccolto il consenso a svolgere online la procedura.

L’art. 5, oltre a quelle già esaminate, introduce altre importanti novità. La temporaneità della mediazione. La prima è contenuta ancora nel comma 1-bis, e stabilisce che la disposizione relativa alla condizione di procedibilità ha effetto per i quattro anni successivi alla data di entrata in vigore della legge, e che dopo i primi due anni, il Ministero dovrà attivare un monitoraggio per verificare gli effetti della sperimentazione. Questa disposizione significa, essenzialmente, che ove la mediazione, al termine della sperimentazione e del monitoraggio, non abbia raggiunto dei risultati soddisfacenti in termini di partecipazione e di conclusioni positive, il Ministero e il Parlamento dovranno decidere cosa fare, probabilmente scegliendo la fine dell’obbligatorietà. Di conseguenza, è onere degli Organismi offrire un servizio di assoluta qualità scegliendo e formando i mediatori in base a criteri di assoluta professionalità e preparazione, in modo tale che la cultura della mediazione possa finalmente diffondersi in Italia e che vengano raggiunti i risultati prefissi, anche per quanto riguarda il miglioramento della situazione dei Tribunali. Dovranno essere assolutamente evitate situazioni come quelle denunciate da alcuni prima della sentenza della Consulta, e relative a organismi poco professionali, senza personale specializzato, con la sede a casa di un amico e le mediazioni svolte in cucina , mediatori poco professionali e pochissimo preparate. Altrimenti, la mediazione è destinata a fallire miseramente. La mediazione delegata. Ancora, il comma 2 prevede e modifica la c.d mediazione delegata, o invito del giudice, stabilendo che questi, anche in sede di appello, può disporre il procedimento di mediazione, Non si tratta più, quindi, di un invito, ma di un ordine del giudice il quale, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione della causa, ha il potere di disporre autonomamente l’esperimento del procedimento di mediazione. Fortunatamente, in sede di conversione è stata cancellata l’inquietante norma che prevedeva che il giudice dovesse personalmente indicare l’organismo di mediazione presso il quale le parti avrebbero dovuto presentare l’istanza. Si tratta di norma di cui si auspica, nella pratica, la massima attuazione possibile, in quanto portatrice di un forte potenziale di deflazione degli uffici giudiziari, ormai al limite del collasso. Tra l’altro, dato che ai sensi della nuova formulazione dell’art. 6, comma 1, la mediazione deve avere una durata massima di tre mesi, termine inferiore a quello normalmente intercorrente tra un rinvio e l’altro di una normale causa, è chiaro che si può affermare che, anche in caso di esito negativo della mediazione, certamente le parti non avranno sprecato tempo inutilmente. Altra novità di grande rilievo è quella costituita dalla previsione dell’art. 2-bis, per cui Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo . La gratuità del primo incontro in caso di esito negativo. Questa disposizione va presa in considerazione con quella prevista dall’art. 17, comma 5 –ter 5-ter Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione , fatte salve ovviamente le spese di segreteria. Chiarisco subito che, a mia interpretazione, ciò non significa che la mediazione si debba necessariamente concludere con accordo al primo incontro, ben potendo le parti e il mediatore decidere per altri incontri, in mancanza di atteggiamento negativo di una o di tutte le parti al primo incontro, in cui discutere ulteriormente e perfezionare l’accordo. Questo anche alla luce dell’art. 8, che stabilisce che nel corso del primo incontro, al quale le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato, il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento . Sempre secondo la mia opinione e attendiamo i chiarimenti del Ministero , ove ci dovesse essere almeno un secondo incontro, come peraltro appare implicito nelle disposizioni sopra citate, le indennità di mediazione andranno pagate interamente anche ove non si raggiungesse un accordo. La portata di queste disposizioni è invece quella di sopperire ad un altro supposto e grave difetto della precedente normativa, nella parte in cui prevedeva che, anche nelle materie in cui vigeva la condizione di procedibilità, le parti dovessero versare le indennità totali per il semplice fatto di essere comparse, anche in caso di verbale negativo. Questa prescrizione si era prestata a fortissime critiche, e a rischi di incostituzionalità. Il legislatore, prevedendo quindi la gratuità della prestazione dell’organismo nel caso di evidente impossibilità a proseguire la procedura dopo l’illustrazione della stessa da parte del mediatore, di cui all’art. 8, ha ritenuto di avere eliminato questi rischi. Spetterà al mediatore, naturalmente, onde evitare che gli organismi diventino un fabbrica di verbali negativi, soprattutto in presenza di atteggiamenti prevenuti, nel corso del primo incontro di spiegare accuratamente alle parti che dovranno necessariamente essere presenti , quelli che sono i vantaggi della mediazione e far sì che esse decidano di proseguire la procedura.