Cosa cambia con la quinta Direttiva europea antiriciclaggio e antiterrorismo

Premessa. Sulla Gazzetta Ufficiale Europea del 19 giugno è stata pubblicata la Direttiva UE 2018/843 adottata il 30 maggio scorso, c.d. quinta direttiva antiriciclaggio, che modifica la precedente quarta Direttiva UE 2015/849, recepita dall’Italia con il d.lgs. n. 90/2017. E’ fatto obbligo ai Paesi dell’Unione di recepire la nuova direttiva entro il 10 gennaio 2020. In passato le direttive europee in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo dagli acronimi inglesi AML/CFT si sono succedute con una certa cadenza, in linea con l’evoluzione dei trend dei fenomeni sottostanti che intendevano contrastare. Le direttive hanno generalmente fatto seguito, con efficacia vincolante per i Paesi europei, alle Raccomandazioni”, importanti standard di riferimento a livello mondiale, sebbene non caratterizzati da efficacia giuridica direttamente vincolante, pubblicate dal Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale – GAFI costituito nel 1989 in ambito OCSE. La prima direttiva antiriciclaggio 1991/308/CE fissava gli obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione di operazioni sospette, ponendoli a carico dei soli enti creditizi e finanziari dieci anni dopo la seconda 2001/97/CE estendeva l’ambito di applicazione anche ai professionisti la terza 2005/60/CE applicava al contrasto del terrorismo internazionale le metodologie e gli obblighi già sperimentati contro il riciclaggio del denaro sporco ed, infine, la quarta 2015/849/UE – facendo seguito alle nuove Raccomandazioni GAFI del 2012 - recava importanti novità di sistema quali l’ obbligo di criminalizzare i reati fiscali facendone così presupposto del riciclaggio, l’istituzione di un registro nazionale dei beneficiari effettivi” e l’assoggettamento a stringenti controlli per l’operatività delle persone politicamente esposte. Il termine in cui i Paesi europei dovevano recepire nelle legislazioni nazionali le norme della direttiva finora è stato di due anni. La quinta direttiva, invece, ha fatto seguito di soli tre anni alla precedente, cui apporta modifiche su profili specifici, non è stata preceduta da una nuova versione delle Raccomandazioni del GAFI l’aggiornamento fatto nel 2016 sulle Raccomandazioni del 2012 non sembra sostanzialmente anticipare i contenuti della quinta direttiva ed ha posto un termine di recepimento, diciotto mesi, più breve di quello previsto in precedenza. Nelle note che seguono cercheremo di chiarirne genesi, motivi e contenuti.

Pochi mesi dopo l’approvazione della quinta direttiva, il 12 settembre scorso, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva due risoluzioni legislative le nnumero 0338 e 0339 che ulteriormente rafforzano il contrasto al riciclaggio attraverso a richieste di modifiche alla disciplina vigente sui controlli in materia di denaro contante in entrata ed in uscita dai Paesi europei b l’armonizzazione penale antiriciclaggio tra gli Stati dell’Unione. In sintesi, la prima Ris. 0339 chiede l’abrogazione e sostituzione del precedente Regolamento CE numero 1889/2005 per estendere la definizione di denaro contante all’oro e alle carte prepagate anonime, con obbligo di dichiarazione di tali valori – per importi superiori a 10.000 euro – alle persone fisiche che entrino o escano dai confini dell’Unione. Si prevede per le autorità competenti non soltanto quelle doganali di disporre controlli - anche per importi inferiori a detta soglia - quando si sospetti la correlazione con attività criminose, di registrare i dati, di disporre sospensioni amministrative temporanee per violazioni degli obblighi dichiarativi o in presenza di indizi di collegamento ad attività criminose, di scambiare le informazioni così ottenute con gli altri Paesi. La seconda Ris. 0339 si prefigge l’obiettivo di integrare e rafforzare con strumenti di diritto penale le norme di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo della quinta direttiva, stabilendo norme minime relative alla definizione dei reati e alle sanzioni in materia di riciclaggio, allo scopo di creare un’armonizzazione sul reato di riciclaggio all’interno dell’Unione. Si chiede agli Stati di considerare come attività criminosa”, giacché tale presupposto delle condotte dissimulative e di occultamento proprie del riciclaggio, ogni reato punibile dal diritto nazionale con privazione della libertà oltre una soglia un anno ovvero sei mesi a seconda se sia presente una soglia minima di detenzione e comunque per un’ampia serie di reati quali il gruppo criminale organizzato, il terrorismo, il traffico di esseri umani, di sostanze stupefacenti, di armi, nonché la corruzione, la frode, i reati fiscali in materia di imposte dirette e indirette, la criminalità informatica, i reati ambientali. Da ultimo, l’11 ottobre scorso, il Consiglio dell’Unione Europea ha definitivamente approvato la conseguente direttiva che porterà a significative modifiche della normativa penale dei 28 Stati dell’Unione in materia - appunto - di attività criminosa” e di reato di riciclaggio”. Osservazioni finali. Mentre l’impegno normativo del legislatore europeo, cui dovrà fare seguito quello dei singoli Paesi, appare sempre più vasto ed importante nel contrasto al riciclaggio, al finanziamento del terrorismo ed alle connesse, sottostanti, attività criminose, sia sul piano amministrativo che su quello penale, si registrano al contempo, recenti e rilevanti vicende giudiziarie che - in alcuni Paesi europei, come l’Olanda o la Danimarca - hanno portato sotto accusa istituti bancari di grosse dimensioni proprio per attività di sospetto riciclaggio, anche per il tramite di filiali costituite non solo in Paesi off-shore ma anche Paesi dell’Unione. Dare una risposta a questa apparente contraddizione non è semplice. Non vi è dubbio che questi illeciti trovino sponda sulla transnazionalità degli stessi, tanto che la quinta direttiva fa giustamente perno sul massimo ampliamento dello scambio informativo internazionale tra le Autorità preposte e sull’accentramento di registri ed informazioni utili per contrastare fenomeni della specie. A giudizio di chi scrive, si ritiene opportuno evidenziare che quanto su queste recenti vicende riportato da siti istituzionali o dalla stampa, sembra denotare anche un certa, almeno iniziale, difetto” di scambi informativi tra quello che viene definito il contrasto amministrativo” - costituito da un insieme analitico di presidi fissato dalle direttive e tendente alla prevenzione e al contrasto del riciclaggio da parte di un’ampia platea di intermediari ed altri soggetti obbligati, ivi compresa la vigilanza sullo stesso - ed il contrasto più propriamente giudiziario”, come tale a carattere specificatamente investigativo-repressivo, svolto dagli Stati sulla base delle rispettive normative penalistiche. Tanto più che in quest’ultimo campo, poi, i principi sovranazionali rivestono carattere più minimale, trovando nell’autonomia giudiziale reclamata da ogni Paese maggiori resistenze ad una loro completa armonizzazione, come ammette la stessa direttiva nel Considerando numero 18 e come cerca di ovviare la citata, recente Ris. numero 0339. Non vi è dubbio che il corretto rispetto degli obblighi amministrativi primi fra tutti l’adeguata verifica del cliente, la corretta registrazione delle operazioni, un accurato ed efficiente sistema di individuazione e segnalazione delle operazioni sospette, la puntuale efficacia di controlli e di vigilanze costituisca il miglior antidoto” allo sviluppo di vicende di criminalità economico-finanziaria sia che si riferiscano all’operatività dei clienti degli intermediari, sia che riguardino gli intermediari stessi. Per ottenere questo risultato non può in alcun modo prescindersi dalla collaborazione tra tutte le autorità competenti non soltanto alla vigilanza e alla supervisione in materia di antiriciclaggio e contrasto del terrorismo, ma anche alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e gli istituti finanziari, come posto l’accento nei Considerando nnumero 19 e 47 della direttiva in esame. L’ampiezza e la rilevanza del sistema informativo integrato che questi scambi permettono di ottenere costituiscono una potenziale arma vincente, anche in virtù della conseguente, più efficace, collaborazione che le Autorità amministrative possono successivamente fornire a quelle Inquirenti. Positive esperienze potrebbero essere tratte da soluzioni organizzativo-istituzionali adottate nel nostro Paese, dove l’Agenzia antiriciclaggio è posta all’interno di un organo estraneo al potere politico, quale appunto la Banca Centrale nazionale, con le garanzie di autonomia ed indipendenza richieste dagli standard internazionali, e dove frequenti e reciproci sono gli scambi informativi in campo bancario, finanziario ed antiriciclaggio tra la Magistratura da una parte e la Vigilanza della Banca d’Italia e la UIF dall’altra, nel rispetto dell’autonomia e indipendenza delle reciproche Istituzioni. Specifiche consulenze tecniche vengono, inoltre, spesso fornite su specifici procedimenti a favore dei Pubblici Ministeri che ne fanno richiesta, da funzionari scelti all’interno della Banca Centrale stessa, sulla base dell’esperienza specialistica istituzionalmente acquisita, anche qui nel rispetto delle regole di corretta acquisizione dei dati poste dalla normativa. Best practice di tale sistema integrato è stato, ad esempio, indicato a livello sovranazionale il metodo seguito dal team - costituto nel 2009 presso la Procura di Milano dal dottor Francesco Greco, attuale Procuratore Capo - che in oltre duecento casi ha visto Magistrati ed esponenti delle Forze dell’Ordine confrontarsi stabilmente con funzionari della Banca d’Italia e dell’Agenzia delle Entrate, massimizzando così le sinergie informative delle specifiche aree di appartenenza.

Preceduta da 55 Considerando”, che da un canto forniscono il quadro motivazionale delle innovazioni apportate e dall’altro riportano indicazioni vincolanti per gli Stati in merito all’imposizione delle conseguenti modifiche organizzativo-istituzionali nelle legislazioni di riferimento, la quinta direttiva fissa nuovi principi e modifica specifici punti della precedente. Pone l’accento sulle nuove tendenze con cui i gruppi terroristici finanziano e svolgono la loro attività e sul fatto che taluni servizi basati sulle moderne tecnologie stanno diventando sempre più popolari come sistemi finanziari alternativi , in quanto al di fuori del diritto dell’Unione o perché beneficiano di deroghe all’applicazione di obblighi giuridici che potrebbero non essere più giustificate . Ne consegue la necessità di garantire la maggiore trasparenza delle operazioni finanziarie, delle società, dei trust e degli istituti giuridici affini e più in generale del contesto economico e finanziario dell’Unione . Di seguito, la sintesi dei principali punti trattati. I Inclusione tra i soggetti obbligati dei prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute legali exchange e dei servizi di portafoglio digitale e-wallet . L’attuale anonimato in materia è visto come particolarmente rischioso sia per un possibile utilizzo delle valute virtuali da parte dei gruppi terroristici che per un loro potenziale uso improprio ad usi criminali. La direttiva aggiorna in tal senso la lista dei soggetti obbligati. Non ritenendo però sufficiente estendere gli obblighi AML/CFT a detti prestatori di servizi, vi aggiunge la possibilità per le Financial Intelligence Unit di ciascun Paese di ottenere quelle informazioni che consentano di associare gli indirizzi della valuta virtuale alla reale identità del proprietario della stessa. A detto strumento si associa l’ulteriore possibilità di consentire agli utenti di presentare, su base volontaria, un’autodichiarazione alle autorità designate”. La definizione di valute virtuali utilizzata dalla direttiva è sostanzialmente analoga a quella della citata circolare di Banca d’Italia del 30 dicembre 2015 e del d.lgs. 90/2017. Gli exchange vengono definiti come prestatori di servizi di cambio tra valute virtuali e valute con corso forzoso, mentre gli e-wallet , o prestatori di servizi di portafoglio digitale, vengono individuati nei soggetti che forniscono servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei clienti, al fine di detenere, memorizzare o trasferire valute virtuali. Oltre l’assoggettamento agli obblighi antiriciclaggio per entrambe le categorie di soggetti - come visto in precedenza il d.lgs. 90/2017 si era occupato solo degli exchange - si chiede che gli Stati membri li sottopongano a registrazione, soluzione anticipata anch’essa dal nostro decreto numero 90/2017 tramite la predetta iscrizione nella sezione speciale del registro dei cambiavalute. Si osserva in merito che la frequenza di attacchi informatici con cui gli hacker riescono a penetrare nei portafogli elettronici, i rischi impliciti nella conoscenza delle chiavi crittografiche in capo al solo cliente, con conseguente possibile smarrimento, nonché i problemi di carattere successorio che detti asset potrebbero presentare per la segretezza delle relative chiavi, rendono il mondo degli e-wallet di potenziale interesse per il sistema bancario, in funzione di esigenze di sicurezza e tutela del depositante. II Ampliamento della cooperazione tra le Autorità a livello nazionale ed internazionale - Disponibilità per le FIU di tutte le informazioni necessarie per svolgere efficacemente il proprio compito. Gli Stati sono chiamati a trasmettere alla Commissione l’elenco delle autorità competenti a vigilare sugli intermediari nazionali obbligati il registro di tali autorità e i loro punti di contatto saranno pubblicati sul sito web della Commissione e fungeranno da punto di contatto per le omologhe autorità degli altri Stati. A tal fine, gli Stati dovranno attribuire alle autorità competenti poteri adeguati per esigere le informazioni richieste, svolgere i relativi controlli ed effettuare le opportune verifiche, anche imponendo specifici obblighi informativi - tra la casa madre e i Paesi ove operano le sue filiali - a carico di enti creditizi e finanziari facenti parte di un gruppo internazionale. Altri obblighi di ampliamento dello scambio informativo cfr. artt. 50- bis , 53, 54, 55, 57, 57- bis , 57- ter , 58 e 61 della quarta direttiva come modificati/inseriti dalla quinta vengono posti a carico degli Stati al fine di imporre il massimo livello di cooperazione tra le proprie autorità come, ad esempio, in campo fiscale, specie per superare i dinieghi motivati dalle differenze nazionali sui reati tributari, che la quarta direttiva aveva fatto oggetto di generale criminalizzazione, ma che risultano ancora caratterizzati da soglie d’importo e caratteristiche normative differenti tra Paese e Paese. Particolare attenzione si coglie, poi, sulla necessità, ribadita in più punti, che le agenzie nazionali antiriciclaggio FIU - cui si riconosce un importante ruolo nell’individuazione delle operazioni finanziarie terroristiche specie quelle transfrontaliere – possano disporre di tutte le informazioni disponibili e poterle scambiare, con rapidità, in sede di cooperazione internazionale. Ciò impone - sia alle autorità degli Stati membri, con riferimento al materiale investigativo e giudiziario in loro possesso, sia ai soggetti obbligati - di dover fornire alla FIU accesso incondizionato” ai dati in proprio possesso, anche in assenza di una segnalazione sospetta da parte dell’obbligato e perfino nei casi di sospetto nato sulla scorta di analisi svolte dalle FIU stesse o di informazioni fornite dalle autorità competenti o detenute da altra FIU . Un problema molto sentito in alcuni Paesi dove - a differenza del nostro - i poteri informativi della FIU sono alquanto circoscritti alla segnalazione dell’operazione sospetta ricevuta. Nello scambio internazionale di informazioni si richiede anche il superamento di barriere poste da caratteristiche del diritto penale nazionale e della platea dei reati considerati presupposto del riciclaggio, o perfino dall’assenza di un riferimento normativo a determinati reati presupposto. Appare, infine, di particolare rilievo l’enfasi che il Considerando numero 19 pone sull’utilità, considerata spesso indispensabile”, delle informazioni di natura prudenziale relative a banche e istituti finanziari - quali, ad esempio, quelle sulla competenza ed onorabilità di manager ed azionisti, sui meccanismi di controllo interno, sulla governance o la gestione del rischio - al fine di un’adeguata vigilanza anche in chiave AML/CFT su detti enti. Così come la direttiva considera di pari rilievo la messa a disposizione di informazioni in possesso delle autorità di vigilanza antiriciclaggio individuate appunto nelle FIU a favore delle competenti autorità europee e nazionali di vigilanza prudenziale sulle banche e gli istituti finanziari. III Registro dei beneficiari effettivi interconnessione a livello europeo di informazioni su società e trust – Centralizzazione nazionale delle informazioni sui beneficiari effettivi dei conti bancari e delle cassette di sicurezza. La direttiva si preoccupa di rendere massimamente trasparente ed accessibile le informazioni sui titolari effettivi di società, trust e soggetti giuridici affini per venire incontro alle esigenze di fiducia degli investitori e del grande pubblico, evitando altresì l’occultamento di attività criminali dietro particolari strutture societarie, come evidenziato dalla vicenda dei Panama Papers . Ci si preoccupa, inoltre, di evitare che la frammentazione dei dati nazionali sull’identità di titolari effettivi di conti bancari e cassette di sicurezza possa nuocere alle autorità nazionali competenti alla lotta contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo e alle attività criminali a detti reati sottostanti. A tale scopo la quinta direttiva fissa regole che garantiscano l’interconnessione e il pubblico accesso ai registri nazionali dei titolari effettivi di società e trust – registri istituiti dalla direttiva precedente - e dispone anche l’istituzione dei registri nazionali dei titolari effettivi di conti bancari e cassette di sicurezza, rendendoli disponibili per le FIU di altri Paesi dell’Unione. Si ricorda che il citato d.lgs. numero 90/2017 recependo la precedente quarta direttiva aveva previsto l’istituzione del registro nazionale dei titolari effettivi di società e trust subordinandola all’emanazione di apposito decreto del MEF di concerto col Ministero dello Sviluppo Economico e prevedendone l’accesso allo stesso MEF, alle autorità di vigilanza di settore, agli organi investigativi ed ai soggetti obbligati. L’adozione della nuova direttiva, con le modifiche da essa apportate, ha fatto slittare il termine già previsto 4 luglio scorso , così che il decreto possa tenere conto anche delle nuove prescrizioni. Più in dettaglio, la nuova direttiva - chiede agli Stati che le informazioni del registro sulla titolarità effettiva siano estese a tutti i trust ed istituti giuridici affini superando così in senso estensivo il dubbio se le norme precedenti si riferissero ai soli trust c.d. dinamici” dove si realizza il trasferimento dal trustee ad un terzo oppure si estendessero anche a quelli c.d. statici” in cui disponente e trustee coincidono - rende accessibili anche al pubblico” le informazioni sui titolari effettivi delle società e a qualunque persona fisica o giuridica che possa dimostrare un legittimo interesse - ivi compresi quindi le autorità fiscali, quelle di vigilanza e antiriciclaggio, gli organi investigativi e giudiziari – le informazioni sulla titolarità effettiva dei trust e degli istituti giuridici affini specifica nel Considerando numero 42 che si dovrebbe definire nel diritto nazionale l’interesse legittimo e che tali definizioni non dovrebbero limitarsi ai casi di procedimenti amministrativi o giudiziari in corso ma dovrebbero consentire di tenere conto del lavoro di prevenzione svolto da organizzazioni non governative e giornalisti investigativi nel campo del riciclaggio di denaro, del contrasto al finanziamento del terrorismo e dei reati presupposti associati una sorta di tributo, se così lo vogliamo definire, all’attività di indagine giornalistica che ha consentito, tra l’altro, la pubblicazione dei Panama Papers - impone agli Stati di istituire meccanismi centralizzati automatici che consentano l’identificazione tempestiva di qualsiasi persona che detenga o controlli conti di pagamento, conti bancari o cassette di sicurezza presso un istituto di credito sito nel proprio territorio, i cui dati dovranno essere disponibili per le FIU nazionali anche al fine di informarne le FIU degli altri stati membri per il nostro Paese il già vigente Archivio dei rapporti viene inoltre richiesto agli Stati di mettere a disposizione della FIU e delle autorità competenti le informazioni che consentano di identificare qualsiasi persona fisica o giuridica che detenga beni immobili . IV Soglia di identificazione dei titolari di carte prepagate. Pur riconoscendo la legittima esigenza dei consumatori all’uso degli strumenti prepagati, la direttiva pone l’accento sui i rischi che quelli anonimi presentano per il finanziamento di atti terroristici e loro aspetti logistici, così da richiederne la riduzione delle soglie esistenti sugli obblighi di identificazione del cliente, abbassando a 150 euro la precedente soglia di euro 250. V Tutela del segnalante. La direttiva si prefigge di ampliare le garanzie già poste in passato a tutela delle persone che abbiano segnalato un sospetto caso di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, per meglio proteggerle da qualsiasi minaccia o atto ostile o ritorsione o atto discriminatorio. Al segnalante viene ora attribuito anche il diritto di presentare denuncia in condizioni di sicurezza presso le rispettive autorità competenti , mentre si chiede agli Stati di assicurare inoltre che tali persone godano del diritto a un ricorso effettivo per tutelare i propri diritti in materia. VI Tempi massimi di recepimento normativo e di attuazione degli accentramenti informativi richiesti . I requisiti di urgenza che la direttiva attribuisce alle nuove disposizioni trovano, infine, riflesso nei tempi richiesti agli Stati per il recepimento delle stesse e l’istituzione/interconnessione dei registri, che dovranno seguire una precisa deadline. Si è visto che l’impianto normativo dovrà essere recepito entro i 18 mesi successivi alla pubblicazione in Gazzetta anziché nei 2 anni come in passato ossia entro il 10 gennaio 2020 stesso termine viene assegnato per l’istituzione dei registri sulla titolarità effettiva, che – nel caso di trust e istituti giuridici affini – dovrà avvenire entro i successivi due mesi, ossia entro il 10 marzo 2020, mentre entro il 10 marzo 2021, un anno dopo, detti registri centrali dovranno essere interconnessi attraverso la piattaforma centrale europea prevista. Gli Stati membri, infine, avranno tempo fino al 20 settembre 2020 per istituire meccanismi centrali automatizzati che consentano l’identificazione dei titolari di conti bancari e cassette di sicurezza .

Benché la precedente direttiva del 2015 abbia imposto alle legislazioni dei Paesi europei innovazioni importanti in tema di prevenzione e contrasto della criminalità finanziaria e del terrorismo, i tempi di elaborazione della stessa e di successivo recepimento da parte dei singoli Stati, non hanno di fatto consentito che si occupasse anche dei nuovi rischi che - specie la negoziazione pseudo-anonima delle allora nascenti valute virtuali V.V. - avevano cominciato a porre in termini di antimoney-laundering e contrasto finanziario al terrorismo. Il tema delle valute virtuali aveva da poco cominciato ad essere oggetto di attenzione da parte di Organismi sovranazionali ed Autorità nazionali. Il report del GAFI Virtual Currencies – Potential AML/CFT Risks ” nel giugno 2014 auspicava un intervento delle istituzioni europee per definire un quadro normativo armonizzato che riservasse l’operatività in V.V. a soggetti autorizzati, per i rischi di ricostruzione della traccia finanziaria posti dal loro anonimato, dalla mancanza di norme e di autorità di controllo, dalla complessità delle strutture usate e dei soggetti coinvolti, distribuiti tra diversi Paesi e giurisdizioni. Il 4 luglio successivo, la European Banking Authority – EBA nel suo Opinion on ‘virtual currencies ” individuava i numerosi profili di rischio che la negoziazione delle cripto-valute poteva comportare per gli utilizzatori consumatori, investitori e merchant , i partecipanti al mercato piattaforme di scambio e depositari dei portafogli virtuali , l’integrità e la stabilità del sistema finanziario e del sistema dei pagamenti, gli intermediari e le autorità di regolamentazione. Il documento terminava auspicando anch'esso un intervento delle istituzioni europee per definire un quadro normativo armonizzato, che tra l’altro riservasse l’operatività in V.V. a soggetti autorizzati. Nel nostro Paese la Banca d’Italia, con la Comunicazione del 30 gennaio 2015, definiva valute virtuali le rappresentazioni digitali di valore non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica non necessariamente collegate a una valuta avente corso legale, ma utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento e che possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente”, escludendone la natura di moneta legale o di moneta elettronica. In linea con quanto indicato dall’EBA, Banca d’Italia poneva l’accento sui rischi per gli operatori da essa vigilati, anche in considerazione della possibile violazione - da parte dei prestatori di servizi sulle piattaforme di scambio exchange - della riserva di legge sulla raccolta del risparmio e la prestazione di servizi di pagamento. Contestualmente, l’Unità di Informazione Finanziaria – UIF l’agenzia antiriciclaggio italiana, costituita con particolari garanzie di autonomia e indipendenza all’interno della Banca d’Italia stessa pubblicava il documento Utilizzo anomalo delle valute virtuali” dove, anche alla luce di alcune segnalazioni di operazioni sospette ricevute, si sottolineavano i potenziali effetti per il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo resi possibili dall’anonimato delle transazioni in V.V. e dall’operatività online, spesso posta in essere tra Paesi a rischio”. Il 18 aprile 2016, una seconda comunicazione della UIF metteva ulteriormente in guardia i soggetti obbligati dal possibile utilizzo delle valute virtuali anche per i reati di finanziamento del terrorismo internazionale. Era, infatti, iniziata quella sanguinosa catena di fatti terroristici che da Parigi si era estesa ad altre città europee e – quasi al contempo - si era aggiunto lo scandalo derivante dalla pubblicazione di quell’ingente mole di documenti che va sotto il nome di Panama Papers ”. Si ricorda che, nell’agosto 2015, veniva consegnata al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ed al consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi ICIJ , un fascicolo digitalizzato composto da oltre undici milioni di documenti riservatissimi tratti dagli archivi dello studio legale panamense Mossack-Fonseca, concernente informazioni dettagliate su 214.000 società off-shore, utilizzate come schermo” di copertura per attività spesso legate a fatti illeciti, fiscali in primis ma non solo. Questi eventi esigevano un’adeguata risposta internazionale ed – ancor più – europea, che non fosse costituita solo da quella investigativo-repressiva, ma adeguasse la vigente disciplina contro il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo internazionale, mettendola in grado in grado di contrastare anche le nuove tecniche illecite utilizzate. Come si è giunti all’adozione della direttiva. Nel dicembre 2015 il Consiglio dell'Unione europea e il Consiglio europeo chiedevano quindi un rafforzamento della normativa ed il 5 luglio 2016 la Commissione europea pubblicava la proposta COM 2016/450 di modifica della quarta direttiva già in corso di recepimento da parte dei Paesi europei. Per contrastare il finanziamento del terrorismo e il riciclaggio, la proposta della Commissione prevedeva essenzialmente - la lotta ai rischi di finanziamento del terrorismo legati alle valute virtuali per evitare che queste fossero usate impropriamente per riciclare denaro e finanziare il terrorismo, la Commissione proponeva di includere nell'ambito di applicazione della direttiva antiriciclaggio le piattaforme di scambio di valute virtuali e i prestatori di servizi di portafoglio digitale. Dette entità avrebbero dovuto applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela alle operazioni di cambio di valute virtuali in valute reali, ponendo fine all’anonimato associato a detti scambi - il rafforzamento dei poteri delle Financial Intelligence Unit o Unità di informazione finanziaria dell’Unione europea e la promozione della cooperazione tramite l’ampliamento della gamma di informazioni a loro disposizione, anche rendendo totalmente accessibile al pubblico i registri dei titolari effettivi di società e trust e prevedendo l’interconnessione di detti registri tra i vari Paesi, con assoggettamento a registrazione anche per i c.d., trust passivi come quelli citati nei Panama Papers , a fini di un maggiore controllo - la lotta ai rischi connessi agli strumenti prepagati anonimi ad esempio le carte prepagate la Commissione proponeva anche di ridurre al minimo i pagamenti anonimi mediante carte prepagate abbassando le soglie per l'identificazione da 250 euro a 150 euro e ampliando gli obblighi di verifica dei clienti. Così mentre i Paesi europei lavoravano al recepimento della quarta direttiva, il Parlamento ed il Consiglio UE si occupavano all’adozione della nuova, la quinta appunto che - a parziale modifica della precedente - è stata pubblicata appunto lo scorso giugno ed ha ben tenuto conto dei temi proposti della Commissione. Sulle valute virtuali l’Italia ha anticipato la quinta direttiva. Il d.lgs. n. 90 del 25 maggio 2017, con cui il nostro Paese ha recepito la quarta direttiva, si era in parte giovato della citata proposta di modifica della Commissione Europea del 5 luglio 2016. L’Italia – primo Paese europeo – ha infatti assoggettato a norme antiriciclaggio i c.d. exchange , le piattaforme elettroniche che introducono” al mondo delle cripto-valute consentendo di convertire la valuta ufficiale fiat in valuta virtuale e viceversa, al tasso di cambio aggiornato al valore di mercato. Il 2017 è stato anche l’anno in cui il controvalore delle cripto-valute ha toccato il suo massimo di oltre 800 miliardi di dollari. Successivamente si è registrato una progressiva uscita da questo mercato da parte della speculazione minuta”, giunta all'ultima ora ad accodarsi al boom, ed il volume del loro controvalore è sceso alla comunque ancor considerevole cifra di 220 miliardi di dollari di converso si registra ora un numero crescente di cripto-valute circa 2.000 a settembre 2018 rispetto alle 1.500 del gennaio precedente accompagnato da un incremento dei volumi giornalieri di trading , il cui capital gain risulta difficilmente assoggettabile ad imposizione fiscale per via del generale anonimato delle transazioni. Il citato d.lgs. n. 90/2017 ha anzitutto fornito la definizione di valuta virtuale, in maniera del tutto identica a quella fornita da Banca d’Italia nella Comunicazione del 30 gennaio 2015. Per la loro attività di conversione di valute virtuali da/ovvero in valute aventi corso forzoso, sono stati estesi i presidi antiriciclaggio agli exchange con sede nel nostro Paese, inserendoli tra i soggetti obbligati nella categoria degli altri operatori non finanziari”. Contestualmente si è prevista una vigilanza su detti soggetti, tramite la modifica della disciplina dell’attività tradizionale di cambiavalute, alla cui norma art. 17- bis d.lgs. n. 141/10 e successive modifiche è stato aggiunto uno specifico comma che ne ha esteso le previsioni ai prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale. Veniva poi richiesta l'iscrizione in una sezione speciale” del registro dei cambiavalute”, dal 2015 tenuto dall’Organismo per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi – OAM, istituito dall’art. 128-undecies del Testo unico bancario. Apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze – MEF avrebbe dovuto poi stabilire le modalità e la tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale sarebbero stati tenuti a comunicare al Ministero stesso la propria operatività sul territorio nazionale. Il 2 febbraio 2018 il MEF ha posto in pubblica consultazione lo schema di decreto, che prevede anzitutto l'obbligo di comunicazione al Ministero per chiunque sia interessato a svolgere sul territorio italiano l’attività di prestatore di servizi riguardanti l’utilizzo di valuta virtuale exchange . Vengono anche stabilite le modalità elettroniche della comunicazione e si prevede l’avvio da parte dell’O.A.M. della gestione della predetta sezione speciale del registro dei cambia-valute. Le successive elezioni politiche non hanno sinora permesso l’emanazione del decreto da parte del MEF e quindi la sottoposizione a vigilanza da parte dell’OAM dei cambiavalute virtuali” ma i principi AML/CFT identificazione ed adeguata verifica dei clienti, registrazione delle operazioni, invio delle segnalazioni di operazioni sospette alla UIF ope legis si applicano già ai prestatori italiani di detti servizi. Resta il fatto che - in un settore con modalità operative fortemente caratterizzate dalla transnazionalità - l’iniziativa italiana risulta comunque limitata dall’assenza di un’analoga regolamentazione da parte delle altre giurisdizioni estere. La situazione è però destinata a cambiare – almeno per i Paesi dell’Unione – entro il gennaio 2020, quando tutti gli Stati europei avranno recepito la quinta direttiva che, come stiamo per vedere, si occupa diffusamente dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo posti dalle cripto-valute.