Continua incessante il vademecum della Cassazione

La Suprema Corte quotidianamente in numerose pronunce interpreta le norme relative all’istituto introdotto al d.lgs. n. 28/2015, riscrivendone i confini applicativi sia sul versante sostanziale che su quello procedimentale. Anche se è innegabile lo spirito deflattivo dell’art. 131- bis c.p., la natura ibrida di una causa di non punibilità – che presuppone l’accertamento del fatto di reato tipico, antigiuridico e colpevole , ma che si chiede con una sentenza di assoluzione perché lo si ritiene particolarmente tenue e quindi sfugge alla risposta sanzionatoria penale perché non proporzionata a quel grado di offesa e dunque non giustificata – pone non pochi dubbi interpretativi, aggravati da una non limpidissima littera legis al quale supplisce la giurisprudenza di legittimità che continua incessantemente a perimetrarne i confini. Tuttavia, in alcuni profili normativi della disciplina emergono dei contrasti in seno alle sezioni semplici, tant’è che le Sezioni Unite hanno iniziato a dirimerli, ma tante altre questioni a breve verranno sottoposte alla loro attenzione. Vediamo di indicare lo stato dell’arte in questo groviglio interpretativo, cominciando dalle questio iuris della normativa sostanziale.

Limite di pena per accedere all’istituto. L’art. 131-bis c.p., introdotto dal d.lgs. n. 28/2015, la cui rubrica recita esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto , stabilisce al primo comma che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale . Ai fini della determinazione della pena detentiva da riguardare, in vista dell’applicazione della norma de qua, soccorrono i criteri dettati dal successivo quarto comma, secondo cui non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale con la precisazione che, in quest’ultimo caso, non può rilevare il giudizio di comparazione fra circostanze di segno contrario, disciplinato dall’art. 69 c.p. . L’ultimo comma prevede che La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante . Limite edittale invalicabile anche nei reati in cui è prevista l’attenuante della tenuità. Dall’analisi delle predette norme risulta pertanto ineludibile che la pena edittale massima dei reati per i quali è applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 131- bis c.p. è quella di anni cinque sia che essa sia prevista dalla fattispecie incriminatrice sia che essa risulti dalla applicazione di un'attenuante ad effetto speciale. Posto quindi che dall'interpretazione letterale della norma risulta invalicabile il suddetto limite di anni cinque di reclusione, quale pena massima edittale per i reati astrattamente non punibili per particolare tenuità, deve escludersi che il successivo quinto comma abbia voluto introdurre una disciplina derogatoria a quella generale tale norma infatti, nel prevedere che la disposizione del primo comma, e cioè la non punibilità per tenuità nei limiti di pena indicati, si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o pericolo come circostanza attenuante, non costituisce alcuna eccezione generale al limite di pena ma si limita a prevedere che nei casi di fatti circostanziati lievi, ove la pena sia inferiore ad anni cinque, di tale elemento può tenersi conto due volte. Il riconoscimento quindi di ipotesi c.d. lievi da parte del legislatore in tema di ricettazione, violenza sessuale e abuso d’ufficio ex artt. 648 cpv., 609- bis , ultimo comma e 323- bis c.p. non determina automaticamente l'applicabilità astratta a tutti i predetti reati della ipotesi di cui all'art. 131- bis c.p., ma, soltanto, nei casi in cui per effetto dell'applicazione della circostanza speciale il limite di pena sia inferiore ad anni 5. Pertanto, la causa di non punibilità di cui all'art. 131- bis c.p. non trova applicazione ai casi di ricettazione attenuata di cui al secondo comma dell'art. 648 c.p. in ragione del limite di pena, pari ad anni 6, superiore a quello previsto dal primo comma del citato art. 131- bis c.p. né potendo la previsione del comma 5, secondo cui la non punibilità per tenuità si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o pericolo come circostanza attenuante, condurre a diversa conclusione posto che tale disposizione si limita a prevedere che, nei casi di fatti circostanziati lievi, di tale elemento può tenersi conto due volte, senza introdurre alcuna deroga al limite di pena predetto Sezione II, n. 23419/2017 . Alla stessa stregua, l'istituto della particolare tenuità del fatto non è applicabile quoad poenam al reato di violenza sessuale attenuato dalla minore gravità del fatto perché, anche nel caso di applicazione della diminuente, che nella specie è stata concessa al ricorrente dal Tribunale, la pena massima edittale per il reato di violenza sessuale è diminuita in misura non eccedente i due terzi , con la conseguenza che, in tal caso, la pena edittale va da un anno ed otto mesi di reclusione ossia cinque anni meno due terzi a dieci anni, meno un giorno di reclusione, e ciò implica che, anche ai fini dell’art. 131- bis c.p., la pena massima detentiva va determinata trattandosi di una circostanza attenuante ad effetto speciale che va computata per la determinazione della pena ai fini dell’art. 131-bis, comma 1, c.p. applicando la riduzione, nella misura minima prevista, pari ad un giorno, senza che rilevi l’abbattimento di pena concretamente operato dal giudice, sicché la sanzione si assesta in misura ampiamente superiore ai cinque anni di reclusione rendendo inapplicabile la causa di non punibilità Sezione III, n. 35591/2016 . La scelta del legislatore è stata infatti ispirata al criterio di precludere quoad poenam l’accesso all'istituto ancorando la valutazione sulla pena edittale massima e non su quella minima, con la conseguenza che - salvi i casi delle circostanze autonome, di quelle indipendenti che devono ritenersi comunque ad effetto speciale e di quelle frazionarie che stabiliscono l’aumento o la diminuzione in misura fissa es. da un terzo a due terzi - per le circostanze attenuanti ad effetto speciale le circostanze attenuanti o aggravanti comuni non rilevano in partenza che indicano solo la riduzione massima come nella specie in misura non eccedente i due terzi , la riduzione sulla pena massima è commisurata alla diminuzione minima che, per tutte le attenuanti, è pari ad un giorno .

Indici-criteri per valutare la tenuità del fatto. Il primo degli indici-criteri” così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo – quello della particolare tenuità dell'offesa – si articola, a sua volta, in due indici-requisiti” sempre secondo la definizione della relazione , che sono la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’articolo 133 c.p Si richiede pertanto al giudice di rilevare se, sulla base dei due indici-requisiti della modalità della condotta e dell'esiguità del danno e del pericolo, valutati secondo i criteri direttivi di cui all’articolo 133 c.p., comma 1, sussista l'indice-criterio della particolare tenuità dell'offesa e, con questo, coesista quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità così fin da Sezione III, n. 15449/2015 . E così, è stata ritenuta corretta l’applicazione dell’articolo 131- bis c.p. nel caso in cui, in tema di reato di cui all’articolo 186 del Codice della Strada, il giudice di merito non si sia limitato a valorizzare esclusivamente l'entità dello stato di ebbrezza, ma ha considerato anche le modalità della condotta e l'entità del pericolo o degli eventuali danni cagionati, evidenziando che il comportamento di guida tenuto dall'imputato era del tutto conforme alle regole del codice della strada, tanto che la verifica era stata effettuata nel corso di ordinari controlli di polizia, ed era risultato tale da non rappresentare alcun pericolo per l'incolumità del conducente stesso e degli altri utenti della strada. Il giudizio espresso dal giudice territoriale risultava, pertanto, del tutto compatibile con il riconoscimento della particolare tenuità del fatto , sia in relazione alle modalità della condotta, ritenute particolarmente esigue, che alle conseguenze del reato, non essendo da esso derivato alcun danno o pericolo, e considerata, altresì, la non abitualità della condotta essendo l’imputato incensurato. Tali circostanze si presentano certamente idonee a condurre ad una valutazione della azione del conducente in termini di minore riprovevolezza. Ancora, la causa di esclusione della punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p. non è incompatibile con il delitto di coltivazione di piante idonee a produrre sostanze stupefacenti e psicotrope quando, sulla base di una valutazione in concreto dei quantitativi ricavabili, delle caratteristiche della coltivazione, della destinazione del prodotto, e più in generale sulla base dei principi soggettivi ed oggettivi ricavabili dall'articolo 133 c.p., la condotta illecita sia sussumibile nel paradigma della particolare tenuità dell'offesa Sezione IV, nn. 30238 e 27524 del 2017 . Elencazione tassativa degli indici-criteri? La Suprema Corte sembra orientata nel ritenere che nulla autorizza a ritenere tassative le elencazioni di cui al primo e secondo capoverso dell’articolo 131-bis c.p. già il rilievo che ci si trova dinanzi a indici-criteri rende evidente che si tratta di ipotesi tipizzate dal legislatore, dove sono esclusi margini di discrezionalità nella valutazione del giudice, da intendersi vincolata e da realizzare attraverso un'attività di mero accertamento da ultimo, Sezione V, n. 48352/2017 . Tuttavia, quelli ivi contemplati non possono considerarsi gli unici casi di condotte recanti offese non tenui, ovvero di comportamenti abituali. Sarà comunque precluso ex lege ritenere di particolare tenuità un reato in cui l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa, ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona articolo 131-bis, comma 2, c.p. . Tener conto di tutte” le peculiarità della fattispecie concreta. Le Sezioni Unite hanno ritenuto che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’articolo 133 c.p, comma 1, delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Sezioni Un, n. 13681 del 2016, Tushaj . Il giudizio di tenuità del fatto richiede, pertanto, una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta e non solo di quelle che attengono all’entità dell'aggressione del bene giuridico protetto. L’esiguità del disvalore è, infatti, l'esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno ed alla colpevolezza nel contesto della quale ben potrà ben accadere che si sia in presenza di elementi di giudizio di segno opposto, da soppesare e bilanciare prudentemente. Ad esempio, in un caso di evasione è stato ritenuto che la Corte territoriale ha legittimamente e, comunque non illogicamente, argomentato che la minima offensività del fatto è desumibile dalle concrete modalità delle condotta, atteso che l’imputato era stato colto in pigiama nell’atto di gettare la immondizia nei pressi della propria abitazione Sezione V, 29 maggio 2017, n. 28687 . Alla stessa stregua, non vi è alcuna aprioristica incompatibilità tra la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis c.p., e il reato di rifiuto di sottoporsi ad alcoltest Sezione IV, 15 settembre 2017, n. 42255 . Secondo gli ermellini, la motivazione dei giudici di appello, diretta a negare l'applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, risulta del tutto insufficiente, in quanto basata su una presunzione di pericolosità in astratto del comportamento contestato, senza alcun riferimento al caso concreto. Nella fattispecie, al conducente, persona giovane e incensurata, dopo il rifiuto alla sottoposizione all'alcoltest, fu comunque consentito, di guidare il proprio veicolo sino a casa, senza che avesse causato alcun effettivo pregiudizio alla circolazione ed all'incolumità degli altri utenti della strada prima dell'intervento delle forze dell'ordine. Pertanto, il doveroso apprezzamento in ordine alla gravità dell’illecito connesso all’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. impone di considerare se il fatto illecito abbia generato un contesto concretamente e significativamente lesivo con riguardo ai beni indicati. Per esemplificare, sempre in tema di violazioni al codice della strada, non è indifferente che il soggetto abbia guidato senza patente prima della depenalizzazione in prossimità della propria abitazione e dunque per effettuare un percorso che si presume breve Sezione IV, n. 4522/2016 che ha riconosciuto il beneficio , o chi guidava senza patente ad elevata velocità magari provocando un incidente ledendo l’integrità fisica. Fatto tenue anche nei reati con soglie di punibilità. In generale la previsione di soglie di punibilità all’interno della fattispecie incriminatrice non è incompatibile con il giudizio di particolare tenuità del fatto perché in ogni caso la soglia deve svolgere le proprie funzioni sul piano astratto della selezione categoriale, mentre la particolare tenuità conduce un vaglio nella dimensione effettuale, secondo il paradigma della sussidiarietà in concreto da ultimo, Sezione III, 13 novembre 2017, n. 51597 Sezione IV, nn. 44132/15 e 48843/15 . Così, in materia di guida in stato di ebbrezza alcolica, se la presenza di un grado etilico superiore a quello minimo può deporre in astratto per un fatto non particolarmente tenue ciò non vale in modo assoluto e in concreto così, Sezione IV, n. 23216/16 in quanto il giudice ha il dovere di considerare il fatto nel suo complesso e la gravità dell’ufficio al bene giuridico protetto nel caso di specie, poiché il tasso alcolemico superava di poco il minimo e la condotta trasgressiva non aveva provocati danni la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna e applicato direttamente la causa di non punibilità . Alla stessa stregua, in un caso in cui il giudice di merito valorizzava ai fini della esclusione della punibilità, la circostanza che il tasso alcolemico riscontrato era di poco superiore alla soglia di rilevanza penale essendo risultato pari a 0,2 g/l, alla prima prova e 0,5 g/l alla seconda prova Sezione IV, n. 34377/2017 . Invece, la punibilità non può essere esclusa per la particolare tenuità del fatto se il conducente di un veicolo versa in stato di ebbrezza con un elevato tasso di alcool nel sangue e ha provocato un incidente stradale che ha messo in pericolo la sicurezza di più persone, anche se l’autore del fatto è un soggetto incensurato Sezione IV, n. 1035/2015 . Qualora il conducente in stato di ebbrezza rifiuti di sottoporsi al test antialcool, l’indicato intreccio tra le due contravvenzioni impone di considerare, pure con riferimento al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, previsto dall’articolo 186, comma 7, Cod. Strada, la rischiosità del contesto nel quale l’illecito si iscriva così le gemelle Sezioni Un., nn. 13681 e 13682 del 2016 . Anche in tema di reati tributari si ritiene che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex aert. 131-bis c.p. può essere applicata a tali reati, per i quali è prevista una soglia di punibilità collegata ad un valore da ultimo, Sezione III, 13 novembre 2017, n. 51597 . La Suprema Corte ha affermato il principio, in materia di omesso versamento IVA, che essa causa è applicabili, ma soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nel determinare la soglia di rilevanza penale Sezione III, nn. 9936/2016 . Alla luce di tali principi, è stata annullata la decisione del tribunale del riesame che aveva confermato il sequestro preventivo della somma di 144.568 euro, ritenuta profitto illecito conseguito dal predetto indagato del reato di cui al D. Lgs n. 74/2000, articolo 10-bis, profitto dell'importo di euro 150.369, delle quali versate euro 440,51, ritenendo, tra le altre argomentazioni, che il fatto non potesse essere ricondotto alla causa di non punibilità per lieve entità. Per la Cassazione il Tribunale delle cautela ha negato l'applicazione dell’articolo 131-bis c.p. unicamente sulla rilevanza dei beni giuridici tutelati dalla norma incriminatrice, senza avere svolto alcun esame sulla concreta lesione posta in essere con il reato e senza aver tenuto conto che la soglia nella fattispecie di cui trattasi costituisce il confine della insussistenza, rectius irrilevanza a fini penali del danno provocato all'Erario con il mancato versamento di quanto dovuto ancora, Sezione III, n. 51597/2017 . Rileva anche il dolo tenue”. Tra i parametri per individuare se il fatto è particolarmente tenue vi sono anche quelli afferenti all’elemento psicologico del reato legati ex articolo 131, comma 1, c.p. all’intensità del dolo e della colpa. All’uopo, si è ritenuta corretta l’applicazione della causa di non punibilità al delitto di evasione qualora il soggetto agente, in via del tutto episodica ed occasionale, si sia allontanato dall’abitazione e si sia recato in uno spazio condominiale col precipuo fine, rivelato da inequivoche circostanze fattuali, di far ritorno nei confini assegnati dal provvedimento giurisdizionale, il che risulta evocativo di un dolo di scarsa intensità, rilevante in virtù del combinato disposto degli artt. 131-bis c.p. e 133 commi 1 n. 3 c.p. Sez. VI, n. 19126/16 .

La particolare tenuità presuppone un fatto offensivo”. Giova premettere che l’art. 131- bis c.p. è applicabile in presenza di un reato perfezionato in tutti i suoi elementi, compresa, quindi, l’offensività. Il presupposto della norma è che l’offesa al bene vi sia effettivamente stata ma che questa sia, nel caso concreto, di minima consistenza e quindi, irrilevante”. Invero, l’istituto presenta parecchie insidie applicative” che possono portare ad esiti giudiziari contra imputato in quanto in presenza di fatti non tipici perché inoffensivi o di fatti non costituenti reato per assenza dell’elemento soggettivo , l’applicazione della particolare tenuità del fatto – che prima face sembra essere favorevole all’imputato – a casi in cui quest’ultimo andava assolto. Individuazione del minimun di offesa prima del danno . Per individuare il piano della tipicità inerente alla particolare tenuità del fatto, la previsione dell’art. 131 c.p., comma 5 l’istituto trova applicazione anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante rende già evidente la necessità di una chiarificazione preliminare un conto è discutere di tenuità del danno stricto sensu , che - segnatamente laddove evocata per descrivere le conseguenze di una condotta criminosa sul piano patrimoniale - si esaurisce in una connotazione del fatto ben altro è invece affrontare il problema della sussistenza e dell'eventuale tenuità dell’offesa, che involge problemi di tipicità e di qualificazione giuridica. Il fatto offensivo - di beni giuridici di rango costituzionale - è comunque un fatto tipico, anche nelle ipotesi in cui l'offesa si riveli particolarmente tenue e, mentre la dimensione quantitativa del danno può individuarsi soltanto all'esito di una indagine di merito, l’individuazione di un minimum di offesa attiene alla ricerca degli elementi necessari per sussumere la fattispecie concreta sub judice nel disegno astratto contemplato da una norma incriminatrice attività cui è certamente chiamato anche il giudice di legittimità . L’art. 131-bis c.p. come norma riduttiva della punibilità. Ad ogni modo, con l’entrata in vigore della norma de qua deve rilevarsi che per la prima volta il legislatore consente che un fatto tipico, antigiuridico e colpevole ma tale da presentare un quantum di lesività di consistenza modestissima sfugga alla risposta sanzionatoria penale, perché non proporzionata a quel grado di offesa e dunque non giustificata viene così in rilievo la cosiddetta concezione gradualistica del reato, non solo in senso quantitativo come già autorizzavano a ritenere le previsioni analoghe all’art. 62 c.p., comma 4 , ma altresì in senso qualitativo, sul piano di una valutazione complessiva del disvalore da ricollegare alla condotta ed all'evento cagionato. In tale prospettiva, la norma in esame assume una portata speculare a quelle che, nella medesima parte generale del codice penale, svolgono funzione estensiva, come gli artt. 56 o 110 in base a queste ultime previsioni, condotte altrimenti atipiche perché non realizzative della fattispecie astratta disegnata dalla norma incriminatrice, ma solo connotate da idoneità ed inequivocità verso la commissione di un delitto, ovvero consistenti in forme di partecipazione materiale o psicologica al fatto tipico posto in essere da altri divengono passibili di sanzione penale l’art. 131- bis , al contrario, presiede ad una funzione che sul piano sostanziale potrebbe definirsi riduttiva, non consentendo che la sanzione penali operi in ordine a condotte che sarebbero - e rimangono - tipiche. In altri termini, la norma in esame, ove correlata a tutte le disposizioni di legge che ne rendano possibile l'applicazione in ragione delle previsioni sanzionatorie edittali, ne viene a tracciare - in punto di tipicità - una linea di confine inferiore, che la dottrina ha già avuto modo di definire quale limite tacito della norma penale”. Si applica anche ai reati di pericolo. Secondo quanto disposto dall'articolo 131- bis c.p., la causa di non punibilità per particolare tenuità è applicabile anche ai reati di pericolo, in quanto vi è espresso riferimento alla sua esiguità, congiuntamente a quella del danno per l'esiguità del danno o del pericolo . La valutazione deve quindi estendersi anche all'accertamento della sussistenza o meno di tale esiguità, ovvero deve identificare e commisurare il grado di pericolo discendente dalla concreta condotta dell’imputato Sezione III, n. 9129/2017 . La Suprema Corte ha tuttavia cassato una sentenza di assoluzione dal reato di cui al d.lgs. n. 81/l 2008, art. 122, per avere il titolare di una ditta di ponteggi adottato nei lavori in quota opere adeguate per evitare i pericoli di caduta di persone e di cose. Il Tribunale, dopo avere dato atto della concreta esistenza di un pericolo che non ha qualificato esiguo sottolineando anche che l'assenza delle opere necessarie ha implicato necessariamente un'intrinseca pericolosità, dopo avere accertato che i lavori in questione dovevano eseguirsi ad un'altezza superiore ai due metri -, omette completamente il vaglio del concreto livello del pericolo laddove espone le ragioni per cui applica l’art. 131- bis c.p., le quali sono il titolo di reato, l’incensuratezza del prevenuto, l'occasionalità del comportamento e la successiva realizzazione delle prescrizioni impartite dall'ispettorato del lavoro. E al delitto tentato. Anche se non espressamente previsto, l’art. 131-bis deve ritenersi applicabile anche ai casi di tentativo, in ragione del fatto che il delitto tentato è, per giurisprudenza costante, un’autonoma figura di reato. Il calcolo dell’entità della pena prevista in astratto, al fine di verificare l'applicabilità del fatto tenue andrà, quindi, coerentemente effettuato con riferimento alla cornice edittale del delitto tentato e non della corrispondente fattispecie di delitto consumato. Ciò si rileva particolarmente importante nelle ipotesi di furto tentato in supermercato ove l’agente viene costantemente seguito dalla sorveglianza , aggravato dall’utilizzo di un mezzo fraudolento o dalla violenza sulle cose che essendo circostanze ad effetto speciale, rientra nelle circostanze di cui il giudice deve tenere conto nel calcolo del massimo edittale 6 anni , ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità, per espressa previsione dell'art. 131-bis comma 4, c.p.

Si applica anche ai reati militari. La Suprema Corte ha sancito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131- bis c.p., è applicabile ai reati militari, essendo tale istituto riferito alle pene detentive e pecuniarie comuni e alla reclusione militare Sezione I, n. 30694/2017 . Si consideri, in proposito, che l’indicato decreto legislativo è stato emanato in attuazione della delega conferita con la legge n. 67/2014, art. 1, comma 1, lett. m , portante deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio, disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili. L'art. 1 della citata legge delega, che ha attribuito al Governo la facoltà di adottare uno o più decreti legislativi per la riforma del sistema delle sanzionatorio penale, ha fatto riferimento alle sanzioni penali laddove sono stati fissati i seguenti principi e criteri direttivi a prevedere che le pene principali siano l'ergastolo, la reclusione, la reclusione domiciliare e l'arresto domiciliare, la multa e l’ammenda . La successiva lett. m del medesimo art. 1, comma 1, della legge delega, che ha introdotto l’ulteriore principio e criterio direttivo per escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni , non può che essere interpretata, in ottica sistematica, nel contesto dei restanti principi e criteri di delega e, in particolare, di quelli indicati alla citata alla lett. a , i quali si riferiscono alle sanzioni penali comuni di cui all’art. 18 c.p Si consideri, in proposito, che a mente dell’art. 23 c.p.m.p. sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale è compresa, oltre le pene indicate nell’art. 18 c.p., comma 1, anche la reclusione militare . Non si applica davanti al Giudice di Pace. Le Sezioni Unite, nella recente pronuncia n. 53683, le cui motivazioni sono state depositate il 28 novembre 2017, ha invece stabilito che La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace, distinguendo tra la funzione e vocazione deflattiva della nuova particolare tenuità del fatto ed in quest’ottica si comprende la mancanza di un veto della persona offesa alla dichiarazione di non punibilità e la diversa funzione conciliativa del processo dinanzi al giudice di pace, ove invece l’art. 34 d.l. n. 274/2000 prevede il consenso quale condicio sine qua non per accedere alla tenuità. Le Sezioni Unite escludono che il criterio di specialità ex art. 15 c.p. possa dare una risposta soddisfacente al rapporto tra le due tenuità in quanto ciascuno dei due precetti è portatore di elementi specializzanti, che valgono semmai a qualificarlo come rapporto di interferenza. Ritengono invece gli ermellini che l’art. 16 c.p. dimostra come debba applicarsi il principio generale di espansività delle disposizioni codicistiche alle materie regolate da altre leggi penali cioè quelle speciali, come recita la rubrica della norma . Pertanto, posto che al decreto in materia di processo penale dinanzi al giudice di pace si addice il carattere di legge penale speciale” ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 c.p., la ricerca per l’interprete a fronte dell’introduzione di un nuovo modello normativo – qual è quello dell’art. 131- bis c.p. – avente ad oggetto la stessa materia già regolata in modo completo dall’art. 34 del d.l. n. 274/2000, non può limitarsi al confronto tra quest’ultimo e il precetto successivo ma deve elevare il proprio orizzonte fino a verificare se la legge penale speciale nel suo complesso – così come avviene in materia di tenuità del fatto – non contenesse già un’autonoma disciplina della materia, mirata rispetto alla finalità conciliativa del procedimento.

La tenuità del fatto non travolge la confisca. La Suprema Corte ha statuito che la misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi cfr. art. 6 legge n. 152/1975 ed è obbligatoria anche in caso di archiviazione del procedimento, ove non venga ritenuta l'insussistenza del fatto tale obbligatorietà vale anche nell'ipotesi in cui il fatto sia dichiarato non punibile ai sensi dell’art. 131- bis c.p. Sezione I, n. 31683/2017 . Nel caso di specie, l’imputato veniva condannato nei giudizi di merito per i reati di cui al r.d. n. 635/1940, art. 58, comma 3, r.d. n. 773/1931, artt. 38 e 221 perché ometteva di denunciare ai Carabinieri il trasferimento di due carabine dalla propria abitazione in altro luogo, e del reato di cui all’art. 697 c.p., perché deteneva 4 munizioni cal. 22 senza averne fatto denuncia all'autorità. Ebbene, la Cassazione ha direttamente disposto la confisca, omessa dal giudice di merito, pur annullando senza rinvio la sentenza di condanna avendo ritenuto sussistente d'ufficio la causa di non punibilità di cui all'articolo 131- bis c.p In altra pronuncia, la Suprema Corte ha confermato la conservazione della misura di sicurezza patrimoniale della confisca, pur in presenza della sentenza con la quale è stata dichiarata la non punibilità del fatto, stante la sua particolare tenuità, come la affermazione della particolare tenuità del fatto o, come anche si esprime il legislatore nel testo della disposizione contenuta nell’art. 131-bis c.p., della offesa da esso derivante a carico del bene interesse tutelato dalla norma, è fattore tale da elidere, per evidenti ragioni di politica criminale la cui valutazione è rimessa alla discrezionalità del legislatore , la sola punibilità della condotta, cioè la corrispondenza ad essa del diritto-dovere da parte dell’ordinamento di irrogare la sanzione penale, ma non è anche fattore idoneo ad escludere nella medesima condotta la esistenza di tutte le altre caratteristiche proprie dell’illecito penale, che anzi ne viene, in qualche modo, accertato nei suoi profili strutturali Sezione III, n. 16463/2017 . Nel caso di specie, la Corte di appello riformava la sentenza di condanna per il reato di attività di trasporto dei rifiuti speciali, costituiti da materiale ferroso, in assenza della prescritta autorizzazione art. 6, lett. d, n. 1 d.l. n. 172/2008, conv. L. 210/2008 , dichiarando il prevenuto non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p., stante la particolare tenuità del fatto a lui contestato. Mentre il ricorrente riteneva che la confisca del veicolo utilizzato andasse revocata in quanto prevista solo in caso di pronuncia di condanna mentre la particolare tenuità del fatto non potrebbe comportare la confisca del bene che è servito alla sua commissione , per la Cassazione il dato che quest’ultima costituisca fonte di accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, dimostra che il fatto stesso, benché positivamente contraddistinto dalla particolare tenuità dell’offesa che esso arreca al bene interesse tutelato, costituisce, tuttavia, pur sempre un illecito penale, la cui unica caratteristica, che lo rende peraltro peculiare nel nostro ordinamento, è che ad esso non corrisponde la attivazione dello ius puniendi o, come altri preferisce dire, della potestas puniendi dello Stato. La tenuità del fatto va equiparata a tali fini alla sentenza di condanna. La riaffermata natura illecita del fatto – continuano gli ermellini – giustifica, pertanto, la ricorrenza degli altri effetti penali ad esso riconnessi, eccezion fatta, come sopra detto, per la applicazione della pena e per quelle conseguenze che direttamente conseguono alla applicazione di questa si immagini a tale proposito, quale ipotesi esemplificativa, la previsioni di cui al combinato disposto dell’art. 164, commi 2, n. 1, e 4, c.p., che inibisce la concessione della sospensione condizionale della pena a chi abbia riportato una precedente condanna a pena detentiva per un precedente delitto che, sommata a quella da infliggere, superi i limiti quantitativi previsti dal precedente art. 163 . Fra tali eccezioni non ritiene il Collegio che rientri l’effetto penale previsto dall’art. 6, comma 1- bis , d.l. n. 172/2008, convertito con legge n. 210/2008, il quale prevede, quale conseguenza della attribuzione di una delle fattispecie previste dal predetto art. 6, se commessa attraverso l’uso di un veicolo, il sequestro preventivo di esso nel corso delle indagini preliminari e, in caso di sentenza con la quale viene accertata la penale responsabilità per tale dovendosi intendere la espressione sentenza di condanna” anche ove a detta condanna non venga collegata la materiale irrogazione di alcuna pena , la confisca di detto veicolo sempre Sezione III, n. 16463/2017 .

Tenuità e quantum edittale. Si è ritenuto che potrà senz’altro escludersi l’applicabilità della norma sia stata essa valutata o meno in precedenti gradi di giudizio laddove risulti inflitta una condanna a pena che si discosti dal minimo edittale, od in ipotesi nelle quali le circostanze attenuanti generiche, seppure concesse, debbano intendersi minusvalenti rispetto ad eventuali circostanze di segno contrario Sezione V, n. 44387/2015 . Ancora, Sezione V, n. 39806/2015, ove si legge che l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131- bis c.p. non può essere dichiarata in presenza di una sentenza di condanna che abbia ritenuto pienamente giustificati, specificamente motivando, la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, configurandosi, in tal caso, l'esclusione di ogni possibile valutazione successiva in termini di particolare tenuità del fatto. In senso contrario, tuttavia, correttamente Sezione III, 20 luglio 2017,n. 35757 ha ricordato che se da un lato il riconoscimento delle generiche non è incompatibile con la negazione della particolare tenuità del fatto, è evidente che a volte la ragione per la quale la pena viene determinata sulla base di una sanzione superiore al minimo edittale è, expressis verbis , legata al fatto che l’imputato vanta dei precedenti penali, sia pure legati a reati aventi diversa natura rispetto a quello ora in discorso. Tenere distinta la personalità del reo dalla offensività della condotta. Pertanto, il criterio di commisurazione della pena basato sulla capacità criminale del prevenuto, pur pienamente corretto se considerato in relazione alla finalità dosimetrica, si fonda, tuttavia, su elementi estranei alla materialità del reato commesso e sulla gravità o meno della lesione inferta tramite esso al bene interesse tutelato. Infatti va precisato, che la rilevata presenza di numerosi precedenti penali a carico dell’imputato non può costituire implicita motivazione del mancato accoglimento della richiesta dell'imputato di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, atteso che i parametri di valutazione previsti dal comma primo dell'art. 131 - bis c.p., hanno natura e struttura oggettiva pena edittale, modalità e particolare tenuità della condotta, esiguità del danno , mentre quelli connessi al corredo penale gravante sull'imputato attengono ad aspetti evidentemente collegati ai profili soggettivi del reo e, pertanto, non significativi ai fini della valutazione concernente la tenuità o meno della offesa arrecata attraverso la commissione del reato, dovendosi infatti tenere distinto il piano della valutazione della personalità del reo da quello avente specificamente ad oggetto la offensività della condotta dal medesimo posta in essere Sezione V, n. 45533/2016 Sezione IV, n. 7905/2016 . Pertanto, deve escludersi che la circostanza che a carico dell’imputato il giudice abbia ritenuto, in ragione del fatto che lo stesso fosse gravato da precedenti penali, di dovere irrogare una pena commisurata ad una sanzione superiore, quale sua base di calcolo, alla pena edittale minima, possa valere quale implicita legittima motivazione volta ad escludere che la fattispecie potesse essere sussunta entro l'ambito della non punibilità ex art. 131- bis c.p Attenuanti generiche e particolare tenuità del fatto, diversità dei parametri di valutazione. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la rilevata presenza di numerosi precedenti penali non possono costituire implicita motivazione del mancato accoglimento della richiesta dell'imputato di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, in quanto i parametri da valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche sono prevalentemente collegati ai profili soggettivi del reo sempre Sezione V, n. 45533/2016, fattispecie in cui il giudice di appello aveva comunque inflitto il minimo edittale della pena . Circostanze attenuanti e particolare tenuità del fatto. Per Sezione V, n. 48352/2017 dalla previsione dell'art. 131- bis , comma 5, secondo cui l'istituto trova applicazione anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante, ne consegue che un fatto, da considerare attenuato in ragione della modestia del danno arrecato intuitivo ed immediato si palesa, ad esempio, il richiamo all'ipotesi di cui all’art. 62, n. 4, c.p. , dunque meritevole di una pur meno rigorosa sanzione, ben può ritenersi caratterizzato da modesta offensività all'esito di una valutazione complessiva, sì da non giustificare - malgrado ci si trovi al cospetto di un fatto che integra illecito penale - alcuna risposta sanzionatoria. Di diverso avviso, Sezione V, n. 44634/2016 , per la quale non risulta invero incompatibile la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, - come è avvenuto nella fattispecie in esame da parte del giudice di primo grado - ed il diniego, nel contempo, della causa di non punibilità di cui all’art. 131- bis c.p., operando i due istituti su piani diversi nel primo caso, infatti, l'ambito valutativo è circoscritto ai delitti contro il patrimonio o che offendono il patrimonio e tiene conto del mero valore economico del danno, e degli ulteriori effetti pregiudizievoli cagionati alla persona offesa a seguito della condotta delittuosa complessivamente valutata nel secondo caso l'ambito valutativo attiene ad una causa di esclusione della punibilità che non è ristretta ai reati contro il patrimonio e l'esiguità del danno costituisce solo uno dei segmenti valutativi, dovendo coniugarsi alle modalità della condotta, tali da determinare appunto la particolare tenuità del fatto. In sostanza, nella fattispecie in esame la Corte territoriale, al di là del riferimento al valore della merce sottratta di 1000,00 euro per la qualità della persona offesa, soggetto inserito nella grande catena di distribuzione dei prodotti di consumo , ha inteso mettere in risalto proprio la diversità dei due istituti ed in tali termini deve essere interpretato il diniego del riconoscimento della causa di non punibilità in questione. Non punibilità per particolare tenuità del fatto e condotte riparatorie. La Suprema Corte esclude che le condotte riparatorie o il risarcimento del danno possano concorrere alla particolare tenuità del fatto in quanto costituiscono accadimenti tutti verificatisi successivamente al fatto di reato e, come tali, nella prospettiva di valutazione invocata, del tutto irrilevanti Sezione II, n. 41742/2015 e Sezione V, n. 38961/2015 . Invece, la giurisprudenza di merito riconosce rilievo alle condotte riparatorie e risarcitorie nella valutazione della tenuità dell’offesa, con riferimento all’entità del danno oppure all’intensità dell’elemento soggettivo cfr, Tribunale di Milano, 24 marzo 2016, n. 3738 Tribunale di Rovereto, 17 marzo 2017 .

L’orientamento prevalente. Di recente, Sezione V, n. 48352/2017 , nell’annullare la pronuncia concedente la causa di punibilità, ha statuito che il giudice di merito non ha valutato che l’imputato commise due delitti anche il concorso nel danneggiamento, a prescindere dalla successiva remissione della querela reati, in ipotesi, avvinti da identico disegno criminoso, con la conseguente necessità di prendere atto che secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale – l’istituto di cui all’art. 131-bis c.p. non opera in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, e giudicati nel medesimo procedimento, configurando anche il reato continuato una ipotesi di comportamento abituale , ostativa al riconoscimento del beneficio Sezione III, nn 29897/2015 e 40650/2016 Sezione V, n. 4852/2017 . Secondo tale orientamento, l’art. 131- bis c.p., nel descrivere il contenuto dell'abitualità ostativa alla concessione del beneficio, richiede uno specifico accertamento giudiziale solo nel caso in cui l'imputato sia stato dichiarato delinquente abituale professionale o per tendenza. Diversamente, negli altri due casi previsti dalla norma, ovvero quando vi sia la consumazione di più reati della stessa indole anche se ciascun fatto in sé considerato sia di particolare tenuità e quando sia contestato un reato che abbia ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, il riconoscimento della condizione ostativa non richiede una pregressa dichiarazione giudiziale. Osterebbe, quindi, alla concessione del beneficio, la mera reiterazione , ovvero una circostanza squisitamente oggettiva riconoscibile non solo nell'ipotesi di recidiva, ma anche nei casi in cui si proceda a per più reati della stessa indole, anche se gli stessi se isolatamente considerati siano di particolare tenuità b per un reato a struttura abituale. Secondo detta pronuncia, quindi, perché sia riconoscibile l'attributo dell'occasionalità, i comportamenti contestati non solo non devono replicare condotte già oggetto di accertamento giudiziale, ma non devono neanche avere una struttura intrinsecamente abituale o inserirsi in una progressione criminosa consolidabile con il riconoscimento della continuazione Sezione II, n. 1/2017 . Il contrapposto orientamento. In senso contrario, si è invece ritenuto che causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131- bis c.p. può essere dichiarata anche in presenza del riconoscimento del vincolo della continuazione interna o esterna, se con due azioni omissioni ovvero se con più di due azioni o omissioni, se in violazione della stessa norma di legge ovvero di norme diverse , giacché quest'ultima non si identifica automaticamente con l'abitualità nel reato, ostativa al riconoscimento del beneficio, non individuando comportamenti di per se stessi espressivi del carattere seriale dell'attività criminosa e dell'abitudine del soggetto a violare la legge Sezione II, n. 19932/2017 . Invero, non vi può essere una identificazione tout court tra continuazione e abitualità nel reato atteso che il legislatore delegato, nell'introdurre la nuova causa di non punibilità, ha preferito ricorrere ad un concetto diverso da quello di occasionalità scelta che si giustifica con la volontà di assicurare all'istituto un più esteso ambito di operatività, escludendovi solo quei comportamenti espressivi di una seriazione dell'attività criminosa e di un’abitudine del soggetto a violare la legge, desumibile dagli indici rivelatori a tal scopo predisposti nel comma 3. La condizione ostativa costituita dalla commissione di più reati della stessa indole non appare per nulla sovrapponibile all'ipotesi del reato continuato, bensì risponde all’intento di escludere dall'ambito di applicazione della nuova causa di non punibilità comportamenti espressivi di una sorta di tendenza o inclinazione al crimine inoltre, quanto alla condizione ostativa costituita da reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, essa chiaramente riguarda i reati che strutturalmente richiedono che l'agente ponga in essere condotte reiterate nel tempo o abituali. Escludere il reato continuato dall'area di operatività dell’art. 131- bis c.p. significa perseguire un effetto contrario alla intentio legis , finendo con il pregiudicare l'imputato che, per assurdo, pur beneficiando del regime sanzionatorio di favore di cui all’art. 81 c.p., gli riserva un contraddittorio trattamento di sfavore impedendogli, senza alcuna possibilità di deroga, di accedere alla causa di non punibilità dell’art. 131- bis c.p. e tutto questo per tacere l'effetto di frustrazione dell’obiettivo di deflazione processuale perseguito dal legislatore, il cui conseguimento risulterebbe notevolmente limitato qualora si escludesse automaticamente la possibilità di una declaratoria di particolare tenuità del fatto in presenza di più reati uniti dal vincolo della continuazione ancora Sezione II, n. 19932/2017 . Soppesare le continuazione in tutti i suoi aspetti. Qualora si sposi quest’ultimo orientamento, questo non significa che la presenza del reato continuato debba comunque consentire l’accesso alla causa di non punibilità in parola consentendo di valutare favorevolmente se non addirittura, di presumere al contrario la presenza dei due indici-criterio della particolare tenuità dell'offesa e della non abitualità del comportamento significa solo che il giudice, sulla base dei due indici-requisiti della modalità della condotta e dell'esiguità del danno e del pericolo, dovrà soppesare” l'incidenza della continuazione in tutti i suoi aspetti tra questi gravità del reato, capacità a delinquere, precedenti penali e giudiziari, durata temporale della violazione, numero delle disposizioni di legge violate, effetti della condotta antecedente contemporanea o susseguente al reato, interessi lesi e/o perseguiti dal reo, motivazioni - anche indirette - sottese alla propria condotta per giungere ad esprimere un giudizio di meritevolezza o meno al riconoscimento della causa di non punibilità. L’orientamento intermedio per la continuazione sincrona”. In posizione intermedia rispetto ai due citati filoni di legittimità si pone la decisione della Quinta Sezione della Suprema Corte n. 35590/2017 , la quale ha affermato che non è ostativa all’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131- bis c.p. la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, qualora questi riguardino azioni commesse nelle medesime circostanze di tempo e di luogo. Essa, pertanto, può ricorrere, anche a fronte di reato continuato, ove le più violazioni siano avvenute con distinte azioni ma nelle medesime circostanze di tempo e luogo giacché, in tal caso, la volizione criminosa è sostanzialmente unica stante la contemporanea esecuzione delle distinte azioni delittuose e, non già, ripetuta nel tempo. Tale pronuncia prende atto del prevalente orientamento di legittimità per cui il reato continuato appaia incompatibile con l'applicabilità della speciale norma portante causa di non punibilità, stante la dimostrazione dell'abitualità a reati della medesima indole, ma la fattispecie in dette occasioni esaminata riguardava la c.d. continuazione diacronica”, ossia di delitti commessi in momenti spazio temporali distinti tra loro. Dunque il fatto - reato, nei casi esaminati in detti arresti, non era espressione di condotta estemporanea di persona altrimenti osservante delle regole poste dal diritto penale e dal vivere civile. Nella specie tuttavia, come dianzi sottolineato, i due delitti contestati all’imputato sono stati consumati nelle medesime circostanze di tempo e luogo poiché lo stesso, invitato a lasciare la casa altrui per successione ereditaria , non solo v'era rimasto ma ebbe pure contemporaneamente a minacciare la titolare. Alla luce della ricostruzione dell'istituto, disciplinato dall’art. 131- bis c.p., appare evidente che non assume rilevo la circostanza che si siano violate con la medesima azione più volte la stessa norma ovvero più norme incriminatrici - ipotesi ex art. 81 c.p., comma 1 - ed anche che le violazioni siano avvenute con distinte azioni ma nelle medesime circostanze di tempo e luogo - continuazione ex art. 81 c.p., comma 2 sincrona. Difatti in tutte le sopra citate ipotesi appare evidente che la volizione criminosa, anche se nell'ambito di un disegno criminoso unitario, sia stata sostanzialmente unica stante la contemporanea esecuzione delle distinte azioni delittuose e, non già, ripetuta nel tempo, seppur sempre in applicazione dell'unitario disegno criminoso, condotta che comunque presuppone singola volizione a sostegno dell'ulteriore azione illecita commessa in diverse condizioni di tempo e luogo. La volontà criminosa quando regge singola azione od anche più azioni, ma poste in essere nel medesimo contesto spazio temporale, non appare incompatibile con il concetto di estemporaneità dell'azione illecita rispetto alla positiva personalità del reo, posto alla base della disciplina della causa di non punibilità di cui all’art. 131- bis c.p L'unitarietà del contesto, in cui sono poste in esser diverse condotte illecite, può fondatamente lumeggiare che l’azione criminosa rimarrà fatto estemporaneo e cosi probabile il recupero sociale del reo, principio alla base dello scopo della pena secondo il dettato costituzionale e non osta all'applicabilità della speciale causa di non punibilità in questione.

Sul concetto di abitualità” della condotta. La nozione di non abitualità si ricava, a contrario, dalla previsione del comma 3 dell’art. 131-bis c.p., secondo cui il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate . Le Sezioni Unite, nella sentenza Tushaj, hanno precisato che la nozione di comportamento non abituale è frutto del sottosistema generato dal 131- bis c.p., ed al suo interno deve essere letto. È, pertanto, fuorviante riferirsi, nella interpretazione della stessa, alla categoria della recidiva. L'intento del legislatore è stato, infatti, quello di escludere dall'ambito della particolare tenuità del fatto condotte seriali ed il tenore letterale della disposizione lascia intendere che l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole dunque almeno due diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell’art. 131- bis c.p Solo il terzo illecito della medesima indole dà, pertanto, legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto. I reati ben possono, inoltre, essere successivi a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva, fondata su un distinto apprezzamento. Così, ad esempio, si è ritenuto corretta l’esclusione nella specie la condizione ostativa del comportamento abituale, in quanto l'imputato, al momento della commissione del fatto, era sottoposto alla misura coercitiva degli arresti domiciliari e non risultavano essere state poste in essere altre violazioni. Vi era un unico precedente penale a carico dell’imputato, risalente nel tempo e, pertanto, non sussistevano le condizioni minimali per ravvisare la condizione ostativa del comportamento abituale, che, peraltro, non può essere confusa con la recidiva o con una generica proclività a delinquere dell'imputato. La norma intende escludere dall'ambito della particolare tenuità del fatto comportamenti seriali”. Parimenti non oscuro è il riferimento alla commissione di più reati della stessa indole . In primo luogo, non si parla di condanne ma di reati. Inoltre, il tenore letterale lascia intendere che l'abitualità si concretizza in presenza di una pluralità di illeciti della stessa indole dunque almeno due diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si pone la questione dell'applicabilità dell'art. 131- bis . In breve, il terzo illecito della medesima indole dà legalmente luogo alla serialità che osta all'applicazione dell'istituto. L’alterità al plurale dei reati diversi da quello oggetto del processo non lasciava dubbio che la serialità ostativa si realizza quando l'autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita. I reati possono ben essere successivi a quello in esame, perché si verte in un ambito diverso da quello della disciplina legale della recidiva ed era in questione un distinto apprezzamento in ordine, appunto, alla serialità dei comportamenti. Si è così esclusa la condizione ostativa del comportamento abituale, in un caso in cui l’imputato di evasione, al momento della commissione del fatto 8 marzo 2014 , era sottoposto alla misura coercitiva degli arresti domiciliari dal 3 agosto 2013 e non risultavano essere state poste in essere altre violazioni. L'unico precedente penale a suo carico per evasione, del resto, risaliva al 1995 e, pertanto, non sussistevano le condizioni minimali per ravvisare la condizione ostativa del comportamento abituale, che, peraltro, non può essere confusa con la recidiva o con una generica proclività a delinquere dell'imputato Sezione VI, n. 26867/2017 . La pluralità dei reati può concretarsi non solo in presenza di condanne irrevocabili, ma anche nel caso in cui gli illeciti si trovino al cospetto del giudice che, dunque, è in grado di valutarne l'esistenza come ad esempio nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui ancora Sezioni Unite, n. 13681 cit. . Di conseguenza, la non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere esclusa per lo spacciatore di sostanze stupefacenti solo sulla base di precedenti denunce per reati della stessa specie, in assenza di condanne. A precisarlo è la Cassazione che accoglie la tesi del ricorrente che riteneva di aver diritto all'applicazione dell'articolo di cui all'articolo 131- bis c.p. Per la Corte, dunque, semplici denunce, non seguite da un procedimento penale né da un accertamento giudiziale, non impediscono l'applicabilità della causa di non punibilità Sezione III, n. 36616/2017 . Reati eventualmente abituali. La causa di non punibilità di cui all'art. 131- bis c.p. non può essere applicata ai reati eventualmente abituali che siano stati posti in essere mediante la reiterazione della condotta tipica. La Suprema Corte ha così escluso la ricorrenza della particolare tenuità del fatto con riferimento al reiterato trasporto non autorizzato di notevoli quantità di materiale ferroso, di cui al reato eventualmente abituale previsto dall'art. 256, comma primo, d.lgs. n. 152/2006 Sezione III, n. 30134/2017 e n. 48318/2016 .