Non punibilità per “tenuità del fatto”: primi orientamenti in giurisprudenza

Il 2 aprile 2015 è entrato in vigore il d.lgs. n. 28/2015, recante disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Con tale intervento normativo il legislatore – dando attuazione all’art. 1, comma 1, lett. m , l. n. 67/2014 contenente deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio – ha conciliato i principi costituzionali dell’obbligatorietà dell’azione penale art. 112 Cost. e della necessaria finalità rieducativa della pena art. 27 Cost. , che presuppone la proporzionalità tra la sanzione irrogata e la condotta di reato commessa.

Il nuovo istituto – che presenta una disciplina di diritto sostanziale e una processuale che si esamineranno in dettaglio più avanti – ruota intorno all’introduzione dell’art. 131- bis del codice penale che viene rubricato esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto , andandosi ad affiancare, con le dovute differenze e le finalità soggettive e oggettive, alle analoghe figure per irrilevanza del fatto già presenti nell’ordinamento minorile art. 27 d.P.R. n. 448/1988 e in quello relativo alla competenza penale del Giudice di Pace art. 34 d.lgs. n. 274/2000 . In particolare, come recita il comma 1 del neo articolo 131-bis del codice penale, nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. Inquadramento sistematico della tenuità del fatto. Non si tratta di una depenalizzazione in quanto con il nuovo istituto non viene meno l’esistenza del reato o alcuno dei suoi elementi costitutivi, ma al contrario l’offesa, per essere qualificata di particolare tenuità, deve ricorrere. La norma presuppone infatti un fatto tipico, antigiuridico e colpevole ma non punibile”. Il reato è integrato ma per ragioni di opportunità politico-criminale l’ordinamento giuridico ritiene di non ricorrere all’applicazione della sanzione penale. Si attribuisce così al giudice il potere di verificare, nel caso concreto, i fatti che non meritano di essere puniti, perché per le loro modalità, per la lievità del danno o del pericolo cagionato, per la loro occasionalità hanno arrecato una offesa troppo lieve per meritare una sanzione penale. Per tale motivo, La Corte di Cassazione, sez. III, con la sentenza n. 27055 depositata il 26 giugno 2015, ha affermato che la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p Non siamo nemmeno nell’ambito del reato impossibile, che già disciplinerebbe i casi di reati inidonei a ledere il bene protetto, in quanto l’art. 49, comma 2, c.p. ha un ambito di applicazione assai più ristretto, limitato ai reati di evento e solo qualora l’evento del reato sia impossibile. La tenuità del fatto, invece, si applicherà ad ipotesi di reato perfette” in tutti gli elementi ma caratterizzate da una lieve offesa lesione o messa in pericolo del bene protetto. Secondo l’orientamento del Tribunale di Milano, l'art. 131- bis c.p. introduce nell'ordinamento una causa di esclusione della punibilità in senso stretto, che presuppone la sussistenza di un reato, integrato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi ed esprime considerazioni attinenti alla non opportunità di punire fatti non 'meritevoli' di pena, nel rispetto dei principi di proporzione e sussidiarietà della sanzione penale Trib. Milano, sentenza 9 aprile 2015, dep. 23 aprile 2015, n. 3936 9 aprile 2015, dep. 21 aprile 2015, n. 3937 16 aprile 2015, dep. 29 aprile 2015, n. 4195. La qualificazione dell'istituto come causa di esclusione della punibilità si può desumere - rileva il Tribunale milanese - da diversi elementi a tenore letterale della norma, che prevede che la punibilità è esclusa e reca come rubrica esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto b intenzione del legislatore la Relazione allo schema di decreto, che si riferisce all'istituto sempre in termini di esclusione della punibilità e precisa più volte che l'accertamento della particolare tenuità del fatto presuppone la sussistenza di un reato e riflette valutazioni attinenti all'opportunità di punire, richiamando, in tal modo, le caratteristiche proprie delle cause di esclusione della punibilità in senso stretto c collocazione sistematica della nuova norma appena prima degli articoli che disciplinano il potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena ove si fa riferimento a valutazioni che il giudice deve effettuare dopo aver accertato sussistenza di un reato d la circostanza che, ai sensi dell’art. 651 c.p.p., la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto all'esito del dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale . Il tribunale milanese esclude, quindi, che si tratti di una condizione di procedibilità, a differenza dell’analogo istituto previsto nell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 nei giudizi dinanzi al Giudice di Pace, che regola una causa di improcedibilità, come ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 25 del 3 marzo 2015 .

Applicabilità a tutti” i processi in corso. Come affermato dalla Cassazione nella pronuncia n. 15449/2015, poiché il decreto legislativo non prevede una disciplina transitoria, va preliminarmente verificata la possibilità di applicare la nuova disposizione anche ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore. La natura sostanziale dell’istituto di nuova introduzione induce ad una risposta positiva, con conseguente retroattività della legge penale più favorevole, secondo quanto stabilito dall’art. 2, comma 4, c.p. Può anche ritenersi che la questione della particolare tenuità del fatto sia proponibile anche nel giudizio di legittimità, tenendo conto di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, c.p.p. trattandosi di questione che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. L’art. 131- bis c.p. presuppone tuttavia valutazioni di merito oltre che la necessità di interlocuzione dei soggetti interessati. Da ciò consegue che nel giudizio di legittimità dovrà preventivamente verificarsi la sussistenza in astratto delle condizioni di applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva, all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito affinché valuti se dichiarare il fatto non punibile. Anche quelli di Cassazione manifestamente inammissibili? Qualora il ricorso è inammissibile sia per la manifesta infondatezza e sia perché contenente censure in fatto non proponibili in sede di legittimità, Cass. pen., sez. III, sentenza n. 21015/15 depositata il 20 maggio, si è interrogata se è ostativa alla valutazione sull’applicabilità del nuovo istituto della particolare tenuità del fatto nei processi pendenti in terzo grado di giudizio, rimettendo la questione alle Sezioni Unite. In attesa della pronuncia del Supremo Collegio, Cass. pen., sez. III, sentenza n. 34932, depositata il 18 agosto 2015, ha affermato che la possibilità di proporre la questione sulla non punibilità del fatto per particolare tenuità introdotta dal d. lgs. 28/2015 è esclusa nel caso il ricorso venga dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. Ciò perché, come ricordato di recente dalla Relazione 111/02/15 del 23 aprile 2015 redatta a cura dell’Ufficio del Massimario, ma come ripetutamente affermato in passato da numerose decisioni della Cassazione l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione. Perimetro dei poteri cognitivi limitato in Cassazione. Secondo Cass. pen., Sez. I, 5 agosto 2015, n. 34208, al riguardo, non può prescindersi dalla considerazione del circoscritto perimetro dei poteri cognitivi, propri del giudizio di cassazione, nel quale non sono consentiti accertamenti di fatto pertanto, il riconoscimento della non punibilità per speciale tenuità del fatto postula la verifica dell'astratta applicabilità dell'istituto al caso concreto alla stregua dei presupposti dettati dal parametro normativo di riferimento e, in caso di esito positivo, l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice di merito perché proceda alla relativa declaratoria sulla scorta dell'apprezzamento in concreto dell'effettiva gravità della fattispecie. In tal senso risulta essersi pronunciata questa Corte sez. 3 con la sentenza nr. 15449 del 15 aprile 2015, alle cui affermazioni di principio si ritiene di dover dare continuità per la loro piena condivisione. Tanto premesso, esclusa dunque l'astratta incompatibilità dell'istituto col giudizio di cassazione, nel caso di specie la considerazione in questa sede conducibile alla stregua delle valutazioni espresse dai giudici di merito ai fini della commisurazione del trattamento sanzionatorio e dell'accusa come formulata nei capi d'imputazione induce ad escluderne l'applicabilità sotto il primo profilo l'imputato non risulta condannato alla pena minima edittale, il che significa che l'apprezzamento delle caratteristiche specifiche della vicenda ha giustificato punizione a tale soglia superiore. Quanto all'altro aspetto in considerazione, le condotte antigiuridiche ascritte al ricorrente risultano essere state plurime e reiterate nel tempo, il che contrasta con il disposto dell'art. 131-bis c.p., terzo comma, il quale esclude esplicitamente la causa di esenzione dalla pena quando i reati abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate , configurando in tal modo un'espressa condizione ostativa all'ammissione al beneficio. Fasi procedimentali in cui può essere pronunciata la particolare tenuità del fatto. Il d.lgs. n. 28/2015 si è preoccupato di coordinare la norma sostanziale con il codice di rito, prevedendo il suo utilizzo a nelle indagini preliminari art. 411, comma 1- bis , c.p.p., in cui il pm chiede l’archiviazione per particolare tenuità del fatto b nella fase predibattimentale art. 469, cpv., c.p.p., in cui il giudice prima di aprire il dibattimento, emette sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto c all’esito del dibattimento art. 651- bis c.p.p. dove si afferma, più che altro, l’efficacia della sentenza dibattimentale nel giudizio civile per il risarcimento e le restituzioni . Il Tribunale di Milano sent. n. 3936/2015 aggiunge correttamente che tra le fasi del procedimento in cui può essere dichiarata la non punibilità per particolare tenuità del fatto ed in particolare vi è quella relativa all'esito dell'udienza preliminare, anche se non espressamente previsto, in ragione dell'applicabilità dell'art. 425 c.p.p. se si tratta di persona non punibile per qualsiasi altra causa il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo , recita la norma . Tutto questo implica che il giudice valuta autonomamente la particolare tenuità del fatto e una mancata declaratoria nella fase delle indagini non la pregiudica o esclude per le successive fasi predibattimentale e dibattimentale Trib. Bari, sez. II penale, 20 aprile 2015, dep. 5 maggio 2015 . Nella fase iniziale del processo, il gip decide sulla richiesta del pm che trasmette il fascicolo con tutti gli atti di indagine e può compiutamente valutare tutti i requisiti di stretto merito richiesti dall’art. 131- bis c.p Tanto accade anche nella fase finale del processo, dove il giudice, sulla base dell’istruttoria appena terminata, emette una sentenza di non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto , con piena cognizione dei fatti accertati, tant’è che correttamente solo in questo caso, ex art. 651- bis c.p.p., quel provvedimento fa stato nel processo civile e amministrativo per il risarcimento del danno prodotto dal fatto tenue unitamente all’altro caso in cui la parte civile abbia accettato la celebrazione con rito abbreviato . Il problema cognitivo della fase predibattimentale. Il problema cognitivo” dei fatti esiste soprattutto nell’ipotesi predibattimentale dell’art. 469 c.p.p., come novellato, per l’applicazione del nuovo istituto in quanto per definire in via preliminare il processo l’iniziativa è del giudice, con audizione in camera di consiglio del pm e dell’imputato, se non vi oppongono nel caso del fatto di speciale tenuità, invece, la persona offesa, se comparsa, viene solo sentita . Al verificarsi di tali condizioni il giudice, ai fini della decisione, dispone solo del fascicolo per il dibattimento dove generalmente sono contenuti solo il decreto di citazione a giudizio notificato alle parti, il casellario giudiziale e gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale non utilizzabili ai fini del merito . Per il Tribunale di Bari, sez. II penale pronuncia 20 aprile 2015, depositata il 5 maggio 2015 , appare allora necessaria l’acquisizione del fascicolo delle indagini preliminari, laddove il giudice, motu proprio , rilevi già prima facie perché la piena cognizione non può ancora esserci , la possibilità di una definizione di non doversi procedere per tenuità del fatto, certamente con l’accordo delle parti, ma non necessariamente per loro iniziativa. Inoltre, laddove il giudice, sulla scorta di questa piena ed integrata cognizione dei fatti in camera di consiglio, pervenga alla conclusione che la vicenda esuli dall’ipotesi di fatto tenue e che il processo debba proseguire, inevitabile corollario sarà quello della sua incompatibilità alla trattazione ulteriore, ex art. 34 c.p.p Il giudice pugliese precisa che, se da un lato, l’istituto della particolare tenuità del fatto si propone ambiziosamente e giustamente di escludere dall’area di punibilità una fascia di condotte ritenute non sufficientemente gravi da far scattare la sanzione penale, dall’altro, però non può ignorarsi l’enorme portata deflattiva sui processi non solo futuri, ma anche presenti, sì da rendere l’art. 469 cpv. c.p.p. come un vero e proprio spartiacque tra quelli da definire subito e quelli, invece, da trattare. Soluzione innovativa ma non condivisibile. Pur essendo molto apprezzabile il ragionamento e le conclusioni cui giunge il Tribunale di Bari, tuttavia esse mal si armonizzano con la disciplina positiva dettata dal d.lgs. n. 28/2015. In merito, il Tribunale di Milano nelle tre sentenze nn. 3936/2015, 3937/2015 e 4195/15 , sottolinea il senso delle differenti procedure e conseguenze tra la tenuità predibattimentale e quella emessa all’esito del dibattimento. Nel primo caso infatti, la sentenza va pronunciata previa audizione della persona offesa , senza menzione dell'imputato e del pubblico ministero. In tal modo il legislatore ha semplicemente voluto evitare che il potere di 'veto', attribuito dal comma 1 ai soggetti necessari del processo potesse essere esteso anche alla persona offesa, il cui dissenso, invece, non ostacola la pronuncia ciò perché la sentenza pronunciata ex art. 469, comma 1- bis non fa stato nel processo civile, a differenza di quella emessa in sede di giudizio post-dibattimento. Ed è proprio questa limitata valenza della pronuncia predibattimentale che ne giustifica la pronuncia di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto solo laddove tutti gli elementi previsti dall’art. 131- bis c.p. sono ricavabili dagli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento, senza che possa ritenersi consentito al giudice di integrare il vuoto di conoscenza con soluzioni quale quella avallata dal giudice barese di acquisire il fascicolo per le indagini preliminari che vanno al di là del dettato normativo, finendo addirittura per creare una nuova ipotesi di incompatibilità non prevista espressamente dal codice di rito penale né da una sentenza della Corte costituzionale. Mancano le garanzie per l’imputato. Infine, proprio considerando le conseguenze negative che la pronuncia predibattimentale di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto, legate all’iscrizione della sentenza nel casellario, con conseguenti effetti negativi per l'imputato - al quale sarebbe preclusa l'applicazione dell'art. 131- bis nel caso commetta in futuro un reato della stessa indole imputato che può, invece, avere interesse alla celebrazione del dibattimento e ad una pronuncia assolutoria con formula a lui più favorevole sembrano escludere qualunque iniziativa officiosa del giudice di integrare il materiale conoscitivo con il fascicolo del pm. Alla stessa stregua la disciplina della tenuità del fatto in caso di richiesta di archiviazione del P.M. sembra lacunosa laddove non sembra ammettere la possibilità per l’indagato di integrare il materiale probatorio prevedendo il novellato art. 411 c.p.p. solo che indichi le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta e chiedere al gip di considerare questi nuovi elementi visto che l’art. 127 c.p.p. consente alle parti solo di depositare memorie. Infine, qualora la richiesta di archiviazione per fatto tenue venga accolta dal gip costringerà l’indagato a subirla” senza potersi opporre, nonostante le conseguenze negative in termini di iscrizione nel casellario giudiziale di un provvedimento non impugnabile e che dovrebbe essere favorevole” per l’interessato.

Tre sono i presupposti applicativi, sul piano della disciplina di natura sostanziale, previsti dall’art. 131- bis c.p., su cui si fonda la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto 1 pena edittale non superiore nel massimo a cinque anni o la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena 2 particolare tenuità dell’offesa 3 non abitualità del comportamento. 1. Pena circostanze e tentativo. In relazione al tetto edittale per accedere al fatto tenue, con riferimento al limite massimo della pena astratta prevista dalla fattispecie incriminatrice, previsto dal comma 1 cinque anni di reclusione , per Cass. pen., sez. III, n. 15449/2015 , i criteri di determinazione della pena sono indicati dal comma 4, il quale precisa che non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In tale ultimo caso non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze ex art. 69 c.p Il comma 5 inoltre chiarisce che la non punibilità si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante . L'art. 131- bis c.p. però non contempla l'ipotesi del delitto tentato. Tuttavia - precisa il Tribunale Milano, nella sentenza n. 3936/2015 – l'art. 131- bis deve ritenersi applicabile anche ai casi di tentativo, in ragione del fatto che il delitto tentato è, per giurisprudenza costante, un'autonoma figura di reato. Il calcolo dell'entità della pena prevista in astratto, al fine di verificare l'applicabilità del fatto tenue andrà, quindi, coerentemente effettuato con riferimento alla cornice edittale del delitto tentato e non della corrispondente fattispecie di delitto consumato. Il Tribunale, in applicazione delle tesi sostenuta, ha infatti dichiarato non doversi procedere per particolare tenuità del fatto nei confronti di un soggetto imputato di furto tentato in supermercato, aggravato dall'utilizzo di un mezzo fraudolento art. 625, comma 1, n. 2, c.p. . È il caso di rilevare che la corrispondente fattispecie consumata e aggravata è estranea all'ambito di applicazione dell'art. 131- bis l'aggravante in parola comporta infatti la pena della reclusione da 1 a 6 anni il limite massimo di pena detentiva fissato dall'art. 131-bis è – come detto - pari a 5 anni e, essendo ad effetto speciale, rientra nelle circostanze di cui il giudice deve tenere conto nel calcolo del massimo edittale, ai fini dell'applicabilità della causa di non punibilità in esame, per espressa previsione dell'art. 131- bis comma 4, c.p La necessità - sostenuta dal Tribunale - di effettuare, in caso di tentativo, il calcolo dell'entità della pena con riferimento alla cornice edittale della fattispecie di delitto tentato consente di applicare alle frequenti ipotesi di furto in supermercato la causa di non punibilità di cui al nuovo art. 131- bis c.p Infine, se viene contestato un reato punito con la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni, il giudice se riqualifica il fatto sussumendolo in una fattispecie incriminatrice punita entro un tetto di pena di cinque anni, potrà applicare l’art. 131- bis c.p. è quanto effettuato dal gup Tribunale di Belluno, nella sentenza del 2 aprile 2015, che ha derubricato l’originaria contestazione di falsa attestazione a un pubblico ufficiale art. 495 c.p. , in false dichiarazioni sulle identità, descritto dall’art. 496 c.p. e punito con la pena massima di cinque anni di reclusione rientrante nella soglia massima del d.lgs. n. 28/2015 . 2. Particolare tenuità dell’offesa. Secondo Cass. pen., sez. III, n. 15449/2015, la rispondenza ai limiti di pena rappresenta, tuttavia, soltanto la prima delle condizioni per l’esclusione della punibilità, che infatti richiede congiuntamente e non alternativamente, come si desume dal tenore letterale della disposizione la tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo degli indici-criteri” così li definisce la relazione allegata allo schema di decreto legislativo appena indicato particolare tenuità dell’offesa , si articola, a sua volta, in due indici-requisiti” sempre secondo la definizione della relazione , che sono la modalità della condotta e l’esiguità del danno o del pericolo, da valutare sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 c.p. natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato, intensità del dolo o grado della colpa . La conclusione nel senso della rilevanza di tutti i criteri, oggettivi e soggettivi, di cui all'art. 133, comma 1, nella valutazione della particolare tenuità dell'offesa e la qualificazione dell'istituto come causa di esclusione della punibilità in senso stretto porta il Tribunale ad interrogarsi sulla natura oggettiva o soggettiva della stessa, con i conseguenti risvolti in tema di estensione ai concorrenti nel reato. Nelle tre sentenze nn. 3936/2015, 3937/2015 e 4195/15 viene posto l'accento sul richiamo effettuato dall'art. 131- bis a criteri attinenti a profili sia oggettivi sia soggettivi per concludere nel senso della natura 'mista' della causa di non punibilità. Il Tribunale, infatti, sottolinea che la presenza, tra i criteri di valutazione dei presupposti applicativi, di parametri di carattere soggettivo conduce ad escludere la natura oggettiva della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La natura mista dell'istituto fa infatti pensare che esso rispecchi, nel suo complesso, considerazioni inerenti all'opportunità di non punire la singola persona, che ha posto in essere con determinate modalità e con un certo coefficiente psicologico il fatto che costituisce reato. Il Tribunale conclude quindi per l'applicazione, in caso di concorso di persone nel reato, dell'art. 119, comma 1, c.p., in base al quale le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono . 2.1. Giurisprudenza di merito e di legittimità. Passando ad applicazioni pratiche della particolare tenuità dell’offesa, il Tribunale di Torino, con pronuncia del 9 aprile 2015, verificata la sussistenza di tutti gli elementi necessari per il perfezionarsi del reato di bancarotta semplice per omessa tenuta della contabilità, conclude nel senso della tenuità del fatto, incentrando la sua valutazione sui seguenti elementi a la non connotazione in termini di gravità della condotta meramente omissiva e altrimenti contraddistinta dalla regolare tenuta della contabilità prescritta dalle leggi fiscali b la entità del danno arrecato alla massa dei creditori, oggettivamente di particolare tenuità, in ragione delle insinuazioni al passivo della società, a fronte, comunque, di un attivo comunque apprezzabile c la scarsa intensità del dolo o grado della colpa, l’istruttoria avrebbe consentita di evidenziare una rimproverabilità minima e di natura sostanzialmente colposa. Alla stessa stregua, per il Tribunale di Forlì pronuncia del 9 aprile 2015 , sussiste la non punibilità per tenuità del fatto per il reato di cui all’art. 349 c.p. violazione di sigilli , nel caso di parziale scollatura, senza pregiudizio per l’integrità dei sigilli. Il Tribunale di Asti, con sentenza 13 aprile 2015, ha applicato l’istituto ex art. 131-bis c.p. anche nel caso in cui agli imputati veniva contestato il reato edilizio ex art. 44 lett b d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380 perché dal fatto contestato non sono derivate né lesioni gravissime né la morte di alcuno - non vi sono elementi da cui desumere l’abitualità della condotta e il fatto contestato consiste in una condotta singola e non reiterata. Inoltre, in relazione alle modalità della condotta e l’esiguità del danno o pericolo il Tribunale di Asti ha sottolineato che - le opere asseritamente realizzate sono di ridotte dimensioni e non comportano una significativa modificazione del territorio casa mobile e container prefabbricato, privi di fondamenta e appoggiati su blocchetti di calcestruzzo , di talché le modalità della condotta possono definirsi certamente di scarso rilievo e dunque tenui” - si tratterebbe di opere strettamente funzionali alle esigenze primarie della vita quotidiana utilizzate come cucina-soggiorno , quindi l’elemento psicologico che ha animato la condotta contestata andrebbe individuato nella necessità di soddisfare bisogni primari, più che nella coscienza e volontà di costruire un’opera abusiva o in una grave imprudenza o imperizia ne consegue che certamente anche l’elemento psicologico pare caratterizzato da speciale tenuità - il danno al bene giuridico è minimo, trattandosi di costruzioni evidentemente provvisorie, realizzate all’interno dell’area del campo nomadi e armoniche” rispetto a tutte le altre già presenti in loco”. Il Tribunale di Asti ha quindi concluso per la particolare tenuità dell’offesa, in considerazione delle modalità dell’azione così come contestata, della minima intensità dell’elemento psicologico nonché dell’esiguità del danno. In presenza di tutte le condizioni richieste dalla recente normativa, riscontrata la particolare tenuità del fatto alla luce degli indici dell’art. 133 c.p., in assenza di persone offese citate e non comparse , deve procedersi alla necessaria declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p, in via preliminare, prima dell’apertura del dibattimento. Ai sensi del DPR 14.11.2002 n. 313, come modificato dall’art. 4 d. lgs. 16.3.2015 n. 28, la presente pronuncia dev’essere iscritta nel casellario giudiziale degli imputati”. Passando alle pronunce della Suprema Corte, la Quarta Sezione Penale, con la sentenza n. 33821 depositata il 31 luglio 2015 ha annullato con rinvio una sentenza di condanna emessa ai sensi dell’art. 186 cod. strada nella ritenuta applicabilità della disciplina più favorevole prevista dalla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., sussumendo il fatto nell’ipotesi della particolare tenuità in ragione della motivazione offerta dal giudice di merito, che aveva affermato il mancato riscontro di una condotta di guida concretamente pericolosa”, valutata unitamente all’applicazione di una pena pari al minimo edittale, nel concorso degli altri presupposti di legge concernenti la pena detentiva astrattamente prevista e la mancanza di abitualità nel comportamento ascritto all’imputato. Anche Cass. pen., sez. IV, 10 agosto 2015, n. 34696, ha ritenuto applicabile la nuova disciplina, introdotta dal d.lgs. n. 28/2015, della particolare tenuità del fatto alle violazioni antinfortunistiche previste dal decr. legs n. 81/2008. Viceversa, Cass. pen., sez. I, con la sentenza n. 27246 depositata in data 28 giugno 2015, ha statuito che il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità” relativa al porto di oggetti atti ad offendere di cui all’art. 4, comma terzo, legge n. 110 del 1975, impedisce la esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p 2.2. Esclusione della particolare tenuità dell’offesa. L'art. 131- bis , comma 2, c.p. prevede dei casi in cui la particolare tenuità viene esclusa quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona . Il Tribunale di Milano, nella sentenza n. 3937/2015, sottolinea che si tratta di ipotesi pleonastiche che, in considerazione della loro gravità, verrebbero comunque escluse dall'ambito di applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, in sede di valutazione delle modalità della condotta e dell'esiguità del danno o del pericolo. L'unica ipotesi che potrebbe avere ragione di essere menzionata è quella relativa all'aver agito per motivi abietti o futili, in quanto i motivi a delinquere art. 133, comma 2, n. 1, c.p. non rilevano ai fini della valutazione della tenuità dell'offesa, dal momento che l'art. 131- bis richiama il solo comma 1 dell'art. 133 e non anche il comma 2. In relazione alla precisazione per cui l'offesa non può ritenersi particolarmente tenue quando il soggetto ha agito con crudeltà anche in danno di animali va rilavato che ciò non esclude l'applicabilità dell'art. 131- bis ai maltrattamenti di animali, ma soltanto quando questi sono commessi con crudeltà. Il Tribunale milanese ha così dichiarato la non punibilità per particolare tenuità del fatto in relazione a un caso in cui è stato contestato il delitto di maltrattamento di animali di cui all'art. 544- ter c.p 3. Non abitualità del comportamento. Naturalmente occorre che l’ indice-criterio” della particolare tenuità dell’offesa – afferma la Cassazione nella sentenza n 15449/2015 – coesista con quello della non abitualità del comportamento. Solo in questo caso si potrà considerare il fatto di particolare tenuità ed escluderne, conseguentemente, la punibilità. Come recita l’art. 131-bis, comma 3, c.p., il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiamo ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate . La volontà del legislatore, espressa chiaramente nella Relazione, sembra essere quella di utilizzare un concetto diverso e più ampio rispetto a quello della occasionalità del comportamento, utilizzato altrove, come ad esempio nell'art. 27 d.P.R. n. 448/1988, che prevede, nel processo penale minorile, la possibilità di pronunciare una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, sulla base dei presupposti della tenuità del fatto e dell'occasionalità del comportamento, quando l'ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze educative del minorenne. Il Tribunale di Milano nelle sentenze nn. 3936/2015, 3937/2015 e 4195/15, poi, propone una dettagliata interpretazione delle ipotesi di esclusione della non abitualità del comportamento previste dall'art. 131-bis, comma 3, concentrandosi, in particolare a sull'ipotesi della commissione di più reati della stessa indole anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità e b sul caso della commissione di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate. Nella prima ipotesi andrebbero ricondotti quelli in cui l'agente, pur non essendo stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ha commesso più reati della stessa indole ai sensi dell'art. 101 c.p. Di fronte alla maggiore complessità dell'individuazione dei casi che rientrano nella seconda ipotesi - commissione di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate -, il Tribunale distingue invece due categorie da un lato, la norma richiamerebbe singole fattispecie che prevedono la necessità che l'agente ponga in essere una pluralità di condotte, affinché il reato possa essere integrato reati abituali, reati permanenti e reati complessi , e, dall'altro lato, si riferirebbe alla commissione di più reati uniti dal vincolo della continuazione o in concorso formale. In quest’ultimo senso, Cass. pen., sez. III, 13 luglio 2015, n. 29897, ha affermato che la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. è esclusa in presenza di reato continuato, che ricade tra le ipotesi di condotta abituale” ostativa al riconoscimento del beneficio. La Suprema Corte si è spinta anche ad escludere la non punibilità per la tenuità del fatto in caso di minaccia grave e reiterata” Cass. pen., 26 agosto 2015, n. 35671 .