In vigore la riforma del condominio: tante aspettative, ma con un rischioso aumento del contenzioso

A 71 anni circa dall’entrata in vigore del codice civile, oggi entra in vigore la legge n. 220/2012, intitolata Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici e balzata agli onori delle cronache come Riforma del condominio.

E’ facile parlare di riforma, ma è davvero così? Di modificazioni sostanziali della disciplina del condominio, per l’appunto di riforme, questa legge ne contiene ben poche. La prima cosa che va detta, quindi, è che la legge n. 220 rappresenta più che altro un aggiornamento del testo normativo attuato attraverso un sostanziale recepimento dell’elaborazione giurisprudenziale ed è alla giurisprudenza che, c’è da scommetterci su, bisognerà continuare a guardare per comprendere in che modo certi interrogativi posti dal Legislatore con la legge n. 220 verranno risolti. D’altronde chi ha definito e i vizi d’invalidità delle deliberazioni assembleari? Le Sezioni Unite sent. n. 4806/05 . E chi ha definito parziarie e non solidali le obbligazioni condominiali derivanti da contratto? Sempre la massima espressione della Corte nomofilattica sent. 9148/08 . E l’approvazione delle tabelle millesimali? Chi ne ha sdoganato la deliberazione a maggioranza? Sempre loro sent. n. 18477/10 . Dopo più di mezzo secolo di supplenza, alle volte creativa, era auspicabile un intervento legislativo chiaro, preciso e risolutivo. Ed invece? La gatta frettolosa ha fatto i micini ciechi . Così ad esempio, proprio sulle materie appena citate si facesse poco o nulla cfr. artt. 1137 c.c. e 63, 66, 67, 68 e 69 c.c. e che le novità ad esempio anagrafe condominiale, requisiti per l’assunzione dell’incarico di amministratore, ecc. producessero più incertezza che altro. L’esempio più eclatante della fin troppo rapida approvazione, non vorremmo essere ingenerosi nel parlare di approvazione a cuor leggero, è rappresentato dall’art. 71- quater disp. att. c.c. in materia di mediazione obbligatoria, quanto da lì a pochi giorni la Corte Costituzionale sentenza n. 272/2012 ne avrebbe sancito l’incostituzionalità notizia tra l’altro resa nota dalla stessa Consulta, con un insolito comunicato stampa, già il 24 ottobre. Eppure s’è preferito andar dritti per la strada dell’approvazione, pur con qualche presa di posizione non poco polemica. Presidente, lei comprenderà che per me è molto difficile, per una questione di coerenza, non poter esprimere pareri che non siano favorevoli a una serie di emendamenti che ripristinano quello che era l’impianto originario del testo esitato dal Senato un testo che, lo continuo a sostenere, aveva una portata sicuramente più organica rispetto a quello licenziato dalla Camera dei deputati, e tale da potere essere definito una autentica riforma al link il resoconto stenografico con tutti gli interventi in merito alla futura legge n. 220 http //leg16.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/293041.pdf . Parole del relatore del ddl di riforma” del condominio, sen. Mugnai, che a fronte della contingente situazione istituzionale e della mancanza di tempo il testo è stato approvato su finire della scorsa legislatura si rimetteva alle decisione della Commissione Giustizia. Sappiamo com’è andata a finire. I Senatori hanno fatto di necessità virtù affidando il testo di legge ai posteri meglio di niente, pare abbiamo pensato nell’approvare la legge di modifica della disciplina del condominio. Ne siamo proprio sicuri? Ecco perché in questo approfondimento, più che usare il termine riforma usiamo quello virgolettato di riforma”. Questo è l’antefatto, il background verrebbe da dire, nel quale è stato licenziato il testo di legge. Da oggi che cosa cambierà? S’avrà la certezza legislativa art. 1117- bis c.c. e non più solamente quella giurisprudenziale che le norme del condominio si applicano anche ai condomini orizzontali, ai supercondomini ed alle multiproprietà. Sarà più difficile modificare la destinazione d’uso delle parti comuni art. 1117- ter c.c. e ci si potrà distaccare, anche qui per legge art. 1118, quarto comma, c.c. e non più solo per indicazione della Cassazione cfr. su tutte Cass. n. 5974/04 , dall’impianto di riscaldamento centralizzato la norma, vedremo, è scritta male e rischia di creare disparità di trattamento. Restyling anche per le opere innovative art. 1120 c.c. , per quelle su parti di proprietà esclusiva art. 1122 c.c. ed una nuova norma per gli impianti individuali che interessano parti comuni art. 1122- bis c.c. . Assumere l’incarico di amministratore sarà leggermente più difficile, a meno che non si amministri il palazzo dove si è proprietari di un’unità immobiliare art. 71- bis disp. att. c.c. , aumenteranno i compiti e dovrà essere garantita maggiore trasparenza artt. 1129-1130 c.c. in quest’ottica si dà il via libera alla possibilità di attivare un sito internet condominiale art. 71- ter disp. att. c.c. . Sostanziale recepimento dell’elaborazione giurisprudenziale e qualche novità anche per l’assemblea cfr. artt. 1136 c.c. e 66, 67 disp. att. c.c. queste ultime, però, rischiano di creare per lo più confusione ed ingovernabilità delle assisi del condominio e del supercondominio. Poco e male s’è stato fatto su argomenti con grande incidenza sul quotidiano. L’obbligo dei fondi per opere straordinarie art. 1135, n. 4, c.c. e il ritorno alla solidarietà art. 63, secondo comma, disp. att. c.c., sebbene mitigata dalla preventiva escussione del condomino moroso rischiano di rendere ancor più incerti i rapporti tra condominio e suoi fornitori, ergo piuttosto che rilanciare l’economia del settore si pensi agli sgravi del 50% per le manutenzioni si rischia di frenarla inutilmente. C’è poi la querelle sugli animali domestici ma, come diciamo nell’approfondimento sul punto, si tratta di tanto rumore per nulla. Sulle tabelle millesimali, infine, sarebbe stata utile maggiore precisione art. 68 e 69 disp. att. c.c. . Insomma a conti fatti la nuova legge è complessivamente deludente ma prima di noi lo hanno lasciato intendere gli stessi relatori del ddl approvato il 20 novembre 2012.

Con l’entrata in vigore della legge n. 220/2012 tornerà anche la solidarietà tra i condomini per le obbligazioni condominiali? Prima di rispondere al quesito è utile un breve excursus sulla questione. A.D. 2008 in condominio ognuno paga per sé . Le obbligazioni condominiali derivanti da contratto hanno natura parziaria, il che vuol dire che ogni condomino può essere chiamato a rispondere in misura della sua quota millesimale di proprietà e solamente in relazione ad essa. Se Tizio deve 100 euro e li versa all’amministratore che a sua volta paga con quelle ed altre somme l’impresa, nel caso di contrasti tra quest’ultima e la compagine, il bravo Tizio non può essere chiamato più a pagare nulla. Era l’aprile del 2008 quando la Corte di Cassazione, sicuramente con un linguaggio molto più tecnico e con delle argomentazioni fondate sulla natura divisibile delle obbligazioni pecuniarie, operò un vero e proprio revirement rispetto all’orientamento maggioritario e sancì che in tema di obbligazioni condominiali ognuno paga per sé. Il creditore, dicevano gli ermellini, conseguita nel processo la condanna dell'amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all'esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148 . Fu poi il Garante per la protezione dei dati personali a considerare lecita la comunicazione al creditore da parte dell’amministratore del nome dei condomini morosi Nota Garante privacy 26 settembre 2008 . Il principio di diritto scatenò le proteste dei creditori che, così facendo, vedevano aggravata e non poco la procedura di recupero del credito. La riforma, i morosi e gli altri condomini . La situazione cambierà ma non è stata adottata una soluzione in grado di bilanciare realmente gli interessi dei condomini adempimenti, da un lato, e dei creditori dall’altro. Viene introdotto per legge l’obbligo di comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi art. 63 disp. att. c.c. . Che cosa potrà fare un creditore del condominio che non ha visto saldato il proprio credito? Ai sensi del secondo comma dell’art. 63 disp. att. c.c. i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini . Detta diversamente i condomini in regola possono dormire sogni tranquilli perché fino a quando saranno esperite tutte le azioni anche esecutive contro i condomini morosi passeranno molti anni. I creditori, invece, devono sperare che i mal pagatori lo siano non per necessità ma per vizio chi ha ben poco, magari solo l’unità immobiliare per giunta ipotecata dalla banca, finisce quasi sempre per vedere fagocitato tutto l’attivo rinveniente dall’esecuzione forzata da parte dell’istituto di credito. In buona sostanza più che il fondo speciale obbligatorio per i lavori straordinari è con la questione della solidarietà con beneficio di escussione e quindi del pagamento dei fornitori che, a riforma” in vigore ed a regime, si correrà il rischio di rendere ancor più difficoltosa l’esecuzione di lavori in condominio e, di conseguenza, una parte della ripresa economica del settore edilizio.

Rispetto all’approvazione delle tabelle millesimali di certo c’è solamente che la legge n. 220/2012 s’è lasciata sfuggire l’occasione di chiarire definitivamente la questione delle maggioranze necessarie per la loro approvazione. L’infinita querelle ed il responso delle Sezioni Unite . Per anni s’è litigato attorno ad un quesito le tabelle millesimali sono un negozio di accertamento del valore della proprietà delle singole unità immobiliari rispetto alle parti comuni o un semplice strumento di funzionamento del condominio? La risposta non era certa anche se la prima opzione era quella che risultava essere maggioritaria. La differenza non era di poco conto in quanto nel primo caso si rendeva necessaria la loro approvazione con il consenso di tutti i condomini mentre nel secondo caso si riteneva bastevole l’approvazione a maggioranza. La conseguenza di un’adozione senza il consenso di tutti era drastica nullità della deliberazione de quo. Il contrato è durato fino all’agosto del 2010 quando le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto, hanno sentenziato che le tabelle millesimali, allegate, come richiesto dall'art. 68 disp. att. c.c., al regolamento di condominio che viene approvato a maggioranza, non rivestono la natura di atto negoziale perché non incidono sul diritto di proprietà esclusiva di ciascun condomino, ma accertano il valore di tali unità rispetto all'intero edificio, ai soli fini della gestione delle spese di condominio . Di conseguenza, proseguirono gli ermellini, è agevole trarre da tali premesse che la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio deve essere prevista per l’approvazione e la modifica delle tabelle in questione. Infatti, anche a voler sostenere la mera formalità dell'allegazione delle tabelle millesimali al regolamento di condominio, non può farsi a meno di rilevare che un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, è sottoposto alla stessa disciplina, a meno che non sia espressamente previsto il contrario . In definitiva, sancirono da piazza Cavour, ne consegue che per l’approvazione delle tabelle millesimali è sufficiente il voto della maggioranza qualificata richiesta dall'art. 1136, comma 2, c.c. Cass. SS.UU. 9 agosto 2010 n. 18477 . Ad oggi questo principio di diritto non è stato messo in discussione. La riforma e quel non detto che potrebbe creare problemi . Se le intenzioni del legislatore, approvando la legge n. 220/2012, erano quelle di portare chiarezza nella normativa condominiale, il risultato, quanto meno con riferimento alle tabelle millesimali non può dirsi raggiunto. Nessuna delle norme dettate nella legge appena citata, infatti, si occupa della vexata quaestio dell’approvazione delle tabelle millesimali. Solamente nell’art. 69 disp. att. c.c., affrontando il tema della revisione delle tabelle, si afferma che i valori millesimali possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice , in due casi, ossia 1 quando risulta che sono conseguenza di un errore 2 quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino. In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione art. 69, comma 1, disp. att. c.c. . Insomma le modifiche, se ricorrono le condizioni individuate dalla legge, sono approvabili a maggioranza, ma l’approvazione? La legge di riforma tace. La Cassazione ha anticipato l’interpretazione della riforma . In una sentenza resa a metà maggio s’è affermato che il legislatore con la recente legge 11 dicembre 2012 n. 220 in vigore dal 18 giugno 2013 ha sostanzialmente recepito quanto l’insegnamento di cui alla sentenza delle S.U. n. 18477/10 modificando e profondamente innovando art. 23, comma 1 l’art. 69 delle disp. att. c.c Tale norma, nel testo novellato, prevede appunto in linea generale, che i valori espressi nelle tabelle millesimali possono essere rettificati e modificati all’unanimità tuttavia a questa regola generale inesistente nel testo previgente prevede però che tali tabelle possono essere modificate anche nell’interesse di un solo condomino e con un numero di voti che rappresenti la maggioranza prevista dall’art. 1136, 2° comma c.c. maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio Cass. 13 maggio 2013 n. 11387 . Per l’approvazione delle tabelle, insomma, nessuna novità dalla legge ma nemmeno stravolgimenti dei principi affermati dalle Sezioni Unite. Come dire salvo revirement improvvisi tutto dovrebbe restare com’è.

Non esiste legge che, entrata in vigore, non necessiti di un periodo necessario di rodaggio. Ciò, è lapalissiano, non può voler dire maggiore elasticità nella sua applicazione ma, certamente, non si può pretendere che da un giorno all’altro tutto scorra come se non fosse avvenuto nulla a maggior ragione in una materia, quella condominiale, rispetto alla quale, sentenze a parte, il panorama legislativo, per lo meno quello codicistico, è stato sostanzialmente identico per più d’un settantennio. In questo contesto, allora, vale la pena mettere a fuoco quelli che, già dalla sua approvazione, sono stati gli interrogativi più ricorrenti rispetto alle novità introdotte dalla legge n. 220/2012. Devo notificare un atto giudiziario ad un condominio ma non so chi è l’amministratore come devo fare? Si tratta di un quesito con ricadute pratiche chiaramente percepibili. Non individuare, o individuare erroneamente, il destinatario della notificazione, vuol dire far partire un contenzioso con il piede sbagliato. E che si occupa di diritto del condominio, non esistendo metodi certi per l’identificazione dell’amministratore, sa benissimo quali possano essere le difficoltà. La legge n. 220/2012 promette di risolvere questa situazione. Il sesto comma dell’art. 1129 c.c. recita Sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l'indicazione delle generalità, del domicilio e dei recapiti, anche telefonici, dell'amministratore ”. A regime, questa norma permetterà di risolvere un problema pratico di non secondaria importanza. Quali sono le maggioranze necessarie per deliberare l’attivazione di un sito internet condominiale? È stata presentata come una delle novità in grado di garantire maggiore trasparenza nell’ambito della gestione condominiale. Ai sensi dell’art. 71- ter disp. att. c.c. su richiesta dell'assemblea, che delibera con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del codice, l'amministratore è tenuto ad attivare un sito internet del condominio che consenta agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti previsti dalla delibera assembleare. Le spese per l'attivazione e la gestione del sito internet sono poste a carico dei condomini . Il quorum deliberativo indicato è quello della maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno 500 millesimi. In assenza di specifiche indicazioni legislative e salvo diversa convenzione , non può che concludersi che il relativo costo dovrà essere ripartito tra tutti i condomini sulla base dei criteri generali e quindi in ragione dei millesimi di proprietà. Il precedente amministratore ha lasciato una situazione patrimoniale e contabile poco chiara che cosa si può fare per comprendere la reale situazione? La risposta è chiara concisa l’assemblea può deliberare la revisione contabile. A consentirlo l’art. 1130- bis c.c. che recita L'assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell'amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà . Devo impugnare una deliberazione assembleare per conto di un cliente qual è l’atto introduttivo del giudizio? Quali i vizi di nullità ed annullabilità? Dopo che, nel vigore della precedente legislazione, s’è giunti a dire, nella sostanza, che l’atto introduttivo era la citazione ma che se s’usava il ricorso non v’erano problemi cfr. Cass. SS.UU. 14 aprile 2011 n. 8491 , la legge n. 220/2012, novellando l’art. 1137 c.c., sceglie definitivamente il primo, specificando che la richiesta di sospensiva dev’essere ricondotta nell’alveo dei procedimenti cautelari. Poche novità sostanziali sulla distinzione nullità-annullabilità cfr. Cass. SS.UU. 8 marzo 2005 n. 4806 e art. 66 disp. att. c.c. con due eccezioni a la nullità per omessa indicazione nell’ordine del giorno delle modificazioni delle destinazioni d’uso cfr. art. 1117- ter c.c. b la nullità della nomina dell’amministratore per omessa presentazione al momento della sua accettazione del compenso analitico cfr. art. 1129, quattordicesimi comma, c.c. . Il procedimento di conciliazione e le cause condominiali che cosa cambierà? La legge n. 220/2012 ha introdotto l’art. 71- quater volto a delimitare l’ambito della mediazione obbligatoria in materia condominiale nonché per disciplinare le competenze dell’amministratore e dell’assemblea. Poi è intervenuta la sentenza d’incostituzionalità dell’obbligatorietà della mediazione ex d.lgs n. 28/2010. Poi, ancora, è intervenuto recentissimamente, il così detto decreto del fare” che, pare, abbia reintrodotto l’obbligatorietà. Vedremo in che termini e come la stessa influirà sulla materia condominiale. Installare un impianto di videosorveglianza delle parti comuni quali sono i quorum necessari? Risponde al quesito l’art. 1122- ter c.c. che recita Le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136 . Gli stessi, insomma, necessari per il sito internet condominiale, anche per ciò che concerne la ripartizione del costo. Quanto alle regole da seguire in relazione alla privacy, vale quanto detto dal garante per la protezione dei dati personali con provvedimento generale del 29 aprile 2004 http //www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1003482 . Ho venduto l’appartamento ma mi è stato notificato un decreto ingiuntivo per il pagamento delle spese condominiali ma non s’era detto che in condominio non s’applica il principio dell’apparenza? Si, è vero l’aveva detto la Cassazione a Sezioni Unite cfr. Cass. SS.UU. n. 5035/2002 . La legge di riforma ha sovvertito questo principio ed il nuovo art. 63, ultimo comma, disp. att. c.c. ora afferma Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto . Occhio a questo adempimento.

Nel condominio Alfa, alla destra del portone d’ingresso c’è una piccola stanza questa fintanto che c’era il portiere fungeva da guardiania, insomma era il suo posto di lavoro. Soppresso il servizio di portierato, non la s’è più utilizzata. Da oggi, per darle una diversa destinazione, pur sempre nell’ottica del perseguimento dell’interesse condominiale, dovrà applicarsi l’art. 1117- ter c.c. L’esempio più ricorrente è quello della trasformazione della guardiania in sala riunioni o magari in sala per l’alloggiamento dell’apparecchiatura collegata all’impianto di videosorveglianza. Che cosa dice esattamente l’art. 1117-ter c.c.? Al primo comma è stabilito che Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni . Fino all’entrata in vigore della riforma”, la modifica della destinazione d’uso era da considerarsi un’innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c. cfr. tra le tante Cass. 26 maggio 2006 n. 12654 Il codice civile, fino ad oggi, non ha mai conosciuto il concetto d’interesse condominiale. Per forza! Bisogna aggiungere. Il condominio dal punto di vista dell’organizzazione, giuridicamente parlando, è stato considerato una nullità giuridica cfr. su tutte Cass. SS.UU. n. 9148/08 o un ente di gestione sprovvisto di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti Cass. 14 dicembre 1993, n. 12304 oppure ancora, nel migliore dei casi, un centro d’imputazione d’interessi distinti da quelli dei condominii ma pur sempre senza personalità giuridica Cass. 19 marzo 2009, n. 6665 . Insomma il primo quesito cui l’interprete è chiamato a dare soluzione è il seguente l’interesse condominiale pur non coincidendo esattamente deve garantire gli interessi individuali dei singoli condomini oppure li trascende eventualmente ponendosi in contrapposizione ad essi? Leggendo l’ultimo comma dell’art. 1117- ter c.c. sembrerebbe da preferirsi quest’ultima ipotesi. Nella norma testé citata, infatti, si afferma che sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico . Un disposto quasi del tutto identico a quello contenuto nell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c. se non fosse che le innovazioni, oltre a non dover avere le summenzionate caratteristiche, non devono altresì rendere talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino . Questa differenza si riflette anche sul concetto d’interesse condominiale, da intendersi a questo punto come interesse della collettività . Essa, pur entro determinati limiti ben previsti dalla legge, può sacrificare l’interesse del singolo condomino davanti a quello superiore di tutti. In questo modo sarebbero salve, ossia manterrebbero un quorum deliberativo decisamente più basso cfr. art. 1136, comma 5, c.c. , tutte quelle innovazioni che intervenendo sulla destinazione d’uso dei beni condominiali non vanno a soddisfare un interesse condominiale ma, più semplicemente, sono dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni . In questo contesto, allora, l’esempio del locale portineria che diventa luogo di svolgimento dell’assemblea, o luogo di alloggiamento dell’impianto di videosorveglianza, rappresenta in maniera ancor più calzante l’interesse condominiale inteso quale vantaggio per la collettività non per forza collegato ad un immediato vantaggio per il singolo. L’applicazione della norma e di conseguenza i primi responsi giurisprudenziali ci diranno se le cose stanno così, oppure se vi sarà un appiattimento delle modificazioni delle destinazioni d’uso sul concetto d’innovazione con conseguente restringimento del campo applicativo dell’art. 1120 c.c. Il procedimento di deliberazione delle modificazioni . Arrivare alla modificazione della destinazione d’una parte comune non sarà gravoso solamente per gli altissimi quorum deliberativi ma anche per le modalità della deliberazione. I commi dal secondo al quarto dell’art. 1117- ter c.c., infatti, specificano che 1 la convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati 2 deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione. Ciò, in ragione dell’elaborazione giurisprudenziale, vuol dire che l’avviso di giacenza della raccomandata presso l’ufficio postale quanto meno dev’essere imbucato dal portalettere nel predetto termine cfr. Cass. 29 aprile 1999 n. 4352 3 la convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso. Questa incompletezza dell’ordine del giorno è sanzionata in modo molto più grave rispetto alle altre che, sempre la legge art. 66 disp. att. c.c. , comportano l’annullabilità del deliberato 4 la deliberazione, infine, deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi. Resta fermo, naturalmente, l’obbligo per l’assemblea di condominio di deliberare modificazioni delle destinazioni conformi rispetto agli strumenti urbanistici vigenti e di conseguenza quello di far precedere tale modificazione dalle necessarie attività utile all’ottenimento delle autorizzazioni amministrative.

E’ possibile distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato? La risposta, prima e dopo l’entrata in vigore della legge n. 220/2012, resterà uguale si, è possibile sia pur con qualche leggera differenza e molto perplessità. Vediamo perché. Il distacco, le spese, la riforma” e le critiche. Costituiva ormai ius receptum che la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale operata dal singolo condomino mediante il distacco del proprio impianto dalle diramazioni dell'impianto centralizzato è legittima quando l'interessato dimostri che, dal suo operato, non derivano né aggravi di spese per coloro che continuano a fruire dell'impianto, né squilibri termici pregiudizievoli per la erogazione del servizio cfr. Cass. 25 marzo 2004 n. 5974 . A queste condizioni una deliberazione contraria era da considerasi nulla cfr. Cass. 3 aprile 2012 n. 5331 . Ultimamente si stava affacciando, sempre in giurisprudenza, l’idea che il condomino doveva partecipare alle spese di gestione se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolve in una diminuzione degli oneri del servizio di cui continuano a godere gli altri condomini Cass. ult. cit. . Insomma per dirla con un esempio se con la sua unità immobiliare che usufruiva del riscaldamento il costo era 100 e senza al posto di essere 90, come avrebbe dovuto, risultava essere 91, egli avrebbe dovuto coprire quella differenza di 1. Il Legislatore ha novellato l’art. 1118 c.c. inserendovi un quarto comma nel quale si specifica che il condomino può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini . Un sostanziale copia e incolla” dell’elaborazione giurisprudenziale. Quanto alle spese, poiché rinunzia all’uso non significa rinuncia alla proprietà il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma . Il problema che è stato posto in questi primi mesi di lettura critica della norma è il seguente poiché arriverà sicuramente un punto di rottura”, ossia un momento nel quale l’ennesimo distacco provocherà un notevole squilibrio nel funzionamento con l’effetto consequenziale di bloccarlo, la norma rischia di essere penalizzante per chi decide troppo tardi” ammettendo di fatto una diseguaglianza di trattamento. Per le innovazioni, con l’entrata in vigore della riforma”, si abbassa leggermente la maggioranza necessaria per deliberarle . Fermi restando i 2/3 dei millesimi si ritiene sufficiente la maggioranza dei partecipanti all’assemblea e non più quella dei partecipanti al condominio cfr. artt. 1136, comma 5, c.c. nuova e vecchia formulazione . S’introducono nel codice civile, al secondo comma dell’art. 1120 c.c., tutte quelle innovazioni, che possono essere definite in senso lato di particolare interesse sociale es. opere per salubrità dell’edificio, abbattimento barriere architettoniche , che nel corso degli anni erano state disciplinate da varie leggi speciali es. legge n. 122/89 sui parcheggi, l. n. 13/89 sulle barriere architettoniche, ecc. . Esse dovranno essere sempre ossia tanto in prima quanto in seconda convocazione essere deliberate con le maggioranze di cui all’art. 1136, comma 2, c.c. In questo modo, però, alcuni interventi prevedono l’innalzamento del quorum deliberativo. Un esempio. Eliminazione barriere architettoniche prima dell’entrata in vigore della legge n. 220/2012 per la loro deliberazione bastava, in seconda convocazione, il voto favorevole di un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio cfr. art. 1136, terzo comma, c.c. e art. 2, primo comma,l. n. 13/89, precedente formulazione . Dal 18 giugno in avanti per le medesime deliberazioni sarà sempre necessario il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti all’assemblea e di almeno 500 millesimi cfr. art. 1120, comma 2, c.c. e 1136, comma 4, c.c. nuova formulazione . I lavori in casa propria ed il condominio. La legge n. 220/2012 ha, altresì, modificato l’art. 1122 c.c. introducendo un correttivo nella rubrica della norma che ora recita Opere su parti di proprietà o uso individuale rispetto al precedente Opere sulle parti dell'edificio di proprietà comune . Il contenuto è stato sostanzialmente aggiornato con l’inserimento delle indicazioni giurisprudenziali cfr. tra le tante Cass. 19 gennaio 2005, n. 1076 . In questo contesto s’è inserita la novità della preventiva comunicazione all’amministratore che deve, poi, riferirne all’assemblea. Ad avviso di chi scrive se le opere incidono solamente sulla proprietà individuale, l’assemblea non potrà mai vietarne l’esecuzione sarebbe da ritenersi nulla per incompetenza la decisione con la quale si vieta a Tizio di eseguire interventi nella propria unità immobiliare, se ciò non è previsto da un regolamento assembleare contrattuale ma, al massimo, dare mandato all’amministratore di compiere tutte gli atti conservativi necessari es. denuncia di nuova opera, ecc. atti tra l’altro comunque esperibili d’ufficio dal mandatario della compagine. Lavori su parti comuni ma a vantaggio dei singoli. Il legislatore della riforma”, infine, ha introdotto nel codice una nuova norma, l’art. 1122- bis c.c. rubricato Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili . Si tratta di una disposizione che, come chiarisce l’inciso finale dell’ultimo comma, non sottopone ad autorizzazione l’installazione degli impianti destinati alle singole unità abitative a meno che, aggiungiamo, ciò non sia previsto dal regolamento contrattuale , ma, piuttosto, nel caso di modificazioni delle parti comuni, facoltizza l’assemblea di prevedere, con le maggioranze previste per le innovazioni, modi alternativi, più idonei, per l’esecuzione dei lavori. Vista l’estrema vaghezza del dettato normativo e considerato che la norma consente l’installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili a vantaggio esclusivo del singolo, c’è da aspettarsi molta litigiosità sul punto.

Tra le novità più attese della legge di riforma del condominio v’è quella riguardante l’attività di amministratore condominiale. Guai, per ora, almeno se si guarda alla legge n. 220/2012, a parlare di professione. Quando si fa riferimento all’amministratore si parla di assunzione dell’incarico, di nomina, di revoca, di mandatario, ma mai di professionista. Probabilmente l’amministratore condominiale nella sua veste di professionista troverà maggiore riscontro in un’altra legge, ossia la n. 4/2013 che riguarda le così dette professioni non regolamentate. Eppure, vedremo qui appresso, non è poi così scontato che le due normative siano armonizzate a tal punto da potersi considerare complementari tutt’altro. Andiamo per ordine. I requisiti per assumere l’incarico di amministratore . Se ne occupa l’art. 71- bis disp. att. c.c. che si compone di cinque commi. Al primo si specifica che possono assumere l’incarico di amministratore colore che hanno il godimento dei diritti civili, che non sono stati condannati per delitti particolari tipologie di reato, che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione ed ancora che non sono interdetti o inabilitati e il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari. In buona sostanza l’amministratore che verrà, dal punto di vista legale, dev’essere persona di condotta irreprensibile. S’introduce anche un livello minimo d’istruzione, specificando che gli amministratori devono aver conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado. Si finisce come per tante professioni, ormai, con il prevedere che gli amministratori, rectius le persone idonee ad assumere l’incarico, debbano aver frequentato un corso di formazione iniziale e che, in seguito, svolgano attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. I commi successivi specificano e precisano alcuni aspetti. Così, ad esempio, per le società di persone e di capitali viene recepito, quindi, l’orientamento giurisprudenziale ormai dominante, cfr. Cass. 24 ottobre 2006 n. 22840 , si stabilisce che i requisiti devono essere posseduti dagli amministratori o dai dipendenti incaricati. Non potevano mancare le deroghe per i così detti amministratori interni non è necessario né il diploma di scuola secondaria di secondo grado né la formazione iniziale e periodica. Si badi che questa figura non corrisponde solamente con chi abita l’unità immobiliare ma con tutti coloro che sono condomini di uno stabile. Quindi, per assurdo se la legge non regola anche il caso estremo è una buona legge? , il proprietario di venti, trenta o quaranta unità immobiliari in altrettanti condomini può amministrarle senza i requisiti d’istruzione e quelli professionalizzanti, mentre chi amministra solo un paio di piccoli condomini deve essersi diplomato e poi aver seguito un corso iniziale e poi seguire quelli di formazione periodica. E le società proprietarie di una miriade di unità immobiliari in tanti edifici? La norma doveva sicuramente essere scritta meglio. Com’è stato fatto, in fondo, per chi negli ultimi tre anni a partire dal 18 giugno 2013 quindi dal 18 giugno 2010 ha amministrato per almeno un anno un condominio. In tal caso gli amministratore devono solo provvedere alla loro formazione periodica non essendo necessario né il corso iniziale né il diploma di scuola secondaria di secondo grado. In buona sostanza l’esperienza viene ad essere equiparata all’istruzione ed alla formazione iniziale. Gli avvocati-amministratori, ovvero storia di una diatriba bloccata sul nascere, forse . In buona sostanza il CNF in delle F.A.Q. pubblicate sul proprio sito, affermava che la professione di avvocato, fatte salve le eccezioni previste dalla legge forense, è incompatibile con qualunque altra professione e quindi anche con quella di amministratore. Apriti cielo! Il quesito incriminato il n. 32 è immediatamente sparito e qualche giorno dopo la commissione consultiva del CNF cambiava orientamento spiegando che l’assunzione di un incarico di mandato, com’è quello di amministratore, rientra tra le attività tipiche dell’avvocato. Il problema, se così si può dire, è la legge n. 4/2013 che disciplina le professioni non regolamentare cui, con gran entusiasmo, le associazioni degli amministratori condominiali fanno riferimento soprattutto in relazione al sistema di certificazione di qualità norme UNI, UNI EN, UNI EN ISO . Insomma se quella di amministratore è una professione non regolamentata ai sensi della legge n. 4/2013 come la mettiamo con la sua compatibilità con l’attività forense incompatibilità ex art. 18 l. n. 247/2012 . La situazione è molto fluida e di non semplice soluzione soprattutto se l’ottica sarà quella di non scontentare gli avvocati. Se ne vedranno sicuramente delle belle. Eccessiva velocità spesso faccia rima con superficialità . Lo dimostra la questione riguardante la formazione iniziale e periodica chi è legittimato a svolgerla? Per ora e finché non si deciderà d’intervenire, magari con un decreto attuativo, la risposta è chiunque può organizzare corsi di formazione iniziale e periodica per amministratori condominiali. In tal senso, quindi, ma siamo sicuri in modo del tutto involontario, il Legislatore, per gli amministratori, ha previsto l’eliminazione del valore legale del titolo di studio rectius abilitativo .

L'amministratore del condominio raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza con la conseguente applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148 . Questa era la soluzione cui è giunta la giurisprudenza in modo sostanzialmente uniforme e compatto contra , Trib. Milano 6 novembre 1989 n. 10868 . La legge n. 220/2012 ha accolto quest’orientamento specificando che per quanto non disciplinato dall’art. 1129 c.c. al rapporto amministratore-condominio si applicano le regole del mandato art. 1129, comma 15, c.c. . Questa norma ed il successivo art. 1130 sono quelle che delineano attribuzioni, obblighi e responsabilità dell’amministratore e sono state quelle che hanno subito i maggior cambiamenti. Nessuna rivoluzione, per carità, anche qui una sorta di recepimento delle pronunce giurisprudenziali, non senza qualche novità. Vale la pena esaminarle più da vicino. I nuovi adempimenti al momento dell’accettazione dell’incarico . Al momento dell’accettazione della nomina o comunque al momento della conclusione del contratto e quindi anche al momento dell’accettazione del suo preventivo di gestione da parte dell’assemblea , così dicono alcuni commi del nuovo art. 1129 c.c., l’amministratore dovrà a comunicare i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione ed il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6 e 7 dell'art. 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata art. 1129, comma 2, c.c. b specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta art. 1129, comma 13, c.c. . L’omessa comunicazione delle informazioni di cui alla lettera a costituisce grave irregolarità nella gestione che può portare alla richiesta di revoca giudiziale. E’ sintomatico di una certa imprecisione nella redazione del ddl anche l’uso del participio svolta” riferito all’attività che, invece, l’amministratore dovrà andare a svolgere dal momento dell’accettazione dell’incarico. Assicurazione solamente se richiesta dall’assemblea . Il terzo ed il quarto comma dell’art. 1129 c.c. impongono, ma solamente se l’assemblea ne subordina la nomina, la stipula di una polizza individuale per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato. Il costo della polizza sarà a carico dell’amministratore ma è evidente che lo stesso non potrà non incidere sul compenso richiesto. I massimali della polizza ad hoc , o comunque di quella che l’amministratore ha già stipulato per la sua responsabilità civile, dovranno essere poi adeguati nel caso di esecuzione di lavori straordinari portandoli ad un importo non minore di quello dei lavori deliberati dall’assemblea. L’apertura e l’utilizzazione del conto corrente condominiale . L’utilizzazione di un conto corrente dedicato al singolo condominio ha rappresentato uno di quei casi in cui la giurisprudenza più che un ruolo di supplenza ha svolto una vera e propria opera creativa. Non era raro imbattersi in pronunce, soprattutto di merito, dalle quali si evincevano il diritto soggettivo del condomino di vedere aperto un conto corrente e la grave irregolarità nella gestione da parte dell’amministratore che ciò non faceva cfr. tra le tante, Trib. Salerno 3 maggio 2011 . La legge n. 220/2012 ne impone l’adozione, sanziona la sua mancata apertura ed utilizzazione e comunque la gestione del condominio in modo che possa creare confusione tra patrimonio dell’amministratore e quello della compagine art. 1129, comma 12, nn. 3 e 4, c.c. . L’azione contro i morosi . E’ ben nota l’efficacia del così detto decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. con l’entrata in vigore della riforma” si stabiliscono anche tempi certi per la sua attivazione. Entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, infatti, l’amministratore anche ai sensi di tale norma dovrà agire per recuperare i crediti condominiali art. 1129, comma 9, c.c. . L’uso della particella anche” è sintomatico di un fatto sia stato approvato o meno il rendiconto consuntivo ed il relativo piano di riparto, che legittimano l’azione ex art. 63 disp. att. c.c., l’amministratore, salvo dispensa assembleare, deve comunque agire il che implica pure l’uso di un’azione civile ordinaria. I registr i . Prevista l’obbligatoria tenuta di una serie di registri art. 1130, nn. 6 e 7, c.c. . Oltre al registro dei verbali e di nomina e revoca degli amministratori è prevista l’istituzione della così detta anagrafe condominiale della quale ci occupiamo in uno specifico approfondimento. Tempi e modi di presentazione del rendiconto . La legge n. 220/2012 ha regolato in maniera più certa anche le tempistiche e le modalità di redazione del rendiconto. Centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio questo il periodo di tempo a disposizione dell’amministratore per presentare all’assemblea il conto della propria gestione. Non farlo vorrà dire esporsi ad un’azione di revoca per irregolarità nella gestione artt. 1129, comma 12, n. 1, c.c. e 1130, n. 10, c.c. . Si stabiliscono, inoltre, precise modalità per la redazione del rendiconto, puntando, evidentemente, su una sua maggiore chiarezza art. 1130- bis c.c. . I casi di revoca . Ferma restando la revoca assembleare, sempre deliberabile dall’assemblea, il nuovo art. 1129 c.c. ridisegna, specificandole meglio, le ipotesi di revoca soprattutto con riferimento alla nozione di grave irregolarità di cui viene fornita un’elencazione esemplificativa art. 1129, commi 11 e 12, c.c. .

Anagrafe è un vocabolo che tra la sua origine dal greco ἀναγραϕ& #942 registro ed indica, per l’appunto, un registro con funzioni di documentazione di una determinata realtà. L’anagrafe condominiale serve proprio a ciò tenuta da parte dell’amministratore di un registro contenente una serie d’informazioni tese a consentire l’identificazione di chi possiede ed abita le unità immobiliari e le loro condizioni di sicurezza. Il tutto con la collaborazione dei condomini in caso contrario l’amministratore è tenuto ad agire d’ufficio con addebito dei costi a chi non ha collaborato. Anagrafe e dati dei condomini . L’art. 1130, n. 6, c.c. ci dice, tra le altre cose, che nell’anagrafe devono essere inserite le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare . Insomma bisognerà dire che rispetto all’unità immobiliare Alfa dati catastali foglio, particella, subalterno Tizio risulta essere proprietario ivi residente o comunque residente in altro luogo poiché sull’immobile è costituito un diritto usufrutto, oppure lo stesso è conceduto in locazione, ecc. . Ciò, chiaramente, agevolerà le comunicazioni con i condomini e permetterà di aver sempre costantemente presente chi ed a che titolo utilizza l’unità immobiliare il che non è questione di secondaria importanza, ad esempio, in relazione alle convocazioni dell’assemblea condominiale posto che il nuovo art. 1136, comma 6, c.c. parla di convocazione degli aventi diritto” e non più solamente dei condomini”. Anagrafe e condizioni di sicurezza dell’unità immobiliare . Più criptica la seconda parte dell’elencazione di ciò che andrà a comporre l’unità immobiliare. Si dice che in essa dovrà essere inseriti ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza . Che cosa deve intendersi con questa locuzione? Pare difficile, come pure è stato ipotizzato, che si possa trattare di semplici comunicazioni del condomino relativi alla situazione dell’unità immobiliare icto oculi percepibile CONFEDILIZIA-Ufficio legale . Il proprietario dell’unità immobiliare, infatti, non è tenuto ad avere cognizione tecnica della condizione della medesima. Più probabile, per non dir certo, che con dati relativi alle condizioni di sicurezza, si intenda fare riferimento a tutta quella documentazione che consenta di certificare che l’unità immobiliare e gli impianti in essa presenti siano conformi alla normativa vigente. Ed allora a seconda dei casi potrebbe essere sufficiente indicare gli estremi del certificato di agibilità art. 24, d.p.r. n. 380/2001 o comunicare anche gli estremi o produrre le copie delle certificazioni di conformità o rispondenza alle norme es. d.m. n. 37/2008 . L’obbligo di leale collaborazione dei condomini . L’anagrafe non si compila da sé, com’è ovvio che sia, ma necessita della fattiva compartecipazione dell’amministratore suo tenutario ed obbligato in via principale e dei condomini. In quest’ottica nel n. 6 dell’art. 1130 c.c. è specificato che ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili . Chiaramente, trattandosi di una norma che entrerà a regime in questo periodo, la collaborazione dei condomini non dovrà essere limitata alle variazioni future ma anche alle dichiarazioni iniziali. L’attività dell’amministratore, che potrà acquisire d’ufficio le informazioni necessarie, si sostanzia nella richiesta della documentazione ai competenti uffici. Anagrafe, catasto, conservatoria dei pubblici registri, sportello unico dell’edilizia tutti uffici ai quali per legge l’amministratore può domandare ed ottenere informazioni su una specifica persona ed unità immobiliare. Unico limite i contratti di locazione. Non esiste un’anagrafe pubblica dei contratti di locazione, sicché su questo punto la collaborazione del proprietario ed eventualmente del conduttore interpellato dall’amministratore diviene imprescindibile per una corretta tenuta dell’anagrafe condominiale.

L’assemblea è l’organo supremo, preminente del condominio. E’ la voce di questo, è la sua volontà all’interno del gruppo con riflessi immediati all’esterno. E’ organo naturale che non richiede alcuna nomina , strutturale e permanente Branca, Comunione Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982 . Pur non trattandosi di un organo nel senso tecnico giuridico del termine la vexata quaestio della personalità giuridica del condominio non è stato oggetto d’intervento del legislatore della riforma” , la definizione di assemblea resta inalterata anche con l’entrata in vigore della legge n. 220/2012. Ciò che cambia, o meglio che si aggiorna con il sostanziale recepimento dell’elaborazione giurisprudenziale, sono le modalità di convocazione e partecipazione e l’inserimento di una norma art. 67, comma 3, disp att. c.c. specificamente dedicata al supercondominio ed in genere ai complessi immobiliari diversi dal classico condominio verticale. L’avviso di convocazione dev’essere inviato con sistemi che ne attestino la ricezione . Raccomandata, p.e.c., fax o consegna a mano. Queste le nuove modalità di invio dell’avviso di convocazione. Nessuno potrà più dire di non averlo ricevuto anche in considerazione del fatto che con il registro di anagrafica condominiale risulterà chiaramente il domicilio eletto per le comunicazione con il condominio. L’art. 66 disp. att. c.c., lo stesso che ha disciplinato le modalità d’invio, specifica anche che l’avviso deve contenere la specifica indicazione dell’ordine del giorno e che i vizi deliberativi concernenti la convocazione comportano l’annullabilità confermato il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite con la sent. n. 4806/05 . Prevista art. 66, comma 5, disp. att. c.c. la possibilità con lo stesso avviso di annunciare la prosecuzione dell’assemblea in date diverse da quelle fissate per la prima e seconda convocazione che dovranno tenersi come minimo a 24 ore di distanza una dall’altra, art. 66, comma 4, disp. att. c.c. insomma un rimedio alle così dette riunione fiume”. Nuovi quorum costitutivi e deliberativi, il divieto d’incetta di deleghe ed il ruolo dell’amministratore . Si abbassano leggermente i quorum costitutivi della prima convocazione non più 2/3 dei condomini e dei millesimi ma la maggioranza dei condomini e 2/3 dei millesimi, art. 1136, comma 1, c.c. e s’introducono i quorum costitutivi in seconda convocazione art. 1136, terzo comma, c.c. Si specifica che l’assemblea non può deliberare se non risulta che tutti gli aventi diritto n.b. non più condomini siano stati convocati art. 1136, comma 6, c.c. . Si tratta della certezza giuridica che anche i conduttori devono essere avvisati dall’amministratore dello svolgimento dell’assemblea contra in precedenza C.A. Genova 4 maggio 1996 . La riforma” rischia di paralizzare la partecipazione all’attività assembleare in quelle compagini in cui insistono unità immobiliari con molti comproprietari, degli aventi diritto rispetto a queste ultime l’art. 67 disp. att. c.c., infatti, non prevede, come in passato, il poter per il presidente dell’assemblea di sorteggiare il comproprietario che ha diritto a prendere parte alla riunione. Introdotto anche il così detto divieto d’incetta di deleghe, ma solamente per i condomini con più di venti partecipanti art. 67, comma 1, disp. att. c.c. . S’è stabilito, inoltre, che l’amministratore sia esso uno dei condomini o un estraneo alla compagine, non potrà più rappresentare i condomini, ergo essere delegato, nelle assemblee del condominio com’anche in quelle del supercondominio. L’assemblea del supercondominio ed i supertempi di convocazione . Il terzo comma del nuovo art. 67 disp. att. c.c. prevede, per le assemblee ordinarie dei supercondomini con più di sessanta partecipanti, una particolare procedura di selezione del delegato delle compagini che lo compongono. Spetterà alle assemblee – con le maggioranze previste dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. – ed in caso d’inerzia all’Autorità Giudiziaria previa diffida e su ricorso anche solamente di uno degli altri partecipanti provvedere alla nomina del mandatario rappresentante in senso al consesso del supercondominio. Anche qui, come per altre questioni, il rischio di empasse è serio. Ci domandiamo posto che al supercondominio si applicano in quanto compatibili le norme di cui agli artt. 1117 e ss. e quindi, tra le altre, anche quelle sulla presentazione del rendiconto e la convocazione dell’assemblea e dato che questi sono temi su cui nei supercondominii con più di sessanta partecipanti dovranno essere i delegati a prendere parte all’assemblea ordinaria attuale, conoscendo anche i tempi della giustizia, è realistico credere che questa procedura possa essere chiusa in pochi giorni? Quanto meno dalla lettura della norma sembra potersi affermare che la delega a partecipare non ha vincolo di durata in buona sostanza una volta scelto il rappresentante esso avrà potere di partecipare fintanto che non verrà sostituito.

Tra le novità introdotte nel codice civile dalla legge n. 220/2012, una di quelle che ha portato maggiori discussioni e preoccupazioni è quella relativa alla costituzione obbligatoria di un fondo straordinario di pari importo al costo dei lavori deliberati dall’assemblea. Basta, come si è soliti dire tra chi usa il web, una ricerca in rete per rendersene conto. Questa la domanda più ricorrente le somme dovranno essere versate per intero all’amministratore già prima dell’inizio dei lavori? Non merita commento, invece, chi ha paventato la necessità di preventivo pagamento dell’impresa esecutrice delle opere. Le norme sull’appalto artt. 1655 e ss. c.c. non sono state modificate dalla legge di riforma” e quindi continueranno ad applicarsi così come sono anche nei rapporti tra condominio e appaltatore. Pare utile, quindi, alla luce di queste brevi considerazioni, fare un po’ di chiarezza. Il fondo tra passato e futuro . In questo contesto riportare l’esatto contenuto del testo normativo risulterà utile ai nostri fini. Ai sensi dell’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., l’assemblea, tra le altre cose, provvede alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori . Nella versione precedente, riguardo al fondo, si diceva se occorre e non v’era riferimento all’ammontare dei lavori ma evidentemente tale dicitura era stata considerata sovrabbondante. Insomma è evidente la svolta, in quanto si passa dalla facoltà all’obbligo. Però, stando proprio alla lettera della legge, le novità si fermano qui. Per rispondere al quesito più ricorrente quello summenzionato , allora, è utile comprendere se, nella vigenza della vecchia normativa, all’attivazione del fondo corrispondeva l’obbligo di versamento anticipato dell’intera somma. Non si sono rintracciate sentenze in merito, né la più attenta ed autorevole dottrina in materia cfr. Branca, Comunione condominio negli edifici , Zanichelli, 1982 Terzago, Il condominio , Giuffrè, 1985 Rezzonico, Manuale del condominio , IlSole24Ore, 2008 ha ritenuto di dover affermare che alla costituzione del fondo corrispondesse l’immediato obbligo di pagamento immediato delle quote dovute dai condomini. Ed allora? Probabilmente le sentenze che arriveranno in materia ci diranno qualcosa in più s’è fatto tanto rumore per nulla. Detta diversamente una volta deliberati lavori di manutenzione straordinaria o innovazioni, all’assemblea spetta l’obbligo di prevedere l’istituzione di un fondo speciale di pari importo all’ammontare dei lavori, regolamentando, altresì, le modalità di corresponsione di tali obblighi. Se oltre al fondo è approvato anche il piano di riparto, l’amministratore avrà il potere di agire giudizialmente ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. per il caso di morosità. Al termine dell’anno di gestione, per espressa indicazione legislativa art. 1130- bis c.c. , l’amministratore, nel rendere conto della gestione, dovrà specificare anche lo stato di quel fondo. Insomma il punto è il seguente la norma impone la costituzione del fondo ma non le modalità di versamento, ergo rientra nei poteri dell’assemblea deliberare le modalità di conferimento delle somme. Che cosa accade, per esempio, se l’assemblea non delibera sul punto? Anche qui s’è parlato di annullabilità della deliberazione, carenza d’interesse ad impugnare, ecc. La situazione potrebbe essere differente a seconda dei casi. Vediamo in che senso tramite un paragone. Che cosa accade se l’assemblea, pur essendo obbligatoria la nomina, non incarica nessuno dell’amministrazione dello stabile? Ogni condomino può ricorrere all’Autorità Giudiziaria per ottenere lo stesso effetto. Perché non dovrebbe valere la stessa cosa per il fondo a maggior ragione perché l’art. 1105, comma 4, c.c. applicabile al condominio stabilisce che se non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria ? Diverso il caso della deliberazione contraria all’istituzione del fondo straordinaria. Continuando con il parallelo con la figura dell’amministratore, in un caso simile la deliberazione dovrebbe essere considerata nulla perché contraria a norme imperative. L’art. 1138, comma 4, c.c., infatti, pone la nomina dell’amministratore tra quegli atti inderogabili anche dai regolamenti contrattuali cfr. Branca op. cit. . L’art. 1135 c.c., però, non è inserito in quell’elenco. In considerazione di ciò verrebbe da concludere che le deliberazioni con le quale si stabilisce, in violazione di legge, di non costituire il più volte citato fondo speciale debbano essere considerate annullabili e come tali impugnabili nei modi e nei termini di cui all’art. 1135 c.c La deroga con il consenso di tutti i condomini . A ciò sia aggiunga un’annotazione finale se è vero, com’è vero, che l’art. 1135 c.c. non è inserito nell’elencazioni di cui all’art. 1138, comma 4, c.c., ciò vuol dire che questa norma è derogabile da un regolamento condominiale di natura contrattuale o comunque da un accordo scritto tra tutti i condomini, esattamente come avviene per i criteri di ripartizione delle spese ex art. 1123 c.c

Una delle norme che più hanno rappresentato nell’immaginario collettivo la legge di riforma” del condominio è stata quella che ha introdotto nell’art. 1138 c.c. il quinto comma che recita così Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici . S’è subito detto, per la maggior parte dei casi da parte di non addetti ai lavori, che la norma impone di non prevedere il divieto in tutti i regolamenti condominiali siano essi assembleari o contrattuali. Le cose, stando semplicemente alla lettera della legge, non stanno propriamente in questo modo. Vediamo perché. Regolamento assembleare e contrattuale sono due cose ben distinte . La norma, nelle intenzioni del legislatore, non si applicherà al regolamento contrattuale. Questo, com’è noto, differisce dal regolamento assembleare in quanto è frutto di un accordo tra tutti i partecipanti al condominio. Com’ha spiegato la Cassazione, in diverse occasioni, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l'utilità generale dell'intero edificio, o di una sua parte Cass. 19 ottobre 1998 n. 10335 . In ogni caso le limitazioni non devono incidere su diritti fondamentali ed inviolabili come per qualunque contratto e tali divieti e limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro non suscettibile di dar luogo a incertezze Cass. 20 luglio 2009, n. 16832 . Che sia questo il contesto nel quale va calata la norma in esame, ce lo conferma anche un ordine del giorno al disegno di legge esaminato dalla Commissione giustizia del Senato e che sarebbe poi divenuto la legge n. 220/2012. In quest’atto del senato si legge che in nuovo quinto comma dell’art. 1138 c.c. non riguarda i regolamenti cosiddetti contrattuali che sono approvati da tutti i condomini con l'adesione al regolamento formulato dal costruttore prima della costituzione del condominio, ovvero con una deliberazione assembleare unanime, perché la disposizione è collocata all'interno dell'articolo che disciplina il regolamento condominiale. Tale formula di compromesso è di fondamentale importanza perché consente da un lato di rispettare la sensibilità degli amanti degli animali, e dall'altro, in coerenza con i principi di autonomia contrattuale articolo 1322 del codice civile , consente ai condomini di deliberare all'unanimità limitazioni ai diritti dominicali loro spettanti avuto riguardo allo stato dei luoghi http //www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm& amp leg=16& amp id=685070 . Sebbene un ordine del giorno non sia per nulla equiparabile ad una legge d’interpretazione autentica, esso, in assenza di lavori preparatori, è sicuramente indicativo delle intenzioni del legislatore art. 13 preleggi . Sicuramente la norma tende a vietare ai regolamenti assembleari di contenere tale tipologia di divieti. Il che, tra le altre cose, non è per nulla un fatto nuovo, tant’è vero che anche in giurisprudenza s’era già affermato che la detenzione di animali in un condominio, nell'ambito delle singole proprietà esclusive, può essere vietata solo se il proprietario dell'immobile si sia contrattualmente obbligato a non detenere animali nel proprio appartamento, non potendo altrimenti un regolamento condominiale di tipo non contrattuale, quand'anche approvato a maggioranza, stabilire limiti, costituenti oneri reali ovvero servitù a carico dei condomini relativamente alle loro proprietà esclusive, essendo la scelta di tenere o meno animali , nell'ambito della singola proprietà, estrinsecazione del diritto dominicale Trib. Piacenza 10 aprile 2001 in Arch. locazioni 2001, 689 . Il problema che si pone rispetto alla detenzione degli animali è piuttosto un altro. Con la sempre maggiore attenzione che la medicina ufficiale riconosce alla così detta Pet Therapy a titolo d’esempio si veda http //www.aslbrescia.it/bin/index.php?id=1258 , si può affermare con certezza che la clausola che vieta la detenzione di animali domestici non debba essere considerata illegittima anche se contenuto in regolamenti contrattuali perché contrastante anche con norme precettive contenute nella Costituzione es. art. 3 ?