RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. UNITE SENTENZA 14 DICEMBRE 2020, N. 28387 ESECUZIONE FORZATA - IMMOBILIARE - VENDITA – TRASFERIMENTO. Decreto di trasferimento - Ordine di cancellazione dei gravami - Esecuzione a cura del Conservatore - Indipendenza dal decorso dei termini di proponibilità delle opposizioni ex art. 617 c.p.c. Il decreto di trasferimento immobiliare ex art. 586 c.p.c., tanto nell'espropriazione individuale che in quella concorsuale che si svolga sul modello della prima, implica l'immediato e indifferibile trasferimento del bene purgato e libero dai pesi indicati dalla norma o ricavabili dal regime del processo esecutivo, con conseguente obbligo per il Conservatore dei Registri immobiliari o, secondo l'attuale definizione, Direttore del Servizio di pubblicità immobiliare dell'Ufficio provinciale del territorio istituito presso l'Agenzia delle entrate di procedere alla cancellazione di questi immediatamente, incondizionatamente e, in ogni caso, indipendentemente dal decorso dei termini previsti per la proposizione delle opposizioni agli atti esecutivi avverso il provvedimento traslativo in parola. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. UNITE SENTENZA 14 DICEMBRE 2020, N. 28383 PROFESSIONISTI - ORDINI PROFESSIONALI. Consiglio dell’ordine degli avvocati - Legittimità delle operazioni elettorali - Controversia relativa - Dimissioni dalla carica della maggioranza dei consiglieri - Emergenza di tale circostanza nel corso del giudizio di legittimità - Sopravvenuta carenza di interesse alla decisione - Sussistenza - Conseguenze - Dichiarazione anche d'ufficio di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di cassazione. Nei giudizi aventi ad oggetto la legittimità delle operazioni relative all'elezione degli organi dei consigli degli ordini forensi, le dimissioni dalla carica della maggioranza dei consiglieri e la conseguente decadenza dell'intero organo, ai sensi dell'art. 28, comma 8, della l. n. 247 del 2012 – con scioglimento del consiglio ed indizione di nuove elezioni – comportano il venir meno dell'interesse alla decisione, rilevabile anche d'ufficio pertanto, anche ove tale circostanza emerga solo nel corso del giudizio di cassazione, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere. Si richiama Cass. Sez. U, Sentenza n. 18047 del 2010 La scadenza del mandato elettorale, e la conseguente rinnovazione di un organismo elettivo nella specie, Consiglio dell'ordine dei farmacisti , comportano il venir meno dell'interesse alla decisione nei giudizi in cui si controverta della legittimità delle operazioni elettorali relative all'elezione dell'organismo scaduto, con la conseguenza che, pur se la circostanza emerga solo nel giudizio di legittimità, la Corte di cassazione deve, anche d'ufficio, dichiarare l'inammissibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere. SEZ. UNITE SENTENZA 16 DICEMBRE 2020, N. 28709 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITA' DI RISCOSSIONE - RISCOSSIONE COATTIVA - IN GENERE . Cartella esattoriale notificata al socio senza previa escussione della società - Impugnazione - Eccezione di violazione del beneficium excussionis - Ammissibilità - Oneri probatori gravanti sulle parti - Criteri di ripartizione - Conseguenze. In tema di riscossione ed esecuzione a mezzo ruolo di tributi il cui presupposto impositivo sia stato realizzato dalla società e la cui debenza risulti da un avviso di accertamento notificato alla società e da questa non impugnato, il socio può impugnare la cartella notificatagli eccependo tra l'altro la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale. In tal caso, se si tratta di società semplice o irregolare incombe sul socio l'onere di provare che il creditore possa soddisfarsi in tutto o in parte sul patrimonio sociale se si tratta, invece, di società in nome collettivo, in accomandita semplice o per azioni, è l'amministrazione creditrice a dover provare l'insufficienza totale o parziale del patrimonio sociale a meno che non risulti aliunde dimostrata in modo certo l'insufficienza del patrimonio sociale per la realizzazione anche parziale del credito, come, ad esempio, in caso in cui la società sia cancellata . Ne consegue che, se l'amministrazione prova la totale incapienza patrimoniale, il ricorso andrà respinto se, invece, il coobbligato beneficiato prova la sufficienza del patrimonio, il ricorso andrà accolto. Se la prova della capienza è parziale, il ricorso sarà accolto negli stessi limiti. Se nessuna prova si riesce a dare, l'applicazione della regola suppletiva posta dall'art. 2697 c.c. comporterà che il ricorso sarà accolto o respinto, a seconda che l'onere della prova gravi sul creditore, oppure sul coobbligato sussidiario. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7000 del 2003 In tema di riscossione delle imposte sui redditi, poiché la responsabilità solidale ed illimitata dei soci di società in nome collettivo per le obbligazioni sociali, prevista dall'art. 2291 del codice civile, opera, in assenza di espressa previsione derogativa, anche per i rapporti tributari, è legittima la notificazione di un avviso di mora al socio di una società in nome collettivo, in ordine alle obbligazioni tributarie della società ne' occorre che l'avviso di mora sia preceduto dalla notifica di avviso di accertamento, potendo il socio, in sede di impugnazione dell'atto notificatogli, far valere tutte le ragioni che avrebbe potuto opporre all'avviso di accertamento. Trova, tuttavia, applicazione anche la disposizione di cui all'art. 2304 del codice civile, secondo il quale è vietata la pretesa di pagamento nei confronti del socio che non sia stata preceduta dalla escussione del patrimonio sociale, con la conseguenza che l'amministrazione procedente deve fornire adeguata prova dell'inutile esperimento del beneficium excussionis . SEZ. UNITE SENTENZA 17 DICEMBRE 2020, N. 28972 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI NOZIONE, DISTINZIONI - IN GENERE. Parti comuni dell’edificio - Titolo negoziale costitutivo di un diritto reale di cd. uso esclusivo – Ammissibilità – Esclusione – Fondamento - Conseguenze. La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. diritto reale di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo ovviamente inter partes di natura obbligatoria. Si richiamano i Sez. 2 - , Ordinanza n. 20712 del 2017 Al fine di accertare se l'uso esclusivo di un'area esterna al fabbricato, altrimenti idonea a soddisfare le esigenze di accesso all'edificio di tutti i partecipanti, sia attribuito ad uno o più condomini, è irrilevante la circostanza che l'area stessa, per la conformazione dei luoghi, sia stata di fatto goduta più proficuamente e frequentemente dal condomino titolare della contigua unità immobiliare adibita ad attività commerciale, occorrendo all'uopo un titolo di fonte negoziale ravvisabile nel regolamento condominiale c.d. contrattuale che conferisca al bene natura pertinenziale e la cui interpretazione presuppone un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito. ii Sez. 2 - , Sentenza n. 24301 del 2017 L' uso esclusivo su parti comuni dell'edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, incide non sull'appartenenza delle dette parti comuni alla collettività, ma sul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex artt. 1102 e 1117 c.c. Tale diritto non è riconducibile al diritto reale d'uso previsto dall'art. 1021 c.c. e, pertanto, oltre a non mutuarne le modalità di estinzione, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell'unità immobiliare cui accede. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda del condominio attore, tesa ad accertare che il diritto d'uso esclusivo su due porzioni del cortile, concesso con il primo atto di vendita dall'originario unico proprietario dell'intero edificio in favore di un'unità immobiliare e menzionato anche nell'allegato regolamento, non era cedibile, né poteva eccedere i trent'anni . iii Sez. 2 - , Sentenza n. 17905 del 2018 In tema di conversione del contratto nullo, l'accertamento dell'ipotetica volontà dei contraenti deve essere sollecitato dall'una o dall'altra parte, non potendo essere operato di ufficio dal giudice inoltre, implicando un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere compiuto in sede di legittimità. Iv Sez. 2 - , Sentenza n. 193 del 2020 In tema di condominio il diritto reale d'uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979 c.c., non può superare il trentennio. Né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l'ordinamento. SEZ. UNITE SENTENZA 14 DICEMBRE 2020, N. 29108 SOCIETA' - DI PERSONE FISICHE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - SOCIETA' SEMPLICE - SCIOGLIMENTO - LIQUIDAZIONE - IN GENERE. Cancellazione della società dal registro delle imprese - Estinzione - Mere pretese o crediti illiquidi - Trasferimento ai soci - Esclusione - Limiti - Credito risarcitorio da illecito extracontrattuale. Il principio secondo il quale, per effetto dell'estinzione di una società di persone conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, l'oggetto della successione dei soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, è limitato ai diritti e beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, mentre non si estende alle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, né ai diritti di credito ancora incerti o illiquidi la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un'attività ulteriore giudiziale o extragiudiziale , trova applicazione, con riguardo ai crediti risarcitori da illecito extracontrattuale, solo nell'ipotesi in cui la società, al tempo della cancellazione, fosse in grado, con l'ordinaria diligenza, di avere conoscenza non solo del danno ma anche del fatto illecito e della derivazione causale del primo dal secondo, mentre non opera nella contraria ipotesi in cui, pur essendovi già la percezione del pregiudizio economico, non era stata ancora accertata la sua riconducibilità al fatto illecito del terzo ciò in quanto il fondamento del detto principio si ravvisa nella presunzione di una volontà dismissiva della società che non può prescindere dalla conoscenza o conoscibilità del diritto rinunciato. Si veda Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 19302 del 2018 In tema di effetti della cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese, non si verifica la successione dei soci nella titolarità di mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e di crediti ancora incerti o illiquidi che, ove non compresi nel bilancio di liquidazione, devono ritenersi rinunciati dalla società a favore della conclusione del procedimento estintivo. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato la legittimazione del socio ad agire ex art. 2033 c.c. per crediti della società, sciolta senza essere messa in liquidazione, non menzionati nell'atto di scioglimento, pur contenente la delega ad un socio per la riscossione di eventuali sopravvenienze . SEZ. UNITE ORDINANZA 15 GENNAIO 2021, N. 621 EDILIZIA POPOLARE ED ECONOMICA - COMPETENZA E GIURISDIZIONE. Edilizia residenziale pubblica - Immobile occupato senza titolo - Decreto di rilascio - Opposizione - Deduzione dell’occupante di avere diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio - Giurisdizione del giudice ordinario – Sussistenza - Fondamento. In tema di edilizia residenziale pubblica, appartiene al giudice ordinario la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento dell'amministrazione di rilascio di immobile occupato senza titolo, deducendo, al fine di paralizzare l'intimazione di rilascio, di avere diritto al subentro nell'assegnazione dell'alloggio, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge, e non come esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse. In precedenza i Sez. U, Ordinanza n. 14956 del 2011 In tema di edilizia residenziale pubblica, la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento dell'Amministrazione comunale di rilascio di immobili ad uso abitativo occupati senza titolo rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge art. 30 della legge reg. Campania 2 luglio 1997, n. 18 e non come esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse tale principio va affermato anche qualora sia dedotta l'illegittimità di provvedimenti amministrativi diffida a rilasciare l'alloggio e successivo ordine di sgombero , dei quali è eventualmente possibile la disapplicazione da parte del giudice, chiamato a statuire sull'esistenza delle condizioni richieste dalla legge per dare corso forzato al rilascio del bene. ii Sez. U, Ordinanza n. 3623 del 2012 In materia di edilizia economica e popolare pubblica, anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 133 del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 codice del processo amministrativo , il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario trova il suo criterio distintivo nell'essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell'alloggio, che segna il momento a partire dal quale l'operare della P.A. non è più riconducibile all'esercizio di pubblici poteri e ricade, invece, nell'ambito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato. Ne consegue che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia avente per oggetto il diniego di assegnazione dell'alloggio anche quando vi sia un'ulteriore domanda di annullamento di un successivo decreto di rilascio di detto immobile, posto che la delibazione su quest'ultima pretesa illegittimità è strettamente consequenziale a quella sul menzionato diniego di assegnazione. iii Sez. U - , Ordinanza n. 24148 del 2017 In tema di edilizia residenziale pubblica, la controversia introdotta da chi si opponga ad un provvedimento dell'amministrazione comunale di rilascio di immobile occupato senza titolo e di assegnazione in locazione a terzi rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale della P.A., la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse e tanto anche qualora l'opponente deduca il possesso dei requisiti per l'assegnazione dell'alloggio al di fuori di un procedimento amministrativo di assegnazione, ovvero al solo fine di paralizzare la pretesa di rilascio.