RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. III ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4685 CONTRATTI AGRARI - DIRITTO DI PRELAZIONE E DI RISCATTO - IN GENERE. Vendita di un complesso di terreni confinanti solo in parte con fondo appartenente a coltivatore diretto - Diritto di prelazione - Estensione - Limiti. Al fine della prelazione e del riscatto agrario, ai sensi della l. n. 590 del 1965 e della l. n. 817 del 1971, per fondo deve intendersi un'estensione che abbia una propria autonomia colturale e produttiva. Ne consegue che, potendo nel relativo concetto farsi rientrare tanto un'unità poderale costituita da un complesso unitario di terreni non suscettibili singolarmente di autonoma coltivazione , quanto un singolo terreno anche di piccole dimensioni, che, rispetto ai terreni circostanti, sia distinto ed autonomo per caratteristiche della sua coltivazione e produttività , nel caso di vendita di un complesso di terreni attigui tra loro e confinanti solo in parte con un fondo appartenente a coltivatore diretto, per stabilire se il diritto di prelazione debba essere esercitato in relazione a tutti i terreni oggetto della vendita, ovvero soltanto a quelli a confine con la proprietà dell'avente diritto alla prelazione, devesi accertare se quelli costituiscono un'unità poderale nell'ambito della quale ogni terreno sia privo di propria autonomia coltivatrice , oppure un insieme di porzioni distinte e indipendenti l'una dall'altra per caratteristiche ed esigenze colturali e produttive. In questa seconda ipotesi, la prelazione può esercitarsi con esclusivo riferimento a quelle porzioni confinanti con il fondo del coltivatore diretto. In senso conforme, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1244 del 1995 Al fine della prelazione e del riscatto agrario, ai sensi delle leggi 26 maggio 1956 n. 590 e 14 agosto 1971 n. 817, per fondo deve intendersi un'estensione che abbia una propria autonomia colturale e produttiva. Ne consegue che, potendo nel relativo concetto farsi rientrare tanto un'unità poderale costituita da un complesso unitario di terreni non suscettibili singolarmente di autonoma coltivazione , quanto un singolo terreno anche di piccole dimensioni, che, rispetto ai terreni circostanti, sia distinto ed autonomo per caratteristiche della sua coltivazione e produttività , nel caso di vendita di un complesso di terreni attigui tra loro e confinanti solo in parte con un fondo appartenente a coltivatore diretto, per stabilire se il diritto di prelazione debba essere esercitato in relazione a tutti i terreni oggetto della vendita, ovvero soltanto a quelli a confine con la proprietà dell'avente diritto alla prelazione, devesi accertare se quelli costituiscono un'unità poderale nell'ambito della quale ogni terreno sia privo di propria autonomia coltivatrice , oppure un'insieme di porzioni distinte e indipendenti l'una dall'altra per caratteristiche ed esigenze colturali e produttive. In questo secondo caso la prelazione può esercitarsi con esclusivo riferimento a quelle porzioni confinanti con il fondo del coltivatore diretto. SEZ. III SENTENZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4683 PRESCRIZIONE CIVILE - INTERRUZIONE - IN GENERE. Credito contrattuale alla restituzione dei capitali investititi nei confronti di società fiduciaria del Ministero dello sviluppo economico assoggettata a procedura concorsuale - Domanda di ammissione al passivo della società - Interruzione della prescrizione del diritto al risarcimento dei danni causati dal Ministero per omessa vigilanza sulla medesima società - Idoneità - Esclusione - Art. 1310 c.c. - Applicabilità - Esclusione - Fondamento. In tema di danni patiti da investitori per perdita di risparmi affidati a società fiduciaria del Ministero dello sviluppo economico, la domanda di ammissione al passivo della società, assoggettata a procedura concorsuale, del credito alla restituzione dei capitali investiti per inadempimento del contratto di deposito in amministrazione fiduciaria delle somme, non è idonea ad interrompere il decorso del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti del Ministero, fondato sul diverso e distinto fatto illecito extracontrattuale consistente nell'omessa vigilanza sull'operato della società finanziaria e nella mancata tempestiva revoca dell'autorizzazione ad operare alla stessa rilasciata, né trova applicazione il disposto dell'art. 1310 c.c., attesi la diversità degli interessi lesi dalle autonome condotte dannose e il difetto di un vincolo di solidarietà tra i soggetti a vario titolo obbligati. Si richiamano a Sez. 3, Sentenza n. 10403 del 2002 La solidarietà passiva, stabilita dall'art. 2055 cod. civ. a favore del danneggiato nell'ipotesi di fatto dannoso imputabile a più persone, postula l'unicità del danno configurabile, pur in presenza di più azioni od omissioni costituenti illeciti distinti, dovendo invece escludersi tale solidarietà se le condotte realizzate da più soggetti hanno leso separatamente interessi diversi del danneggiato. Nella specie, avendo una società di revisione, con un'infedele certificazione, arrecato danni ai promissari acquirenti di quote di una società, la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la solidarietà' passiva tra la società di revisione e i venditori delle quote societarie, attesa la differenza sussistente tra il danno derivante dall'erronea certificazione dello stato patrimoniale della società - in seguito al quale i promissari acquirenti non avevano valutato l'antieconomicità della futura gestione e quindi non avevano esercitato il diritto di recesso previsto nel preliminare - e il danno derivante dalla violazione del sinallagma contrattuale per aver pagato una somma non congrua per le quote sociali acquistate . b Sez. L, Sentenza n. 17412 del 2016 La presentazione dell'istanza di insinuazione al passivo fallimentare, equiparabile alla domanda giudiziale, determina, ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c., l'interruzione della prescrizione del credito, con effetti permanenti fino alla chiusura della procedura concorsuale, anche nei confronti del condebitore solidale del fallito, ex art. 1310, comma 1, c.c. In applicazione del principio, la S.C. ha respinto il motivo del coobbligato in solido della società fallita che, in sede di opposizione a cartella esattoriale, collegava gli effetti permanenti dell'interruzione, non già alla presentazione della domanda, ma alla successiva ammissione al passivo . c Sez. 3 - , Ordinanza n. 1070 del 2019 La responsabilità solidale dei danneggianti, l'art. 2055, comma 1, c.c. richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone ed anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l'unicità del fatto dannoso considerata dalla norma suddetta deve essere riferita unicamente al danneggiato e non va intesa come identità delle norme giuridiche da essi violate. d Sez. 3 - , Sentenza n. 22164 del 2019 In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito imputabile a più danneggianti in solido tra loro ai sensi dell'art. 2055 c.c., la diversità dei titoli della responsabilità ascrivibile ai vari coobbligati non incide sull'interruzione del termine di prescrizione, che resta disciplinata dai principi sulle obbligazioni solidali e, segnatamente, dall'art. 1310, primo comma, c.c., per la cui applicabilità è necessaria e sufficiente l'esistenza del vincolo obbligatorio solidale scaturente dall'unicità del fatto dannoso previsto dall'art. 2055 c.c In applicazione del principio, con riferimento ad un giudizio per risarcimento del danno da perdita di somme di denaro affidate da risparmiatori ad una società di intermediazione finanziaria, la S.C. ha ritenuto operante nei confronti della CONSOB, responsabile per omessa vigilanza sull'operatore di mercato, l'effetto estensivo dell'interruzione della prescrizione compiuta mediante la costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico dell'autore del fatto illecito . SEZ. III ORDINANZA DEL 21 FEBBRAIO 2020, N. 4589 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - GIURISDIZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA. Accordo con il quale una parte si accolla l'onere economico derivante da un tributo - Natura - Accollo interno - Differenza dal patto traslativo dell'imposta - Fondamento - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Validità di tale accordo - Fondamento - Qualificazione come donazione diretta - Esclusione - Fattispecie. L'accordo con il quale una parte si obbliga a tenere indenne l'altra da ogni pretesa fiscale nella specie, relativa ad un immobile assegnato in forza di un accordo divisorio ha natura di accollo interno, rilevante esclusivamente tra i privati stipulanti e non verso l'Amministrazione finanziaria, non avendo effetto sull'individuazione del soggetto passivo, sul rapporto fra contribuente e P.A. o sul potere impositivo di quest'ultima. Esso è, pertanto, valido e la controversia che lo riguarda è devoluta alla giurisdizione ordinaria. Tale accordo, diversamente dall'intesa che trasferisca l'onere dell'imposta, regolandone i presupposti in modo difforme dalla legge, non è nullo in quanto non viola il divieto, prescritto dall'art. 27 del d.P.R. n. 643 del 1972, di patti dispositivi del tributo, atteso che si limita a ripartirne le conseguenze economiche, senza incidere sull'obbligazione originaria o porre in essere una successione nel lato passivo della medesima come si evince dall'art. 8 della l. n. 212 del 2000, che prevede come l'obbligazione tributaria possa estinguersi mediante accollo non liberatorio . Inoltre, il negozio in esame è legittimo perché comunque dotato di una causa, ancorché variabile, e, non essendo riconducibile allo schema della donazione diretta ma, eventualmente, di quella indiretta, ove non vi sia uno scambio con un corrispettivo , non deve neppure rispettare i requisiti di forma per essa stabiliti. Si richiamano i Sez. 1, Sentenza n. 2412 del 2016 È ammissibile, in carenza di diversa disciplina legislativa, la convenzione tra privati che preveda la traslazione del carico dell'imposta, purchè non comporti il versamento al fisco da parte di un soggetto diverso dal percettore del corrispondente reddito, stante l'inderogabilità del presupposto soggettivo del tributo. Il relativo accertamento, risolvendosi in una questione di interpretazione della convenzione stessa, è riservato al giudice di merito, ed è sindacabile, in sede di legittimità, solo per violazione di canoni di ermeneutica contrattuale specificamente individuati e per vizio di motivazione. Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, nell'ambito di un rapporto concessorio inerente la gestione dei parchimetri di Roma, aveva escluso la traslazione dell'IRAP in capo alla concedente, nulla esplicitamente prevedendo la convenzione circa il dovere di quest'ultima di tenere indenne la concessionaria dagli oneri tributari di qualunque genere in relazione all'esecuzione del servizio appaltato, né potendosi ricondurre l'imposta suddetta al concetto di costo del personale , pattiziamente a carico della prima . ii Sez. 2 - , Ordinanza n. 3132 del 2018 La nullità di ogni patto contrario alla traslazione dell'onere tributario funzionale ai principi della neutralità dell'IVA nei confronti dei soggetti passivi e della sua incidenza economica esclusivamente sul consumatore non esclude, tuttavia, che il corrispettivo di una operazione imponibile possa essere determinato tra le parti in misura tale da comprendere anche l'ammontare dell'imposta al cui pagamento sia tenuto il cedente od il prestatore, purché tale accordo non incida sulla titolarità passiva del debito di imposta e sulle modalità del suo adempimento e si risolva unicamente nell'individuazione del ricavo dell'operazione nel corrispettivo stabilito al netto dell'imposta. Ne consegue che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito l'accertamento della volontà delle parti nel concordare un prezzo della vendita del bene determinato comprendendo in esso anche l'ammontare dell'imposta, pur nell'incertezza circa l'aliquota fiscale in concreto applicabile e, quindi, ponendo a carico del venditore il rischio sulla misura del ricavo. SEZ. II SENTENZA DEL 20 FEBBRAIO 2020, N. 4439 COMUNIONE DEI DIRITTI REALI - CONDOMINIO NEGLI EDIFICI NOZIONE, DISTINZIONI - PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO - USO - IN GENERE. Uso della cosa comune senza le dovute concessioni o autorizzazioni amministrative - Fonte di risarcimento del danno per il condominio – Esclusione - Limiti. In tema di condominio negli edifici, qualora uno dei condomini, senza violare i limiti di cui all'art. 1102 c.c., faccia uso della cosa comune, la mera mancanza delle concessioni o autorizzazioni amministrative non può essere invocata dal condominio quale fonte di risarcimento del danno, riflettendosi tale carenza esclusivamente nei rapporti tra il privato e la pubblica amministrazione, salvo che si deduca e dimostri che, in concreto, l'inosservanza di una norma ordinata a garantire parametri di sicurezza si sia tradotta nel pregiudizio degli interessi perseguiti dalla normativa in materia condominiale. Il precedente è conforme al risalente principio posto da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8040 del 1990 In tema di condominio negli edifici, qualora uno dei condomini, senza violare i limiti di cui all'art. 1102 cod. civ., faccia uso della cosa comune nella specie mediante la costruzione di un comignolo sul tetto dell'edificio , la mera Mancanza delle concessioni o autorizzazioni amministrative, non può essere invocata dal condominio quale fonte di risarcimento del danno, riflettendosi esclusivamente nei rapporti tra il privato e la pubblica amministrazione. SEZ. III ORDINANZA DEL 19 FEBBRAIO 2020, N. 4244 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI RAPPORTI CON L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA - AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA. Cessione di crediti - Natura - Revocatoria ordinaria ex art. 66 l.fall. - Ammissibilità - Fondamento - Applicabilità dell'art. 2901, comma 3, c.c. - Esclusione - Fondamento. La cessione di crediti costituisce una modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, come tale assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promossa dalla curatela fallimentare, ai sensi dell'art. 66 l.fall., anche quando rappresenti l'unico mezzo per adempiere all'obbligazione scaduta, poiché si tratta di atto discrezionale, quindi non dovuto, e non operando, in questo caso, per il principio della tutela della par condicio creditorum , l'irrevocabilità dell'adempimento del debito scaduto prevista dall'art. 2901, comma 3, c.c. Si vedano i Sez. 1, Sentenza n. 28981 del 2008 La cessione pro solvendo al creditore di tutti i crediti presenti e futuri vantati, fino ad un determinato importo, dal debitore verso un terzo, costituisce modalità anomala di estinzione dell'obbligazione, come tale assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promuovibile dal curatore ex art. 66 legge fall. il principio della non sottoponibilità all'azione revocatoria dell'adempimento di un debito scaduto, fissato dall'art. 2901, terzo comma, cod. civ., trova invero applicazione solo con riguardo all'adempimento in senso tecnico e non con riguardo a negozi, come la predetta cessione, riconducibili ad un atto discrezionale, dunque non dovuto, per il quale l'estinzione dell'obbligazione è l'effetto finale di un negozio, soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto. Né l'irrevocabilità dell'atto di disposizione può conseguire alla dimostrazione da parte del debitore dell'assenza di alternative per soddisfare il debito scaduto, principio applicabile in relazione a fattispecie disciplinate dall'art. 2901 cod. civ., ma non nell'ambito dell'azione revocatoria di cui all'art. 66 legge fall., posta a tutela della par condicio creditorum . ii Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 26927 del 2017 La datio in solutum”, nella specie attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto , costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed è quindi assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore ex art. 66 l.fall., sottraendosi all’inefficacia ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c. solo l’adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto discrezionale, dunque non dovuto, come la predetta cessione, in cui l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto. SEZ. III ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 4004 RESPONSABILITA' CIVILE - PROPRIETA' DI ANIMALI - IN GENERE. Danni cagionati dalla fauna selvatica - Responsabilità della P.A. - Fondamento - Entrata in vigore della l. n. 157 del 1992 - Irrilevanza - Onere probatorio - Contenuto - Obbligo di predisporre dispositivi specifici - Sussistenza - Presupposti. In tema di responsabilità extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica in circolazione è risarcibile dalla P.A. non ex art. 2052 c.c., essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia, ma, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 157 del 1992, in forza dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che spetta al danneggiato provare la condotta colposa causalmente efficiente dell'ente pubblico. In particolare, il dovere della P.A. di predisporre dispositivi specifici per avvisare dei rischi o scoraggiare l'attraversamento degli animali può trovare fondamento solo in norme particolari poste a tutela di chi si trovi ad attraversare un certo territorio in una situazione di concreto pericolo, da valutare ex ante , quale è, con riguardo all'utilizzo della rete viaria, l'art. 84, comma 2, reg. es. c.d.s., che impone, a fini general-preventivi e sulla base di un principio di precauzione, l'installazione di segnali quando esiste una reale situazione di pericolo sulla strada, non percepibile con tempestività da un conducente che osservi le normali regole di prudenza . Si richiama Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 5722 del 2019 In tema di responsabilità extracontrattuale, il danno cagionato dalla fauna selvatica in circolazione è risarcibile non ex art. 2052 c.c., essendo lo stato di libertà della selvaggina incompatibile con qualsiasi obbligo di custodia a carico della P.A., ma, anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 157 del 1992, in forza dell'art. 2043 c.c., con la conseguenza che, in base all'onere probatorio stabilito da tale ultima disposizione, spetta al danneggiato provare una condotta colposa dell'ente pubblico causalmente efficiente rispetto al danno. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva respinto la domanda, proposta contro la regione, di risarcimento dei danni provocati dall'aggressione di un coltivatore diretto da parte di un cinghiale proveniente da una confinante oasi naturale, non potendo essere pretese la recinzione o la segnalazione generalizzata di tutti i perimetri boschivi, indipendentemente dalle loro peculiarità concrete, e non essendo stato provato che il luogo del sinistro fosse all'epoca abitualmente frequentato da animali selvatici, in un numero eccessivo di esemplari tale da costituire un vero e proprio pericolo per le proprietà vicine anche se adeguatamente protette ovvero teatro di precedenti incidenti. . sul presupposto dell'omessa recinzione idonea ad evitare lo sconfinamento degli animali dal perimetro boschivo .