RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA 20 GENNAIO 2020, N. 1119 FAMIGLIA - MATRIMONIO - SCIOGLIMENTO - DIVORZIO - OBBLIGHI - VERSO L'ALTRO CONIUGE - ASSEGNO - IN GENERE. Assegno divorzile - Revisione - Giustificati motivi sopravvenuti ex art. 9, legge n. 898 del 1970 - Accertamento di fatto - Necessità - Mutamento giurisprudenziale - Irrilevanza ex se” - Fondamento - Fattispecie. In tema di revisione dell'assegno divorzile, ai sensi dell'art. 9 l. n. 898/1970, il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell'assegno, da rendersi, poi, in applicazione dei principi giurisprudenziali attuali. Ne consegue che consentire l'accesso al rimedio della revisione attribuendo alla formula dei giustificati motivi un significato che includa la sopravvenienza di tutti quei motivi che possano far sorgere un interesse ad agire per conseguire la modifica dell'assegno, ricomprendendo tra essi anche una diversa interpretazione delle norme applicabili avallata dal diritto vivente giurisprudenziale, è opzione esegetica non percorribile poiché non considera che la funzione della giurisprudenza è ricognitiva dell'esistenza e del contenuto della regula iuris , non già creativa della stessa fattispecie relativa a una domanda di revisione dell'assegno divorzile determinato prima di Cass., Sez. 1, n. 11504/2017 e Sez. U, n. 18287/2018 . Si richiamano a Sez. I, sentenza n. 18/11 il provvedimento di revisione dell'assegno divorzile postula l'accertamento di una sopravvenuta e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, secondo una valutazione comparativa idonea ad integrare i giustificati motivi di cui all'art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 allorchè, come nella fattispecie, alla sopraggiunta incapacità, per ragioni di età e di salute, di uno di essi di mantenersi da solo, come in precedenza avvenuto con attività lavorative saltuarie, si contrapponga lo sviluppo, da parte dell'altro coniuge, di una buona capacità di reddito. b Sez. I, sentenza n. 787/17 la revisione dell'assegno divorzile di cui all’art. 9 l. n. 898/1970 postula l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata. SEZ. I ORDINANZA 20 GENNAIO 2020, N. 1103 BENI - IMMATERIALI - BREVETTI E CONVENZIONI INTERNAZIONALI - DECADENZA - PER MANCATO PAGAMENTO DI TASSE. Diritti annuali di mantenimento - Pagamento parziale o irregolare oltre i sei mesi dalla scadenza - Decadenza ex art. 230 c.p.i. vecchio testo - Applicabilità - Fondamento - Fattispecie. In tema di brevetti, la decadenza per ritardo nel pagamento dei diritti annuali di mantenimento superiore a sei mesi, prevista dall'art. 230, comma 3, d.lgs. n. 30/2005 nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 131/2010 , opera non solo nel caso di omissione totale del pagamento, ma anche in quello di pagamento parziale o irregolare, in considerazione della logica complessiva del sistema, scandita da precisi termini e scadenze, e dell'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche connesse alla validità ed efficacia del brevetto. Fattispecie relativa a una richiesta di integrazione dei diritti annuali avanzata nel 2006, per la quale erano decorsi i sei mesi dalla scadenza e difettava il presupposto della non imputabilità dell'omissione del pagamento . Si richiama Cass. Sez. I, sentenza n. 12849/19 il pagamento tardivo del diritto annuale di mantenimento in vita del brevetto ne comporta la decadenza ex lege , in applicazione dell'art. 227 del d.lgs. n. 30 del 2005, e il relativo accertamento officioso è effettuato dall'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi UIBM , ai sensi dell'art. 75 del d.lgs. cit., previa comunicazione del rilievo all'interessato ed annotazione nel registro dei brevetti, al fine di consentire la prova della tempestività dei versamenti eseguiti, senza che l'accettazione da parte dell'UIBM dei pagamenti relativi alle successive annualità possa valere quale riconoscimento del diritto al mantenimento della privativa, vertendosi su diritti ed obblighi indisponibili, e senza che operi alcun termine per l'avvio della procedura in difetto di previsione espressa in tal senso, non potendo, in particolare, applicarsi il termine di diciotto mesi per l'annullamento degli atti amministrativi illegittimi di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241/1990, non essendovi alcun esercizio di autotutela da parte dell'UIBM. SEZ. I ORDINANZA 20 GENNAIO 2020, N. 1102 IMPUGNAZIONI CIVILI - REVOCAZIONE GIUDIZIO DI - MOTIVI DI REVOCAZIONE - IN GENERE. Revocazione straordinaria - Decorrenza del termine per la proposizione del giudizio - Accertamento dell’esistenza del dolo - Accertamento di fatto - Conseguenze. Il momento della conoscenza dell'evento nella specie, il dolo della controparte , da cui decorre il termine per la proposizione del giudizio di revocazione straordinaria dalla parte che afferma di esserne stata danneggiata, costituisce oggetto di un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, il cui convincimento non è censurabile per cassazione, ove motivato sulla base di argomentazioni plausibili e coerenti con il parametro legale della scoperta effettiva e completa, analogamente all'accertamento dell'esistenza stessa del dolo, per il quale non è sufficiente la sussistenza di un'attività deliberatamente fraudolenta della parte, ma è anche necessario che essa abbia determinato il convincimento del giudice e la conseguente sua decisione. Si vedano i Sez. 2, Sentenza n. 8342/1990 il dolo processuale che può dar luogo alla revocazione della sentenza, ai sensi dell'art. 395 n. 1 c.p.c., deve consistere in artifici e raggiri soggettivamente diretti ed oggettivamente idonei a pregiudicare la difesa avversaria, facendo apparire una situazione diversa da quella reale ed impedendo quindi al giudice la conoscenza della verità, con la conseguenza che il dolo non può identificarsi con la semplice allegazione di fatti e situazioni non veri, ne' con il semplice silenzio su fatti contrari alla parte deducente o con la mancata produzione di documenti al giudice della revocazione compete l'indagine sulla ricorrenza degli indicati aspetti del dolo, ed il suo accertamento al riguardo è incensurabile in Cassazione se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi. ii Sez. 1, Sentenza n. 1687/1984 ad integrare il dolo revocatorio art. 395 n. 1 c.p.c. non sono sufficienti il mendacio o la reticenza, ma è necessario un comportamento processuale fraudolentemente preordinato a paralizzare, con artifici o raggiri, la difesa avversaria e a trarre in inganno il giudice. Il relativo accertamento del giudice del merito è incensurabile in Sede di legittimità, se congruamente motivato. SEZ. I ORDINANZA 20 GENNAIO 2020, N. 1090 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - PROCEDIMENTO - LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITA' - DETERMINAZIONE STIMA - OPPOSIZIONE ALLA STIMA. Giudizio di legittimazione passiva - Art. 54, comma 3, d.P.R. n. 327/2001 - Litisconsorzio necessario - Beneficiario - Inclusione - Condizioni - Fondamento. In materia di espropriazioni per pubblica utilità, l'art. 54, comma 3, d.P.R. n. 327/2001 - nel testo vigente prima della modifica introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2011 -, nel disporre che la notifica dell'opposizione alla stima sia fatta se del caso anche al beneficiario, prevede un'ipotesi di litisconsorzio necessario tra espropriante, promotore e beneficiario dell'espropriazione. Di quest'ultimo si impone l'evocazione in giudizio ogni qualvolta si tratti di soggetto differente dai primi due, non potendosi rimettere ad un'inammissibile valutazione dell'espropriato l'interesse a citarlo, posto che ciò sarebbe in contrasto con la finalità semplificativa e deflattiva del contenzioso propria della normativa vigente. Non si segnalano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 1043 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Protezione internazionale - Procura alle liti - Certificazione della data di rilascio - Speciale potestà asseverativa del difensore - Omessa certificazione - Conseguenze - Inammissibilità del ricorso - Fondamento. In materia di protezione internazionale, la data del conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato ai sensi dell'art. 35-bis, comma 13, d.lgs. n. 25/2008, deve essere certificata dal difensore, titolare di una speciale potestà asseverativa conferita ex lege ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura nella specie, apposta a margine dell'atto non indichi la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, né il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all'atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria. Si richiamano a sez. I, sentenza n. 17717/18 è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 35-bis, comma 13, del d.lgs. n. 25 del 2008, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poiché tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell'interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell'art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l'applicabilità dell'art. 369, comma 2, n. 3 c.p.c. b Sez. 6 - 1, ordinanza n. 2342/20 in tema di protezione internazionale è inammissibile il ricorso per cassazione munito di una procura speciale alle liti nella specie apposta su foglio separato e materialmente congiunto all'atto priva della data di rilascio, nonché della correlata certificazione da parte del difensore, ai sensi dell'art. 35 bis, comma 13, del d.lgs. n. 25 del 2008, non potendosi verificare il conferimento della stessa in epoca successiva alla comunicazione del decreto impugnato. SEZ. I ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 1033 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO . Protezione internazionale - Cittadino straniero imputato di un delitto comune - Diritto alla protezione sussidiaria o umanitaria - Pene previste nel Paese d'origine - Rilevanza - Fondamento. In tema di protezione internazionale, ai fini dell'affermazione della sussistenza della causa ostativa, ex art. 10, comma 2, lett. b , e 16, comma 1, lett. b , d.lgs. n. 251/2007, alla protezione sussidiaria o umanitaria rappresentata dalla commissione da parte del richiedente di un delitto comune nella specie omicidio di un parente , il giudice del merito deve fra l'altro tenere conto anche del tipo di trattamento sanzionatorio previsto nel Paese di origine per il reato commesso dal richiedente - anche previo utilizzo dei poteri di accertamento ufficiosi di cui all'art. 8, comma 3, d.lgs. n. 25/2008 - in quanto il rischio di sottoposizione alla pena di morte nel Paese di provenienza o anche il rischio di subire torture o trattamenti inumani o degradanti nelle carceri del proprio Paese può avere rilevanza per l'eventuale riconoscimento sia della protezione sussidiaria, in base al combinato disposto dell'art. 2, lett. g , d.lgs. n. 251/2007 con l'art. 14, lett. a e b dello stesso d.lgs., sia, in subordine, della protezione umanitaria, in base all'art. 3 CEDU e all'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 286/1998. Si veda Cass. Sez. 6 - 1, sentenza n. 2830/15 in tema di protezione internazionale, il cittadino straniero che è imputato di un delitto comune nella specie, omicidio durante una rissa , punito nel Paese di origine con la pena di morte, non ha diritto al riconoscimento dello status di rifugiato politico poiché gli atti previsti dall'art. 7 d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, non sono collegati a motivi di persecuzione inerenti alla razza, alla religione, alla nazionalità, al particolare gruppo sociale o all'opinione politica, ma unicamente alla protezione sussidiaria riconosciuta dall'art. 2, lett. g , d.lgs. n. 251 2007 qualora il giudice di merito - anche previo utilizzo dei poteri di accertamento ufficiosi di cui all'art. 8, comma 3, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 - abbia fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese d'origine, correrebbe un effettivo rischio di subire un grave danno. SEZ. I ORDINANZA 15 GENNAIO 2020, N. 734 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - CONCORDATO PREVENTIVO - IN GENERE. Concordato misto - Disciplina. Il concordato preventivo in cui alla liquidazione atomistica di una parte dei beni dell'impresa si accompagni una componente di qualsiasi consistenza di prosecuzione dell'attività aziendale rimane regolato nella sua interezza, salvi i casi di abuso dello strumento, dalla disciplina speciale prevista dall'art. 186- bis l.fall., che al comma 1 espressamente contempla anche detta ipotesi fra quelle ricomprese nel suo ambito la norma in parola non prevede alcun giudizio di prevalenza fra le porzioni di beni a cui sia assegnata una diversa destinazione, ma una valutazione di idoneità dei beni sottratti alla liquidazione ad essere organizzati in funzione della continuazione, totale o parziale, della pregressa attività di impresa e ad assicurare, attraverso una siffatta organizzazione, il miglior soddisfacimento dei creditori. Non si segnalano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA 17 GENNAIO 2020, N. 731 TITOLI DI CREDITO - ASSEGNO BANCARIO - IN BIANCO. Mancata indicazione del prenditore - Mero possessore del titolo - Legittimazione della pretesa al credito - Prova dell'esistenza del rapporto - Necessità - Validità dell'assegno come promessa di pagamento - Prova della promessa a favore del mero possessore - Necessità. Il mero possessore di un assegno bancario, il quale non risulti prenditore o giratario dello stesso nella specie, mancante dell'indicazione del beneficiario , non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l'assegno sia a lui pervenuto abusivamente né l'assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., atteso che l'inversione dell'onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all'ordine privo del valore cartolare , non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore. In senso pienamente conforme, già Cass. Sez. 1, sentenza n. 15688/13 in materia di titoli di credito, il mero possessore di un assegno bancario che non risulti né prenditore né giratario dello stesso nella specie, sul titolo mancava l'indicazione del beneficiario non é legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l'esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l'assegno sia a lui pervenuto abusivamente. Né l'assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell'art. 1988 c.c., atteso che l'inversione dell'onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all'ordine privo del valore cartolare , non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore.