RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE ORDINANANZA DEL 5 FEBBRAIO 2020, N. 2710 ACQUE - COMPETENZA E GIURISDIZIONE - IN GENERE. Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche - Giurisdizione - Sussistenza – Condizioni – Fattispecie. Spetta alla giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lett. a , delr.d.n. 1775 del 1933, ogni controversia sugli atti amministrativi in materia di acque pubbliche, ancorché non promananti da pubbliche amministrazioni istituzionalmente preposte alla cura degli interessi in materia, idonei ad incidere in maniera non occasionale, ma immediata e diretta, sul regime delle acque pubbliche e del relativo demanio, mentre sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime di sfruttamento dell'acqua pubblica e del demanio idrico e adottati in preminente considerazione di interessi ambientali, urbanistici o di gestione del territorio. In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto riconducibili alla giurisdizione del T.A.R. le impugnazioni di provvedimenti amministrativi – quali gli atti di ingiunzione di rimozione di beni e materiali di modesta incidenza, ma lesivi sotto il profilo urbanistico, edilizio o ambientale, gli atti di accertamento di dette violazioni, i dinieghi di concessioni in sanatoria, le variazione di previsioni generali del piano urbanistico – riguardanti le infrastrutture di un'impresa titolaredi concessione di derivazione di acqua per uso di allevamento ittico e di pesca sportiva . Si richiamano i Sez. U, Ordinanza n. 9534 del 2013 La giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, come delimitata dall'articolo 143 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, si contrappone, da un lato, a quella del Tribunale Regionale delle Acque, che è organo in primo grado specializzato della giurisdizione ordinaria, cui l'articolo 140 del medesimo r.d. attribuisce, tra l'altro, le controversie in cui si discuta, in via diretta, di diritti correlati alle derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche dall'altro, alla giurisdizione del complesso TAR-Consiglio di Stato, comprensiva di tutte le controversie, concernenti atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche, in cui rileva esclusivamente l'interesse al rispetto delle norme di legge nelle procedure amministrative volte all'affidamento di concessioni o di appalti di opere relative a tali acque. Nella specie, la S.C. ha ricondotto alla giurisdizione del T.S.A.P. la domanda risarcitoria proposta in danno della Provincia ricorrente e fondata sul suo preteso mancato esercizio di poteri pubblicistici sanzionatori ed inibitori asseritamente riconosciutile, ed a quella del Tribunale Regionale delle Acque l'analoga istanza formulata nei confronti della società controricorrente per la lesione del diritto soggettivo alla libertà di iniziativa economica lamentato dalle società attrici per effetto di una affermata condotta abusiva della prima . ii Sez. U - , Ordinanza n. 15105 del 2018 Ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lett. a , del r.d. n. 1775 del 1933, i provvedimenti riguardanti gli ambiti territoriali ottimali rientrano tra quelli riservati alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in unico grado di legittimità, quando da essi discendano ricadute sulla organizzazione e sulla conduzione del sistema idrico integrato che, mirando a garantire la gestione di tale servizio in termini di efficienza, efficacia ed economicità, abbiano incidenza diretta sul regime delle acque pubbliche e del loro utilizzo. Nella specie, le S.U. hanno ritenuto che fosse ricompresa in detta giurisdizione la cognizione sulla deliberazione con la quale l' Assemblea d'ambito della Consulta d'ambito centrale Friuli aveva approvato la convenzione per la regolazione dei rapporti tra l'Ente di governo dell'ambito e il Gestore unico d'ambito del servizio idrico integrato, in quanto riguardante l'utilizzazione del demanio e il regime delle acque pubbliche . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 4 FEBBRAIO 2020, N. 2504 ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI UTENZE - CANONI – SOVRACANONI. Concessione di derivazione per uso idroelettrico - Canone ulteriore previsto dall’articolo 1, comma 2, della l.r . Abruzzo n. 38 del 2013 - Ambito di applicazione - Concessioni di derivazione con potenza nominale media superiore a 200 kw - Requisiti soggettivi del concessionario - Irrilevanza - Fondamento. In tema di concessioni di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, il canone ulteriore previsto dall'articolo 1, comma 2, dellal.r. Abruzzo n. 38 del 2013, quale misura di compensazione territoriale, è dovuto da tutti i concessionari di derivazioni di acque pubbliche con potenza nominale media superiore a 200kw, ancorché privi dei requisiti soggettivi di cui all'articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 79 del 1999, in ragione della valenza autonoma di detto articolo 1 e dello scopo della norma, finalizzato a mitigare gli effetti negativi cagionati alle comunità locali dallo sfruttamento della risorsa idrica. ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI UTENZE - CANONI – SOVRACANONI. Art. 2, comma 1, della l.r . Abruzzo n. 38 del 2013 - Maggiorazione del 10% del canone per i beni demaniali” - Applicabilità - Limiti . In tema di concessioni di derivazione di acque pubbliche a scopo idroelettrico, la maggiorazione del 10% del canone prevista dall'articolo 2, comma 1, dellal.r. Abruzzo n. 38 del 2013 - nella formulazione, rationetemporis applicabile alla fattispecie, anteriore allal.r. Abruzzo n. 36 del 2015 - per l'utilizzo dei beni demaniali , ai sensi dell'articolo 25, primo comma, delr.d.n. 1775 del 1933, non è dovuta per lo sfruttamento di beni in proprietà del concessionario e destinati a diventare di proprietà dello Stato soltanto alla scadenza della concessione. In ordine ad entrambi i principi, non si rilevano precedenti in termini . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 4 FEBBRAIO 2020, N. 2503 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Immobile del patrimonio dello Stato dismesso ai sensi della l. n. 326 del 2003 – Domanda di rilascio proposta dall’acquirente nei confronti dell’occupante in forza di pregressa concessione quale alloggio di servizio – Giurisdizione del giudice ordinario – Sussistenza – Fondamento. La controversia avente ad oggetto la domanda di rilascio di un immobile del patrimonio pubblico, dismesso ai sensi della l. n. 326 del 2003, proposta dall'acquirente, a seguito della vendita conseguente all'intervenuta dismissione, nei confronti dell'occupante titolare di una pregressa concessione quale alloggio di servizio, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso che la domanda azionata trova la propria origine in un rapporto tra privati, essendodiretta al riconoscimento della sussistenza, o meno, di un titolo legittimo della persistente detenzione in capo all'occupante, mentre l'Amministrazione concedente resta - per effetto della cessazione di ogni uso pubblico dell'immobile - totalmente estranea al predetto rapporto, non essendo ravvisabile alcun collegamento con l'atto autoritativo concessorio. In precedenza, Cass.Sez. U - , Ordinanza n. 2581 del 2018 In tema di concessione ad uso esclusivo di beni demaniali, la giurisdizione appartiene al giudice ordinario se la controversia trovi la propria origine in un rapporto tra concessionario ed il terzo, sempre che la P.A. concedente resti totalmente estranea a tale rapporto derivato e non possa ravvisarsi alcun collegamento con l'atto autoritativo concessorio, da qualificarsi come mero presupposto. Al contrario, quando la pretesa azionata sia riferibile direttamente all'atto di concessione e l'Amministrazione concedente abbia espressamente previsto ed autorizzato il rapporto tra concessionario e terzo, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo. Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la giurisdizione ordinaria con riferimento a una controversia insorta tra l’ente territoriale concessionario di una struttura ricettiva demaniale e due soggetti privati, in relazione alla validità di altrettanti rapporti contrattuali di affitto e subaffitto d’azienda, derivati dalla concessione, ma ai quali l’ente pubblico concedente era rimasto del tutto estraneo . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 4 FEBBRAIO 2020, N. 2502 ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI UTENZE - CONCESSIONE - IN GENERE. Autorizzazione alla realizzazione di impianto idroelettrico - Linee guida dettate dal d.m. 28 luglio 2004 e relative determinazioni integrative delle autorità di bacino - Applicabilità alle situazioni pregresse ma non ancora definite - Necessità – Fondamento – Fattispecie in tema di interpretazione del criterio del c.d. 2L in presenza di confluenze nel medesimo corso d’acqua. In tema di autorizzazione alla realizzazione di un impianto idroelettrico, le linee guida previste dald.m.28 luglio 2004 - in forza dell'articolo 22, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 1999 - per la predisposizione del bilancio idrico di esercizio, comprensive dei criteri della definizione del deflusso minimo vitale, nonché le determinazioni delle competenti autorità di bacino che le integrano, devono essere applicate anche alle situazioni pregresse ma non ancora definite, in ossequio al principioeurounitarioc.d. di precauzione ed in osservanza dell'obbligo, per gli Stati membri, di attuare le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, stabilito dall'articolo 4, comma 1, lett. i , della direttiva 2000/60/CE, recepito dall'articolo 76, comma 4, lett. b , del d.lgs. n. 152 del 2006. In applicazione di tale principio, la S.C. haritenuto che ai fini della interpretazione del criterio del c.d. 2L - delimitativo del tratto di alveo da mantenere esente da derivazioni a monte e a valle dell'impianto da realizzare -, previsto con delibera dell'autorità di bacino come requisito complementare al deflusso minimo vitale, occorra tener conto anche delle confluenze nel medesimo corso d'acqua, nonostante eventuali pareri diversi resi in epoca anteriore all'emanazione delle norme secondarie esplicite in tal senso . Si richiama CassSez. U - , Sentenza n. 10018 del 2019 In tema di autorizzazione alla realizzazione di un impianto idroelettrico, il deflusso minimo vitale DMV , di cui all'articolo 7 del d.m. 28 luglio 2004, contenente le linee-guida del Ministero dell'Ambiente in forza del d.lgs. n. 152 del 1999 ed in attuazione della direttiva 2000/60/CE, costituisce un parametro complesso e variabile in relazione a ciascun corso d'acqua a seconda dei suoi diversi tratti, funzionalizzato anzitutto alla tutela della qualità del corpo idrico, oltre che strumento fondamentale per la disciplina delle concessioni di derivazione e di scarico delle acque, sicché dette linee-guida - vincolanti per le Autorità di bacino in quanto, pur contenute in una fonte secondaria atipica, hanno carattere regolamentare - non esauriscono la discrezionalità in fase esecutiva delle P.A. ai fini della determinazione del DMV, potendo essere fissati criteri più rigorosi ove resi necessari dall'esigenza di più elevata tutela della qualità del corpo idrico, siccome imposti dal generale principio di precauzione articolo 191 TFUE e dalla correlativa disciplina sovranazionale e nazionale. Nella specie, il TSAP aveva illegittimamente sindacato la scelta tecnico-discrezionale dell'Autorità di bacino ritenendo estraneo alla disciplina del DMV il criterio aggiuntivo cd. 2L più restrittivo nel delimitare il tratto di alveo da mantenere esente da derivazioni a monte e a valle dell'impianto da realizzare& gt , giustificato invece dal notevole incremento dello sfruttamento del bacino dovuto al numero elevato di impianti già in essere . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 31 GENNAIO 2020, N. 2321 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DIVERSI - OPERAZIONI SPECULATIVE. Plusvalenza da cessione di terreni edificabili a destinazione agricola - Opzione per la tassazione sostitutiva – Indicazione nell’atto di vendita di un corrispettivo inferiore rispetto a quello rideterminato dal contribuente ex articolo 7 della l. n. 448 del 2001 – Conseguenze – Decadenza del contribuente dal beneficio e possibilità per l'Amministrazione di determinare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri - Esclusione . In tema di plusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lett. a e b , del d.P.R. n. 917 del 1986, per i terreni edificabili e con destinazione agricola, l'indicazione, nell'atto di vendita dell'immobile, di un corrispettivo inferiore rispetto al valore del cespite in precedenza rideterminato dal contribuente sulla base della perizia giurata a norma dell'articolo 7 della l. n. 448 del 2001 non determina la decadenza del contribuente dal beneficio correlato al pregresso versamento dell'imposta sostitutiva, né la possibilità per l'Amministrazione finanziaria di accertare la plusvalenza secondo il valore storico del bene. Si richiamano a Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19465 del 2016 In tema d'imposte sui redditi, e con riferimento alla determinazione delle plusvalenze di cui all'articolo 81 ora 67 ,comma 1, lett. a e b del d.P.R. n. 917 del 1986, nel caso di cessione di terreni edificabili e con destinazione agricola, la rideterminazione del valore di acquisto sulla base di una perizia giurata di stima, a norma dell'articolo 7 della l. n. 448 del 2001, non limita il potere di accertamento dell'Amministrazione finanziaria, come si evince dallo stesso articolo 7, comma 6, ai sensi del quale tale rideterminazione costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta di registro e dell'imposta ipotecaria e catastale. Principio enunciato in una fattispecie in cui il contribuente ha dichiarato nell'atto di vendita un prezzo inferiore a quello risultante dalla perizia di stima . b Sez. 5 - , Ordinanza n. 2894 del 2019 In tema di plusvalenze realizzate mediante la cessione di terreni edificabili con destinazione agricola, la scelta del contribuente di aderire al regime speciale agevolativo di cui all'articolo 7 della l. n. 448 del 2001 non impedisce al cedente di alienare il bene ad un prezzo inferiore a quanto dichiarato a tal fine, ferma restando la possibilità dell'Amministrazione di calcolare la plusvalenza secondo i criteri ordinari previsti dall'articolo 68 del d.P.R. n. 917 del 1986 . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 31 GENNAIO 2020, N. 2320 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI - PAGAMENTO DELL'IMPOSTA – RIMBORSI. Sospensione del rimborso IVA per carichi fiscali pendenti ex articolo 38-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 – Strumenti cautelari previsti dagli artt. 23, comma 1 del d.lgs n. 472 del 1997 e 69 del r.d. n. 2440 del 1923 - Inutilizzabilità durante il periodo di vigenza della garanzia chiesta e ottenuta ex articolo 38 bis cit . In tema di rimborsi IVA, l'amministrazione finanziaria che abbia chiesto e ottenuto dal contribuente la garanzia in base all'articolo 38 bis, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972, durante il periodo di vigenza della medesima non può fare uso degli strumenti cautelari, rispetto ad essa alternativi, previsti dagli artt. 23, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 e 69 delr.d.n. 2440 del 1923, determinandosi, altrimenti, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell'amministrazione ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buonafede posto dall'articolo 10, comma 1, l. n. 212 del 2000, nonché del principio di solidarietà sancito dall'articolo 2 Cost. che deve ispirare anche i rapporti tra Pubblica amministrazione e cittadino. TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI - PAGAMENTO DELL'IMPOSTA – RIMBORSI. Sospensione ex articolo 23 d.lgs. n. 472 del 1997 - Annullamento in sede giurisdizionale dell’atto di irrogazione delle sanzioni – Conseguenze . Nel caso in cui un atto di irrogazione delle sanzioni sia stato annullato, in tutto o in parte, con sentenza anche non definitiva, il provvedimento di sospensione del pagamento del credito nei confronti dell'autore della violazione o dei soggetti obbligati in solido nei confronti dell'amministrazione finanziaria, emesso ai sensi dell'articolo 23, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, cessa di avere efficacia nei limiti della somma corrispondente alla parte di atto annullata, stante l'efficacia immediata delle decisioni delle Commissioni tributarie. In ordine al primo principio, si richiama Cass.Sez. 5 - , Ordinanza n. 2893 del 2019 L'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 nella formulazione, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche di cui all'articolo 16 del d.lgs. n. 158 del 2015 può sospendere il pagamento del rimborso del credito IVA richiesto dal contribuente, qualora vanti un controcredito derivante da contestazione o da irrogazione di sanzioni, nei limiti della somma risultante dall'atto impositivo, ovvero, in caso di contenzioso, dell'importo accertato in sede giurisdizionale, pur in assenza di giudicato, sicché, ove l'atto impositivo venga annullato in sede giurisdizione, anche mediante una pronuncia non definitiva, dovranno ritenersi caducate le ragioni per il permanere della sospensione. Con riguardo al secondo, si veda altresì Cass.Sez. U - , Sentenza n. 758 del 2017 L’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, dagli artt. 11 e 15 bis del d.P.R. n. 602 del 1973, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicché, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata . SEZIONI UNITE ORDINANZA DEL 30 GENNAIO 2020, N. 2090 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - GIURISDIZIONE IN MATERIA TRIBUTARIA. Sentenza emessa ex articolo 2932 c.c. – Avviso di liquidazione di imposta ipotecaria – Domanda di annullamento – Giurisdizione del giudice tributario - Iscrizione di ipoteca legale eseguita dal Conservatore ex artt. 2817 e 2834 c.c. – Domanda di annullamento – Giurisdizione del giudice ordinario – Fondamento. Qualora, ottenuta una sentenza ex articolo 2932 c.c., l'acquirente instauri una controversia proponendo contestualmente una domanda di annullamento dell'avviso di liquidazione dell'imposta ipotecaria adottato dall'Agenzia delle entrate ed una domanda di annullamento dell'iscrizione di ipoteca legale eseguita dal Conservatore dei registri immobiliari ex artt. 2817 e 2834 c.c., a garanzia del prezzo residuo risultante dalla detta sentenza, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario in relazione alla prima domanda e quella del giudice ordinario in relazione alla seconda, atteso che la legittimità dell'iscrizione ipotecaria operata dal Conservatore è completamente sganciata dal rapporto tributario correlato all'imposta ipotecaria applicabile, attenendo allevicende collegate ai rapporti fra alienante ed acquirente, le quali esulano totalmente da questioni da considerarsi ancillari rispetto al rapporto tributario in contestazione. Questione nuova. Si richiama Cass.Sez. 1, Sentenza n. 4464 del 2016 L'iscrizione di ipoteca, ai sensi dell'articolo 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, sugli immobili del debitore e dei coobbligati al pagamento dell'imposta, non è riconducibile all'ipoteca legale prevista dall'articolo 2817 c.c., né è ad essa assimilabile, mancando un preesistente atto negoziale il cui adempimento il legislatore abbia inteso garantire essa, peraltro, neppure può accostarsi all'ipoteca giudiziale disciplinata dall'articolo 2818 c.c., con lo scopo di rafforzare l'adempimento di una generica obbligazione pecuniaria ed avente titolo in un provvedimento del giudice, in quanto quella in esame si fonda su di un provvedimento amministrativo. Ne deriva che, non rientrando nel disposto dell'articolo 67, comma 1, n. 4, l.fall ., l'ipoteca in questione non è suscettibile di revocatoria fallimentare, limitata a quelle volontarie e giudiziali . SEZIONI UNITE ORDINANZA INTERLOCUTORIA DEL 30 GENNAIO 2020, N. 2087 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Soppressione ex lege dell’agente di riscossione ex articolo 1 del d.l. n. 193 del 2016 - Successione dell'Agenzia delle Entrate - Proposizione di ricorso per cassazione avverso sentenza pronunciata nei confronti dell’agente originariamente parte in causa - Ultrattività del mandato conferito al difensore nel giudizio di merito - Esclusione - Conseguenze. In tema di giudizio di legittimità, l'ultrattività del mandato in origine conferito al difensore dell'agente della riscossione, nominato e costituito nel giudizio concluso con la sentenza oggetto del ricorso per cassazione, non opera, ai fini della ritualità della notifica del ricorso avverso la sentenza pronunciata nei confronti dell'agente della riscossione originariamente parte in causa, poiché la cessazione di questo e l'automatico subentro del successore sono disposti da una norma di legge, quale ild.l.n. 193 del 2016 pertanto, la notifica del ricorso eseguita al suo successore ex lege , cioè l'Agenzia dell'entrate - Riscossione, nei confronti di detto originario difensore è invalida ma tale invalidità integra una mera nullità, suscettibile di sanatoria, vuoi per spontanea costituzione dell'agenzia stessa, vuoi a seguito della rinnovazione dell'atto introduttivo del giudizio da ordinarsi – in caso carenza di attività difensiva della parte intimata – ai sensi dell'articolo 291 c.p.c. presso la competente avvocatura dello Stato da indentificarsi nell'Avvocatura generale in Roma. Si richiamano i Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 529 del 2017 In tema di contenzioso tributario, la notifica eseguita presso il procuratore domiciliatario cui sia stato revocato il mandato e sostituito da un altro è inesistente - come tale insuscettibile di sanatoria ai sensi dell'articolo 291 c.p.c. - una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale della sostituzione. Nella specie, la S.C. ha escluso l'applicazione dell'articolo 17 del d.lgs. n. 546 del 1992 e confermato la sentenza di merito che ha dichiarato l’inesistenza della notificazione effettuata presso il procuratore domiciliatario sostituito da altro procuratore domiciliatario, essendo state la revoca e la nuova nomina portate a conoscenza della controparte mediante memoria di costituzione del nuovo difensore . ii Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 1798 del 2018 In tema di contenzioso tributario, la notifica dell'atto di appello effettuata nei confronti dell'originario difensore revocato, anziché in favore di quello nominato in sua sostituzione, non è inesistente, ma nulla, anche ove la controparte abbia avuto conoscenza legale di detta sostituzione, sicché la stessa è rinnovabile ai sensi dell'articolo 291 c.p.c. iii Sez. 5 - , Ordinanza n. 28741 del 2018 L'estinzione ope legis delle società del gruppo Equitalia ai sensi dell'articolo 1 del d.l. n. 193 del 2016, conv . in l. 225 del 2016, non determina l'interruzione del processo, trattandosi di una forma di successione nel diritto controverso, né la necessità di costituzione in giudizio dell'Agenzia delle Entrate Riscossione ne deriva che il nuovo ente, ove si limiti a subentrare negli effetti del rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, può validamente avvalersi dell'attività difensiva espletata dall'avvocato del libero foro già designato da Equitalia secondo la disciplina previgente . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 28 GENNAIO 2020, N. 1868 CONTRATTI IN GENERE - CONTRATTO COMPLESSO O INNOMINATO O MISTO. Contratto stipulato tra soggetto domiciliato in Italia e società anonima di diritto svizzero – Acquisto di azioni societarie - Corrispondente attribuzione al socio del diritto di usufruire di residenze turistiche messe a disposizione dalla società – Negozio unitario a causa mista – Prevalenza funzionale della fornitura di servizi posta a carico della società – Controversie relative al contratto – Disciplina in tema di consumatore – Applicabilità - Giurisdizione del giudice italiano – Sussistenza. Il contratto avente ad oggetto la sottoscrizione ad opera di un privato di azioni di una società e la conseguente attribuzione a detto socio del diritto di usufruire, per le proprie vacanze, di residenze turistiche messe a disposizione dalla società in misura corrispondente alle azioni acquistate nonché ai titoli denominati punti vacanze assegnati ai soci in luogo della distribuzione di utili e previa prenotazione attraverso un servizio gestito dalla medesima società, configura un negozio unitario, a causa mista, diverso dalla multiproprietà azionaria in cui, a fronte dell'assunzione della qualità di socio, l'azionista acquista il diritto personale di godimento di un immobile per un determinato periodo di tempo , caratterizzato, sotto il profilo della concreta funzione perseguita dalle parti, dalla prevalenza, rispetto all'acquisizione della qualità di socio, della prestazione di fornitura di servizi posta a carico della società. Ne consegue che, qualora detto contratto come nella specie sia stipulato in Italia tra un soggetto domiciliato in Italia, per soddisfare esigenze estranee alla propria attività professionale, e una società anonima di diritto svizzero avente sede legale nella Confederazione elvetica, va affermata sulle relative controversie la giurisdizione del giudice italiano, con riferimento al luogo di conclusione del contratto, in applicazione dei criteri di collegamento stabiliti dalla Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 ratificata e resa esecutiva in Italia con l. n. 198 del 1992 , quale disciplina rationetemporis vigente, alla data di proposizione della domanda, in relazione alla tutela del consumatore . In una precedente occasione, Cass.Sez. 2, Sentenza n. 4088 del 1997 Quando una società per azioni in base ad un rapporto nascente da convenzione con l'acquirente delle proprie azioni, autonomo dal seppur collegato al rapporto sociale cui da vita tale acquisto, attribuisce al socio, verso un corrispettivo periodico e per un periodo di lunga durata coincidente con quella della società, il diritto personale di godimento dell'immobile e dei servizi comuni per una determinata frazione spazio - temporale cosiddetta multiproprietà azionaria tale attribuzione traendo vita non dallo status sociale ma dalla separata convenzione fra la società e il socio non incontra il divieto posto dall'articolo 2256 cod. civ. che impedisce al socio di servirsi del patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società, riferendosi il detto divieto all'ipotesi in cui l'utilizzazione ditali cose non trovi titolo diverso dallo status sociale. Nè , qualora con la concessione del suddetto diritto di godimento la società non esaurisca i propri fini sociali, per essere gli stessi comprensivi anche dell'esercizio di imprese generalmente, turistico alberghiere o di analoga natura, come nella specie per la produzione di utili da ripartire fra i soci, può ritenersi insussistente lo scopo di lucro richiesto dell'articolo 2247 cod civ. Inoltre non comporta rimessione del contenuto della prestazione all'arbitrio di una delle parti contraenti, la previsione contrattuale che come nella specie affida la determinazione del corrispettivo dovuto per il godimento dell'unità immobiliare al Consiglio di amministrazione della società, trattandosi di deliberazione soggetta al controllo dell'assemblea dei soci, che sono anche le controparti della suddetta convenzione , cui spetta di evidenziare eventuali errori nella ripartizione degli utili e degli oneri e di chiederne la correzione. Infine, pur essendo essenziale, per la configurabilità di un diritto personale di godimento, la limitazione dello stesso nel tempo, la sussistenza del requisito non può in tale ipotesi essere valutata alla stregua dell'articolo 1573 cod. civ., inapplicabile nella indicata fattispecie, e deve considerarsi positivamente verificata quando la durata di tale diritto sia fatta coincidere nella convenzione attributiva dello stesso, con quella della società .