RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. VI ORDINANZA DEL 26 SETTEMBRE 2019, N. 23997 PROCEDIMENTO CIVILE - ESTINZIONE DEL PROCESSO - PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE – IMPUGNAZIONE. Giudice unico - Provvedimento di estinzione - Natura di sentenza - Rimedi impugnatori ordinari - Rimessione della causa al primo giudice, ex art. 354, comma 2, c.p.c. - Ammissibilità - Sentenza del giudice unico di estinzione dopo la precisazione delle conclusioni - Rimessione al primo giudice - Esclusione - Fondamento. Il provvedimento con cui, nel corso del processo, il giudice istruttore, che operi come giudice monocratico, dichiara che il processo si è estinto, non è soggetto a reclamo ma, siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale, ha natura di sentenza, anche se emesso in forma di ordinanza, ed è impugnabile con gli ordinari mezzi ne consegue che può essere richiesta al giudice di appello la rimessione al primo grado, ai sensi dell'art. 354, comma 2, c.p.c. ove si contesti il provvedimento estintivo, ravvisandosi l'ipotesi di cui all'art. 308, comma 2, c.p.c. nel caso in cui, invece, l'estinzione sia stata deliberata dal tribunale in composizione monocratica solo dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 189 c.p.c., il giudice di appello, ove non la ritenga sussistente, non può rimettere la causa al giudice di primo grado - non ricorrendo l'ipotesi contemplata dall'art. 308, comma 2, c.p.c., richiamato dall'art. 354, comma 2, c.p.c. -, ma deve trattenere la causa e deciderla nel merito. In senso conforme, Sez. 1, Sentenza n. 22917 del 2010 In tema di estinzione del processo quando il giudice istruttore nel corso del giudizio a cognizione piena opera come giudice monocratico, il provvedimento con cui dichiara che il processo si è estinto non è soggetto a reclamo e, siccome determina la chiusura del processo in base alla decisione di una questione pregiudiziale attinente al processo, ha natura di sentenza, anche se emesso in forma di ordinanza, impugnabile con gli ordinari mezzi di impugnazione. Ne consegue che la parte è ammessa a formulare al giudice di appello istanza di rimessione al primo giudice, ai sensi dell'art. 354, secondo comma, cod. proc. civ. ravvivandosi l'ipotesi di cui all'art. 308, secondo comma, cod. proc. civ. Diversamente deve ritenersi quando l'estinzione sia stata deliberata dal tribunale in composizione monocratica solo dopo che la causa, precisate le conclusioni, sia stata trattenuta in decisione, ai sensi dell'art. 189 cod. proc. civ. in tal caso, il giudice di appello ove non la ritenga sussistente, non può rimettere la causa al giudice di primo grado - non ricorrendo l'ipotesi contemplata dall'art. 308, secondo comma, cod. proc. civ., richiamato dall'art. 354 secondo comma, cod. proc. civ. ma deve trattenere la causa e deciderla nel merito. SEZ. VI – 1 ORDINANZA DEL 25 SETTEMBRE 2019, N. 23834 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - MOTIVI DEL RICORSO - IN GENERE. Error in procedendo - Esame diretto degli atti - Presupposti - Rispetto del principio di autosufficienza - Necessità - Fattispecie. In tema di ricorso per cassazione, l'esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone l'ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell' iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti. Nella specie, il ricorrente lamentava l'erronea dichiarazione di inammissibilità dell'appello per tardiva notificazione della citazione senza l'indicazione in ricorso della data della notificazione dell'atto, nemmeno desumibile dalla sentenza impugnata . In senso conforme, Sez. L, Sentenza n. 11738 del 2016 L'esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un error in procedendo , presuppone comunque l'ammissibilità del motivo, sicché, laddove sia stata denunciata la falsa applicazione della regola del tantum devolutum quantum appelatum , è necessario, ai fini del rispetto del principio di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, che nel ricorso stesso siano riportati, nei loro esatti termini e non genericamente ovvero per riassunto del loro contenuto, i passi del ricorso introduttivo con i quali la questione controversa è stata dedotta in giudizio e quelli dell'atto d'appello con cui le censure ritenute inammissibili per la loro novità sono state formulate. SEZ. I SENTENZA DEL 20 SETTEMBRE 2019, N. 23452 SOCIETA' - DI CAPITALI - SOCIETA' PER AZIONI NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - ORGANI SOCIALI - AMMINISTRATORI - RESPONSABILITA' - IN GENERE. Azione di responsabilità sociale e dei creditori sociali - Fallimento della società - Curatore - Mutamento della legittimazione attiva - Diversità di presupposti e natura giuridica delle azioni - Mancata specificazione del titolo nella domanda - Conseguenze. L'azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma - quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali –, implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti. Ne discende che la mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, lungi dal determinare la sua nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni. In precedenza, Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 19340 del 2016 L'azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146, comma 2, l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma - quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali - implicandone una modifica della legittimazione attiva, ma non dei presupposti, sicché, dipendendo da rapporti che si trovano già nel patrimonio dell'impresa al momento dell'apertura della procedura concorsuale a suo carico, e che si pongono con questa in relazione di mera occasionalità, non riguarda la formazione dello stato passivo e non è attratta alla competenza funzionale del tribunale fallimentare ex art. 24 l.fall., restando soggetta a quella del tribunale delle imprese, ex art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 168 del 2003, propria di tutte le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, da chiunque promosse. SEZ. VI – 1 ORDINANZA DEL 19 SETTEMBRE 2019, N. 23443 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - PROVVEDIMENTI DEI GIUDICI ORDINARI IMPUGNABILITA' - PROVVEDIMENTI IN MATERIA FALLIMENTARE. Fallimento - Reclamo ex art. 18 l.fall. - Rigetto - Termine breve per l’impugnazione in cassazione - Decorre dalla comunicazione di cancelleria - Fondamento. La notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la pronuncia dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell'art. 18, comma 13, l.fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif, dalla l. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in cassazione ai sensi dell'art. 18, comma 14, l.fall., non ostandovi il nuovo testo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c., perché la norma del codice di rito trova applicazione solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme derogatorie e speciali che ancorano la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10525 del 2016 La notifica del testo integrale della sentenza reiettiva del reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, effettuata ai sensi dell'art. 18, comma 13, l.fall., dal cancelliere mediante posta elettronica certificata PEC , ex art. 16, comma 4, del d.l. n. 179 del 2012, conv., con modif, dalla l. n. 221 del 2012, è idonea a far decorrere il termine breve per l'impugnazione in cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall., non ostandovi il nuovo testo dell'art. 133, comma 2, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 90 del 2014, conv., con modif., dalla l. n. 114 del 2014, secondo il quale la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 c.p.c. SEZ. I ORDINANZA DEL 16 SETTEMBRE 2019, N. 22979 PROCEDIMENTO CIVILE - ATTI E PROVVEDIMENTI IN GENERE - IN GENERE. Provvedimento del giudice con espressioni in lingua inglese – Principio dell’obbligatorietà dell’uso della lingua italiana – Violazione – Insussistenza – Condizioni. Non viola il principio dell'obbligatorietà dell'uso della lingua italiana negli atti processuali il provvedimento del giudice nella specie, decreto di diniego di riconoscimento della protezione internazionale a rifugiato che rechi in motivazione citazioni di fonti di conoscenza in lingua inglese di facile comprensibilità, tali da non recare pregiudizio al diritto di difesa delle parti. Si richiama Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6093 del 2013 Il principio della obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall'art. 122 cod. proc. civ., si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti, sicchè, quando siffatti documenti risultino redatti in lingua straniera, il giudice, ai sensi dell'art. 123 cod. proc. civ., ha la facoltà, e non l'obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, di cui può farsi a meno allorché trattasi di un testo di facile comprensibilità, sia da parte dello stesso giudice che dei difensori. Ne consegue che non è configurabile la nullità di una consulenza tecnica di ufficio regolarmente redatta in lingua italiana benché fondata su pubblicazioni in inglese.