RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIIVLI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 26 GIUGNO 2019, N. 17120 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO - DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA - SANZIONI. Ritardata scarcerazione di indagato sottoposto a custodia cautelare - Illeciti disciplinari di cui all’art. 2, comma 1, lett. a e g , del d.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 - Configurabilità - Esimenti - Laboriosità dell’incolpato, condizioni lavorative gravose e strutturale disorganizzazione dell’ufficio - Insufficienza - Circostanze eccezionali - Necessità - Scadenza della misura in periodo feriale - Maggiori oneri gravanti sul magistrato - Sussistenza. In tema di responsabilità disciplinare, grava sul magistrato l'obbligo di vigilare con regolarità sulla persistenza delle condizioni, anche temporali, cui la legge subordina la privazione della libertà personale di chi è sottoposto ad indagini, sicché l'inosservanza dei termini di durata massima della custodia cautelare, costituisce grave violazione di legge idonea ad integrare gli illeciti disciplinari di cui all'art. 2, comma 1, lett. a e g , del d.lgs. n. 109 del 2006 tali illeciti non sono scriminati né dalla laboriosità o capacità del magistrato incolpato, né dalle sue gravose condizioni lavorative e neppure dall'eventuale strutturale disorganizzazione dell'ufficio di appartenenza, occorrendo, al riguardo, la presenza di gravissimi impedimenti all'assolvimento del dovere di garantire il diritto costituzionale alla libertà personale del soggetto sottoposto a custodia cautelare, senza che possa assumere rilievo, infine, la circostanza che quest'ultima venga a scadere in periodo feriale, circostanza dalla quale, al contrario, derivano al magistrato oneri di controllo persino maggiori, in funzione dell'esatta osservanza dei termini di scarcerazione. Si richiama Cass. Sez. U, Sentenza n. 8896 del 2017 Incorre nell’illecito disciplinare di cui agli artt. 1 e 2, comma 1, lett. g , del d.lgs. n. 109 del 2006, il magistrato che, con violazione dei doveri di diligenza e con grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile, ometta di effettuare il doveroso controllo sulla scadenza del termine di durata della misura cautelare applicata all’indagato, potendo l’incolpato esonerarsi da responsabilità solo in presenza di impedimenti gravissimi, che gli abbiano precluso di assolvere il dovere di garantire il diritto costituzionale alla libertà personale dei soggetti sottoposti a custodia cautelare, non bastando, in tale prospettiva, la laboriosità o la capacità del magistrato incolpato, né particolari condizioni lavorative gravose e/o strutturalmente disorganizzate dell’ufficio di appartenenza. In applicazione di tale principio, è stata confermata la decisione della sezione disciplinare del C.S.M. che aveva riconosciuto la responsabilità di un Giudice per le indagini preliminari in relazione al protrarsi, per oltre sette mesi, di un’illegittima detenzione carceraria, essendosi escluso che la mera enumerazione del numero dei provvedimenti adottati dal magistrato ed un richiamo generico alle statistiche comparative fossero idonei a provare la sussistenza di una situazione di inesigibilità della condotta contestata . SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 13 GIUGNO 2019, N. 15895 CONTRATTI BANCARI - OPERAZIONI BANCARIE IN CONTO CORRENTE NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI - IN GENERE. Contratto di conto corrente assistito da apertura di credito – Azione di ripetizione dell’indebito del correntista – Eccezione di prescrizione estintiva della banca – Contenuto – Necessità di indicare le specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte - Esclusione. In tema di prescrizione estintiva, l'onere di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte. OBBLIGAZIONI IN GENERE - NASCENTI DALLA LEGGE - RIPETIZIONE DI INDEBITO – OGGETTIVO. Interessi - Decorrenza - Dal giorno della domanda - Riferimento alla domanda giudiziale ed anche agli atti stragiudiziali di costituzione in mora - Sussistenza. In tema di ripetizione dell'indebito oggettivo, ai fini del decorso degli interessi sulla somma oggetto di restituzione, l'espressione dal giorno della domanda , contenuta nell'art. 2033 c.c., non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma comprende anche gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora ai sensi dell'art. 1219 c.c. In ordine al primo principio, si richiama Cass. Sez.1, Ordinanza n. 18144 del 2018, secondo cui nel contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, ove il cliente agisca nei confronti della banca per la ripetizione d'importi relativi ad interessi non dovuti, è necessario distinguere i versamenti ripristinatori della provvista, operati nel limite dell'affidamento concesso al cliente, da quelli solutori, ovvero effettuati oltre tale limite ai fini della decorrenza della prescrizione decennale dell'azione rispettivamente dalla estinzione del conto o dai singoli versamenti. Ai fini della valida proposizione dell'eccezione non è necessario che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte, né il relativo dies a quo , emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti-conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente, sicché la prova degli elementi utili ai fini dell'applicazione della prescrizione è nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione. Con riguardo al secondo, in senso conforme si erano espresse a Sez. L, Sentenza n. 7586 del 2011 In tema di ripetizione d'indebito oggettivo, l'espressione domanda di cui all'art. 2033 cod. civ. non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale ma ha valore di atto di costituzione in mora, che, ai sensi dell'art. 1219 cod. civ., può anche essere stragiudiziale, dovendosi considerare l' accipiens in buona fede quale debitore e non come possessore, con conseguente applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni e non di quelli relativi alla tutela del possesso di buona fede ex art. 1148 cod. civ Ne consegue che, in caso di obbligazioni periodiche, ove si deduca con la richiesta extragiudiziale di restituzione delle somme indebitamente corrisposte anche la corretta interpretazione del titolo costitutivo dell'obbligazione, contestando l'unica causa solvendi a cui tutti i pagamenti si riferiscono, gli interessi, nonché l'ulteriore risarcimento ex art. 1224, secondo comma, cod. civ., decorrono dalla data dell'istanza stessa quanto agli importi già versati, mentre, quanto ai ratei non ancora scaduti, spettano dal giorno di scadenza di ciascuna rata, senza necessità di una ulteriore specifica richiesta di rimborso, che resta utile per ottenere la condanna alla restituzione delle somme successivamente versate se non compresa nell'originaria istanza ma non è necessaria per la decorrenza degli accessori legali. Fattispecie relativa a indebito previdenziale in ordine alla domanda di restituzione delle differenze dei contributi mensili per assegni familiari versati ai soci lavoratori di una cooperativa . b Sez. 1, Sentenza n. 22852 del 2015 In tema di ripetizione d'indebito oggettivo, l'espressione domanda di cui all'art. 2033 c.c. non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale, ma ha valore di atto di costituzione in mora che, ai sensi dell'art. 1219 c.c., può anche essere stragiudiziale, dovendosi considerare l' accipiens in buona fede quale debitore e non come possessore, con conseguente applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni e non di quelli relativi alla tutela del possesso di buona fede ex art. 1148 c.c. In senso contrario, invece, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4745 del 2005, secondo cui, nell'ipotesi d'azione di ripetizione d'indebito oggettivo, ex art. 2033 cod. civ., il debito dell'accipiens, a meno che egli non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale, non essendo sufficiente un qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, atteso che all'indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede - in senso soggettivo - dall'art. 1148 cod. civ., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda.