RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 23 NOVEMBRE 2018, N. 30422 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Regione Veneto - Vitalizi erogati ad ex consiglieri regionali - Riduzione ex l.r. Veneto n. 43 del 2014 - Delibera regionale di attuazione - Impugnazione - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Fondamento. La controversia originata dalla impugnazione di una delibera dell'Ufficio di Presidenza regionale con la quale, in attuazione della l.r. Veneto n. 43 del 2014, si è proceduto alla riduzione degli assegni vitalizi erogati a consiglieri regionali cessati dalla carica, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, tenuto conto, per un verso, della natura della delibera meramente ricognitiva-esecutiva dei parametri di riduzione fissati dalla legge regionale e, per l'altro, dell'attività esecutiva-applicativa vincolata svolta dall'ufficio preposto, non implicante come tale alcuna valutazione discrezionale in materia, con conseguente esclusione della configurazione di una situazione giuridica soggettiva in capo ai ricorrenti avente la consistenza dell'interesse legittimo. In precedenza, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 14920 del 2016 La controversia originata dalla rimodulazione in riduzione dell'assegno vitalizio erogato a consiglieri regionali cessati dalla carica spetta alla giurisdizione del giudice ordinario, attese, da un lato, la natura non pensionistica dell'assegno e la sua diversità di finalità e di regime rispetto alle pensioni, in relazione alle quali soltanto opera la competenza della Corte dei conti, e, dall'altro, la mancanza di una specifica attribuzione legislativa a quest'ultima, sicché la fattispecie resta devoluta al giudice ordinario, dotato della giurisdizione generale secondo il principio dell'unicità della giurisdizione, rispetto al quale le diverse previsioni costituzionali dei giudici speciali operano in via meramente derogatoria. SEZIONI UNITE SENTENZA DEL 23 NOVEMBRE 2018, N. 30416 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI RAPPORTI CON L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - IN GENERE. Revocatoria fallimentare o ordinaria nei confronti del fallimento - Ammissibilità - Esclusione - Fondamento. E' inammissibile l'azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, esperita nei confronti di un fallimento, trattandosi di un'azione costitutiva che modifica ex post una situazione giuridica preesistente ed operando il principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso in funzione di tutela della massa dei creditori. FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - EFFETTI - SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI RAPPORTI CON L'AZIONE REVOCATORIA ORDINARIA - AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE - IN GENERE. Natura costitutiva - Configurabilità - Fondamento. La sentenza che accoglie la domanda revocatoria, sia essa ordinaria o fallimentare, al di là delle differenze esistenti tra le due azioni ed in considerazione dell'elemento soggettivo di comune accertamento da parte del giudice, ha natura costitutiva in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente, privando di effetti atti che avevano già conseguito piena efficacia e determinando la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale ed alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell'atto dispositivo. Le S.U. risolvono una questione di massima di particolare importanza. Con il primo principio riaffermano la correttezza del precedente della Sez. 1, Sentenza n. 10486 del 2011 non è ammissibile un'azione revocatoria, ordinaria o fallimentare, nei confronti di un fallimento, stante il principio di cristallizzazione del passivo alla data di apertura del concorso ed il carattere costitutivo della predetta azione il patrimonio del fallito è, infatti, insensibile alle pretese di soggetti che vantino titoli formatisi in epoca posteriore alla dichiarazione di fallimento e, dunque, poiché l'effetto giuridico favorevole all'attore in revocatoria si produce solo a seguito della sentenza di accoglimento, tale effetto non può essere invocato contro la massa dei creditori ove l'azione sia stata esperita dopo l'apertura della procedura stessa. Fattispecie relativa ad azione proposta dal curatore del fallimento di una società nei confronti di altra società fallita e volta alla dichiarazione di revoca di pagamenti fatti da una prima società alla seconda allorché entrambe erano ancora in bonis e alla pronuncia di condanna alla restituzione della corrispondente somma . Seguito da Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 3672 del 2012 Il combinato disposto degli artt. 24 e 52 legge fall. implica che il tribunale da cui è stato dichiarato il fallimento del debitore che ha compiuto l'atto pregiudizievole ai creditori, per il quale si prospetti un'azione di revoca ex art. 67 legge fall., resta il solo competente a decidere l'inefficacia o meno dell'atto, mentre le successive e consequenziali pronunzie di restituzione competono al tribunale che ha dichiarato il fallimento del beneficiario del pagamento revocato, secondo le modalità stabilite per l'accertamento del passivo e dei diritti dei terzi in ogni caso, la cristallizzazione della massa passiva alla data di apertura del concorso ed il carattere costitutivo dell'azione revocatoria non ne permettono l'esperimento contro un fallimento, dopo la sua pronuncia, conseguendone l'annullamento della eventuale ammissione al passivo in cui la domanda si sia trasfusa. Con il secondo principio si riafferma la correttezza di quelli precedentemente affermati a Sez. 1, Sentenza n. 13560 del 2012 Il carattere costitutivo della sentenza di revoca di pagamenti, ai sensi dell'art. 67 legge fall., comporta che soltanto la sentenza stessa produce - dalla data del passaggio in giudicato - l'effetto caducatorio dell'atto giuridico impugnato e che soltanto a seguito di essa sorge il conseguente credito del fallimento alla restituzione di quanto pagato dal fallito, e, finché non è sorto il credito restitutorio per capitale, neppure sorge il credito accessorio per interessi ne deriva che, sino alla sentenza di revoca del pagamento passata in giudicato, non può parlarsi di interessi scaduti e che non può, pertanto, farsi luogo all'anatocismo nella fattispecie, richiesto dal curatore anche sugli interessi primari maturati nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 345, primo comma, seconda parte, cod. proc. civ. , perché l'art. 1283 cod. civ. presuppone l'intervenuta scadenza e dunque esistenza del credito degli interessi primari. Nè rileva, in contrario, che gli interessi sul credito riconosciuto al fallimento rientrino tra gli effetti restitutori, rispetto ai quali la sentenza di revoca retroagisce alla data della domanda, perché la decorrenza degli interessi dalla data della domanda non va confusa con la scadenza, la quale, nell'ipotesi di credito derivante da pronuncia giudiziale costitutiva, non può che coincidere con la data della pronuncia stessa, ossia con il passaggio in giudicato, giacché solo in tale data, perfezionatosi l'accertamento giudiziale ed il suo effetto costitutivo, sorge la conseguente obbligazione restitutoria. b Sez. L, Sentenza n. 17311 del 2016 La sentenza che accoglie una domanda revocatoria ex art. 2901 c.c. ha natura costitutiva, sicché non è suscettibile di produrre effetto prima del passaggio in giudicato. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di appello che, ritenuta immediatamente produttiva di effetti la sentenza del tribunale che aveva dichiarato l'inefficacia, nei confronti del lavoratore, della cessione del ramo di azienda, aveva escluso la condanna solidale della società datrice di lavoro cedente e di quella cessionaria .