RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZ. I ORDINANZA 29 AGOSTO n. 21362 PERSONALITA' DIRITTI DELLA - RISERVATEZZA - IN GENERE. Trattamento dei dati personali da parte di forze di polizia - Archivi del centro elaborazione dati interforze presso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza - Cancellazione di dati iscritti prima dell’emanazione del d.p.r. n. 15 del 2018 - Termine ventennale ex art. 10, comma 3 lett. f - Applicabilità - Fondamento. In tema di iscrizione al Ced dei dati relativi ad una persona sottoposta ad indagini penali, definite con l'archiviazione in data anteriore all'emanazione del regolamento per l'attuazione dei principi del codice della privacy, relativamente al trattamento dei dati per finalità di polizia, è applicabile, in quanto norma di carattere sostanziale, l'art. 10, comma 3, lett. f del predetto regolamento, che fissa in venti anni dall'emissione del provvedimento di archiviazione il termine per la conservazione dei dati. Si richiama Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19761 del 2017 in tema di trattamento dei dati personali, ai sensi dell’art. 8 della CEDU nonché degli artt. 7 e 8 della cd. Carta di Nizza”, l’interessato non ha diritto ad ottenere la cancellazione dei dati iscritti in un pubblico registro ed è legittima la loro conservazione quando essa sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. SEZ. I ORDINANZA DEL 29 AGOSTO 2018 N. 21355 ARBITRATO - LODO SENTENZA ARBITRALE - IMPUGNAZIONE - IN GENERE. Violazione di norme sulla composizione del collegio arbitrale - Conseguenze - Dichiarazione di nullità senza pronuncia nel merito - Ragioni. In caso di nullità del lodo per violazione di norme inderogabili sulla composizione del collegio arbitrale, la corte di appello non può far seguire la fase rescissoria alla fase rescindente, in quanto la competenza, da parte del giudice dell'impugnazione, a conoscere del merito presuppone un lodo emesso da arbitri investiti effettivamente di potestas iudicandi . ARBITRATO - IN GENERE. Clausola compromissoria – Composizione collegio - Rinvio a norme di legge - Ius superveniens - Irrilevanza. Qualora la clausola compromissoria contenga un rinvio ad una legge in funzione dell'individuazione delle regole di composizione del collegio, la fonte della deferibilità ad arbitri rimane contrattuale e non legislativa. Ne deriva l'irrilevanza, ai fini della disciplina processuale dei successivi arbitrati, delle modifiche normative sopravvenute che abbiano riguardato la predetta legge, la cui applicabilità permane proprio in quanto riconducibile non alla volontà del legislatore ma a quella negoziale delle parti. In ordine al primo principio, in senso conforme, Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20128 del 2013 in caso di nullità del lodo per violazione di norme inderogabili sulla composizione del collegio arbitrale, la corte di appello non può far seguire la fase rescissoria alla fase rescindente, in quanto la competenza, da parte del giudice dell'impugnazione, a conoscere del merito presuppone un lodo emesso da arbitri investiti effettivamente di potestas iudicandi . Riguardo al secondo, si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17083 del 2008 Qualora in un contratto d'appalto stipulato a seguito di gara d'appalto per licitazione privata indetta da un Comune, le parti abbiano fatto espresso richiamo, quale parte integrante del contratto, alle norme del capitolato generale per le opere pubbliche approvato con d.P.R 16 luglio 1962 n. 1063, fra le quali sono comprese quelle relative alla competenza arbitrale per la definizione delle controversie, non v'è necessità di una separata clausola compromissoria, posto che la volontà dei contraenti trova già la sua espressione per relationem perfectam nel richiamo pattizio. In tal caso la fonte della competenza arbitrale va individuata non nella legge, bensì in una convenzione compromissoria concretamente intercorsa fra le parti, da cui deriva anche la forza vincolante della convenzione stessa. Ne segue che, formatasi la volontà contrattuale secondo la disciplina dettata nel capitolato generale vigente nel momento in cui il contratto è stato concluso, l'intero rapporto è retto e deve svolgersi secondo quella disciplina e le eventuali modificazioni sopravvenute di tale capitolato, così come gli interventi abrogativi della Corte costituzionale, non possono alterare il regime pattizio dei contratti in corso ciò vale sia per le previsioni di carattere sostanziale sia per le previsioni di carattere processuale, come quelle concernenti la competenza del collegio arbitrale. SEZ. I - , ORDINANZA DEL 24 AGOSTO 2018 N. 21178 FAMIGLIA - MATRIMONIO - SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI - PROCEDIMENTO - INTERVENTO P.M. - PROVVEDIMENTI - IN GENERE. Mantenimento figli minori - Giudizio di appello - Produzione di documenti relativi al reddito del genitore non affidatario con la comparsa conclusionale - Acquisizione e valutazione ai fini della decisione - Violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c. - Esclusione - Poteri del giudice ex officio” - Fondamento. In tema di contributo al mantenimento dei figli minori nel giudizio di separazione o divorzio, è legittima l'acquisizione, da parte della corte d'appello, di una relazione investigativa sulle condizioni reddituali di una parte, prodotta per la prima volta insieme con la comparsa conclusionale del secondo grado del giudizio, poiché la tutela degli interessi morali e materiali della prole è sottratta all'iniziativa ed alla disponibilità delle parti, ed è sempre riconosciuto al giudice il potere di adottare d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei figli, e di esercitare, in deroga alle regole generali sull'onere della prova, i poteri istruttori officiosi necessari alla conoscenza della condizione economica e reddituale delle parti. Si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza n. 27391 del 2005 L'art. 6, comma 9, l. n. 898/1970, come l'art. 155, comma 7, c.c. , in materia di separazione, disponendo che i provvedimenti relativi all'affidamento dei figli e al contributo per il loro mantenimento possono essere diversi rispetto alle domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l'assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d'ufficio dal giudice , opera una deroga alle regole generali sull'onere della prova, attribuendo al giudice poteri istruttori di ufficio per finalità di natura pubblicistica, con la conseguenza che le domande delle parti non possono essere respinte sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti sui quali si fondano e che i provvedimenti da emettere devono essere ancorati ad una adeguata verifica delle condizioni patrimoniali dei genitori e delle esigenze di vita dei figli esperibile anche di ufficio. Tuttavia, detti poteri officiosi di indagine, proprio perché previsti in deroga alle regole ordinarie sull'onere della prova e, quindi, in via eccezionale, non sono utilizzabili per sopperire alla totale inerzia della parte nell'indicare, proporre o richiedere elementi di giudizio.