RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE SENTENZA 1 FEBBRAIO 2017, N. 2611 PROPRIETA' - LIMITAZIONI LEGALI DELLA PROPRIETA' - RAPPORTI DI VICINATO - IMMISSIONI - IN GENERE. Immissioni intollerabili - Assenza di pregiudizio alla salute - Risarcibilità - Sussistenza - Condizioni - Fondamento - Prova presuntiva - Ammissibilità - Fattispecie. L'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall'art. 8 Cedu, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni. Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, che aveva riconosciuto sussistente una turbativa della vita domestica degli originari attori, conseguente alle immissioni sonore e luminose provenienti da un palco montato ad un metro di distanza dalla relativa abitazione, realizzato per i festeggiamenti del Santo Patrono e, successivamente, non rimosso per tutto il periodo estivo . Si richiamano i Sez. 3, Sentenza n. 26899 del 2014 L'accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza. Nella specie, le immissioni sonore - costituite da musica ad alto volume e altri schiamazzi clamorosamente eccedenti la normale tollerabilità in orario serale e notturno - avevano determinato una lesione, non futile, al diritto al riposo notturno per un periodo di almeno tre anni . ii Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 2015 Il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. comunitarizzazione della Cedu. SEZIONI UNITE SENTENZA 1 FEBBRAIO 2017, N. 2612 PROFESSIONISTI – COMMERCIALISTI. Dottori commercialisti - Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza - Potere di accertamento - Esercizio continuativo dell'attività professionale - Situazioni di incompatibilità del professionista - Inclusione - Fondamento. La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all'atto dell'iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell'erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l'esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui all'art. 3 d.P.R. n 1067/1953 ora art. 4 d.lgs. n. 139/2005 , ancorché quest'ultima non sia stata accertata dal Consiglio dell'Ordine competente. In particolare, detto autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per l’erogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione dell’iscrizione all’Ordine, non potendosi ravvisare ostacolo alcuno nella carenza di una procedura specifica per l’esercizio di esso, risultando le garanzie procedimentali suscettibili di essere in ogni caso assicurate dall’osservanza delle norme generali di cui alla l. n. 241/1990. In precedenza, Cass. Sez. L, Sentenza n. 25526 del 2013 In materia di prestazioni previdenziali, la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti ha il potere di annullare i periodi contributivi durante i quali la professione sia stata svolta in situazione di incompatibilità anche se tale condizione non sia stata preventivamente accertata e sanzionata dal competente Consiglio dell'Ordine, atteso che il potere di indagine riconosciuto alla Cassa, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 20 e 22, comma 3, legge 29 gennaio 1986, n. 21, ha ad oggetto non solo il fatto storico dell'esercizio della professione ma anche, implicitamente e necessariamente, la sua legittimità. Tale requisito, infatti, assume rilievo su due piani diversi - quello strettamente professionale e quello previdenziale - tra loro paralleli e, dunque, senza reciproche interferenze, e il relativo accertamento, ai sensi dell'art. 22, comma 3, l. n. 21 cit., va reiterato nel tempo sulla base dei criteri stabiliti dal comitato dei delegati, organo della Cassa, dovendosi, pertanto, ritenere tale soluzione rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata in quanto - in coerenza con la sentenza n. 420/88 della Corte Costituzionale - l'art. 38, comma 2, Cost., non può estendere la propria funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione delle norme poste a tutela dell'interesse generale alla continuità ed obbiettività della professione.