RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 22 DICEMBRE 2015, N. 25767 RESPONSABILITÀ CIVILE - PROFESSIONISTI - ATTIVITÀ MEDICO-CHIRURGICA. Responsabilità medica da nascita indesiderata - Onere probatorio del genitore che agisce per i danni - Contenuto - Presunzioni semplici - Ammissibilità e prova contraria. RESPONSABILITÀ CIVILE - PROFESSIONISTI - ATTIVITÀ MEDICO-CHIRURGICA. Responsabilità medica da nascita indesiderata - Diritto del nato disabile al risarcimento del danno - Sussistenza - Esclusione - Fondamento. In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il genitore che agisce per il risarcimento del danno ha l’onere di provare che la madre avrebbe esercitato la facoltà d’interrompere la gravidanza - ricorrendone le condizioni di legge - ove fosse stata tempestivamente informata dell’anomalia fetale quest’onere può essere assolto tramite praesumptio hominis”, in base a inferenze desumibili dagli elementi di prova, quali il ricorso al consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro, le precarie condizioni psico-fisiche della gestante o le sue pregresse manifestazioni di pensiero propense all’opzione abortiva, gravando sul medico la prova contraria, che la donna non si sarebbe determinata all’aborto per qualsivoglia ragione personale. In tema di responsabilità medica da nascita indesiderata, il nato disabile non può agire per il risarcimento del danno, neppure sotto il profilo dell’interesse ad avere un ambiente familiare preparato ad accoglierlo, giacché l’ordinamento non conosce il diritto a non nascere se non sano”, né la vita del bambino può integrare un danno-conseguenza dell’illecito omissivo del medico. Con riferimento al primo principio, si richiama Cass. Sez. 3, Sentenza 27528/2013 nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata ricorrente quando, a causa del mancato rilievo da parte del sanitario dell’esistenza di malformazioni congenite del feto, la gestante perda la possibilità di abortire è onere della parte attrice allegare e dimostrare - con riguardo alla sua concreta situazione - la sussistenza delle condizioni legittimanti l’interruzione della gravidanza ai sensi dell’art. 6, lett. b , della legge 194/1978, ovvero che la conoscibilità, da parte della stessa, dell’esistenza di rilevanti anomalie o malformazioni del feto avrebbe generato uno stato patologico tale da mettere in pericolo la sua salute fisica o psichica. In ordine al secondo principio, in senso conforme si veda Cass. Sez. 3, Sentenza 14488/2004 l’ordinamento positivo tutela il concepito e l’evoluzione della gravidanza esclusivamente verso la nascita, e non anche verso la non nascita”, essendo pertanto al più configurabile un diritto a nascere” e a nascere sani”, suscettibile di essere inteso esclusivamente nella sua positiva accezione sotto il profilo privatistico della responsabilità contrattuale o extracontrattuale o da contatto sociale”, nel senso che nessuno può procurare al nascituro lesioni o malattie con comportamento omissivo o commissivo colposo o doloso sotto il profilo - latamente - pubblicistico, nel senso che debbono venire ad essere predisposti tutti gli istituti normativi e tutte le strutture di tutela cura e assistenza della maternità idonei a garantire nell’ambito delle umane possibilità al concepito di nascere sano. Non è invece in capo a quest’ultimo configurabile un diritto a non nascere” o a non nascere se non sano”, come si desume dal combinato disposto di cui agli artt. 4 e 6 della legge 194/1978, in base al quale si evince che a l’interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio entro i primi 90 giorni di gravidanza o grave successivamente a tale termine b trattasi di un diritto il cui esercizio compete esclusivamente alla madre c le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano esclusivamente nella misura in cui possano cagionare un danno alla salute della gestante, e non già in sé e per sé considerate con riferimento cioè al nascituro . E come emerge ulteriormente a dalla considerazione che il diritto di non nascere” sarebbe un diritto adespota in quanto ai sensi dell’art. 1 cc la capacità giuridica si acquista solamente al momento della nascita e i diritti che la legge riconosce a favore del concepito - artt. 462, 687, 715 cc - sono subordinati all’evento della nascita, ma appunto esistenti dopo la nascita , sicché il cosiddetto diritto di non nascere” non avrebbe alcun titolare appunto fino al momento della nascita, in costanza della quale proprio esso risulterebbe peraltro non esistere più b dalla circostanza che ipotizzare un diritto del concepito a non nascere” significherebbe configurare una posizione giuridica con titolare solamente ed in via postuma in caso di sua violazione, in difetto della quale per cui non si fa nascere il malformato per rispettare il suo diritto di non nascere” essa risulterebbe pertanto sempre priva di titolare, rimanendone conseguentemente l’esercizio definitivamente precluso. Ne consegue che è pertanto da escludersi la configurabilità e l’ammissibilità nell’ordinamento del c.d. aborto eugenetico”, prescindente dal pericolo derivante dalle malformazioni fetali alla salute della madre, atteso che l’interruzione della gravidanza al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 4 e 6 legge 194/1978 accertate nei termini di cui agli artt. 5 ed 8 , oltre a risultare in ogni caso in contrasto con i principi di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e di indisponibilità del proprio corpo ex art. 5 cc, costituisce reato anche a carico della stessa gestante art. 19 legge 194/1978 , essendo per converso il diritto del concepito a nascere, pur se con malformazioni o patologie, ad essere propriamente -anche mediante sanzioni penali - tutelato dall’ordinamento. Ne consegue ulteriormente che, verificatasi la nascita, non può dal minore essere fatto valere come proprio danno da inadempimento contrattuale l’essere egli affetto da malformazioni congenite per non essere stata la madre, per difetto d’informazione, messa nella condizione di tutelare il di lei diritto alla salute facendo ricorso all’aborto ovvero di altrimenti avvalersi della peculiare e tipicizzata forma di scriminante dello stato di necessità assimilabile, quanto alla sua natura, a quella prevista dall’art. 54 Cp prevista dall’art. 4 legge 194/1978, risultando in tale ipotesi comunque esattamente assolto il dovere di protezione in favore di esso minore, così come configurabile e tutelato in termini prevalenti rispetto - anche - ad eventuali contrarie clausole contrattuali art. 1419, secondo comma, cc alla stregua della vigente disciplina. In senso difforme, invece, Cass. Sez. 3, Sentenza 16754/2012 nel caso in cui il medico ometta di segnalare alla gestante l’esistenza di più efficaci test diagnostici prenatali rispetto a quello in concreto prescelto, impedendole così di accertare l’esistenza d’una malformazione congenita del concepito, quest’ultimo, ancorché privo di soggettività giuridica fino al momento della nascita, una volta venuto ad esistenza, ha diritto ad essere risarcito da parte del sanitario con riguardo al danno consistente nell’essere nato non sano, e rappresentato dell’interesse ad alleviare la propria condizione di vita impeditiva di una libera estrinsecazione della personalità, a nulla rilevando né che la sua patologia fosse congenita, né che la madre, ove fosse stata informata della malformazione, avrebbe verosimilmente scelto di abortire.