RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONI UNITE 12 OTTOBRE 2015, N. 20413 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - GIURISDIZIONI SPECIALI IMPUGNABILITÀ - CONSIGLIO DI STATO. Tutela di bene culturale - Sentenza dichiarativa del difetto di legittimazione attiva di associazione ambientalista - Eccesso di potere giurisdizionale - Esclusione - Fondamento. Non incorre in eccesso di potere giurisdizionale, sotto il duplice profilo del radicale stravolgimento delle norme di rito e del diniego di giustizia, la sentenza del Consiglio di Stato che, in una controversia relativa alla tutela di un determinato bene culturale, abbia dichiarato il difetto di legittimazione attiva di un’associazione ambientalista, atteso che l’interpretazione della corrispondente disciplina svolta al riguardo dal giudice speciale rientra tout court” nell’orbita dei limiti interni della giurisdizione amministrativa, né essendo consentito invocare, sotto le spoglie del denunciato diniego, una diversa interpretazione del tessuto normativo applicabile, così impingendo nel merito della decisione. Sui limiti, che incontrano le SSUU civili, in ordine al controllo delle decisioni del Consiglio di Stato, si richiamano a Sez. U, Sentenza 7025/2006 il controllo di legittimità riservato alla Corte di cassazione sulle pronunce giurisdizionali del Consiglio di Stato è limitato all’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della giurisdizione del massimo organo di giustizia amministrativa, restando escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, quindi in ordine alle questioni concernenti l’esistenza della legittimazione a ricorrere. b Sez. U, Sentenza 24468/2013 in tema di sindacato delle Sezioni Unite sulle decisioni del Consiglio di Stato per motivi inerenti alla giurisdizione, è configurabile l’eccesso di potere giurisdizionale con riferimento alle regole del processo amministrativo solo nel caso di radicale stravolgimento delle norme di rito, tale da implicare un evidente diniego di giustizia e non già nel caso di mero dissenso del ricorrente nell’interpretazione della legge. Nella specie, il ricorrente, revocato dalla provvisoria aggiudicazione del servizio di riscossione tributi per sua inaffidabilità desumibile da un precedente rapporto, aveva lamentato che il Consiglio di Stato non si fosse limitato alla mera verifica della sufficienza della motivazione di tale revoca, ma ne aveva operato una vera e propria integrazione nel ritenere sussistente il presupposto di cui all’art. 38, lett. f”, del D.Lgs. 163/2006, così travalicando i confini della giurisdizione operando apprezzamenti discrezionali riservati alla pubblica amministrazione . SEZIONI UNITE 5 OTTOBRE 2015, N. 19785 CONTRATTI IN GENERE - AUTONOMIA CONTRATTUALE - IN GENERE. Leasing finanziario - Regime dei vizi della cosa oggetto del contratto di fornitura - Vizi anteriori e successivi alla consegna - Tutela dell’utilizzatore - Limiti. In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all’uso, occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna rifiutata dall’utilizzatore da quella in cui siano emersi in epoca successiva, perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore, atteso che nella prima ipotesi, assimilabile a quello della mancata consegna, il concedente, informato della rifiutata consegna, in forza del principio di buona fede, è tenuto a sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, ad agire verso quest’ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo, mentre nel secondo caso l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, e il concedente, una volta messo a conoscenza dei vizi, ha i medesimi doveri di cui all’ipotesi precedente. In ogni caso, l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente. Si richiama, Cass. Sez. 3, Sentenza 23794/2007 nell’ambito del contratto di leasing finanziario l’utilizzatore é legittimato ad agire nei confronti del fornitore per sentir accertare quale sia l’esatto corrispettivo spettante allo stesso fornitore, così come é legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto ovvero al risarcimento dl danno da inesatto adempimento del contratto stesso, atteso che, con la conclusione del contratto di fornitura viene a realizzarsi nei confronti del terzo contraente quella stessa scissione di posizioni che si ha per i contratti conclusi dal mandatario senza rappresentanza sicché ai sensi dell’art. 1705, comma secondo, cc, il mandante ha diritto di far propri di fronte ai terzi in via diretta e non in via surrogatoria i diritti di credito sorti in testa al mandatario, assumendo l’esecuzione dell’affare, a condizione che egli non pregiudichi i diritti spettanti al mandatario in base al contratto concluso, potendo peraltro il mandante esercitare nei confronti del terzo le azioni derivanti dal contratto stipulato dal mandatario volte ad ottenerne l’adempimento od il risarcimento del danno in caso di inadempimento . Tale principio é conforme alle norme introdotte nell’ordinamento italiano con l’esecuzione data alla convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988, con la legge 259/1993, norme che, ancorché non immediatamente applicabili nella controversia oggetto di esame, possono costituire un utile raffronto per la ricostruzione della disciplina dell’inadempimento del fornitore.