RASSEGNA DELLE SEZIONI CIVILI DELLA CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA 12 NOVEMBRE 2014, N. 24155 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - PROVVEDIMENTI DEI GIUDICI ORDINARI IMPUGNABILITÀ - IN GENERE. Rito societario - Ordinanza di inammissibilità ex art. 8, comma 5, del D.Lgs. 5/2003, dell’istanza di fissazione dell’udienza - Ricorso straordinario per cassazione - Inammissibilità - Fondamento. Il ricorso straordinario per cassazione previsto dall’art. 111, settimo comma, Cost., è proponibile avverso ogni provvedimento giurisdizionale, anche se emesso in forma di decreto o di ordinanza, che abbia, però, i caratteri della decisorietà e della definitività, e cioè che pronunci - o venga comunque ad incidere - irrevocabilmente e senza possibilità di impugnazioni su diritti soggettivi, sicché non è impugnabile con tale mezzo l’ordinanza con la quale il presidente del tribunale, nel rito societario, a norma dell’art. 8, comma 5, del D.Lgs. 5/2003, dichiari l’inammissibilità dell’istanza di fissazione dell’udienza di discussione, trattandosi di provvedimento istruttorio privo di carattere decisorio, in quanto non idoneo ad incidere con efficacia di giudicato su situazioni giuridiche sostanziali, e non definitivo, potendo l’istanza essere riproposta. In senso conforme, Cass. Sez. 1, Ordinanza 5377/2006 il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale pertanto, non sono impugnabili con tale mezzo i provvedimenti istruttori, in quanto meramente strumentali rispetto alla decisione della causa, revocabili e modificabili dal giudice che li ha emessi, e inidonei a determinare il formarsi del giudicato nella specie, la S.C., in applicazione di tale principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla procura della Repubblica presso il tribunale nei confronti del provvedimento con il quale, nel corso di un procedimento di interdizione, era stata dichiarata la nullità dell’audizione dell’interdicendo, in quanto effettuata alla presenza del Vice Procuratore Onorario anziché del Procuratore della Repubblica o di un suo sostituto, e se ne era ordinata la rinnovazione . SEZIONE PRIMA 6 NOVEMBRE 2014, N. 23651 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - SOCIETÀ E CONSORZI - SOCIETÀ CON SOCI A RESPONSABILITÀ ILLIMITATA - FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ E DEI SOCI. Società in accomandita semplice - Socio accomandante - Emissione di assegni all’ordine di terzi da lui sottoscritti e tratti sul conto della società - Assunzione della responsabilità ex art. 2320 cc - Condizioni - Fallimento della società - Conseguenze - Estensione al socio ex art. 147 legge fall. - Configurabilità. FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - SOCIETÀ E CONSORZI - SOCIETÀ CON SOCI A RESPONSABILITÀ ILLIMITATA - FALLIMENTO DELLA SOCIETÀ E DEI SOCI. Socio accomandante ingeritosi nella gestione - Responsabilità illimitata - Fallimento in estensione - Termine annuale di decadenza - Decorrenza - Dalla cessazione della responsabilità illimitata - Sussistenza - Sentenza di fallimento della società - Irrilevanza. · Il socio accomandante che emetta assegni bancari tratti sul conto della società all’ordine di terzi, apponendovi la propria firma sotto il nome di quest’ultima e per conto della stessa, in difetto di prova della sussistenza di una mera delega di cassa, assume solidale ed illimitata responsabilità ai sensi dell’art. 2320 cc per tutte le obbligazioni sociali ed è, dunque, soggetto, in caso di fallimento della società, a fallimento in estensione ai sensi dell’art. 147 legge fall · Il fallimento in estensione del socio accomandante di una società in accomandita semplice che, in quanto ingeritosi nella gestione, abbia assunto responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, è soggetto al termine di decadenza di un anno dall’iscrizione nel registro delle imprese di una vicenda, personale o societaria, che abbia comportato il venir meno della suddetta sua responsabilità, senza che rilevi la data della sentenza dichiarativa di fallimento della società, che non comporta il venir meno della responsabilità per estinzione della società o per scioglimento del singolo rapporto sociale. · Il primo principio è conforme a Cass. Sez. 1, Sentenza 7554/2000 nella società in accomandita semplice, il socio accomandante che compie atti della gestione sociale incorre a norma dell’articolo 2320 cc nella decadenza dalla limitazione di responsabilità, e ciò anche qualora si tratti di atti di gestione interna senza concorrere alla estrinsecazione esterna della volontà dell’ente societario e senza entrare in rapporto con i terzi nella conclusione dell’affare pertanto, ai sensi dell’articolo 147 l. fall., il fallimento della società in accomandita semplice va esteso anche all’accomandante che si sia ingerito nell’amministrazione della società nella specie, in applicazione di tale principio la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva respinto l’opposizione alla dichiarazione di fallimento di soci accomandanti, i quali, in forza di clausola dell’atto costitutivo dichiarata nulla ex officio, avevano previamente autorizzato il compimento di un atto di amministrazione . · In ordine al secondo principio, si richiamano a Sez. 1, Sentenza 17492/2008 a norma dell’art. 147 l. f. nel testo anteriore alla sostituzione operata dal D.Lgs. 5/2006 , nella formulazione risultante dalla sentenza della Corte costituzionale 319/2000, non può essere dichiarato il fallimento del socio di cui sia venuta meno la qualità di socio illimitatamente responsabile dopo il decorso di un anno a tale ipotesi non può essere assimilato il caso del socio accomandatario, dopo decorso un anno dal momento in cui la società in accomandita semplice sia stata posta in liquidazione, poiché, non solo la disciplina normativa non contempla il venir meno della responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali, per effetto della messa in liquidazione della società, ma tale limitazione risulterebbe contraria all’interesse dei creditori e dei terzi, che riceverebbero un trattamento deteriore rispetto al regime vigente al momento in cui la società non è in liquidazione. b Sez. 1, Sentenza 22246/2012 la responsabilità illimitata del socio accomandante ingeritosi nell’amministrazione della società, sancita dall’art. 2320 cc che, a tal fine, lo equipara all’accomandatario, non è collegata a vicende personali o societarie suscettibili di pubblicizzazione nelle forme prescritte dalla legge, ma deriva dal dato meramente fattuale di tale ingerenza e non è destinata a venir meno per effetto della sola cessazione di quest’ultima, prescindendo la suddetta equiparazione da qualsiasi distinzione tra debiti sorti in epoca anteriore o successiva alla descritta ingerenza, ovvero dipendenti o meno da essa. Pertanto, l’estensione, in siffatte ipotesi ed alla stregua dell’art. 147 legge fallim., del fallimento della società in accomandita semplice al socio accomandante non è soggetta ad altro termine di decadenza che non sia l’anno dalla iscrizione nel registro delle imprese di una vicenda, personale ad esempio il recesso o societaria ad esempio la trasformazione della società , che abbia comportato il venir meno della sua responsabilità illimitata, escludendosi, invece, la possibilità di ancorare la decorrenza di detto termine alla mera cessazione dell’ingerenza nell’amministrazione .