RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONI UNITE 5 LUGLIO 2011, N. 14665 ELEZIONI - ELETTORATO - PASSIVO - IN GENERE INELEGGIBILITÀ . Art. 60, primo comma, lett. d , T.U.E.L. - Magistrati - Ineleggibilità a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni - Funzioni istituzionalmente esercitabili nel territorio dell'ufficio - Riferimento - Necessità - Previsioni tabellari - Irrilevanza - Fattispecie. ORDINAMENTO GIUDIZIARIO - DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA - PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - IN GENERE. Esimente di cui all'articolo 3 bis del D.Lgs. 109/2006 - Giudice disciplinare - Motivazione sulla mancata qualifica di scarsa rilevanza del fatto - Obbligo - Insussistenza. - Al fine di individuare la portata della causa di ineleggibilità a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, prevista per i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace, nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni dall'articolo 60, primo comma, lett. d , del D.Lgs. 267/2000 e rilevante ai fini della incompatibilità con la nomina ad assessore c.d. esterno ai sensi dell'articolo 47, terzo comma, del D.Lgs. cit., si deve aver riguardo a tutte le funzioni istituzionalmente esercitabili nel territorio dell'ufficio e non già a quelle tabellari attribuite, non essendo queste né vincolanti all'esterno, né, soprattutto, determinanti alcuna incompetenza funzionale. Ne consegue che la causa di ineleggibilità si configura anche se nel comune interessato si trovi una sezione distaccata del tribunale nella quale il magistrato non eserciti, in concreto, le proprie funzioni. Nella specie, il magistrato esercitava la funzione di Presidente di sezione del Tribunale presso la sede centrale . - In tema di illeciti disciplinari riguardanti i magistrati, l'esimente di cui all'articolo 3 bis del D.Lgs. 109/2006, presuppone che la fattispecie tipica si sia realizzata ma che, per particolari circostanze, anche non riferibili all'incolpato, il fatto risulti di scarsa rilevanza ed il giudice disciplinare specie se non sollecitato da specifica richiesta non è tenuto ad esporre le ragioni per le quali non abbia ritenuto il fatto di scarsa rilevanza e, quindi, non abbia considerato tale esimente, per la cui applicazione è necessario che l' incolpato eccepisca e provi o che comunque risulti che il fatto del quale lo stesso è stato giudicato responsabile sia effettivamente di scarsa rilevanza. - Sul primo principio mancano precedenti specifici. - In ordine al secondo, e con riguardo alla esimente del fatto disciplinare di scarsa rilevanza, si richiamano a Sez. U, Sentenza 15314/2010 in tema di illeciti disciplinari riguardanti i magistrati, l'esimente di cui all'articolo 3 bis del D.Lgs 109/2006 presuppone che la fattispecie tipica si sia realizzata ma che, per particolari circostanze, anche non riferibili all'incolpato, il fatto risulti di scarsa rilevanza. b Sez. U, Sentenza 25091/2010 in tema di illeciti disciplinari riguardanti i magistrati, la norma di cui all'articolo 3 bis del D.Lgs. 109/2006, aggiunta dall'articolo 1 della legge 269/2006, secondo cui l'illecito disciplinare non è configurabile quando il fatto è di scarsa rilevanza , introduce nella materia disciplinare il principio di offensività, proprio del diritto penale, secondo il quale la sussistenza dell'illecito va, comunque, riscontrata alla luce della lesione o messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma, con accertamento in concreto, effettuato ex post tale bene giuridico va considerato unico per tutte le ipotesi di illecito disciplinare ed è identificabile - secondo quanto emerge esplicitamente dall'articolo 3, lett. h , e dall'articolo 4, lett. d , del D.Lgs. 109 cit. - con la compromissione dell'immagine del magistrato. Pertanto, ai sensi dell'articolo 3 bis citato, la condotta disciplinare irrilevante va identificata, una volta accertata la realizzazione della fattispecie tipica, in quella che non compromette l'immagine del magistrato. In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza della Sezione disciplinare del CSM che aveva prosciolto, per scarsa rilevanza del fatto ex articolo 3 bis del D.Lgs. 109/2006, un magistrato incolpato di non avere celebrato un certo numero di udienze, pur fissate in calendario, sulla scorta sia di considerazioni riguardanti l'elemento soggettivo sia dell'accertata laboriosità dell'incolpato . c Sez. U, Sentenza 7194/2011 in tema di illeciti disciplinari riguardanti magistrati, l'esimente prevista dall'articolo 3 bis del D.Lgs. 109/2006 è applicabile al caso in cui al magistrato venga contestato l'illecito disciplinare previsto dall'articolo 2, comma 1, lett. q del medesimo D.Lgs. quando i ritardi gravi e reiterati nel deposito dei provvedimenti a lui ascrivibili non ne abbiano compromesso l'immagine nell'ambiente giudiziario in cui egli opera ma anche qualora non abbiano fatto venir meno la fiducia e la considerazione delle parti che subiscono direttamente gli effetti dei ritardi medesimi. Nessun rilievo, invece, può essere riconosciuto, ai fini dell'esimente in questione, alla laboriosità del magistrato, in quanto l'articolo 3 bis citato fa riferimento alla scarsa rilevanza del fatto e cioè ad elemento di carattere oggettivo, non attinente alla persona. SEZIONI UNITE 5 LUGLIO 2011, N. 14664 ORDINAMENTO GIUDIZIARIO - DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA - PROCEDIMENTO DISCIPLINARE - IN GENERE. Decreto di archiviazione del P.G. - Definitività - Nuove indagini sullo stesso fatto e per lo stesso magistrato - Preclusione - Azione disciplinare - Improponibilità - Deroga - Elementi nuovi. Il decreto di archiviazione emesso dal P.G. presso la Corte di cassazione, se il Ministro della giustizia non si è avvalso, nel termine di legge, del potere di richiedere gli atti e quindi di formulare l'incolpazione con richiesta di fissazione dell'udienza, preclude la riapertura delle indagini in assenza di nuovi elementi, sempre che non sia decorso il termine di durata massima della fase, e rende improponibile l'azione disciplinare in ordine allo stesso fatto e nei confronti dello stesso magistrato. Si veda, di contro, il più rigoroso precedente di Sez. U, Sentenza 26809/2009 in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, il provvedimento di archiviazione previsto dall'articolo 16, comma 5 bis, del D.Lgs. 109/2006, rimesso al potere discrezionale del P.G. presso la Corte di Cassazione, ha natura amministrativa, con la conseguenza che non assume il carattere della definitività peculiare delle pronunce giurisdizionali aventi contenuto decisorio, e può, invece, essere successivamente revocato dallo stesso organo che l'ha emesso. La revoca resta soggetta all'obbligo di motivazione, essendo necessario esplicitare le ragioni che giustificano la nuova determinazione amministrativa. SEZIONI UNITE ORDINANZA 5 LUGLIO 2011, N. 14654 GIURISDIZIONE CIVILE - STRANIERO GIURISDIZIONE SULLO - IN GENERE. Domanda di risarcimento danni - Criterio di collegamento ex articolo 5 del Regolamento CE 44/2001 - Luogo dove è avvenuto l'evento - Nozione - Luogo di verificazione dei danni successivi o di residenza del danneggiato - Rilevanza - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. In conformità a quanto affermato in più occasioni dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, l'articolo 5, n. 3, del Regolamento CE 44/2001 - il quale stabilisce il criterio di collegamento per individuare la giurisdizione in materia di delitti e quasi delitti nel luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto - va interpretato nel senso che per tale luogo deve intendersi quello in cui è avvenuta la lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo dove si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future di tale lesione. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il danno asseritamente patito da una società italiana, in conseguenza di una transazione rovinosa stipulata a Londra da un incaricato dalla compagnia di assicurazione lussemburghese, doveva ritenersi avvenuto - ai fini della giurisdizione - in Gran Bretagna . In senso conforme, già i Sez. U, Ordinanza 27403/2005 ai sensi dell'articolo 5, numero 3, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale resa esecutiva con la legge 804/1971 , che stabilisce il criterio di collegamento per individuare la giurisdizione in materia di delitti e quasi delitti nel luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto , per tale luogo deve intendersi sia quello in cui è stata compiuta l'azione che ha provocato il danno, che quello in cui il danno si è verificato, con la precisazione che, per quest'ultimo, deve aversi riguardo al solo danno iniziale e non anche ai danni conseguenti, assumendo rilevanza esclusivamente il luogo ove il fatto causale ha prodotto direttamente i suoi effetti nei confronti di colui che ne è la vittima immediata. ii Ai sensi dell'articolo 5, punto 3, del regolamento CEE 44/2001 reiterativo dell'articolo 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, resa esecutiva in Italia con la legge 804/1971 , che stabilisce il criterio di collegamento per individuare la giurisdizione in materia di illeciti dolosi e colposi nel luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto o può avvenire , per tale luogo deve intendersi sia il luogo in cui è stata compiuta l'azione che ha provocato il danno, sia quello in cui il danno si è verificato, avendosi comunque riguardo al solo danno iniziale, e non anche ai danni conseguenti, onde, a tal fine, può assumere rilevanza solo il luogo ove il fatto causale ha prodotto direttamente i suoi effetti nei confronti di colui che ne è la vittima immediata. Nella specie, sulla scorta dell'enunciato principio, le S.U. hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda di risarcimento del danno da lesione alla reputazione che alcune società italiane, attrici nel giudizio di merito, assumevano essere stata prodotta con le lettere di diffida provenienti da due banche estere, cessionarie dell'assunto credito nei loro confronti, sul presupposto che il luogo in cui era avvenuto l'evento lesivo non poteva che coincidere con il luogo in cui le lettere stesse erano pervenute a destinazione e, cioè, in Italia . SEZIONI UNITE 28 GIUGNO 2011, N. 14319 DEPOSITO CONTRATTO DI - OBBLIGHI DEL DEPOSITARIO - CUSTODIA DELLA COSA - RESPONSABILITÀ - IN GENERE. Parcheggio - Aree comunali di sosta a pagamento istituite ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lett. f , D.Lgs. 285/1992 - Obbligo di custodia del veicolo ivi parcheggiato - Esclusione - Condizioni e limiti - Fondamento - Conseguenze - Responsabilità del gestore per il furto del veicolo in aree adibite a parcheggio senza custodia - Esclusione - Fondamento. L'istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera f , del D.Lgs. 285/1992 codice della strada , non comporta l'assunzione dell'obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l'avviso parcheggio incustodito è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto artt. 1326, primo comma, e 1327 cc , perché l'esclusione attiene all'oggetto dell'offerta al pubblico ex articolo 1336 cc senza che sia necessaria l'approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell'articolo 1341, secondo comma, cc, non potendo presumersene la vessatorietà , e l'univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l'obbligo di custodia, il ricorso al sussidiario criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell'affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso quali, ad esempio, l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo , potendo queste ascriversi all'organizzazione della sosta. Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell'area all'uopo predisposta. Superato l'opposto orientamento espresso da Sez. 3, Sentenza 1957/2009 in caso di parcheggio di un automezzo in un'area recintata a ciò predisposta e gestita da una società, va esclusa l'applicabilità della norma di cui all'articolo 7, comma 1 lett. f , del D.Lgs. 285/1992, che si riferisce alla destinazione di zone cittadine a parcheggio con dispositivi di controllo della durata della sosta a pagamento, vertendosi, invece, in tema di contratto atipico di parcheggio per la cui disciplina occorre far riferimento alle norme relative al deposito. Peraltro, per la sussistenza dell'obbligo di custodia, non é necessario l'affidamento del veicolo ad una persona fisica, poiché la consegna può realizzarsi attraverso l'immissione dello stesso nella predetta area, previo perfezionamento del contratto mediante l'introduzione di monete nell'apposito meccanismo, ben potendo l'obbligo di custodia prescindere dalla presenza di persone addette specificamente a ricevere quella consegna e ad effettuare la connessa sorveglianza, bastando in proposito diverse ed equipollenti modalità, quali l'adozione di sistemi automatizzati per la procedura di ingresso e di uscita dei veicoli dal parcheggio mediante schede magnetizzate. Ne consegue la responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo, senza che essa possa essere esclusa dall'avviso affisso prima dell'ingresso nell'area del parcheggio, con cui il gestore rappresenti di non rispondere del furto totale o parziale delle auto, poichè essa rappresenta una clausola di esclusione della responsabilità di carattere vessatorio e, pertanto, inefficace se non approvata specificamente per iscritto, dovendosi qualificare la medesima come condizione generale di contratto, nel mentre il predetto avviso, può, piuttosto, ritenersi assimilabile ad un'offerta al pubblico ai sensi dell'articolo 1336 cc. L'orientamento che ha prevalso era già stato affermato da Sez. 3, Sentenza 6169/2009 L'istituzione da parte dei comuni, previa deliberazione della giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi dell'articolo 7, primo comma, lettera f , del D.Lgs. 285/1992 codice della strada , non comporta l'assunzione dell'obbligo di custodia dei veicoli in esse parcheggiati, per espressa previsione di legge, né tale obbligo può sorgere dalle modalità concrete di organizzazione della sosta quali ad esempio l'adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, o dispositivi di controllo pertanto, la sosta di un veicolo in tali aree dà luogo ad un contratto di deposito atipico, dal quale non sorge la responsabilità del depositario in caso di furto del mezzo. Trovando l'assenza di un obbligo di custodia la sua fonte direttamente nella legge e non in una clausola contrattuale limitatrice di responsabilità, il regolamento con espressa avvertenza che il gestore dell'area di parcheggio non risponde del furto del veicolo e di quanto in esso contenuto, non necessita di approvazione per iscritto ai sensi dell'articolo 1341 cc. SEZIONI UNITE 24 GIUGNO 2011, N. 13910 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Dismissione di beni pubblici - Impugnazione degli atti della procedura - Giurisdizione amministrativa - Fondamento - Fattispecie in tema di procedura indetta dalla Fondazione Ordine Mauriziano. In tema di dismissione di beni pubblici, spetta al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine all'impugnazione degli atti di indizione dell'asta e aggiudicazione a terzi di un bene immobile pubblico, essendo la domanda principalmente rivolta all'accertamento della nullità degli atti della procedura, che sono espressione di attività pubblicistica provvedimentale e rispetto ai quali la posizione del privato riveste carattere di interesse legittimo, e soltanto in via conseguenziale all'annullamento del contratto di compravendita. Fattispecie in tema di procedura competitiva di dismissione di beni pubblici indetta dalla Fondazione Ordine Mauriziano, costituente soggetto di diritto pubblico . In senso conforme Sez. U, Ordinanza 5288/2010 in tema di dismissione di beni pubblici, alla luce del criterio di riparto della giurisdizione basato sul petitum sostanziale, spetta al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine all'impugnazione degli atti di indizione dell'asta e aggiudicazione a terzi di un bene immobile pubblico, essendo la domanda principalmente rivolta all'accertamento della nullità degli atti della procedura, che sono espressione di attività pubblicistica provvedimentale e rispetto ai quali la posizione del privato riveste carattere di interesse legittimo, e soltanto in via conseguenziale all'annullamento del contratto di compravendita. SEZIONI UNITE 24 GIUGNO 2011, N. 13904 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - GIURISDIZIONI SPECIALI IMPUGNABILITÀ - CONSIGLIO DI STATO. Ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione - Giudizio di legittimità sui provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni - Determinazione del contributo per l'erogazione del c.d. servizio universale - Sconfinamento nel merito amministrativo da parte del Consiglio di Stato - Insussistenza - Mera censura di errores in iudicando - Conseguenze - Inammissibilità del ricorso. Non eccede dall'ambito della giurisdizione amministrativa, per sconfinamento nel merito amministrativo e violazione dei limiti esterni della sua giurisdizione, la sentenza del Consiglio di Stato, la quale, nell'annullare una deliberazione dell'Autorità garante delle comunicazioni, abbia dettato criteri ermeneutici, che impongono altri accertamenti di fatto, al fine di determinare l'ambito geografico di riferimento del mercato rilevante per la concorrenza fra operatori telefonici mobili, da valutare al fine di liquidare la quota di partecipazione ai costi di finanziamento del servizio universale di telefonia fissa gestito da Telecom Italia s.p.a. e cui gli altri operatori hanno l'obbligo di contribuire, nella misura annualmente determinata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell'articolo 58 del D.Lgs. 259/2003 . Infatti, l'Autorità non viene privata del potere di provvedere all'identificazione dell'ambito territoriale del mercato concorrenziale, né le determinazioni del Consiglio di Stato invadono l'ambito del merito amministrativo, limitandosi ad enunciare, con un'operazione ermeneutica delle disposizioni normative interne e comunitarie nella materia, i parametri di legittimità entro i quali l'Autorità deve esercitare la sua discrezionalità. Ne consegue che il ricorso per cassazione avverso detta sentenza è inammissibile, non riguardando motivi inerenti alla giurisdizione, ma solo errores in iudicando , ovvero il modo in cui la tutela di legittimità è stata in concreto erogata. Non ci sono precedenti specifici. Su tale tipo di sindacato delle Sezioni Unite avente ad oggetto pronunce del Consiglio di Stato, si vedano a Sez. U, Ordinanza 28265/2005 con riguardo alle pronunzie del Consiglio di stato, l'eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell'articolo 111, terzo comma, Cost. sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, preclusa al giudice amministrativo, non è configurabile allorquando vengano sindacate le valutazioni compiute dalle commissioni di gara nella specie per l'affidamento di un servizio di trasporto pubblico urbano di persone in sede di verifica dell'anomalia di un'offerta, non attenendo tale controllo al merito dell'azione amministrativa, ma all'esercizio della discrezionalità tecnica. Ne consegue che qualora, ritenuto giustificato il ribasso offerto, il giudice amministrativo dichiari che l'esclusione dalla gara era indebita e che la ricorrente deve essere considerata prima classificata, resta esclusa ogni nuova verifica dell'anomalia dell'offerta da parte dell'autorità amministrativa, conseguendo tale preclusione automaticamente dalla decisione giurisdizionale, in ragione del principio di effettività, anche in termini di sollecitudine della tutela che, alla luce dell'articolo 24 Cost., deve ispirare l'esercizio della giurisdizione amministrativa. b Sez. U, Sentenza 6417/2008 è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha riconosciuto, alla luce della normativa comunitaria così come interpretata dalla Corte di giustizia CE, la necessità che una determinata opera venga assoggettata alla valutazione di impatto ambientale, poiché in tal modo il Consiglio è rimasto nell'ambito dell'interpretazione della legge senza alcuno sconfinamento nella sfera riservata alla discrezionalità amministrativa, con conseguente insussistenza dell'accesso di potere giurisdizionale e sottrazione al sindacato di legittimità. Nella specie, il Consiglio di Stato aveva stabilito che l'affidamento in concessione dei lavori di ristrutturazione e completamento del molo di ricovero dei natanti da diporto del Comune di Diamante dovesse essere assoggettato, in base agli artt. 1, comma 6, e 10, comma 2, del Dpr12 aprile 1996, a valutazione di impatto ambientale, senza che questa potesse essere esclusa sulla base del mero silenzio dell'organo tecnico competente . c Sez. U, Ordinanza 3688/2009 anche a seguito dell'inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell'articolo 111 Cost., il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di Stato è limitato all'accertamento dell'eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del Consiglio stesso, ovvero all'esistenza di vizi che riguardano l'essenza di tale funzione giurisdizionale e non il modo del suo esercizio, restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli errores in iudicando o in procedendo . A tal riguardo, la censura relativa ad una pretesa violazione del giudicato, riguardando la correttezza dell'esercizio del potere giurisdizionale del giudice adito, rimane estranea al controllo e al superamento dei limiti esterni della giurisdizione. Nella specie la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso che, sotto l'apparente aspetto di difetto di giurisdizione per superamento dei limiti esterni, prospettava in sostanza una violazione di legge commessa dal Consiglio di Stato nell'esercizio del potere giurisdizionale, in quanto sarebbe stata erroneamente attribuita efficacia di giudicato all'ordinanza di sospensione dell'esecutorietà della sentenza di primo grado .