RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONI UNITE 9 MARZO 2011, N. 5518 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - ICI. Immobili di interesse storico o artistico - Disciplina prevista dall'articolo 2, comma 5, del Dl 16/1993 - Applicazione in via esclusiva anche in presenza di interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia od urbanistica - Necessità - Fondamento. In tema tassazione ai fini ICI degli immobili di interesse storico o artistico, l'articolo 2, comma 5, del Dl 16/1993, convertito nella legge 75/1993, come interpretato dall'articolo 74, comma 6, della legge 342/2000, prevede un regime di natura speciale - giustificato dai pesanti oneri manutentivi che il riconoscimento della specifica qualità comporta per tale tipologia di immobili - applicabile in via esclusiva anche se gli immobili stessi siano oggetto degli interventi edilizi indicati dalle lettere c , d ed e dell'articolo 31, comma 1, della legge 457/1978 restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica , in quanto i criteri di determinazione della base imponibile ICI previsti per tali interventi dall'articolo 5, comma 6, del D.Lgs. 504/1992, costituiscono un'eccezione o agevolazione fiscale interna al regime ordinario di tassazione degli immobili non altrimenti qualificati, che non può avere, per sua natura e collocazione, applicazione in altri regimi di tassazione caratterizzati da specialità propria, connessa ad una qualità specifica e sostanzialmente intrinseca dell'immobile oggetto dell'imposta. Della giurisprudenza, sempre più abbondante, nel trattamento fiscale degli immobili di interesse storico o artistico, si segnalano a Sez. 5, Sentenza 17152/2004 in tema di regime fiscale degli edifici riconosciuti di interesse storico o artistico ai sensi dell'articolo 3 della legge 1089/1939, la particolare disciplina per la determinazione del reddito prevista dall'articolo 11 della legge 413/1991, ancorché gli immobili siano concessi in locazione, trova applicazione solo nell'ambito della materia per la quale è stata dettata, e cioè per le imposte sui redditi, considerato anche la sua natura derogatoria rispetto al principio generale, stabilito dall'articolo 53 Cost., di assoggettamento ai tributi delle manifestazioni della capacità contributiva. Essa non può pertanto applicarsi ai fini della determinazione dell'imposta di registro in occasione del trasferimento di tali beni, della cui assoluta peculiarità il legislatore ha comunque tenuto conto, alla luce dell'articolo 9 Cost., prevedendo all'articolo 1, comma terzo, della tariffa, parte prima, del Dpr 131/1986, un'aliquota agevolata e prevedendo analogo beneficio per il venditore di tali immobili ai fini dell'INVIM all'articolo 25, quarto comma, del Dpr 643/1972 . b Sez. 5, Sentenza 14149/2009 in tema di imposte sui redditi, l'articolo 11, comma 2, della legge 413/1991, nel fissare l'imponibile rispetto agli edifici di interesse storico o artistico, prevede che esso va determinato sempre con riferimento alla più bassa delle tariffe d'estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato. Ai fini dell'applicazione di tale regime impositivo, che deve ritenersi di carattere speciale e non meramente agevolativo, non rileva né la destinazione, abitativa o non abitativa, dell'immobile soggetto a vincolo, né la circostanza che il medesimo sia locato a terzi, né la categoria catastale nella quale lo stesso sia classificato. c Sez. 5, Sentenza 11794/2010 in tema di imposta comunale sugli immobili ICI , l'agevolazione prevista dall'articolo 2, comma 5, del Dl 16/1993, convertito in legge 75/1993 per gli immobili dichiarati di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 3 della legge 1089/1939, perseguendo l'obiettivo di venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili vincolati, si applica anche nel caso in cui l'interesse riguardi solo una porzione dell'immobile, in quanto anche in quest'ultima ipotesi gravano a carico del proprietario gli oneri di conservazione citati. In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza appellata che aveva riconosciuto l'agevolazione ad un immobile sottoposto a vincolo ex lege 1089/1939, limitatamente alla facciata esterna ed al cortile con scala . SEZIONI UNITE ORDINANZA 8 MARZO 2011, N. 5407 GIURISDIZIONE CIVILE - REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE - PREVENTIVO. Notificazione - Principio della competenza promiscua - Applicabilità al regolamento preventivo di giurisdizione - Fondamento. GIURISDIZIONE CIVILE - REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE - PREVENTIVO. Controversia tra privati - Ammissibilità - Condizioni. Il principio secondo il quale la competenza a notificare il ricorso per cassazione, nonché il controricorso e il ricorso incidentale, ha natura promiscua, nel senso che può essere eseguita anche presso il luogo in cui è stata emessa la pronuncia di merito, si applica anche al regolamento preventivo di giurisdizione, atteso che, pur non essendovi in questo giudizio un provvedimento impugnato, è comunque pendente un procedimento di merito che vale a radicare la competenza territoriale anche dell'ufficio notifiche del luogo ove è pendente tale giudizio. Il regolamento preventivo è ammissibile anche in un giudizio che si svolga tra privati, quando la definizione della controversia intorno alla natura pubblica o privata di un soggetto, che ne sia parte, si configura come presupposto indispensabile per decidere sulla giurisdizione del giudice ordinario o amministrativo, perché dichiararne l'inammissibilità darebbe per risolto il problema della natura pubblica o privata del soggetto medesimo. Sul primo principio, in precedenza, Sez. L, Sentenza 16592/2010 la competenza a notificare il ricorso per cassazione è promiscua, nel senso che può essere effettuata nella città di Roma dove il processo deve essere trattato, ma anche presso il luogo nel quale la sentenza impugnata è stata pronunciata ne consegue che l'incombenza può essere svolta anche dall'ufficiale giudiziario del luogo dove la sentenza impugnata è stata emessa. Sul secondo, in senso conforme, Sez. U, Ordinanza 7800/2005 il regolamento preventivo di giurisdizione non è ammissibile in una controversia tra privati, ancorché il giudice adito debba vagliare aspetti di pubblico interesse e disapplicare provvedimenti amministrativi, ovvero valutarne in via meramente incidentale la legittimità, in quanto, attesa l'estraneità della P.A. al giudizio, le suddette questioni attengono al merito e non alla giurisdizione deve ritenersi tuttavia ammissibile il regolamento preventivo quando la definizione della controversia intorno alla natura pubblica o privata di un soggetto, che è parte del giudizio, si configura come presupposto indispensabile per decidere della giurisdizione del giudice ordinario o amministrativo, giacché dichiararne l'inammissibilità darebbe per risolto il problema della natura pubblica o privata del suddetto soggetto. SEZIONI UNITE ORDINANZA 7 MARZO 2011, N. 5354 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - AUTORIZZAZIONI E CONCESIONI. Concessione - Revoca - Contestazione della legittimità - Pendenza di giudizio amministrativo - Domanda di restituzione del bene - Giurisdizione del giudice amministrativo - Sussistenza. In tema di riparto della giurisdizione in materia concessoria, spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sulla domanda con cui la P.A., revocata la concessione, chieda la condanna del concessionario alla restituzione del bene pubblico, ove la legittimità del provvedimento di revoca sia oggetto di contestazione nell'ambito di un giudizio amministrativo ancora in corso. Sulla giurisdizione in materia di concessioni, si segnalano a Sez. U, Ordinanza 17937/2008 il rapporto contrattuale instaurato tra una ASL e un privato, con il quale viene affidato al medesimo la gestione di un servizio di bar e ristorazione all'interno di un complesso ospedaliero, ha natura di concessione tuttavia, ove la ASL agisca per il rilascio dei relativi locali adducendo la scadenza del rapporto concessorio, la relativa controversia è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto non ha per oggetto la concessione, che ne costituisce soltanto un antecedente di fatto ormai esaurito. b Sez. U, Sentenza 20749/2008 scaduta la concessione di area demaniale comunale nella specie, adibita ad attività di deposito e custodia di autoveicoli per conto della Polizia Municipale e persistendo l'utilizzazione del bene da parte del concessionario, rientrano nella giurisdizione ordinaria sia la domanda di restituzione, che quella di risarcimento del danno per l'occupazione abusiva. Riguardo alla prima, non sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva prevista dall'articolo 5, comma 1, della legge 1034/1971, essendo la domanda fondata sul diritto di proprietà - che l'ente pubblico fa valere servendosi dei mezzi ordinari articolo 823 cc - e non sul rapporto di concessione, ormai scaduto quanto alla seconda, non rileva la destinazione dell'area allo svolgimento di un servizio pubblico, avendo la sentenza 204/2004 della Corte costituzionale - i cui effetti si producono anche nelle cause insorte anteriormente - conservato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'articolo 33, comma 1, del D.Lgs. 80/1998, le controversie relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, che l'articolo 5, comma 1, della legge 1034/1971, attribuisce al giudice ordinario quando non coinvolgano la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante o l'esercizio di poteri discrezionali nella determinazione delle indennità o canoni stessi, ma siano contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico. SEZIONI UNITE 28 FEBBRAIO 2011, N. 4773 AVVOCATO E PROCURATORE - GIUDIZI DISCIPLINARI - SANZIONI DISCIPLINARI. - Esposto nei confronti di avvocato - Mancata risposta alla richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio dell'ordine - Illecito disciplinare - Insussistenza. In tema di ordinamento professionale forense, non costituisce illecito disciplinare, sanzionato dall'articolo 24, secondo capoverso, del relativo codice deontologico, la mancata risposta dell'avvocato alla richiesta del Consiglio dell'ordine di chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato, per fatti disciplinarmente rilevanti, nei confronti dello stesso iscritto. Sulla fase delle indagini conoscitive, Sez. U, Sentenza 1988/1998 in tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, nella fase delle indagini conoscitive che l'ordine professionale può svolgere prima di provvedere all'apertura del procedimento, l'audizione dell'interessato non costituisce atto istruttorio dovuto, ed anzi l'inottemperanza dell'invito a comparire rivolto dal consiglio ad un proprio iscritto a rendere chiarimenti su determinati fatti in un momento anteriore al procedimento suddetto, non essendo configurabile come un possibile atteggiamento difensivo, può addirittura costituire di per sè un illecito disciplinare. Sulla tipicità degli illeciti deontologici, Sez. U, Sentenza 27694/2005 in tema di giudizi disciplinari, non rileva che il comportamento suscettibile di sanzione si riferisca ad un periodo antecedente all'approvazione del codice deontologico forense, che ne prevede espressamente la rilevanza disciplinare,qualora si tratti di previsione deontologica di natura non innovativa, che codifica un precetto già contenuto o comunque desumibile dalla legge professionale. Principio dalla S.C. enunciato con riferimento alla violazione del dovere di verità di cui all'articolo 24 del codice deontologico forense, in relazione all' omessa comunicazione della pendenza del procedimento penale . SEZIONI UNITE 25 FEBBRAIO 2011, N. 4617 IMPUGNAZIONI CIVILI - IMPUGNAZIONI IN GENERALE - MEZZI DI IMPUGNAZIONE. Individuazione - Qualificazione dell'azione da parte del giudice investito della controversia - Rilevanza ai fini della corretta individuazione del mezzo di impugnazione - Sussistenza - Conseguenze - Foto segnaletica di arrestato - Pubblicazione su un quotidiano - Qualificazione della domanda come azione risarcitoria ordinaria da parte del giudice di merito - Ricorso per cassazione a norma dell'articolo 152 del D.Lgs. 196/2003 - Inammissibilità. L'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice, a prescindere dalla correttezza o meno di tale qualificazione, e non come le parti ritengano che debba essere qualificata, costituendo l'interpretazione della domanda giudiziale operazione riservata al giudice del merito. Ne consegue che, nel caso di pubblicazione su un quotidiano della foto segnaletica di una persona arrestata per furto, laddove il tribunale abbia qualificato la domanda dell'interessato finalizzata ad ottenere il ristoro dei danni come azione risarcitoria ordinaria a seguito di diffamazione, ai sensi dell'articolo 2043 cc, piuttosto che come ricorso inquadrabile nello schema dell'articolo 152 del D.Lgs. 196/2003, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto ai sensi di tale ultimo articolo, in luogo dell'appello. In senso adesivo già Sez. 3, Ordinanza 30201/2008, secondo cui l'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale deve essere proposta nelle forme previste dalla legge per la domanda così come è stata qualificata dal giudice anche se tale qualificazione sia erronea , e non come le parti ritengano che debba essere qualificata. Ne consegue che ove il tribunale qualifichi come reclamo ai sensi dell'articolo 630 Cpc l'impugnazione proposta avverso un provvedimento del giudice dell'esecuzione, e lo dichiari inammissibile ritenendo che nella specie si sarebbe dovuta proporre l'opposizione agli atti esecutivi, la relativa decisione è impugnabile con l'appello e non col ricorso per cassazione, non potendo applicarsi il principio dell'inappellabilità, previsto per le decisioni sull'opposizione agli atti esecutivi, ad un caso in cui quest'ultima è stata ritenuta dal giudice mai proposta. Si veda anche Sez. L, Sentenza 22893/2008 l'interpretazione della domanda giudiziale costituisce operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata avuto riguardo all'intero contesto dell'atto e senza che ne risulti alterato il senso letterale, tenuto conto, in tale operazione, della formulazione testuale dell'atto nonché del contenuto sostanziale della pretesa in relazione alle finalità che la parte intende perseguire, elemento rispetto al quale non assume valore condizionante la formula adottata dalla parte medesima. Nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha confermato l'impugnata sentenza, con la quale il giudice d'appello aveva interpretato la domanda contenuta nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, ove veniva utilizzato il termine mobbing, come diretta a reprimere comportamenti discriminatori per motivi sindacali, mentre soltanto con il ricorso in appello era stata domandata, con allegazione di numerose circostanze nuove, una tutela contro una condotta di mobbing onde il rigetto del gravame per novità della domanda . SEZIONI UNITE ORDINANZA 24 FEBBRAIO 2011, N. 4462 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE - CERTALEX. Consorzi di sviluppo industriale - Vendita di beni a privato - Risoluzione e riacquisto - G.A. - Fondamento - Determinazione del prezzo di riacquisto - G.O. - Fondamento. Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, la controversia avente ad oggetto l'esercizio, da parte di un consorzio di sviluppo industriale, del potere autoritativo di disporre la risoluzione del contratto ed il riacquisto dei beni venduti al privato per mancata realizzazione del programma industriale, ai sensi dell'articolo 63 della legge 448/1998, spetta al giudice amministrativo, mentre spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda relativa al prezzo di acquisto, atteso che quest'ultima integra una questione di tipo meramente patrimoniale. Si veda Sez. U, Ordinanza 22809/2010 è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno che si assume causato da un provvedimento amministrativo di tipo autoritativo nella specie, riacquisto, da parte di un consorzio industriale, dei beni ceduti al privato, per mancata realizzazione del programma industriale, ai sensi dell'articolo 63 della legge 448/1998 , a nulla rilevando che tale domanda sia stata proposta separatamente da quella di annullamento del provvedimento atteso che la giurisdizione del predetto giudice non dipende dalla contemporaneità della richiesta ma dalla riconducibilità del danno ad un provvedimento, sicché sussiste anche nel caso di domande avanzate prima o dopo o, addirittura, senza instaurazione di un giudizio di tipo demolitorio. SEZIONI UNITE ORDINANZA 15 FEBBRAIO 2011, N. 3670 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Azione antidiscriminazione - Atto o provvedimento ritorsivo della P.A. - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie. L'azione proposta in relazione alla denunziata natura ritorsiva del provvedimento con cui un Comune - dopo l'istituzione di un c.d. bonus bebè riservato a famiglie con almeno un genitore italiano, ed a seguito di ordine giudiziale di estensione del beneficio anche alle famiglie composte da genitori stranieri - aveva, viceversa, deliberato di revocarlo per tutte le famiglie, sia italiane che straniere, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, sia nella fase cautelare rivolta all'ottenimento di un provvedimento anticipatorio urgente, sia nella successiva fase della cognizione piena, così come previsto nell'articolo 44 del D.Lgs. 286/1998, in considerazione del quadro normativo costituzionale articolo 3 Cost. , sovranazionale Direttiva 2000/43/CE ed interno articolo 3 e 4 del D.Lgs. 215/2003 nonché l'articolo 44 del D.Lgs. 286/1998 di riferimento, che configura il diritto a non essere discriminati come un diritto soggettivo assoluto né la giurisdizione può essere negata ai sensi degli articolo 4 e 5 del Rd 2248/1865 all. E, in quanto il giudice ordinario è tenuto alla disapplicazione incidentale del provvedimento emesso in violazione del principio di parità ai fini della tutela dei diritti soggettivi controversi, pur non interferendo nella potestà della P.A In precedenza, sull'azione antidiscriminazione, Sez. U, Sentenza 6172/2008 in tema di azione civile contro la discriminazione, l'articolo 44 del T.U. sull'immigrazione D.Lgs. 286/1998 prevede un procedimento cautelare al quale si applicano, in forza dell'articolo 669 quaterdecies Cpc ed in quanto compatibili, le norme sul procedimento cautelare uniforme regolato dal Capo III del Titolo I del Libro IV Cpc e, in particolare, trova applicazione l'articolo 669 octies Cpc sul facoltativo inizio della fase di merito. Ne consegue che, non essendo il decreto adottato dalla corte d'appello in sede di reclamo avverso l'ordinanza assunta a seguito di ricorso ex articolo 44 citato, qualificabile come provvedimento definitivo con carattere decisorio, è inammissibile contro di esso il ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 111 Cost., né questo può essere convertito in regolamento preventivo di giurisdizione. SEZIONI UNITE 14 FEBBRAIO 2011, N. 3567 PROCEDIMENTO CIVILE - DOMANDA GIUDIZIALE - NUOVA DOMANDA. Art. 183 Cpc previgente applicabile ratione temporis - Domanda riconvenzionale del convenuto - Eccezione di prescrizione proposta dall'attore - Termine di decadenza - Prima udienza di trattazione ex articolo 183 cod. proc. civ. - Proponibilità nelle memorie ex articolo 183, quinto comma, Cpc - Inammissibilità - Fondamento. L'articolo 183 Cpc, nel testo di cui alla legge 353/1990, vigente fino al 1° marzo 2006, applicabile ratione temporis , dispone, al quarto comma, che nella prima udienza di trattazione l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto ed entrambe le parti possono precisare e modificare le domande e le conclusioni già formulate. Pertanto ove l'attore voglia eccepire la prescrizione del diritto azionato dal convenuto in riconvenzionale, è tenuto, a pena di decadenza, trattandosi di eccezione non rilevabile d'ufficio, a proporla al più tardi in sede di prima udienza di trattazione, non potendo avvalersi delle memorie da depositare nei termini fissati all'articolo 183, quinto comma, cod. proc. civ., in quanto finalizzate esclusivamente a consentire alle parti di precisare e modificare le domande e le eccezioni già proposte e di replicare alle domande ed eccezioni formulate tempestivamente, ma non a proporne di ulteriori, non essendo ammissibile estendere il thema decidendum. Sulla vexata quaestio dell'articolo 18, IV comma, cpc i Sez. 2, Sentenza 14581/2004 il quarto comma dell'articolo 183 Cpc - nella formulazione da ultimo novellata dall'articolo 5 Dl 432/1995, convertito, con modifiche, nella legge 53471995 - consente all'attore di proporre nella prima udienza di trattazione domande diverse rispetto a quella originariamente proposta solo ove trovino giustificazione nelle domanda riconvenzionale o nelle eccezioni proposte dal convenuto. Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto inammissibile la introduzione in giudizio di un titolo extracontrattuale - rimborso pro quota , ai sensi dell'articolo 1069, ultimo comma, cc, delle spese di manutenzione di una strada - in aggiunta all'originario titolo contrattuale, oggetto di eccezioni di nullità del contratto e di prescrizione formulate dal convenuto in comparsa di risposta, avendo escluso che tale introduzione fosse conseguenza logico - giuridica di dette eccezioni, alle quali, invece, era solo fattualmente ed occasionalmente collegata . ii Sez. 1, Sentenza 17699/2005 il comma quarto dell'articolo 183 Cpc consente all'attore, nella prima udienza di trattazione, di proporre le sole domande e le eccezioni, anche nuove, che siano conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni del convenuto, ma non attribuisce alle parti la facoltà di proporre domande nuove che potessero essere proposte già con la citazione o la comparsa di risposta mentre il successivo comma quinto consente a sua volta alle parti, con le memorie depositate nel termine, non già di proporre domande nuove, sia pure con il limite sopra ricordato che esse siano conseguenza delle difese avversarie, ma soltanto di precisare e modificare le domande, eccezioni o conclusioni già proposte. Ne discende che l'attore non può proporre, nella memoria di cui all'articolo 183, comma quinto, Cpc, domanda di condanna del convenuto al pagamento di penalità per le future violazioni dei divieti imposti con il provvedimento di inibitoria - originariamente richiesto - allo svolgimento di un'attività integrante concorrenza sleale parassitaria, dato che tale domanda, avendo propria causa petendi e proprio petitum , si pone come autonoma e nuova rispetto a quella in precedenza proposta. iii Sez. 1, Sentenza 5390/2006 il quarto comma dell'articolo 183 Cpc consente all'attore di proporre nella prima udienza di trattazione domande nuove e diverse rispetto a quella originariamente proposta, solo ove esse trovino giustificazione nella domanda riconvenzionale o nelle eccezioni proposte dal convenuto, da intendersi in senso proprio, non anche nelle semplici controdeduzioni volte a contestare il fondamento dell'azione nella specie la S.C. ha giudicato incensurabile la sentenza impugnata, che aveva ritenuto l'inammissibilità della domanda di annullamento di un contratto di compravendita, proposta alla prima udienza di trattazione, per essersi il convenuto limitato, nella comparsa di costituzione, a contestare la prospettazione della domanda di retrocessione di cessione volontaria per la non configurabilità di tale contratto, e quella di risoluzione della compravendita per il venire meno della presupposizione per la non ravvisabilità di quest'ultima . SEZIONI UNITE 8 FEBBRAIO 2011, N. 3034 PERSONALITÀ DIRITTI DELLA - RISERVATEZZA - IN GENERE. Trattamento dei dati personali in sede giudiziaria - Notificazione a terzi, a cura della parte, di un ordine di esibizione riproducente i predetti dati - Violazione della disciplina dettata a tutela della riservatezza - Esclusione - Fondamento - Natura speciale delle disposizioni processuali rispetto a quelle recate dal D.Lgs. 193/2003 - Fattispecie. In tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi degli articolo 7, 24 e 46-47 del D.Lgs. 193/2003 cd. codice della privacy , quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benché anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy. Principio affermato dalla S.C. con riguardo alla condotta della parte che aveva operato nel rispetto delle norme di cui agli articolo 76, 134 e 137 Cpc e 95 disp. att. Cpc, notificando l'ordine di esibizione dato dal giudice istruttore ed alcuni verbali d'udienza in collegamento con lo stesso ordine, anche in assenza del consenso del titolare dei dati riportati nei predetti atti . Sul tema, si vedano i Sez. 3, Sentenza 8239/2003 poiché il pignoramento presso terzi è una forma di esecuzione forzata prevista dall'ordinamento, il creditore procedente agisce sulla base di una posizione giuridica prevista dalla legge, e di conseguenza deve escludersi che possa porre in essere una violazione della legge 675/1996 a tutela del legittimo trattamento dei dati personali - che del resto non si applica generalizzatamente ad ogni situazione nell'ambito della quale possa aversi una divulgazione dei dati relativi alla persona, ma è volta a regolamentare l'accesso ai soli documenti relativi ai cosiddetti dati sensibili della persona - né è configurabile a carico del terzo che rende la dichiarazione una violazione del segreto professionale. ii Sez. 1, Sentenza 12285/2008 in tema di trattamento dei dati personali, la disciplina specifica applicabile nella specie ratione temporis dettata dagli articolo 20, lett. g , e 27 della legge 675/1996 per la comunicazione e la diffusione di essi da parte di privati ed enti pubblici nello svolgimento di attività istituzionali, non preclude che a tali soggetti sia applicabile l'articolo 12, lett. h , della legge cit., il quale esclude la necessità del consenso dell'interessato allorché si tratti di difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento, trattandosi di tutela di un diritto costituzionalmente garantito. In applicazione del predetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva rigettato il ricorso avverso il provvedimento emesso dal Garante per la protezione dei dati personali, con cui era stata esclusa l'illegittimità del comportamento di un Comune che, in un giudizio promosso nei suoi confronti dal coniuge del ricorrente, aveva prodotto il certificato di matrimonio di quest'ultimo ed un certificato di servizio da cui risultava che egli era dipendente del medesimo Comune . iii Sez. 3, Sentenza 3358/2009 la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza. La facoltà di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va tuttavia esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dall'articolo 9, lettere a e d della legge 675/1996, sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti da un avvocato per effetto della cessazione del rapporto professionale con un cliente, aveva ritenuto legittima la produzione di una lettera dello stesso attore indirizzata a terzi, da cui risultava che i motivi della rinuncia all'incarico erano diversi da quelli dedotti in giudizio . iv Sez. L, Sentenza 15327/2009 in tema di trattamento dei dati personali, la legge 675/1996 non si applica in via generalizzata ad ogni situazione soggettiva comunque riconducibile al novero dei diritti della persona, ma soltanto a quelle attinenti al fenomeno da essa normativamente delineato, precludendo l'accesso soltanto ai documenti relativi ai dati sensibili della persona, dovendosi ritenere che l'interesse alla riservatezza dei dati personali receda qualora il relativo trattamento sia esercitato per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante e nei limiti in cui sia necessario per la tutela. Ne consegue che, ove vi sia stata una divulgazione di dati personali, non si realizza necessariamente una violazione della citata legge, dovendosi comunque effettuare una comparazione, affidata al giudice di merito, tra gli interessi coinvolti. SEZIONI UNITE 8 FEBBRAIO 2011, N. 3033 PERSONALITÀ DIRITTI DELLA - RISERVATEZZA - IN GENERE. Documenti contenenti dati personali - Trattenimento da parte del legale revocato dall'incarico - Ammissibilità - Limiti - Strumentalità all'esercizio di un diritto proprio e attività difensive nella conseguente azione processuale - Rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza da parte del titolare del trattamento - Necessità - Conseguenze - Consenso dell'interessato - Irrilevanza - Limiti. In tema di trattamento dei dati personali, i dati oggetto di trattamento, ai sensi degli articolo 4 e 11 del D.Lgs. 196/2003, vanno gestiti rispettando i canoni della correttezza, pertinenza e non eccedenza, rispetto alle finalità del nuovo loro utilizzo, ma non è necessario, ai sensi dell'articolo 24 D.Lgs. 196 cit., il consenso dell'interessato ove i dati stessi siano impiegati per le esigenze di difesa in giudizio e negli stretti limiti in cui ciò sia necessario. Ne consegue che, in riferimento ai dati rappresentati da documenti consegnati in copia dalla parte al proprio legale per la relativa utilizzazione nel processo di divorzio per cui era stato conferito il mandato e dalla corrispondenza tra legale e cliente, con la revoca del mandato difensivo non cessa il diritto di utilizzo, in capo al predetto legale, degli stessi dati, pur nel processo, diverso da quello presupposto, nel quale si faccia valere il diritto di credito per il pagamento degli emolumenti professionali nel frattempo non pagati. In senso conforme, in precedenza, Sez. 3, Sentenza 3358/2009 la produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali è sempre consentita ove necessaria per esercitare il proprio diritto di difesa, anche in assenza del consenso del titolare e quali che siano le modalità con cui è stata acquisita la loro conoscenza. La facoltà di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va tuttavia esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza previsti dall'articolo 9, lettere a e d della legge 675/1996, sicché la legittimità della produzione va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato utilizzato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che, in un giudizio avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti da un avvocato per effetto della cessazione del rapporto professionale con un cliente, aveva ritenuto legittima la produzione di una lettera dello stesso attore indirizzata a terzi, da cui risultava che i motivi della rinuncia all'incarico erano diversi da quelli dedotti in giudizio .