RASSEGNA DELLA CASSAZIONE CIVILE di Maria Rosaria San Giorgio

di Maria Rosaria San Giorgio SECONDA SEZIONE 4 MARZO 2011, N. 5264 ARBITRATO - ARBITRI - COMPENSO. Determinazione - Assenza della quantificazione del compenso e delle spese nel contratto di arbitrato - Conseguenze - Determinazione rimessa al presidente del tribunale in base all'art. 814 Cpc nella formulazione antecedente alla novella di cui al D.Lgs. 40/2006 - Natura del procedimento e dell'ordinanza conclusiva - Funzione giurisdizionale non contenziosa e provvedimento a carattere privatistico - Conseguenze - Ricorribilità per cassazione ex art. 111 Cost. avverso l'ordinanza presidenziale - Esclusione - Ipotizzabilità della soccombenza e necessità di provvedere sulle spese da parte del presidente del tribunale - Esclusione - Fondamento. In tema di determinazione del compenso e delle spese dovuti agli arbitri dai conferenti l'incarico, secondo il regime previgente alla novella recata dal D.Lgs. 40/2006, qualora, in assenza di espressa rinunzia da parte degli aventi diritto, il contratto di arbitrato non contenga la relativa quantificazione, esso è automaticamente integrato, in base all'art. 814 Cpc, con clausola devolutiva della pertinente determinazione al presidente del tribunale, il quale, una volta investito con ricorso proponibile anche disgiuntamente da ciascun componente del collegio arbitrale in alternativa all'arbitratore, svolge una funzione giurisdizionale non contenziosa, adottando un provvedimento di natura essenzialmente privatistica. Ne consegue che detto provvedimento è privo della vocazione al giudicato e, dunque, insuscettibile di impugnazione con ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost. tale natura del procedimento, inoltre, esclude l'ipotizzabilità di una soccombenza ed osta, pertanto, all'applicazione del relativo principio ed all'adozione delle consequenziali determinazioni in tema di spese. La sentenza si ispira a Cass. S.U. 15586/09, che aveva determinato il revirement rispetto al precedente indirizzo giurisprudenziale v. Cass. 5950/03, 3035/01, 6513/00 , secondo il quale l'ordinanza con la quale il presidente del Tribunale provvede, ai sensi dell'art. 814 Cpc, alla liquidazione dell'onorario e delle spese agli arbitri, avendo carattere decisorio, in quanto diretta a risolvere il conflitto di interessi tra gli arbitri e le parti del procedimento arbitrale, e non essendo soggetta agli ordinari mezzi di impugnazione, né revocabile o modificabile dal giudice che l'ha emessa, è impugnabile in cassazione, a norma dell'art. 111, settimo comma, Cost., per violazione di legge, con riferimento sia alle norme regolatrici del rapporto sostanziale controverso, sia alla legge regolatrice del processo. SEZIONE PRIMA 28 FEBBRAIO 2011, N. 4879 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITÀ - PROCEDIMENTO - LIQUIDAZIONE DELL'INDENNITÀ - DETERMINAZIONE STIMA - IN GENERE. Reiterazione dei vincoli espropriativi - Indennizzo - Azione - Prescrizione decennale - Decorrenza - Rilevanza della sentenza della Corte Cost. 179/1999. In tema di espropriazione per pubblica utilità, l'azione volta ad ottenere l'indennizzo dovuto per la reiterazione dei vincoli espropriativi si prescrive nel termine ordinario decennale decorrente dalla reiterazione di ciascun vincolo, che costituisce la prima manifestazione del danno, non rilevando che l'azione non fosse esercitabile prima della sentenza della Corte costituzionale 179/1999, trattandosi di mero ostacolo di fatto alla proposizione della domanda, privo di effetti interruttivi o sospensivi della durata della prescrizione. In tema di rideterminazione dell'indennità di esproprio in base ai criteri indennitari previsti dall'art. 16 della legge 865/1971, e dichiarati incostituzionali sentenza n. 5/1980 , ove il decreto di esproprio sia stato emesso in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge 385/1980, l'azione dell'espropriato per la rideterminazione dell'indennità di esproprio calcolata in base ai predetti criteri è soggetta all'ordinario termine decennale di prescrizione, decorrente dalla data di adozione del decreto di esproprio, momento nel quale al diritto di proprietà sul bene si sostituisce il diritto dell'espropriato ad una somma di denaro che ne rappresenta il controvalore Cass. 24063/08 . SEZIONE PRIMA 25 FEBBRAIO 2011, N. 4706 TITOLI DI CREDITO - TITOLI AL PORTATORE - LEGITTIMAZIONE DEL POSSESSORE. Libretto di deposito a risparmio - Natura - Documento di legittimazione - Intestazione - Funzione - Intestazione fiduciaria ad un terzo - Ammissibilità - Conseguenze - Rapporto fiduciario - Mezzi di prova. Il libretto di deposito a risparmio nella specie, aperto dal socio presso la società cooperativa è un documento di legittimazione, ai sensi dell'art. 1836 cc, la cui intestazione ha la funzione di impedire che le somme depositate possano essere riscosse dal possessore dello stesso, qualora sia diverso dall'intestatario, senza che, tuttavia, essa fornisca elementi decisivi circa l'appartenenza delle somme in deposito, avendo il libretto la funzione di documentare gli avvenuti versamenti nei confronti del depositario e potendo dall'intestazione trarsi soltanto un elemento presuntivo, che può essere smentito dalla prova contraria. La suddetta funzione, che riguarda il rapporto dell'intestatario con il depositario, non impedisce, quindi, che l'intestazione del libretto ad un determinato soggetto possa costituire oggetto di un accordo fiduciario tra colui cui viene intestato il libretto ed un terzo, il quale rimane l'effettivo titolare delle somme depositate e che, in base a detto rapporto, può pretenderne la restituzione l'esistenza di tale rapporto può essere provata con qualsiasi mezzo e, accertatane giudizialmente l'esistenza anche nei confronti del depositario, questi è tenuto a consegnare la somma depositata non all'intestatario, ma al terzo, che ha dimostrato di essere il vero titolare del credito ed unico legittimato, ai sensi dell'art. 1188 cc, a ricevere la prestazione. Sul tema, Cass. 11004/06 aveva affermato che, ai fini dell'applicazione dell'art. 119, comma 1 e comma 4 quest'ultimo come sostituito dall'art. 24, comma 2, D.Lgs. 342/1999 D.Lgs. 385/1993 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di deposito bancario con rilascio di un libretto di deposito a risparmio, deve considerarsi cliente della banca - avente diritto a ricevere per iscritto, alla scadenza del contratto e almeno una volta all'anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto e ad acquisire copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni nell'ambito del suddetto rapporto contrattuale di deposito bancario - non solo il possessore del libretto di deposito, legittimato al compimento delle operazioni riguardanti il titolo, ma anche, se diverso dal possessore del libretto, il soggetto titolare del rapporto di deposito, che, quale parte del rapporto contrattuale con la banca, può comunque avere interesse ad acquisire la documentazione inerente alle operazioni relative al suo svolgimento. SEZIONE SECONDA 25 FEBBRAIO 2011, N. 4725 CIRCOLAZIONE STRADALE - SANZIONI - IN GENERE. Infrazioni connesse all'utilizzo indebito delle corsie preferenziali - Modalità di accertamento - Art. 201, comma 1 bis, lett. g codice della strada - Esonero dall'obbligo di contestazione immediata - Accertamento a mezzo di porte telematiche previste per le infrazioni alla ZTL - Possibilità - Limiti. SANZIONI AMMINISTRATIVE - PRINCIPI COMUNI - SANZIONE AMMINISTRATIVA - PLURALITÀ DI VIOLAZIONI. Reiterazione della condotta illecita - Cumulo delle sanzioni - Necessità - Omessa previsione generale dell'istituto della continuazione - Questione di legittimità costituzionale - Manifesta infondatezza. - In tema di accertamento delle infrazioni al codice della strada, l'espressa previsione contenuta nell'art. 201, comma 1 bis, codice della strada, così come introdotto dall'art. 4 Dl 151/2003, convertito in legge 214/2003, che ha assoggettato ad identica disciplina, ai fini dell'esonero dall'obbligo di contestazione immediata, sia l'accesso alle zone a traffico limitato sia la circolazione sulle corsie riservate, ha l'effetto di rendere possibile, dal momento in cui tale norma è entrata in vigore, l'utilizzo dei dispositivi previsti dall'art. 17, comma 133 bis, legge 127/1997 cosiddette porte telematiche . Tali dispositivi, anche se installati in conformità di specifiche autorizzazioni ministeriali precedenti l'entrata in vigore della lett. g del comma 1 bis dell'art. 201 codice della strada, consentono anche la rilevazione degli illeciti relativi agli accessi alle corsie riservate, poste in corrispondenza o all'interno dei varchi di accesso alle zone a traffico limitato. La commissione reiterata di più illeciti amministrativi dello stesso tipo dà luogo all'applicazione di tante sanzioni quanti sono gli illeciti commessi, in quanto in materia di sanzioni amministrative non trova applicazione - al di fuori della materia previdenziale - il trattamento sanzionatorio previsto in materia penale per il reato continuato dall'art. 81 Cp e cioè l'applicazione della pena più grave aumentata fino a un terzo . Né tale disparità contrasta con l'art. 3 Cost., a causa della diversità strutturale esistente tra gli illeciti penali e quelli amministrativi. È, di conseguenza, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 2, della legge 689/1981, nella parte in cui limita l'applicabilità dell'istituto della continuazione alle sole infrazioni commesse in materia previdenziale ed assistenziale. - Con riguardo alla questione di cui alla prima massima, v., in senso conforme, Cass. 25180/08. - Sulla problematica affrontata nella seconda massima, secondo Cass. 12844/08, in materia di sanzioni amministrative, non è applicabile l'art. 81 Cp relativo alla continuazione ma esclusivamente il concorso formale, in quanto espressamente previsto nell'art. 8 legge 689/81 che richiede l'unicità dell'azione od omissione produttiva della pluralità di violazioni. Ne deriva che non è configurabile la continuazione in caso di contestazione di plurime emissioni di assegni senza provvista o senza autorizzazione, in quanto l'art. 5 legge 386/1990, come modificata dal D.Lgs. 507/1999, regolamenta il caso di plurime emissioni di assegni senza autorizzazione o senza provvista, al solo fine di aggravare il trattamento sanzionatorio di ulteriori sanzioni amministrative accessorie, analogamente a quanto stabilito, per la cosiddetta reiterazione degli illeciti amministrativi, dall'art. 8 bis legge 689/1981. SEZIONE TERZA 24 FEBBRAIO 2011, N. 4493 RISARCIMENTO DEL DANNO - VALUTAZIONE E LIQUIDAZIONE - INVALIDITÀ PERSONALE - TEMPORANEA. Lesione della capacità lavorativa - Liquidazione automatica - Esclusione - Necessaria sussistenza di incidenza attuale o futura su un reddito da lavoro - Necessità. Maggiore affaticamento nello svolgimento del lavoro - Danno patrimoniale da lesione della capacità lavorativa - Configurabilità - Esclusione - Danno biologico - Sussistenza. La liquidazione del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro e di guadagno non può mai costituire una automatica conseguenza dell'accertata esistenza di lesioni personali, ma esige che sia accertata la attuale o prevedibile incidenza dei postumi sulla capacità di lavoro, anche generica, della vittima. Ne consegue che quando i postumi sono di lieve entità, o comunque manchino elementi concreti dai quali desumere una incidenza della lesione sulla attività di lavoro attuale o futura della vittima, vanno escluse l'esistenza e la risarcibilità di qualsiasi danno da riduzione della capacità lavorativa. La maggiore usura od il maggiore affaticamento provati nello svolgimento dell'attività lavorativa, in conseguenza dei postumi residuati ad una lesione personale, non costituiscono un danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro nemmeno generica , ma possono rappresentare circostanze delle quali tenere conto nella liquidazione del danno biologico. In tema di risarcimento del danno alla persona, il danno da riduzione della capacità lavorativa generica per la permanente riduzione della resistenza fisica al lavoro esercitato od alle chances lavorative , costituendo una lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto, si sostanzia in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico. Ne consegue che il giudice è tenuto a personalizzare il danno biologico tenendo conto anche di tale sua componente essenziale Cass. 2311/07 . SEZIONE TERZA 24 FEBBRAIO 2011, N. 4492 ASSICURAZIONE - VEICOLI CIRCOLAZIONE - ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA - RISARCIMENTO DEL DANNO - AZIONE DIRETTA NEI CONFRONTI DELL'ASSICURATORE - LITISCONSORTI NECESSARI. Liquidazione coatta amministrativa con trasferimento d'ufficio del portafoglio dell'assicuratore convenuto - Riassunzione solo nei confronti dell'impresa cessionaria in nome e per conto dell'I.N.A. - Ammissibilità - Integrazione del contraddittorio nei confronti del commissario liquidatore - Necessità - Esclusione. In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nel caso in cui, in pendenza del giudizio promosso dal danneggiato contro l'impresa assicuratrice, venga disposta la liquidazione coatta amministrativa di quest'ultima ed il trasferimento di ufficio del suo portafoglio ad altra impresa ai sensi dell'art. 1 del Dl 576/1978, convertito, con modificazioni, nella legge 738/1978 , il processo, che sia interrotto, può essere riassunto anche solo nei confronti dell'impresa cessionaria in nome e per conto dell'I.N.A. - Gestione Autonoma del Fondo di Garanzia per le vittime della strada - senza necessità della preventiva richiesta di risarcimento a tale società o al Fondo, che è, invece, prevista dall'art. 8 del citato Dl 576/1978 nella diversa ipotesi di instaurazione di giudizio ex novo direttamente nei confronti della predetta impresa nella qualità , e senza necessità di estendere il contraddittorio al Commissario liquidatore dell'impresa in liquidazione coatta, essendo sufficiente la presenza nel processo dell'uno o dell'altro soggetto, dato che entrambi rappresentano un unico centro di interessi. V., in senso conforme, Cass. 1832/99, 18091/05. Contra, Cass. 18208/08 e 2090/00, secondo cui se, nel corso del giudizio promosso dalla vittima di un sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore del responsabile, quest'ultimo venga posto in liquidazione coatta amministrativa, il giudizio che sia stato interrotto a causa della liquidazione coatta deve essere riassunto nei confronti del commissario liquidatore, il quale deve necessariamente partecipare al giudizio, mentre non è sufficiente la riassunzione nei soli confronti dell'impresa designata.