RASSEGNA DELLE SEZIONI UNITE CIVILI DELLA CASSAZIONE di Francesco Antonio Genovese

di Francesco Antonio Genovese SEZIONI UNITE 12 GENNAIO 2011, N. 505 ACQUE - TRIBUNALI DELLE ACQUE PUBBLICHE - TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE - GIURISDIZIONE IN SEDE DI LEGITTIMITÀ - CONTROVERSIE ASSOGGETTATE. Art. 3, comma 2-bis, del d.l. n. 245 del 2005, inserito dalla legge di conversione n. 21 del 2006 - Ordinanze adottate in situazioni di emergenza ai sensi dell'art. 5 della legge n. 225 del 1992 - Impugnazione - Devoluzione al TAR del Lazio - Norma sulla competenza e non sulla giurisdizione - Conseguenze - Provvedimenti emessi nelle materie di cui all'art. 143 del r.d. n. 1775 del 1933 - Giurisdizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche - Sussistenza. L'art. 3, comma 2-bis, del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, inserito dalla legge di conversione 27 gennaio 2006, n. 21 - in base al quale la competenza a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei conseguenti provvedimenti commissariali per le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, spetta al TAR del Lazio - è norma sulla competenza e non sulla giurisdizione ne consegue che i provvedimenti di protezione civile, emessi in base ad ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, nelle materie di cui all'art. 143 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, appartengono alla giurisdizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche. ACQUE - TRIBUNALI DELLE ACQUE PUBBLICHE - TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE - SENTENZE - IMPUGNAZIONI. Censura di extrapetizione - Art. 204 r.d. n. 1775 del 1933 - Rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura del 1865 - Impugnazione esperibile - Ricorso per cassazione - Esclusione - Istanza di rettificazione - Necessità. Ai sensi dell'art. 204 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 t.u. delle acque - che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 - qualora il Tribunale superiore delle acque pubbliche sia incorso nel vizio di extrapetizione, l'impugnazione esperibile non è il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, previsto dagli artt. 200-202 del medesimo t.u., bensì l'istanza di rettificazione rivolta al medesimo Tribunale superiore. Sul primo principio a Sez . U, Sentenza n. 2761 del 1993 Spetta alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche l'impugnazione dell'ordinanza sindacale di demolizione di opere disposte, per necessità di approvvigionamento idrico, dall'ente gestore di un acquedotto, su autorizzazione del ministro per la protezione civile, essendo investito un provvedimento amministrativo che, pur rappresentando, per sua causa e funzione tipica, esercizio delle acque pubbliche, incide, tuttavia immediatamente sul regime di queste. b Sez. U, Sentenza n. 2082 del 1994 La domanda con la quale il concessionario di derivazione di acque pubbliche faccia valere l'illegittimità del provvedimento col quale il Ministro per il coordinamento della protezione civile autorizzi il Comune ad altra derivazione, a monte, dal medesimo corso d'acqua, per i bisogni idrici delle popolazioni locali, attiene ad una posizione che non si identifica col diritto soggettivo spettante al concessionario stesso in base alla precedente concessione di derivazione a valle, ma si ricollega al potere autoritativamente esercitato dall'Autorità centrale per la tutela di specifici interessi pubblici ed assume pertanto la consistenza dell'interesse legittimo, con la conseguente soggezione alla giurisdizione di legittimità del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche. Sul secondo principio, in senso conforme,Sez. U, Sentenza n. 19448 del 2009 Ai sensi dell'art. 204 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 t.u. delle acque - che opera un rinvio recettizio alle corrispondenti norme del codice di procedura civile del 1865 - qualora il Tribunale superiore delle acque pubbliche abbia omesso di pronunciarsi su di una domanda, l'impugnazione esperibile non è il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, previsto dagli artt. 200-202 del medesimo t.u., bensì l'istanza di rettificazione rivolta al medesimo Tribunale superiore. SEZIONI UNITE 11 GENNAIO 2011, N. 392 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - IN GENERE. Controversia tra privati - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Società a partecipazione pubblica - Incidenza sulla giurisdizione - Esclusione - Fondamento. Il principio secondo il quale le controversie tra privati non possono essere assoggettate alla giurisdizione del giudice amministrativo trova applicazione anche nell'ipotesi in cui una delle parti sia una società a responsabilità limitata a partecipazione comunale, in quanto tale partecipazione non muta la natura di soggetto privato della società e il rapporto di assoluta autonomia con l'ente territoriale, non essendo al soggetto pubblico consentito di incidere unilateralmente sullo svolgimento dell'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo di avvalersi degli ordinari strumenti privatistici previsti dal diritto societario da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. Si veda, Sez. U, Ordinanza n. 7447 del 2008 La controversia promossa da alcuni soci e creditori di una società fallita, nei confronti di una Provincia e di altre società private, per ottenere la declaratoria di nullità di due contratti ritenuti in frode alla legge, stipulati con il decisivo contributo di finanziamenti concessi dalla Provincia, è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo quanto alla domanda di risarcimento del danno avanzata contro la Provincia, trattandosi di conseguenza di atti amministrativi asseritamente illegittimi, mentre spetta alla giurisdizione del giudice ordinario quanto alla controversia tra privati, a nulla rilevando che una delle convenute sia una società per azioni con partecipazione pubblica. SEZIONI UNITE 22 DICEMBRE 2010, N. 25985 ACQUE - ACQUE PUBBLICHE - DERIVAZIONI E UTILIZZAZIONI UTENZE - CONCESSIONE - DURATA - RINNOVAZIONE - CERTALEX. Domanda di rinnovo della concessione - Valore automatico - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. In tema di derivazione di acque pubbliche, la richiesta di rinnovo della concessione già rilasciata non opera automaticamente, dovendosi ritenere che spetti alla P.A. procedere, di volta in volta, ad una nuova valutazione e istruttoria dello stato dei luoghi, che va effettuata con riferimento alle sopravvenute esigenze di tutela e alle specifiche situazioni di fatto. Nella specie, le S.U., nel rigettare il ricorso, hanno sottolineato che la decisione del Tribunale superiore delle acque pubbliche era conforme alla giurisprudenza della Corte e che il ricorrente non aveva addotto, ai sensi dell'art. 360 bis. comma 1, cod. proc. civ., argomentazioni idonee a dimostrare l'errata e difforme applicazione delle norme da parte del TSAP ovvero dirette a modificare l'interpretazione stessa . Si veda Sez. U, Sentenza n. 3332 del 1978 Il concedere o meno la proroga o la rinnovazione, dopo la scadenza, di concessione di derivazione di acque pubbliche configura esercizio di potere discrezionale dell'amministrazione, cui spetta di valutarne la conciliabilità con le preminenti esigenze di ordine generale. A fronte di tale potere, pertanto, la posizione dell'istante ha natura e consistenza di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al Tribunale superiore delle acque pubbliche in sede giurisdizionale amministrativa, non di diritto soggettivo azionabile davanti ai tribunali regionali in sede di giurisdizione ordinaria. SEZIONI UNITE 22 DICEMBRE 2010, N. 25983 GIURISDIZIONE CIVILE - GIURISDIZIONE ORDINARIA E AMMINISTRATIVA - CORTE DEI CONTI - CERTALEX. Controversia in tema di fermo amministrativo ex art. 69 r.d. n. 2440 del 1923 - Giurisdizione del giudice della controversia sul diritto cautelato dal fermo - Configurabilità - Conseguenze - Fermo amministrativo disposto dall'Agenzia delle Entrate su rimborsi per quote indebitamente restituite da concessionario per la riscossione - Giurisdizione della Corte dei conti - Sussistenza. La giurisdizione su controversie relative al fermo amministrativo di cui all'art. 69, sesto comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione della controversia sul diritto che da detto fermo è cautelato, giacché sussiste uno stretto collegamento tra siffatta misura cautelare ed il diritto per la cui provvisoria tutela essa è concessa. Spetta, quindi, alla cognizione della Corte dei Conti l'impugnazione avverso il decreto di fermo amministrativo con il quale è stata disposta, da parte dell'Agenzia delle Entrate, la sospensione del pagamento di alcuni rimborsi per quote indebitamente restituite dal concessionario per la riscossione ai contribuenti, nonché per intervenuta decadenza dell'azione avverso decreti di discarico, emessi dalla medesima Agenzia, perchè non tempestivamente impugnati. Principio affermato ai sensi dell'art. 36 bis, comma 1, cod. proc. civ. . In senso conforme, già Sez. U, Sentenza n. 555 del 2009 La giurisdizione su controversie relative al fermo amministrativo di cui all'art. 69, sesto comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione della controversia sul diritto che da detto fermo è cautelato, giacché sussiste uno stretto collegamento tra siffatta misura cautelare ed il diritto per la cui provvisoria tutela essa è concessa. Ne consegue che la controversia relativa all'accertamento del diritto di un pubblico dipendente alla percezione integrale degli emolumenti pensionistici spettantigli, senza la decurtazione per il fermo amministrativo disposto nei suoi confronti dalla P.A. datrice di lavoro a cautela del proprio diritto al risarcimento dei danni patrimoniali che lo stesso dipendente avrebbe provocato in conseguenza di condotte penalmente rilevanti, spetta alla cognizione della Corte dei conti quale giudice delle controversia in materia di danno erariale. SEZIONI UNITE 22 DICEMBRE 2010, N. 25986 USI CIVICI - IMPUGNAZIONI - SENTENZA. Sentenza del Commissario per gli usi civici - Nullità dei contratti di affittanza o sedicente concessione, in favore di privato, di terreni appartenenti al demanio collettivo di una università agraria - Accertamento preliminare sull'esistenza del diritto civico - Necessità - Impugnazione esperibile - Reclamo alla Sezione speciale anziché ricorso per cassazione. La sentenza con la quale il Commissario agli usi civici per Toscana, Lazio e Umbria dichiari la nullità dei contratti di affittanza o sedicente concessione, in favore di un privato, di terreni appartenenti al demanio collettivo di una università agraria, non ha ad oggetto la sola declaratoria di nullità dei contratti, ma implica la necessità di un accertamento preliminare sull'esistenza di un diritto civico sulle terre in questione, anche in assenza di un'esplicita contestazione della qualitas soli ne consegue che - ai sensi dell'art. 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e dell'art. 3 della legge 10 luglio 1930, n. 1078 - avverso detta pronuncia è esperibile il solo rimedio del reclamo alla Sezione speciale della Corte d'appello di Roma, e non il ricorso per cassazione. In senso conforme i Sez. U, Sentenza n. 13352 del 2003 Le sentenze pronunciate dal Commissario Regionale per la liquidazione degli usi civici, nelle controversie attinenti all'esistenza, natura ed estensione dei diritti di uso civico ovvero alla rivendicazione delle terre, sono impugnabili col mezzo del reclamo alla sezione speciale della Corte d'Appello di Roma, a norma dell'art. 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, e dell'art. 3 della legge 10 luglio 1930, n. 1078 mentre il ricorso per Cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., costituisce rimedio residuale, utilizzabile contro le statuizioni del commissario unicamente in materia diversa da quelle indicate, per le quali non sia previsto altro specifico gravame. Ne consegue che il reclamo alla Sezione Speciale della Corte d'appello di Roma costituisce l'unico rimedio contro le sentenze del Commissario Regionale per la liquidazione degli usi civici anche nei capi relativi a provvedimenti direttamente connessi, preliminari o conseguenziali alla pronuncia concernente l'esistenza, la natura e l'estensione dei diritti di uso civico o la rivendicazione delle terre, come quelli dichiarativi della nullità di convenzioni, di atti amministrativi e, in genere, di atti di disposizione nella fattispecie, locazione di terreni che risultino gravati da usi civici. ii Sez. U, Sentenza n. 22056 del 2007 Le decisioni dei commissari agli usi civici sono soggette a reclamo alla corte d'appello, previsto dall'art. 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, se riguardano l'esistenza, la natura e l'estensione dei diritti di promiscuo godimento, la qualità demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni e la rivendicazione delle terre per ogni diversa questione, tali pronunce sono soggette al ricorso per cassazione, previsto dall'art. 111 Cost., esperibile nel termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza anziché in quello ridotto di quarantacinque giorni stabilito per i ricorsi avverso le sentenze pronunciate in secondo grado dalla sezione speciale. SEZIONI UNITE 15 DICEMBRE 2010, N. 25304 SANZIONI AMMINISTRATIVE - APPLICAZIONE - OPPOSIZIONE - IN GENERE. Opposizione al verbale di contestazione di violazione del codice della strada - Rigetto relativo - Poteri del giudice - Determinazione d'ufficio della sanzione pecuniaria tra il minimo ed il massimo edittale - Configurabilità - Sussistenza - Fondamento. In tema di opposizione al verbale di contestazione di una violazione al codice della strada, ai sensi dell'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, il giudice, adito in alternativa al ricorso al prefetto, nel rigettare detta opposizione, può - anche d'ufficio, in assenza di espressa domanda da parte della Amministrazione in ordine alla determinazione della misura della sanzione - quantificare, in base al suo libero convincimento, la sanzione pecuniaria, che non sia predeterminata normativamente, in misura congrua, tra il minimo ed il massimo edittale. Prima dell'arresto delle Sez. U., questi erano i precedenti delle sezioni semplici i Sez. 3, Sentenza n. 12747 del 1999 Il giudice adito a norma degli artt. 22 e 23 della legge 689 del 1981 in sede di opposizione all'ordinanza-ingiunzione prefettizia di pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa per le infrazioni al codice della strada non è vincolato, nella determinazione della misura della sanzione pecuniaria, al livello minimo che l'art. 204, comma primo cod. della strada impone al prefetto il doppio del minimo della sanzione edittale , essendo, diversamente, tenuto a determinare l'ammontare della sanzione in relazione ad un completo apprezzamento delle risultanze processuali, con l'osservanza dei criteri dettati dall'art. 195, comma secondo del codice stesso, senza tuttavia poter determinare la sanzione in misura superiore a quella stabilità dal prefetto. v. Corte Cost. n. 67 del 1994 n. 350 del 1994 n. 366 del 1994 n. 286 del 1996 n. 324 del 1997 n. 306 del 1998 . ii Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 2000 Allorquando la legge stabilisce per un illecito amministrativo una sanzione pecuniaria prevedendone il minimo ed il massimo, la medesima è corretta se applicata entro tali limiti la determinazione in concreto della sanzione nei limiti indicati rientra nella valutazione del giudice di merito, il quale deve tener conto non solo degli elementi obbiettivi della violazione, ma anche di quelli soggettivi indicati nell'articolo 11 della legge n. 689 del 1981. iii Sez. 3, Sentenza n. 5675 del 2000 Il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, quanto al rapporto tra domanda e poteri del giudice è regolato dai seguenti principi rientra nei poteri del giudice accertare che la violazione sia stata accertata e contestata in modo conforme alla legge e sia stata commessa, altresì che la sanzione sia stata applicata in modo legittimo e la sua entità non sia eccessiva spetta però all'attore, con l'opposizione, delimitare l'oggetto di tale giudizio, esponendo le ragioni per cui chiede sia dichiarato che egli non è tenuto al pagamento della sanzione applicatagli il giudice può tuttavia sempre rilevare vizi del procedimento di accertamento ed applicazione della sanzione che ne comportino la inesistenza giuridica. iv Sez. 1, Sentenza n. 21486 del 2004 In tema di sanzioni amministrative, la modifica dell'ordinanza - ingiunzione, limitatamente all'entità della sanzione, non può essere disposta dal giudice se non in accoglimento della corrispondente domanda dell'opponente. In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato senza rinvio la sentenza di merito con la quale il giudice aveva disposto la riduzione della sanzione in difetto della domanda dell'opponente . SEZIONI UNITE ORDINANZA INTERLOCUTORIA 6 DICEMBRE 2010, N. 24689 AVVOCATO E PROCURATORE - ALBO - ISCRIZIONE. Legge n. 339 del 2003 - Divieto per i dipendenti pubblici a tempo parziale di svolgere anche la libera professione di avvocato - Violazione dei principi comunitari di uguaglianza, libera prestazione dei servizi e tutela della concorrenza - Sussistenza - Esclusione - Fondamento. Gli artt. 1 e 2 della legge 25 novembre 2003, n. 339 - in base ai quali non è consentito ai dipendenti pubblici a tempo parziale di svolgere contemporaneamente anche la libera professione di avvocato - non sono in contrasto con i principi comunitari di uguaglianza, di libera prestazione dei servizi e di tutela della concorrenza, poiché tale normativa ha inciso sul modo di svolgere il servizio presso gli enti pubblici e non sulle modalità di organizzazione della professione forense i dipendenti pubblici, del resto, non svolgono un'attività economica assimilabile a quella di impresa ed il divieto di cui alla citata legge è giustificato nell'ottica per cui i medesimi devono essere ad esclusivo servizio dell'interesse pubblico. Principio enunciato nell'ordinanza interlocutoria con la quale, le Sez. U, hanno rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale %& lt %& lt della L. n. 339 del 2003, artt. 1 e 2 nella parte in cui non prevedono che il regime di incompatibilità stabilito nell'art. 1 non si applichi ai dipendenti pubblici a tempo parziale ridotto non superiore al 50 per cento del tempo pieno, già iscritti negli albi degli avvocati alla data di entrata in vigore della medesima L. n. 330 del 2003, prevedendo invece, all'art. 2, solo un breve periodo di moratoria per l'opzione imposta fra impiego ed esercizio della professione per contrasto, nei sensi di cui in motivazione, con gli artt. 3, 4, 35 e 41 Cost.& gt & gt .