RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. I SENTENZA DEL 6 MARZO 2020, N. 6475 PROCEDIMENTO CIVILE - LEGITTIMAZIONE POTERI DEL GIUDICE - PASSIVA Somme erroneamente confluite nel Fondo rapporti dormienti - Azione di restituzione - Legittimazione passiva - CONSAP s.p.a. - Sussistenza - Fondamento. L'azione volta ad ottenere la restituzione delle somme erroneamente confluite nel fondo rapporti dormienti , istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'art. 1, comma 343, della l. numero 266 del 2005, è correttamente proposta nei confronti della CONSAP s.p.a., cui è affidata la gestione delle relative domande, perché tale società quale mandataria senza rappresentanza del ministero ha contatti diretti con i richiedenti, fonte di responsabilità da contatto sociale della società nei confronti di questi ultimi. Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA DEL 9 MARZO 2020, N. 6508 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TASSA DI PRESTAZIONE D'OPERA OBBLIGATORIA PER LA COSTRUZIONE E SISTEMAZIONE DELLE STRADE COMUNALI Fallimento - Credito per restituzione di finanziamento pubblico - Privilegio - Sussistenza - Art. 9, comma 5, d.lgs. numero 123 del 1998 - Revoca del finanziamento - Interpretazione estensiva. In tema di ripartizione dell'attivo fallimentare, il privilegio previsto dall'art. 9, comma 5, del d.lgs. numero 123 del 1998, in materia di razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, assiste anche il credito del gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che abbia subito l'escussione della garanzia da parte dell'istituto di credito finanziatore a seguito dell'inadempimento della società beneficiaria del finanziamento, dovendosi interpretare estensivamente secondo l'insegnamento di Sez. U, numero 11930/2010 la norma anzidetta in ragione della finalità pubblica di sostegno ad essa sottesa, che non viene meno neppure in ipotesi di revoca del finanziamento. Si richiamano i Sez. 1 - , Ordinanza numero 9926 del 2018 In tema di ordine di ripartizione dell'attivo fallimentare, l'art. 9, quinto comma, del d.lgs. 31 marzo 1998, numero 123, in materia razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, nel prevedere la revoca del beneficio e disporre il privilegio in favore del credito alle restituzioni, si riferisce non solo a patologie attinenti alla fase genetica dell'erogazione pubblica, ma si estende anche a quella successiva di gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione. ii Sez. 1 - , Sentenza numero 2664 del 2019 In sede fallimentare, gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia godono anch'essi del privilegio di cui all'art. 9, comma 5, d.lgs. numero 123 del 1998, perché le diverse forme di intervento pubblico in favore delle attività produttive risultano espressione di un disegno unitario, ed occorre comunque recuperare la provvista per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione. SEZ. I SENTENZA DEL 9 MARZO 2020, N. 6520 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO Minori stranieri non accompagnati - Provvedimento del Tribunale dei minorenni ricognitivo dell’età - Efficacia - Limitazione al regime speciale di accoglienza - Esclusione - Fondamento. In tema di minori stranieri non accompagnati, il provvedimento con cui il Tribunale per i minorenni, all'esito del procedimento previsto dall'art. 19-bis del d.lgs. numero 142 del 2015, attribuisce l'età al minore è provvisto di una duplice valenza, nel senso che non solo è funzionale all'adozione delle misure di protezione previste per tale categoria di minori, ma, come si desume dal comma 9 della norma, è destinato altresì a riverberare i suoi effetti anche in altri rami amministrativo e penale dell'ordinamento che fanno dell'età il presupposto discriminatorio per l'applicazione di un trattamento differenziato rispetto a quello ordinario. Si vedano a Sez. 6 - 1, Ordinanza numero 9199 del 2019 Ai sensi dell'art. 2 della l. numero 47 del 2017 si qualifica come minore straniero non accompagnato , ai fini dell'applicazione degli istituti di tutela apprestati dall'ordinamento, il minore che, non solo sia privo di assistenza materiale, ma che sia anche privo di soggetti che ne abbiano la rappresentanza legale in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano, allo scopo di garantirne l'interesse superiore e di esercitare la capacità di agire per suo conto, ove necessario. Ne consegue che è competente il tribunale per i minorenni e non il tribunale ordinario in funzione di giudice tutelare all'apertura di una tutela per un minore straniero, privo di genitori sul territorio nazionale, ma da questi affidato, con atto notarile, alle cure ed alla rappresentanza legale del fratello dimorante in Italia, non potendosi considerare tale forma di delega della responsabilità genitoriale valida nel nostro ordinamento. b Sez. 1 - , Sentenza numero 5936 del 2020 Nel procedimento teso all'accertamento dell'età del minore straniero non accompagnato, le sue dichiarazioni alle autorità preposte non possono essere utilizzate per suffragare i dubbi sull'età effettiva, ma costituiscono il presupposto per l'attivazione del procedimento previsto quando manchi un documento anagrafico, all'esito del quale il tribunale per i minorenni deve avvalersi anche dell'accertamento sanitario che indichi il margine di errore e i conseguenti valori minimi e massimi attribuibili all'età del minore, cosicché, ove tale margine non consenta di addivenire con certezza alla determinazione dell'età, andrà applicata la regola presuntiva della minore età. In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato il decreto della corte d'appello che, dopo aver ritenuto inattendibile l'allegazione della minore età del reclamante, aveva respinto il reclamo sull'assunto della irrilevanza del range di errore indicato nell'accertamento medico dell'accrescimento osseo, in quanto riferibile solo a soggetti nati nell'area mediterranea e non invece a quelli provenienti dal Gambia . SEZ. I ORDINANZA DEL 9 MARZO 2020, N. 6587 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO Permesso di soggiorno per ragioni umanitarie - Padre convivente con la figlia minore e la compagna sul territorio italiano - Condizione di vulnerabilità - Esclusione - Fondamento - Fattispecie. La qualità di padre di un minore presente sul territorio italiano, convivente con il minore e con la propria compagna, non integra una condizione di vulnerabilità ai fini della concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, posto che la tutela del minore profugo è affidata al diverso istituto dell'autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale del genitore affidatario del minore, che può essere accordata dal Tribunale per i minorenni ex art. 31 del d.lgs. numero 286 del 1998 nell'interesse del minore per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico di quest'ultimo né può rilevare la convivenza del richiedente con la propria compagna poiché tra le persone vulnerabili di cui all'art. 2, comma 11, lett. h-bis , del d. lgs. numero 25 del 2008 come modificato dall'art. 25, comma 1, lett. b , numero 1 , del d.lgs. numero 142 del 2015 sono previsti i genitori singoli con minori. In applicazione del principio la S.C. ha rigettato il ricorso del richiedente che, senza allegare altra specifica situazione di vulnerabilità o concreti elementi di integrazione in Italia, aveva invocato la detta convivenza deducendo il gravissimo pregiudizio per l'intera famiglia, e segnatamente per la figlia di appena un anno, in caso di sua espulsione . In precedenza, Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 18540 del 2019 Lo straniero non può ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato per il solo fatto che vi siano nel suo paese di origine aree o regioni insicure, qualora la regione o area da cui egli provenga sia immune da rischi di persecuzione. SEZ. I ORDINANZA DEL 9 MARZO 2020, N. 6511 FAMIGLIA - MATRIMONIO - CELEBRATO DAVANTI A MINISTRI DEI CULTI AMMESSI DALLO STATO - TRASCRIZIONE Culto ammesso non avente intesa con lo Stato - Disciplina della trascrizione del matrimonio - Condizioni - Legge numero 1159 del 1929 - Applicabilità - Fondamento - Fattispecie. In materia di trascrizione agli effetti civili del matrimonio religioso celebrato secondo il rito di culti diversi da quello cattolico, occorre distinguere due ipotesi la trascrizione dell'atto di matrimonio celebrato secondo il rito di un culto che abbia stipulato un'intesa con lo Stato italiano segue la disciplina prevista da questa l'atto di matrimonio celebrato in Italia davanti ad un ministro di un culto con il quale non sia stata stipulata un'intesa deve invece essere trascritto quando il detto ministro appartenga ad un culto ammesso nello Stato ai sensi della legge numero 1159 del 1929, la sua nomina sia stata approvata con decreto del Ministro dell'Interno e l'ufficiale dello stato civile abbia rilasciato l'autorizzazione scritta alla celebrazione del matrimonio. Nella specie, la Corte d'appello ha erroneamente negato la trascrizione del matrimonio celebrato innanzi al ministro di culto della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania in quanto confessione religiosa ammessa nello Stato ai sensi della legge numero 385 del 1949 che, all'epoca del matrimonio, non aveva stipulato un'intesa con l'Italia, senza indagare se il matrimonio dovesse essere trascritto secondo la normativa sui culti ammessi, dettata dalla legge numero 1159 del 1929 e dal r.d. numero 289 del 1930 . Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. I ORDINANZA DEL 11 MARZO 2020, N. 6897 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO Protezione internazionale - Valutazione della domanda - Art. 3, comma 5, d.lgs. numero 251 del 2007 - Diritto del richiedente ad essere creduto - Esclusione - Conseguenze. In tema di protezione internazionale, l'art. 3, comma 5, del d.lgs. numero 251 del 2007 impone al giudice soltanto l'obbligo, prima di pronunciare il proprio giudizio sulla sussistenza dei presupposti per la concessione della protezione, di compiere le valutazioni ivi elencate e, in particolare, di stabilire se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili. Da ciò consegue che a la norma non potrà mai dirsi violata sol perché il giudice del merito abbia ritenuto inattendibile un racconto o inveritiero un fatto b non sussiste un diritto dello straniero ad essere creduto sol perché abbia presentato la domanda di asilo il prima possibile o abbia fornito un racconto circostanziato c il giudice è libero di credere o non credere a quanto riferito secondo il suo prudente apprezzamento che, in quanto tale, non è sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato. Vanno richiamati a Sez. 1 - , Ordinanza numero 3340 del 2019 La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ex art. 3, comma. 5, lettera c del d.lgs. numero 251 del 2007. Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell'art. 360, comma 1, numero 5 c.p.c. come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l'ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. b Sez. 6 - 1, Ordinanza numero 20580 del 2019 In tema di protezione internazionale, l'art. 3 del d.lgs. n 251 del 2007 enuncia alcuni parametri, meramente indicativi e non tassativi, che possono costituire una guida per la valutazione nel merito della veridicità delle dichiarazioni del richiedente, i quali, tuttavia, fondandosi sull' id quod plerumque accidit , non sono esaustivi, non precludendo la norma la possibilità di fare riferimento ad altri criteri generali di ordine presuntivo, idonei ad illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese, non essendo, in particolare, il racconto del richiedente credibile per il solo fatto che sia circostanziato, ai sensi del comma 5, lett. a , della medesima norma, ove i fatti narrati siano di per sé inverosimili secondo comuni canoni di ragionevolezza. c Sez. 1 - , Ordinanza numero 21142 del 2019 In materia di protezione internazionale, l'articolo 3, comma 5, del d.lgs. numero 251 del 2007, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all'art. 360, comma 1, numero 5, c.p.c. SEZ. I ORDINANZA DEL 11 MARZO 2020, N. 6923 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA - STRANIERO CONDIZIONE DELLO Protezione internazionale - Protezione umanitaria – Ricorso per cassazione – Mutamento dei fatti allegati – Inammissibilità – Fattispecie. E' inammissibile il mutamento dei fatti allegati a sostegno di una domanda di protezione umanitaria nel giudizio di legittimità, anche quando i medesimi fatti, nel giudizio di merito, siano stati posti a base della domanda di protezione sussidiaria. Nella fattispecie, l'allegata violazione del diritto allo studio era stata posta, nel giudizio di merito, a fondamento della domanda di protezione sussidiaria, mentre nel ricorso per cassazione è stata posta a sostegno della domanda di protezione umanitaria, prospettata fin dall'inizio del procedimento, ma con allegazioni fattuali diverse . Si richiamano i Sez. 1 - , Sentenza numero 3016 del 2019 In tema di protezione internazionale, l'attenuazione del principio dispositivo derivante dalla cooperazione istruttoria , cui il giudice del merito è tenuto, non riguarda il versante dell'allegazione, che anzi deve essere adeguatamente circostanziata, ma la prova, con la conseguenza che l'osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda. Ne consegue che in relazione alla fattispecie di cui all'art. 14, lett. c del d.lgs. numero 251 del 2007 deve essere allegata quantomeno l'esistenza di un conflitto armato o di violenza indiscriminata così come descritti dalla norma. ii Sez. 1 - , Ordinanza numero 21123 del 2019 La natura residuale ed atipica della protezione umanitaria se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall'altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. maggiore . SEZ. I ORDINANZA DEL 11 MARZO 2020, N. 6907 IMPUGNAZIONI CIVILI - CASSAZIONE RICORSO PER - DEPOSITO DI ATTI - DELLA COPIA AUTENTICA DELLA SENTENZA IMPUGNATA O DELLA RICHIESTA DI TRASMISSIONE DEL FASCICOLO DI UFFICIO Ricorso per cassazione - Attestazione di conformità del provvedimento impugnato - Potere del difensore nominato nel precedente grado - Limiti - Fattispecie. Nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l'attestazione di conformità della copia analogica predisposta ai fini del ricorso per cassazione può essere redatta, ai sensi dell'art. 9, commi 1-bis e 1-ter, della legge numero 53 del 1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore. Nella specie, l'attestazione di conformità della sentenza impugnata con il ricorso dichiarato improcedibile era stata redatta dal difensore in grado di appello successivamente al conferimento della procura speciale per il ricorso per cassazione ad altro difensore . In senso conforme, Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 10941 del 2018 In tema di ricorso per cassazione, ai fini dell'osservanza di quanto imposto, a pena di improcedibilità, dall'art. 369, comma 2, c.p.c., nel caso in cui la sentenza impugnata sia stata redatta in formato digitale, l'attestazione di conformità della copia analogica predisposta per la S.C. fintantoché innanzi alla stessa non sia attivato il processo civile telematico può essere redatta, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter della l. numero 53 del 1994, dal difensore che ha assistito la parte nel precedente grado di giudizio, i cui poteri processuali e di rappresentanza permangono, anche nel caso in cui allo stesso fosse stata conferita una procura speciale per quel singolo grado, sino a quando il cliente non conferisca il mandato alle liti per il giudizio di legittimità ad un altro difensore. SEZ. I SENTENZA DEL 12 MARZO 2020, N. 7112 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - RESPONSABILITA' PER DANNI CONSEGUENTI ALL'ESECUZIONE DI OPERE DI PUBBLICA UTILITA' Indennizzo ex art. 44 d.P.R. numero 327 del 2001 - Danno permanente - Nozione - Valutazione - Criteri. La disposizione di cui all'art. 44 del d.P.R. numero 327 del 2001 che ha sostituito l'art. 46 della legge numero 2359 del 1865 , secondo cui spetta un indennizzo al proprietario dell'immobile che per effetto della realizzazione di un'opera di pubblica utilità subisca un danno permanente, non implica l'indennizzabilità del solo danno perpetuo o irreparabile, essendo permanente anche quello che si produce periodicamente e ad intervalli o che dura fino a quando permane la causa lesiva, individuabile non solo nell'opera pubblica - che può mostrare il suo carattere pregiudizievole pure dopo l'ultimazione dei lavori -, ma anche in lavori di modificazione o di completamento della stessa la valutazione della permanenza del danno deve essere effettuata con riguardo al momento dell'apprezzamento della causa lesiva in base ad un giudizio prognostico, ispirato ad un criterio di normalità causale, in forza del quale è da ritenersi indennizzabile il danno quando non vi siano elementi per ritenere che la deminutio del diritto sia temporanea. ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICO INTERESSE O UTILITA' - RESPONSABILITA' PER DANNI CONSEGUENTI ALL'ESECUZIONE DI OPERE DI PUBBLICA UTILITA' Indennizzo ex art. 44 d.P.R. numero 327 del 2001 - Liquidazione - Danno da lucro cessante - Esclusione - Mancato reddito - Inclusione - Condizioni. In tema di liquidazione dell'indennità ex art. 44 del d.P.R. numero 237 del 2001 che ha sostituito l'art. 46 della legge numero 2359 del 1865 , il principio secondo il quale i danni permanenti derivanti dalla perdita o diminuzione del diritto sono quelli effettivamente ed oggettivamente prodotti all'immobile per il tempo in cui si è protratto l'evento lesivo, escluso ogni altro pregiudizio per lucro cessante, non osta a che il mancato reddito possa considerarsi nella valutazione dell'indennità, ma tale rilevanza può ammettersi non come lucro cessante bensì soltanto se sia derivata una reale perdita o diminuzione dell'immobile, anche se per perdita o diminuzione del valore locativo. Il primo principio è conforme a quello espresso da Cass. Sez. 3, Sentenza numero 15223 del 2014 Ai fini del diritto alla corresponsione dell'indennità prevista dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865, numero 2359 ratione temporis applicabile, ora sostituito dall'art. 44 del d.P.R. 8 giugno 2001, numero 327 , il requisito della permanenza del danno, valutato con riguardo al momento dell'apprezzamento delle cause lesive in base ad un giudizio prognostico ispirato ad un criterio di normalità causale, sussiste non solo se lo stesso appaia definitivo, ma anche qualora non vi siano elementi per ritenere che la deminutio del diritto sia temporanea. Con riferimento al secondo principio, si richiamano a Sez. 1, Sentenza numero 778 del 1993 La corresponsione dell'indennità ex art. 46 della legge 25 giugno 1865 numero 2359, per i danni cagionati dall'esecuzione di un'opera pubblica, è prevista dall'ordinamento in relazione ad un atto legittimo, e non quale risarcimento per fatto illecito. Pertanto, nella quantificazione del diritto all'indennità deve tenersi conto soltanto dell'effettiva diminuzione del valore del fondo danno emergente , e non anche dei danni derivanti dal mancato reddito lucro cessante , che può essere considerato ai fini di una reintegrazione solo nei limiti del sacrificio realmente subito. b Sez. 1, Sentenza numero 7224 del 1995 Il danno cagionato dall'esecuzione dell'opera pubblica, per essere indennizzabile, a norma dell'art. 46 della legge 25 giugno 1865 numero 2359, deve avere una incidenza diretta sul fondo, ossia deve consistere in un danneggiamento materiale dell'immobile o nella compromissione di una condizione di fatto essenziale per l'utilizzazione ed il godimento dello stesso, così risolvendosi, sul piano economico, in una effettiva diminuzione del valore venale del bene. Ne consegue, che anche il mancato reddito può essere considerato nella valutazione dell'indennità in esame, purché si tratti di un pregiudizio conseguente ad una diminuzione o perdita di un reddito in precedenza direttamente ricavato dal bene stesso, e non già correlato ad un fattore di produzione diverso o ulteriore, quale un'attività di impresa, sia pure allocata nell'immobile. c Sez. 3, Sentenza numero 18226 del 2008 Il proprietario di un immobile, il cui valore sia diminuito in conseguenza della realizzazione in adiacenza ad esso di un'opera pubblica, ha diritto all'indennizzo previsto dall'art. 46 della legge 25 giugno 1865 numero 2359 solo nel caso di riduzione effettiva del valore del suo immobile ad esempio, per diminuzione della capacità abitativa o per l'intollerabilità delle immissioni , e quindi a titolo di danno emergente, ma non già nell'ipotesi di riduzione degli utili in precedenza ricavati dall'uso dell'immobile cosiddetto lucro cessante . SEZ. I ORDINANZA DEL 12 MARZO 2020, N. 7121 FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - FALLIMENTO - APERTURA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO - SENTENZA DICHIARATIVA - OPPOSIZIONE - IN GENERE Reclamo - Irrituale o mancata costituzione del reclamato - Conseguenze - Fattispecie. In tema di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, in caso di irrituale costituzione o di mancata comparizione in udienza del reclamato il giudice, verificata la regolarità del contraddittorio, deve decidere il reclamo nel merito, non potendosi far discendere dalle predette circostanze il disinteresse processuale della parte a coltivare la domanda di fallimento. Nella specie, la S.C. ha escluso che la mancata costituzione del P.G. presso la Corte d'appello comportasse la rinuncia all'istanza di fallimento . FALLIMENTO ED ALTRE PROCEDURE CONCORSUALI - CONCORDATO PREVENTIVO - IN GENERE Preconcordato - Richiesta di concessione del termine ex art. 161, comma 6, l.fall. - Prova della volontà dilatoria - Esclusione - Fondamento - Domanda anticipata presentata all'ultimo momento utile - Abuso dello strumento concordatario - Sussistenza - Condizioni. La mera presentazione di una richiesta di concessione di un termine ex art. 161, commi 6 e 10, l.fall. costituisce un fatto neutro inidoneo di per sé a dimostrare la volontà del debitore di sfuggire alla dichiarazione di fallimento, giacché il mero differimento del procedimento prefallimentare che ne discende rimane neutralizzato dal fenomeno di consecuzione delle procedure concorsuali nondimeno, la circostanza della presentazione della domanda anticipata di concordato all'ultimo momento utile può concorrere a dimostrare, unitamente ad altri elementi atti a rappresentare in termini abusivi il quadro d'insieme in cui l'iniziativa è stata assunta, il perseguimento di finalità dilatorie del tutto diverse dall'intenzione di regolare la crisi d'impresa. Con riferimento al primo principio, si veda Cass. Sez. 1 - , Sentenza numero 24797 del 2019 Nel procedimento di reclamo avverso il decreto del Tribunale di omologazione del concordato preventivo, di cui all'art. 183 l.fall., qualora il ricorrente non depositi le notificazioni del ricorso e del decreto di fissazione ai reclamati, da effettuarsi nel termine di trenta giorni ex art. 18 l.fall. - applicabile in assenza di contrarie disposizioni -, la Corte d'appello, rilevata la mancata comparizione delle parti in udienza e impossibilitata a controllare l'avvenuta corretta instaurazione del contraddittorio, deve definire in rito il procedimento, che ha natura camerale, non potendo accordarsi un nuovo termine per la notificazione, da momento che non è consentito rinnovare un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente. Nella specie, la Corte d'appello aveva erroneamente disposto rinvio ex art. 348, comma 2, c.p.c. affermando che, in difetto di espressa previsione di improcedibilità, occorreva fare riferimento alle norme generali sull'appello . Riguardo al secondo, si veda a Sez. 1 - , Sentenza numero 25602 del 2018 In tema di concordato con riserva, qualora pendano ricorsi per la dichiarazione di fallimento, è escluso che al debitore possa assegnarsi un termine per il deposito della proposta e del piano non coincidente con quello fisso di sessanta giorni espressamente previsto dall'art. 161, comma 10, l.fall., in quanto la norma esclude che il tribunale possa operare al riguardo una valutazione discrezionale. b Sez. 1 - , Sentenza numero 29740 del 2018 Nel caso di presentazione della domanda di concordato con riserva, di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., come introdotto dall'art. 33 del d.l. 22 numero 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. numero 134 del 2012, il termine che il giudice concede per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi 2 e 3 del citato articolo, decorre dalla data di presentazione della detta domanda, non da quella dell'emissione del provvedimento con cui il giudice concede il termine, né dalla comunicazione di tale provvedimento da parte della cancelleria. c Sez. 1 - , Ordinanza numero 7577 del 2019 In tema di concordato preventivo, il debitore che dopo la domanda di ammissione al concordato con riserva abbia presentato la relativa proposta senza la documentazione prescritta dall'art. 161 l.fall., può ancora avvalersi del termine di sessanta giorni accordato dal tribunale, ex art. 161, comma 6, l.fall., allo scopo di integrare la detta documentazione. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello che aveva revocato il fallimento dichiarato dal tribunale dopo aver dichiarato inammissibile la proposta del debitore, depositata solo sette giorni dopo la domanda di concordato con riserva, in quanto priva della necessaria attestazione del professionista ex art. 161, comma 3, l.fall. . SEZ. I SENTENZA DEL 13 MARZO 2020, N. 7149 ASSISTENZA E SALVATAGGIO DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE - IN GENERE Compenso per l’assistenza alla nave in pericolo - Convenzione di Londra del 28 aprile 1989 - Obbligazione parziaria - Derogabilità da parte delle legislazioni nazionali. In tema di compenso per l'assistenza a una nave in pericolo, l'art. 13, par. 2, della Convenzione internazionale di Londra del 28 aprile 1989 sull'assistenza ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge numero 129 del 1995, in vigore dal 14 luglio 1996 ammette che le legislazioni nazionali degli Stati aderenti mantengano o introducano una regola diversa dalla parziarietà della relativa obbligazione, consentendo che il versamento del compenso, unitariamente determinato ai sensi del par. 1, venga effettuato da una delle parti interessate, con diritto di regresso nei confronti delle altre parti, limitatamente alla rispettiva quota. ASSISTENZA E SALVATAGGIO DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE - IN GENERE Compenso dovuto ai soccorritori - Forma di avaria-spesa - Ripartizione tra gli interessati alla spedizione - Modalità. In tema di assistenza ad una nave in pericolo, il compenso dovuto ai soccorritori per il soccorso all'intera spedizione, unitariamente considerato, integra, ai sensi dell'art. 497 c.nav., una forma di avaria-spesa , la cui ripartizione nei rapporti interni tra tutti gli interessati alla spedizione avviene secondo il meccanismo della contribuzione alle avarie comuni. ASSISTENZA E SALVATAGGIO DIRITTO DELLA NAVIGAZIONE - IN GENERE Debito nei confronti dei soccorritori - Armatore - Obbligato principale per il compenso - Solidarietà tra i diversi interessati al carico - Esclusione - Fondamento. In tema di compenso per l'assistenza ad una nave in pericolo, nei rapporti esterni l'armatore, stante il ruolo istituzionalmente rivestito, anche alla luce degli artt. 491, 492, 274, 302 e 312 c.nav., risponde quale obbligato principale nei confronti dei soccorritori in via esclusiva, per la componente del compenso correlata al soccorso della nave in solido con ciascuno dei condebitori aventi diritto al carico, per la componente del compenso a questo correlata. Resta esclusa la solidarietà tra i diversi interessati al carico, attesa l'indipendenza e la non comunicabilità delle loro rispettive posizioni. Riguardo al primo principio, si richiama Cass. Sez. 1, Sentenza numero 8167 del 1996 In tema di assistenza e salvataggio della nave - al di fuori dell'ipotesi in cui l'armatore abbia stipulato un contratto di soccorso in nome proprio o il comandante abbia stipulato un analogo contratto in nome e per conto dell'armatore da lui rappresentato - vanno distinte, nell'entità totale del debito dell'armatore per le spese di soccorso, due componenti una costituita dall'obbligazione remuneratoria correlata al soccorso della nave, della quale egli solo è tenuto a rispondere un'altra, rappresentata dal coacervo delle obbligazioni remuneratorie inerenti al carico, in relazione alla quale concorrono la responsabilità dell'armatore, da una parte, e le responsabilità tra loro distinte e separate degli aventi diritto alle cose trasportate, dall'altra. In relazione alla seconda componente trova applicazione, in ordine a ciascuno dei rapporti configurabili tra l'armatore ed i singoli interessati al carico, il criterio della solidarietà tra i condebitori, ricorrendo i presupposti dell'identità della prestazione e dell'insorgenza dell'obbligazione dal medesimo fatto giuridico o da fattispecie diverse, ma tra loro collegate da un nesso che le fa configurare come un complesso unitario. Resta, invece, esclusa la solidarietà tra i diversi interessati alle merci, nei rapporti interni tra loro, attesa l'indipendenza e la non comunicabilità delle loro rispettive posizioni. Con riferimento al secondo non si rilevano precedenti in termini. Il terzo è conforme a Cass. Sez. 1, Sentenza numero 8167 del 1996, summenzionata. SEZ. I ORDINANZA DEL 17 MARZO 2020, N. 7405 ARBITRATO - LODO SENTENZA ARBITRALE - IMPUGNAZIONE - PER NULLITA' - IN GENERE Ricorso per cassazione avverso la sentenza sull'impugnazione per nullità del lodo - Dedotta non deferibilità della lite in arbitrato per sussistenza della giurisdizione amministrativa - Questione di giurisdizione - Esclusione - Questione di merito - Configurabilità - Deduzione con il ricorso per cassazione - Condizioni. La non deferibilità della controversia al giudizio arbitrale, per essere la stessa devoluta alla giurisdizione di legittimità o esclusiva del giudice amministrativo, non dà luogo ad una questione di giurisdizione in senso tecnico, bensì ad una questione di merito attinente alla validità del compromesso o della clausola compromissoria sicché, ponendosi la questione di giurisdizione solo in funzione di tale accertamento, essa non può essere sollevata in ogni stato e grado del processo con il solo limite del giudicato interno, esplicito o implicito, ma, trattandosi di una questione di merito, può essere sottoposta all'esame del giudice di legittimità solo se sia stata dibattuta e decisa come motivo di nullità del lodo. In senso conforme, Cass. Sez. U, Sentenza numero 17205 del 2003 La non deferibilità della controversia al giudizio arbitrale, per essere la stessa devoluta alla giurisdizione di legittimità od esclusiva del giudice amministrativo, dà luogo, non ad una questione di giurisdizione in senso tecnico, bensì ad una questione di merito attinente all'esistenza e alla validità del compromesso, fermo restando che - esclusa la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione - rientra pur sempre nelle attribuzioni delle Sezioni Unite la questione del riparto della giurisdizione quante volte essa si ponga in funzione della compromettibilità in arbitri della controversia, atteso che il giudice dell'impugnazione per nullità non può passare dalla fase rescindente del giudizio a quella rescissoria se non dopo aver accertato la sussistenza della propria giurisdizione sulla controversia. Tuttavia, ponendosi nella specie la questione di giurisdizione solo in funzione dell'accertamento della validità del compromesso o della clausola compromissoria nell'ambito della previsione di cui all'art. 829, numero 1 , cod. proc. civ., essa non può essere sollevata in ogni stato e grado del giudizio col solo limite del giudicato interno, esplicito o implicito , ma può essere sottoposta all'esame del giudice di legittimità solo se sia stata dibattuta e decisa nel giudizio di merito come motivo di nullità del lodo, e ciò attesi i limiti del giudizio di cassazione, che è diretto unicamente al controllo della correttezza giuridica e della congruità logica della motivazione della sentenza impugnata. Nella specie, sulla base del principio di cui in massima, le S.U. hanno escluso che la questione di giurisdizione potesse trovare ingresso per la prima volta nel giudizio di legittimità, atteso che nessuno dei motivi di impugnazione per nullità del lodo articolati dalla P.A. aveva investito la nullità della clausola compromissoria per la non compromettibilità della controversia relativa alle posizioni di interesse legittimo connesse con la mancata approvazione del progetto di variante predisposto dall'impresa appaltatrice .