RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 19 FEBBRAIO 2020, N. 4169 TRIBUTI IN GENERALE - REPRESSIONE DELLE VIOLAZIONI DELLE LEGGI FINANZIARIE - SANZIONI CIVILI E AMMINISTRATIVE - IN GENERE. Obiettiva incertezza normativa tributaria - Nozione - Differenza da soggettiva ignoranza incolpevole del diritto - Conseguenze - Causa di esenzione dalla responsabilità amministrativa tributaria - Configurabilità - Fattispecie in tema di ICI. In tema di sanzioni per violazioni delle norme tributarie, l'obiettiva incertezza normativa tributaria , caratterizzata dall'impossibilità di individuare con sicurezza, al termine di un procedimento interpretativo corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, si distingue dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto - come emerge dall'articolo 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, che distingue le due figure pur ricollegandovi i medesimi effetti - e costituisce causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, con riferimento agli impianti di produzione di energia idroelettrica, dopo l'entrata in vigore dell'articolo 1 quinquies del d.l. n. 44 del 2005, conv., con modif., dalla l. n. 88 del 2005, sussisteva obiettiva incertezza normativa in ordine alla concreta individuazione dei manufatti che avrebbero dovuto essere considerati ai fini della determinazione della base imponibile ICI e del valore da attribuire agli stessi . Non si rilevano precedenti in termini. SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 19 FEBBRAIO 2020, N. 4167 PROCEDIMENTO CIVILE - CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE. Efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere - Esclusione - Ragioni. La pronuncia di cessazione della materia del contendere costituisce una fattispecie di estinzione del processo, contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione dello stesso tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale pertanto, alla emanazione di una sentenza di cessazione della materia del contendere, consegue, per un verso, la caducazione di tutte le pronunce emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in cosa giudicata e, per l'altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere. Si richiama, Cass. Sez. L, Sentenza n. 7185 del 2010 La cessazione della materia del contendere costituisce, nel rito contenzioso civile, una fattispecie di estinzione del processo, creata dalla prassi giurisprudenziale e contenuta in una sentenza dichiarativa della impossibilità di procedere alla definizione del giudizio per il venir meno dell'interesse delle parti alla naturale conclusione del giudizio stesso, tutte le volte in cui non risulti possibile una declaratoria di rinuncia agli atti o di rinuncia alla pretesa sostanziale. Ne consegue l'assoluta inidoneità di detta pronuncia ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale sulla pretesa fatta valere, potendo essa acquisire tale efficacia di giudicato sul solo aspetto del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del processo. Nella specie, la sentenza impugnata, decidendo una controversia riguardante la riliquidazione della pensione di vecchiaia, aveva escluso che la materia del contendere fosse cessata per effetto del mero riconoscimento del relativo diritto da parte dell'Enasarco, non avendo quest'ultimo provveduto ad aumentare l'importo della pensione già goduta, ed aveva condannato l'Ente alla riliquidazione della pensione ed alla corresponsione degli arretrati nel confermare tale pronuncia, la S.C. ne ha corretto la motivazione, precisando che il riconoscimento del diritto, inidoneo ad acquistare efficacia di giudicato, poteva tuttavia essere utilizzato dal decidente ai fini della formazione del proprio convincimento . SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 19 FEBBRAIO 2020, N. 4166 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972. Art. 13 comma 2, d.l. n. 201 del 2011 - Esenzione casa principale - Requisiti - Fattispecie. In tema di IMU, l'esenzione prevista per la casa principale dall'articolo 13 comma 2 del d.l. n. 201 del 2011 richiede non soltanto che il possessore e il suo nucleo familiare dimorino stabilmente in tale immobile, ma altresì che vi risiedano anagraficamente. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che l'immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro Comune . Non si rilevano precedenti in termini . SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 19 FEBBRAIO 2020, N. 4160 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI - PAGAMENTO DELL'IMPOSTA – RIMBORSI. Dichiarazione Iva - Nullità per mancato rispetto delle modalità di presentazione ex articolo 3 d.P.R. n. 322 del 1988 - Fruizione del credito maturato nel corrispondente anno di imposta - Sussistenza - Fattispecie. In tema di Iva, la dichiarazione presentata a mezzo posta anziché in via telematica, al pari della omessa dichiarazione, benché affetta da nullità ai sensi dell'articolo 1, comma 1, d.P.R. n. 322 del 1988, non impedisce alla parte di usufruire, a determinate condizioni, del credito eventualmente maturato nel corrispondente anno di imposta. Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, stante l'originaria richiesta della società contribuente di conservare il diritto alla detrazione del credito Iva, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare la spettanza dello stesso, essendo il suo disconoscimento pacificamente derivato dal mero riscontro formale dell'omessa presentazione della dichiarazione fiscale in cui tale credito era sorto e nondimeno usato in compensazione nell'anno di imposta oggetto di accertamento . Si richiamano a Sez. U, Sentenza n. 17758 del 2016 In caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili. b Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 19058 del 2018 Le modalità di presentazione della dichiarazione fiscale annuale, individuate dall'articolo 3 del d.P.R. n. 322 del 1988, sono tassative e vincolanti per il contribuente sicché, ove questi sia tenuto ad utilizzare il servizio telematico e presenti, invece, la dichiarazione tramite banca o posta, la stessa è nulla ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del detto decreto e deve ritenersi non assolto il corrispondente obbligo, senza che assuma rilevanza la previsione di una sanzione inferiore, da parte dell'articolo 8 del d.lgs. n. 471 del 1997, per la dichiarazione presentata in forma diversa rispetto a quella contemplata per l'omessa dichiarazione, trattandosi di una scelta legislativa discrezionale che non indice sul profilo della validità della dichiarazione e che, in ogni caso, trova applicazione solo se la violazione non rilevi sul contenuto essenziale della dichiarazione. SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 4150 TRIBUTI IN GENERALE - SOLVE ET REPETE - DISCIPLINA DELLE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - AGEVOLAZIONI VARIE - IN GENERE. Contribuenti coinvolti nel sisma del 1990 - Art. 138 della legge n. 388 del 2000 - Rateizzazione di quanto dovuto per tributi - Possibilità - Proroga del termine per l'emissione degli atti impositivi dell'ufficio - Esclusione - Fondamento - Conseguenze. In tema di accertamento e riscossione dei tributi, l'articolo 138, comma 3, della l. n. 388 del 2000, nel consentire ai contribuenti coinvolti nel sisma del 1990 un'ampia rateazione per il versamento dei tributi dovuti, non ha, per ciò solo, prorogato il termine entro cui deve essere emesso dall'ufficio l'atto impositivo, e pertanto non può valere a far rivivere obbligazioni tributarie per le quali l'amministrazione fosse decaduta dall'azione di riscossione. In conformità, Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 956 del 2014 In tema di accertamento e riscossione dei tributi, l'articolo 138, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nel consentire ai contribuenti coinvolti nel sisma del 1990 un'ampia rateazione per il versamento dei tributi dovuti, non ha, per ciò solo, prorogato il termine entro cui deve essere emesso, dall'ufficio, l'atto impositivo. SEZ. V ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 4083 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - IMPOSTA COMUNALE SULLA PUBBLICITA' E DIRITTI SULLE PUBBLICHE AFFISSIONI TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SULLA PUBBLICITA' - IN GENERE. Pubblicità ordinaria - Maggiorazioni tariffarie correlate alle dimensioni delle superfici espositive - Modalità di calcolo - Art. 12, comma 4, d.lgs. n. 507 del 1993 - Interpretazione - Applicabilità alla totalità della superficie. In tema di imposta comunale sulla pubblicità, con l'articolo 12, comma 4, del d.lgs. n. 507 del 1993 che prevede l'applicabilità di una superiore tariffa nel caso di superfici espositive di dimensioni eccedenti i metri quadrati 5,5, il Legislatore ha voluto adeguare l'imposizione all'efficacia pubblicitaria del messaggio, nella convinzione che più esso è grande, più è capace di suggestionare o convincere le maggiorazioni devono, pertanto, necessariamente riferirsi al messaggio stesso nella sua interezza e, quindi, alla totalità della superficie e non alle sue singole parti eccedentarie. In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4909 del 2005 In tema di imposta comunale sulla pubblicità, con l'articolo 12, comma quarto, del D. Lgs 15 novembre 1993, n. 507, che prevede l'applicabilità di una superiore tariffa nel caso di superfici espositive di dimensioni eccedenti i metri quadrati 5,5, il Legislatore ha voluto adeguare l'imposizione all'efficacia pubblicitaria del messaggio, nella convinzione che più esso è grande, più è capace di suggestionare o convincere le maggiorazioni devono, pertanto, necessariamente riferirsi al messaggio stesso nella sua interezza e, quindi, alla totalità della superficie e non alle sue singole parti eccedentarie. SEZ. V ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 4078 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TASSA DI OCCUPAZIONE SPAZI ED AREE PUBBLICHE. Tosap - Concessione di beni pubblici - Cumulabilità della tassa con il canone concessorio - Esclusione - Condizioni - Sfruttamento dei beni in qualità di sostituto dell'ente territoriale - Esenzione ex articolo 49, comma 1, lett. a , del d.lgs. n. 507 del 1993 - Applicabilità - Condizioni - Mancanza di una diversa manifestazione di volontà nell'atto di concessione - Necessità - Finalità di lucro - Rilevanza - Esclusione - Fattispecie. L'assoggettamento alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche TOSAP non è incompatibile con la concessione in uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile di un ente territoriale, configurandosi il canone concessorio come il corrispettivo dell'uso esclusivo o speciale dei beni pubblici, e, quindi, come un quid ontologicamente diverso dalla tassa dovuta per la sottrazione del bene all'uso pubblico cui è ordinariamente destinato. Peraltro, qualora, risulti sulla base di un'indagine rimessa al giudice di merito che il concessionario agisce quale mero sostituto dell'ente nello sfruttamento dei beni, viene a mancare il presupposto della tassazione, avuto riguardo all'esenzione soggettiva prevista per gli enti territoriali dall'articolo 49, comma 1, lett. a del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall'atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia, non essendo tuttavia, all'uopo sufficienti generiche espressioni a significare l'intenzione del concedente di cumulare canone e tassa, e non costituendo ostacolo alla spettanza dell'esenzione la circostanza che il concessionario, agendo in qualità di imprenditore commerciale, si proponga uno scopo di lucro. Nella specie, la S.C. ha escluso la debenza dell'imposta da parte della società che aveva avuto in affidamento, dal Comune, la gestione di suolo pubblico di area attrezzata a verde al fine di realizzare la maggiore fruibilità della stessa da parte dei cittadini, restando indifferente che fossero stati offerti anche servizi a pagamento, per i quali non era stato dedotto dalla controparte che per questi la contribuente non avesse agito in veste di gestore dell'Ente . In senso esattamente conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19841 del 2009 [L'assoggettamento alla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche TOSAP non è incompatibile con la concessione in uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile di un ente territoriale, configurandosi il canone concessorio come il corrispettivo dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici, e quindi come un quid ontologicamente diverso dalla tassa, dovuta per la sottrazione del bene all'uso pubblico cui è ordinariamente destinato. Peraltro, qualora risulti sulla base di un'indagine rimessa al giudice di merito che il concessionario agisce quale mero sostituto dell'ente nello sfruttamento dei beni, viene a mancare il presupposto della tassazione, avuto riguardo all'esenzione soggettiva prevista per gli enti territoriali dall'articolo 49, comma primo, lett. a , del d.lgs. n. 507 del 1993, salvo che dall'atto di concessione non emerga una diversa volontà pattizia, non essendo tuttavia, all'uopo, sufficienti generiche espressioni a significare l'intenzione del concedente di cumulare canone e tassa, e non costituendo ostacolo alla spettanza dell'esenzione la circostanza che il concessionario, agendo in qualità di imprenditore commerciale, si proponga uno scopo di lucro. Principio enunciato dalla S.C. in riferimento alla domanda di rimborso della TOSAP proposta da un soggetto titolare della concessione del servizio di parcheggio a pagamento di autovetture sul suolo comunale ]. SEZ. V SENTENZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 4071 TRIBUTI IN GENERALE - SOLVE ET REPETE - DISCIPLINA DELLE AGEVOLAZIONI TRIBUTARIE RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - AGEVOLAZIONI VARIE - IN GENERE Agevolazione c.d. prima casa - Caratteristiche di lusso - Contrarietà dell’articolo 1 nota II bis della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e degli artt. 5 e 6 del d.m. 2 agosto 1969 n. 1072 ai canoni di ragionevolezza e proporzionalità in ambito costituzionale - Esclusione - Fondamento - Conseguenze. In tema di determinazione delle caratteristiche delle abitazioni di lusso ai fini del riconoscimento delle agevolazioni cd. prima casa , l'articolo 1 della nota II bis della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e gli artt. 5 e 6 del d.m. n. 1072 del 1969 non sono contrari ai principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità, atteso che questi ultimi non possono escludere o vulnerare la discrezionalità del legislatore nell'individuare e caratterizzare le fattispecie derogatorie alle regole di determinazione ed applicazione dei tributi, che possono essere disciplinate mediante una dettagliata specificazione dei requisiti soggettivi e oggettivi in modo che l'operato della pubblica amministrazione sia più o meno vincolato nell'apprezzamento di particolari situazioni di fatto e nel conseguente riconoscimento del beneficio fiscale, sicché non è lesiva dei suddetti principi la norma che limiti o escluda una valutazione discrezionale nell'applicazione delle agevolazioni tributarie, riducendo a monte il rischio di revoche arbitrarie. Si richiama, Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 11556 del 2016 In tema di IVA, il calcolo della superficie utile di un immobile, al fine di stabilire se esso debba essere considerato di lusso e, quindi, escluso dai benefici per l'acquisto della prima casa ai sensi della Tabella A, Parte II, n. 21, del d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo in vigore ratione temporis , anteriormente alle modifiche di cui al d.lgs. n. 175 del 2014, va compiuto ai sensi dell'articolo 6 del d.m. Lavori Pubblici n. 1072 del 1969, a prescindere dalla conformità dei relativi ambienti alle prescrizioni contenute nel regolamento edilizio comunale sotto il profilo dell'altezza minima, rilevando unicamente la loro marcata potenzialità abitativa al momento dell'acquisto, in coerenza con l'apprezzamento del mercato immobiliare, e spettando al contribuente, a fronte dell'irrilevanza del mero dato catastale, l'onere di provare, mediante idonea documentazione tecnica, l'inutilizzabilità a scopo abitativo dei vani in questione. SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 3980 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI CAPITALE – IMPUTAZIONE. Società di capitali a ristretta base partecipativa - Avviso di accertamento nei confronti del socio per redditi extracontabili - Legittimità - Estraneità del socio all’accertamento verso società - Motivazione per relationem” - Irrilevanza - Fondamento - Conseguenze. L'avviso di accertamento nei confronti del socio per redditi da utili non dichiarati di società di capitali a ristretta base partecipativa è legittimamente emesso e adeguatamente motivato anche quando il socio non abbia partecipato all'accertamento nei confronti della società e l'atto contenga un mero rinvio per relationem ai redditi della società, non essendo i due accertamenti autonomi e indipendenti, in virtù dei poteri concessi ai soci, ai sensi dell'articolo 2261 c.c., di consultare la documentazione contabile e di partecipare perciò agli accertamenti che riguardano la società, sicché essi non possono dolersi della definitività dell'accertamento, né riproporre doglianze ad esso riferibili. Si richiamano i Sez. 5, Sentenza n. 18640 del 2008 In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione, ai soci, degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione,per essere stati, invece, accantonati dalla società ovvero da essa reinvestiti, non risultando tuttavia a tal fine sufficiente né la mera deduzione che l'esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili nè il definitivo accertamento di una perdita contabile, circostanza che non esclude che i ricavi non contabilizzati, non risultando né accantonati né investiti, siano stati distribuiti ai soci. ii Sez. 5 - , Sentenza n. 27778 del 2017 In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà per il contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti, non essendo comunque a tal fine sufficiente la mera deduzione che l'esercizio sociale ufficiale si sia concluso con perdite contabili. iii Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 18042 del 2018 In tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di provare che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati o reinvestiti dalla società, nonché di dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria. SEZ. VI – 5 ORDINANZA DEL 18 FEBBRAIO 2020, N. 3955 TRIBUTI IN GENERALE - SOLVE ET REPETE - CONTENZIOSO TRIBUTARIO DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - PROCEDIMENTO - IN GENERE. Impugnazione dell’avviso di mora - Legittimazione passiva - Contestazione della pretesa tributaria - Legittimazione passiva in capo all’Amministrazione - Sussistenza - Azione rivolta verso il concessionario – Onere di quest’ultimo - Chiamata in causa dell’ente - Omissione - Inammissibilità della domanda o ordine di integrazione del contraddittorio - Necessità - Esclusione. In caso di impugnazione dell'avviso di mora, la legittimazione passiva discende dalle contestazioni effettuate dal contribuente, spettando all'amministrazione, in quanto titolare del diritto di credito, e non al concessionario, in quanto mero destinatario del pagamento, quando venga contestata la stessa pretesa tributaria. In tale evenienza, tuttavia, se l'azione è rivolta nei confronti del concessionario, quest'ultimo, ai sensi degli artt. 40 del d.P.R. n. 43 del 1988 e 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, ha l'onere di chiamare in causa l'ente titolare al fine di evitare di rispondere dell'esito sfavorevole della lite, senza che l'eventuale omissione determini l'inammissibilità della domanda o imponga al giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio. Si richiama Cass. Sez. U, Sentenza n. 16412 del 2007 Nella disciplina della riscossione delle imposte vigente in epoca anteriore alla riforma introdotta dal d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, la cartella di pagamento svolge la funzione di portare a conoscenza dell'interessato la pretesa tributaria iscritta nei ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio dell'avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il caso in cui il contribuente, reso edotto dell'imposta dovuta, non ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini indicati dalla legge. La mancata notificazione della cartella di pagamento comporta pertanto un vizio della sequenza procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall'articolo 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, di esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della notificazione dell'avviso di mora, e che consente dunque al contribuente di impugnare quest'ultimo atto, deducendone la nullità per omessa notifica dell'atto presupposto o contestando, in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell'impugnazione, incombe l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario.