RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V ORDINANZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1508 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - REDDITI DI IMPRESA - DETERMINAZIONE DEL REDDITO - SOPRAVVENIENZE ATTIVE. Insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi - Nozione - Riferimento ad eventi gestionali imprevedibili - Esclusione - Assoggettamento ad imposizione - Riferimento all'esercizio di iscrizione della posta in bilancio - Fattispecie. In tema di imposte sui redditi d'impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell'art. 55, comma 1, del d.P.R. numero 917 del 1986, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all'esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza in applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso l'assoggettamento a tassazione di una sopravvenienza attiva generata dall'insussistenza di passività esposta per errore in precedente esercizio . In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza numero 20543 del 2006 In tema di imposte sui redditi d'impresa, la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi dell'art. 55, comma primo, del d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917, si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, e dunque indipendentemente dal sopraggiungere di eventi gestionali straordinari o comunque imprevedibili, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva, come liberazione di riserve, con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all'esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza. SEZ. V SENTENZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1503 RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE - RISCOSSIONE DELLE IMPOSTE SUI REDDITI DISCIPLINA POSTERIORE ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - MODALITA' DI RISCOSSIONE - VERSAMENTO DIRETTO - RIMBORSI - IN GENERE. Tardiva presentazione della dichiarazione dei redditi - Conseguenze - Idoneità della dichiarazione a costituire titolo per il rimborso - Esclusione - Convertibilità della dichiarazione tardivamente presentata in istanza di rimborso - Ammissibilità - Condizioni - Applicabilità per il periodo successivo all’abrogazione dell’art. 9 d.PR numero 600 del 1973 - Sussistenza - Fondamento. In virtù della disciplina anteriore alle modifiche apportate all'art. 9 del d.P.R. numero 600 del 1973 dal d.lgs. numero 241 del 1997, ai fini del rimborso dei crediti d'imposta non si tiene conto della dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, gravando sul contribuente l'onere di formulare espressa istanza, a meno che questi non si sia limitato ad esporre il credito di imposta, ma abbia specificamente domandato il rimborso. Tale principio opera anche sulla base della nuova disciplina sancita dal d.P.R. numero 322 del 1998, che ha abrogato l'art. 9 del d.P.R. numero 600 citato, in quanto la dichiarazione tardiva, al pari della precedente disciplina, costituisce comunque titolo per la riscossione delle imposte dovute. Si richiama Cass. Sez. 5, Sentenza numero 26314 del 2010 La dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, secondo la previsione contenuta nell'abrogato art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600 nel testo, applicabile ratione temporis , anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 9 luglio 1997, numero 241 , costituisce titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in essa indicati , mentre, trattandosi di disposizione di tipo sanzionatorio che tende a disincentivare i ritardi nella presentazione della denuncia dei redditi, della dichiarazione tardiva l'erario non può tenere conto per il rimborso dei crediti d'imposta da essa risultanti, avendo in tal caso il contribuente, l'onere di formulare una espressa istanza al riguardo detta istanza, peraltro, può ritenersi validamente rappresentata anche dalla dichiarazione dei redditi tardivamente presentata, ove in essa egli non si sia limitato ad esporre il credito d'imposta, ma ne abbia specificamente domandato il rimborso. SEZ. V ORDINANZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1500 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - INCOMPLETEZZA - PRESUNZIONI DI CESSIONE E DI ACQUISTI. Variazioni del luogo di esercizio dell'attività - Obbligo di dichiarazione - Violazione - Conseguenze - Presunzione di cessione - Definizione della sanzione ex art. 15 della l. numero 289 del 2002 - Operatività della presunzione - Fondamento - Estensione alle imposte dirette - Sussistenza - Prova contraria - Limiti - Fattispecie. In tema d'IVA, in mancanza della denunzia di variazione ex art. 35 del d.P.R, numero 633 del 1972, ogni trasferimento del luogo di esercizio dell'attività è inopponibile all'Amministrazione finanziaria, sicché la presunzione di cessione dei beni acquistati, importati o prodotti che non si trovino nei locali in cui il contribuente eserciti la sua attività, prevista dall'art. 53, comma 1, del d.P.R, numero 633 del 1972, opera con riferimento al luogo di esercizio dell'attività originariamente denunziato, anche in presenza della definizione della sanzione ai sensi dell'art. 15 della l. numero 289 del 2002, che riguarda il solo profilo formale dell'omessa denuncia. Avverso tale presunzione, applicabile anche alle imposte dirette in virtù del principio di unitarietà dell'ordinamento, il contribuente è ammesso alla prova contraria, nei limiti dell'oggetto e dei mezzi di prova prefigurati dalla predetta disposizione, trattandosi di presunzione legale relativa, annoverabile tra quelle miste. Nella specie, benché fosse stato trovato un rilevante numero di animali in locali destinati all'attività di impresa, ma non denunciati, il titolare dell'attività di allevamento e commercio di bovini si era limitato a rilevare la natura meramente formale della violazione, senza fornire alcuna prova contraria . Precedenti conformi i Sez. 5, Sentenza numero 16483 del 2006 In tema di accertamento delle imposte sul reddito, trovano applicazione, in virtù del principio di unitarietà dell'ordinamento, le presunzioni di cessione e di acquisto dei beni rinvenuti nel luogo o in uno dei luoghi in cui il contribuente esercita la propria attività, poste in materia di IVA dall'art. 53 del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633 tali presunzioni, peraltro, non operando in via diretta ed immediata in materia di imposte dirette, non sono da sole sufficienti a giustificare l'accertamento, ma necessitano di ulteriori riscontri, adeguati alla disciplina delle singole imposte inoltre, trattandosi di presunzioni legali relative, annoverabili tra quelle c.d. miste, è consentita la prova contraria da parte del contribuente, ma solo entro i limiti di oggetto e di mezzi di prova indicati dall'art. 53 cit., e da quest'ultimo previsti ad evidenti fini antielusivi. ii Sez. 5, Sentenza numero 13972 del 2016 In tema d'IVA, in mancanza della denunzia di variazione ex art. 35 del d.P.R, numero 633 del 1972, ogni trasferimento del luogo di esercizio dell'attività è inopponibile all'Amministrazione finanziaria, sicché la presunzione di cessione dei beni acquistati, importati o prodotti che non si trovino nei locali in cui il contribuente eserciti la sua attività, prevista dall'art. 53, comma 1, del d.P.R, numero 633 del 1972, opera con riferimento al luogo di esercizio dell'attività originariamente denunziato, anche in presenza della definizione della sanzione ai sensi dell'art. 15 della l. numero 289 del 2002, che riguarda solo il profilo formale dell'omessa denuncia. SEZ. V ORDINANZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1497 TRIBUTI IN GENERALE - ACCERTAMENTO TRIBUTARIO NOZIONE - AVVISO DI ACCERTAMENTO - IN GENERE. Termine di cui all'art. 12, comma 7, della l. numero 212 del 2000 Statuto del contribuente - Ambito applicativo - Denominazione formale del verbale - Irrilevanza - Fondamento. Il termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della l. numero 212 del 2000 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo. In linea conforme Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza numero 15010 del 2014 Il termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, numero 212 decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo. In applicazione di tale principio la S.C. ha escluso la nullità dell'avviso di accertamento notificato nel rispetto del termine de quo con riferimento ad un verbale di accesso, nonostante l'assenza di un successivo processo verbale di constatazione . SEZ. V SENTENZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1475 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IN GENERE. Versamenti del socio alla società - Presunzione legale di onerosità - Applicabilità - Limiti - Socio persona fisica non imprenditore - Esclusione - Socio imprenditore in forma individuale o collettiva - Applicabilità - Conseguenze - Mancato superamento della presunzione legale - Effetti - Interessi attivi - Concorso alla formazione del reddito d'impresa - Configurabilità. In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di onerosità per i versamenti effettuati dal socio alla società, prevista dall'art. 43 del d.P.R. numero 917 del 1986 ai fini della determinazione del reddito di capitale delle persone fisiche, è applicabile anche ai versamenti effettuati da soci imprenditori, in forma individuale o collettiva, non facendo la norma cenno alcuno ad una pretesa natura di persona solo fisica dei soci destinatari della presunzione ed essendo tale limitazione, in carenza di qualsivoglia concreto elemento di differenziazione, contraria ad una interpretazione normativa coerente con i precetti dettati dagli artt. 3 e 53 Cost., in quanto finirebbe per trattare diversamente situazioni economiche identiche. Ne consegue che, in caso di mancato superamento della presunzione legale, gli interessi attivi, al pari di quelli prodotti da qualsiasi finanziamento a terzi, concorrono a formare il reddito prodotto dall'impresa individuale o collettiva , come espressamente previsto dall'art. 45 del d.P.R. numero 917 cit. e confermato dall'art. 95, nella parte in cui considera il reddito complessivo delle società quale reddito d'impresa da qualsiasi fonte provenga numerazione delle norme anteriore al d.lgs. numero 344 del 2003 . In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza numero 12251 del 2010 In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di onerosità per i versamenti effettuati dal socio alla società, prevista dall'art. 43 del d.P.R. 22 dicembre 1986, numero 917 ai fini della determinazione del reddito di capitale delle persone fisiche, è applicabile anche ai versamenti effettuati da soci imprenditori, in forma individuale o collettiva, non facendo la norma cenno alcuno ad una pretesa natura di persona solo fisica dei soci destinatari della presunzione ed essendo tale limitazione, in carenza di qualsivoglia concreto elemento di differenziazione, contraria ad una interpretazione normativa coerente con i precetti dettati dagli artt. 3 e 53 Cost., in quanto finirebbe per trattare diversamente situazioni economiche identiche. Ne consegue che, in caso di mancato superamento della presunzione legale, gli interessi attivi, al pari di quelli prodotti da qualsiasi finanziamento a terzi, concorrono a formare il reddito prodotto dall'impresa individuale o collettiva , come espressamente previsto dall'art. 45 del d.P.R. numero 917 cit. e confermato dall'art. 95, nella parte in cui considera il reddito complessivo delle società quale reddito d'impresa da qualsiasi fonte provenga numerazione delle norme anteriore al d.lgs. 12 dicembre 2003, numero 344 . SEZ. V SENTENZA DEL 23 GENNAIO 2020, N. 1468 TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972 - IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO I.V.A. - OGGETTO - PRESTAZIONE DI SERVIZI - IN GENERE. Obbligo di fatturazione delle prestazioni di servizi - Insorgenza - Pagamento del corrispettivo - Conseguenze - Pretesa fiscale in mancanza di fatturazione ed autofatturazione - Accertamento del pagamento del corrispettivo - Necessità - Sussistenza. Le prestazioni di servizi sono soggette all'IVA, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del d.P.R. numero 633 del 1972, soltanto se rese verso corrispettivo, e si considerano effettuate all'atto del relativo pagamento, cosicché prima di tale momento non sussiste alcun obbligo ma solo la facoltà di emettere fattura o di pagare l'imposta. Ne consegue che la pretesa fiscale relativa ad una prestazione di servizi non può prescindere, in mancanza di fatturazione o autofatturazione spontanea, dall'accertamento che il pagamento del corrispettivo sia stato effettuato, non essendo sufficiente la dimostrazione della sussistenza materiale della prestazione. Il principio è conforme a Cass. Sez. 5, Sentenza numero 13209 del 2009 Le prestazioni di servizi sono soggette all' IVA, ai sensi del terzo comma dell'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, numero 633, soltanto se rese verso corrispettivo, e si considerano effettuate all'atto del relativo pagamento, cosicché prima di tale momento non sussiste alcun obbligo ma solo la facoltà di emettere fattura o di pagare l'imposta. Ne consegue che la pretesa fiscale relativa ad una prestazione di servizi non può prescindere, in mancanza di fatturazione o autofatturazione spontanea, dall'accertamento che il pagamento del corrispettivo sia stato effettuato, non essendo sufficiente la dimostrazione della sussistenza materiale della prestazione. SEZ. V SENTENZA DEL 22 GENNAIO 2002, N. 1292 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - IMPOSTA DI REGISTRO - RIMBORSO - IN GENERE. Art. 23, comma 1, d.lgs. numero 472 del 1997, prima della riforma introdotta con l’art. 16, comma , lett. h , d.lgs. numero 158 del 2015 - Posizione debitoria dell’Amministrazione finanziaria che sia anche creditrice nei confronti del contribuente - Sospensione del pagamento del credito del contribuente - Presupposti - Notifica dell’atto di contestazione o di irrogazione sanzioni e natura tributaria credito - Necessità - Assenza di notificazione - Conseguenze - Fermo ex art. 69, r.d. numero 2440 del 1923 - Possibilità - Presupposti. Nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria vanti un credito nei confronti del contribuente di cui sia a sua volta debitrice, la stessa può adottare il provvedimento di sospensione del pagamento, previsto dalla disposizione tributaria speciale di cui all'art. 23, comma 1, del d.lgs. numero 472 del 1997, nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dall'art. 16, comma 1, lett. h , d.lgs. numero 158 del 2015, quando abbia notificato un atto di contestazione o di irrogazione della sanzione per violazioni tributarie, nei limiti della somma risultante dall'atto o dalla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo, altrimenti, in caso di mancata notifica ovvero di controcredito non tributario, può applicare il concorrente istituto generale del c.d. fermo amministrativo di cui all'art. 69, comma 6, del r.d. numero 2440 del 1923, sospendendo il pagamento delle somme dovute al contribuente, purché vanti una idonea ragione di credito e la pretesa sia connotata dal fumus boni iuris . Si veda anche Cass. Sez. 5 - , Ordinanza numero 25893 del 2017 Il provvedimento di fermo amministrativo, disciplinato dall'art. 69 del r.d. numero 2440 del 1923, costituisce una misura cautelare, espressione del potere di autotutela della P.A., volto a sospendere, in presenza di una ragione di credito della P.A. stessa, un eventuale pagamento dovuto, a salvaguardia dell'eventuale compensazione legale dello stesso con un credito, anche se non attualmente liquido ed esigibile, che l'amministrazione abbia ovvero pretenda di avere nei confronti del suo creditore, la cui adozione richiede solo il fumus boni iuris della ragione di credito vantata dall'Amministrazione, restando estranea alla natura ed alla funzione del provvedimento qualsiasi considerazione di un eventuale periculum in mora , senza che detta disciplina ponga dubbi di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. Ne consegue che deve ritenersi legittimo il diniego di rimborso di IVA, in dipendenza dell'adozione di provvedimento di fermo amministrativo delle somme pretese in restituzione, in ragione della pendenza di controversie tra le parti su rettifiche relative ad altre annualità d'imposta. SEZ. V SENTENZA DEL 22 GENNAIO 2002, N. 1291 TRIBUTI IN GENERALE – DECADENZA. Eccezione di decadenza dalla potestà impositiva per mancato rispetto del termine di cui all’art. 43 del d.P.R. numero 600 del 1972 - Conseguente onere di allegazione e dimostrazione a carico dell’amministrazione finanziaria - Prospettazione, da parte del contribuente appellante, dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del termine raddoppiato sulla base di considerazioni fattuali e giuridiche diverse da quelle prospettate nel ricorso introduttivo - Domanda nuova - Esclusione. In tema di decadenza dalla potestà impositiva, in presenza di un'eccezione del contribuente di decadenza per il mancato rispetto del termine per l'esercizio della potestà impositiva previsto dall'art. 43 del d.P.R. numero 600 del 1973, grava sull'amministrazione finanziaria l'onere di dimostrare di avere rispettato tale termine ovvero di allegare e dimostrare la ricorrenza dei presupposti per l'applicazione di un diverso termine decandenziale, di guisa che la prospettazione, da parte dello stesso contribuente in sede di appello, dell'insussistenza dei presupposti per l'applicazione del termine raddoppiato di accertamento sulla base di considerazioni fattuali e giuridiche diverse da quelle prospettate nel ricorso introduttivo non costituisce un ampliamento del thema decidendum cristallizzatosi sulla base delle contestazioni inizialmente mosse all'atto impositivo - e, quindi, una domanda nuova, inammissibile ai sensi dell'art. 57 del d.lgs. numero 546 del 1992 - ma si risolve nell'illustrazione delle tesi giuridiche e dei fatti che le sostengono già rientranti nell'ambito delle questioni devolute al sindacato del giudice. Di rilievo, Cass. Sez. U, Sentenza numero 10955 del 2002 In tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell'effetto estintivo, si configura come una quaestio iuris concernente l'identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge. Ne consegue che la riserva alla parte del potere di sollevare l'eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell'effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente cioè attraverso specifica menzione della durata dell'inerzia le norme applicabili al caso di specie, l'identificazione delle quali spetta al potere - dovere del giudice, di guisa che, da un lato, non incorre nelle preclusioni di cui agli artt. 416 e 437 cod. proc. civ. la parte che, proposta originariamente un'eccezione di prescrizione quinquennale, invochi nel successivo corso del giudizio la prescrizione ordinaria decennale, o viceversa e, dall'altro lato, il riferimento della parte ad uno di tali termini non priva il giudice del potere officioso di applicazione previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione di una norma di previsione di un termine diverso.