RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V SENTENZA 14 GENNAIO 2020, N. 418 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - RISCOSSIONE - IN GENERE. Procedure semplificate di domiciliazione - CAD - Modalità operative - Regime di rappresentanza indiretta e diretta dell'importatore - Configurabilità - Limitazione - Esclusione - Fondamento. In tema di dazi doganali, nelle procedure semplificate di domiciliazione il Centro di Assistenza Doganale ha facoltà di operare sia quale rappresentante indiretto dell'importatore che quale rappresentante diretto, non potendosi limitare il regime di rappresentanza di detti centri, costituiti obbligatoriamente da soci che sono, a loro volta, spedizionieri doganali, iscritti da almeno tre anni all'albo professionale, ai sensi degli artt. 1-septies della l. n. 66 del 1992 e 1 del d.m. n. 549/1992, al pari della rappresentanza degli spedizionieri doganali a termini dell'art. 40 d.P.R. n. 43/1973. Si richiama Cass. Sez. V, ordinanza n. 5311/19 il centro assistenza doganale emette dichiarazioni doganali anche in rappresentanza indiretta, ossia in nome proprio, ipotesi nella quale lo stesso deve essere considerato soggetto dichiarante ai sensi dell'art. 76 del Regolamento del Consiglio CEE n. 2913 del 12 ottobre 1992, con la conseguenza che è solidalmente responsabile con il mandante ossia l'importatore delle merci nei confronti dei terzi, comprese le pubbliche amministrazioni. SEZ. V SENTENZA 30 DICEMBRE 2019, N. 34563 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - IN GENERE. Dazi doganali - Dichiarazione in dogana - Spedizioniere operante come rappresentante diretto - Responsabilità solidale - Predisposizione di dichiarazione e documenti da parte dell’importatore - Esclusione - Condotta attiva di partecipazione - Sussistenza - Condizioni - Onere dell’Ufficio. In tema di diritti di confine e in caso di dichiarazione della merce regolarmente presentata presso gli uffici doganali ai sensi dell'art. 201 CDC, lo spedizioniere che opera come rappresentante diretto dell'importatore non è obbligato, in solido con quest'ultimo, al pagamento dei dazi doganali dovuti in seguito alla rettifica dell'accertamento laddove si sia limitato a depositare la dichiarazione predisposta dall'importatore, allegando i documenti da quest'ultimo consegnatigli. Si configura, tuttavia, la responsabilità solidale anche del rappresentante diretto, per violazione degli obblighi professionali su di lui gravanti, qualora L'Amministrazione doganale dimostri che ha fornito egli stesso i dati dei quali conosceva o avrebbe dovuto conoscere l'irregolarità, l'incompletezza e la non veridicità ovvero ha allegato documenti dei quali conosceva o avrebbe dovuto conoscere l'inidoneità o l'invalidità, dati e documenti necessari alla redazione della dichiarazione poi rettificata. Si richiamano a Sez. V, sentenza n. 5560/19 nel caso in cui l'autorità doganale abbia allegato e dimostrato l'irregolarità delle certificazioni presentate, procedendo al recupero a posteriori dell'imposta, spetta al dichiarante dimostrare l'esistenza cumulativa di tutti i presupposti indicati dall'art. 220 del codice doganale comunitario Regolamento CEE del 12 ottobre 1992, n. 2913 , ossia che i dazi non siano stati riscossi per un errore delle autorità competenti, che tale errore sia tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede e che il dichiarante abbia rispettato tutte le prescrizioni normative riguardanti la sua dichiarazione in dogana. b Sez. V, ordinanza n. 26358/19 in materia doganale, ai sensi degli artt. 4, 5 e 201 C.D.C. e 199 del D.A.C. ratione temporis applicabili , l'obbligazione tributaria sorge in capo al rappresentante indiretto in forza della mancata riscossione dei dazi dovuti per legge a seguito di dichiarazione doganale da lui presentata, non solo nei limiti del valore dichiarato, ma in relazione all'intero valore accertato in sede di rettifica e che egli avrebbe dovuto verificare e dichiarare con l'ausilio della diligenza ragguagliata alla natura dell'attività professionale esercitata diligenza qualificata ex art. 1176 c.c. , implicante un obbligo di informazione ed anche di attento controllo dell'esattezza dei dati dichiarati, strumentali rispetto al corretto espletamento dell'incarico conferito. SEZ. V SENTENZA 30 DICEMBRE 2019, N. 34595 TRIBUTI IN GENERALE - IN GENERE. Elusione fiscale - Abuso del diritto - Raccomandazione 2012/772/UE - Mancanza di sostanza economica - Indici - Vantaggi fiscali indebiti - Contenuto. In materia tributaria, l'elusione fiscale, quale espressione dell'abuso del diritto, in ossequio ai principi espressi dalla raccomandazione 2012/772/Ue, sussiste quando l'operazione economica in esame manca di sostanza economica, i cui indici sono la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato, mentre per vantaggi fiscali indebiti si considerano i benefici realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario. Si richiamano i Sez. V, sentenza n. 439/15 nei processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, nell'ambito di grandi gruppi di imprese, il carattere elusivo, sotto il profilo fiscale, di una determinata operazione, si fonda normativamente sul difetto di valide ragioni economiche e sul conseguimento di un indebito vantaggio fiscale, sicché il divieto di comportamenti abusivi non vale ove quelle operazioni possano spiegarsi altrimenti che con il mero conseguimento di risparmi di imposta poiché va sempre garantita la libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti anche un differente carico fiscale. Nella specie, la S.C. ha ritenuto non abusiva l'operazione di riorganizzazione societaria realizzata mediante la cessione ai soci della partecipazione di maggioranza posseduta in altra società e cessione a quest'ultima di un ramo di azienda, con esclusione di un immobile rimasto nella disponibilità dei soci . ii Sez. V, ordinanza n. 16217/18 in materia tributaria, l'operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco costituisce condotta abusiva, la quale, pertanto, non ricorre qualora tale operazione possa spiegarsi altrimenti, che con il mero intento di conseguire un risparmio di imposta, fermo restando che incombe sull'Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale. Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, senza valorizzare i diversi elementi sintomatici della sussistenza dell'abuso allegati dall'Agenzia delle Entrate né affrontare le concrete ricadute dell'operazione medesima ed erroneamente configurando un risparmio fiscale solo potenziale e futuro, aveva ritenuto non elusiva la complessa operazione negoziale tra società controllate, contraddistinta dalla rinuncia ad un credito della controllante verso la controllata, con conseguente sterilizzazione, ad opera di quest'ultima, della sopravvenienza attiva, ex art. 55 T.U.I.R. . iii Sez. V, ordinanza n. 30404/18 in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha annullato la decisione impugnata che aveva ritenuto non elusiva una complessa operazione societaria avente quale unico risultato un indebito vantaggio di imposta, consistente nella sostituzione del regime IRPEF di tassazione delle persone fisiche con quello IRPEG, con conseguente deduzione di maggiori costi . iv Sez. V, sentenza n. 869/19 in materia tributaria, configura abuso del diritto l'operazione che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, ossia quella che non abbia una giustificazione economica apprezzabile differente dall'intento di conseguire un risparmio di imposta. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha escluso la natura elusiva dell'operazione di leveraged buy out , posta in essere mediante più atti di fusione, in quanto espressione di un progetto di riorganizzazione societaria non diversamente realizzabile . v Sez. V, sentenza n. 15321/19 in materia tributaria, integra abuso del diritto, il cui divieto costituisce principio generale antielusivo, l'operazione economica volta al conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l'uso distorto, ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d'imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente. Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la gravata sentenza che aveva ritenuto antieconomica e priva di razionalità la rinuncia, da parte di un socio, ad un ingente credito nei confronti della società, cui era seguita la cessione delle quote ad un prezzo incongruo rispetto al loro valore, senza alcun ritorno economico .