RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V ORDINANZA DEL 4 LUGLIO 2019, N. 17987 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972. Imposta regionale sulle attività produttive IRAP - Commercialista - Attività di sindaco di società - Scorporo dalle ulteriori attività - Necessità - Fondamento. In tema di IRAP, qualora il professionista, oltre a svolgere attività ordinaria di commercialista, sia titolare della carica di sindaco di società, l'imposta non è dovuta anche per i compensi correlati a quest'ultima attività, che vanno pertanto scorporati da quelli derivanti dalle altre attività, ai sensi del combinato disposto degli articolo 3, comma 1, lett. c , e 8 del d.lgs. n. 446 del 1997, che richiama solo le persone fisiche esercenti arti e professioni di cui all'art. 49, comma 1 ora art. 53, comma 1 , del d.P.R. n. 917 del 1986 e non anche quelle di cui all'art. 49, comma 2, lett. a successivamente, di cui all'art. 47, comma 1, lett. c-bis e, ora, di cui all'art. 50, comma 1, lett. c-bis , dello stesso decreto. Giurisprudenza molto frastagliata. Si richiamano i Sez. 5, Sentenza n. 10594 del 2007 In tema di IRAP, il combinato disposto degli articolo 3, primo comma, lett. c e 8 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l'ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività di cui all'art. 49, primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, senza menzionare quelle di cui al secondo comma, lettera a , della medesima disposizione, esclude l'assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l'attività professionale intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto in qualità di presidente del consiglio di amministrazione di una banca, senza utilizzare la propria autonoma organizzazione. ii Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3434 del 2012 In tema di IRAP, non ha diritto al rimborso di imposta il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un'attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all'esercizio della professione nel suo complesso, allorchè non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l'esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell'onere probatorio gravante sul contribuente. iii Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 16372 del 2017 In tema di IRAP, il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all?imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l?eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata il che non si verifica nella specie, atteso che per la soggezione all?IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra, di per sé, il requisito dell?autonoma organizzazione rispetto ad un?attività rilevante quale organo di una compagine terza. iv Sez. 5, Ordinanza n. 12495 del 2019 In tema di IRAP, non integra il presupposto impositivo l'attività di sindaco o di componente degli organi di amministrazione e di controllo di enti e società svolta dai singoli associati in modo separato rispetto a quella ulteriore espletata all'interno di un'associazione professionale, gravando tuttavia su quest'ultima, in caso di richiesta di rimborso, l'onere di provare la separatezza dei redditi di cui predica lo scorporo rispetto alle attività individuali svolte dai singoli associati quali organi di una compagine terza. SEZ. V ORDINANZA DEL 28 GIUGNO 2019, N. 17501 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IN GENERE TRIBUTI ANTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 - TRIBUTI DOGANALI DIRITTI DI CONFINE - DAZI ALL'IMPORTAZIONE ED ALLA ESPORTAZIONE - DIRITTI DOGANALI - IN GENERE. Mancata riscossione dei dazi effettivamente dovuti - Azione di recupero a posteriori - Esimente della buona fede dell'importatore - Presupposti - Errore attivo delle autorità competenti - Silenzio serbato dalle autorità doganali - Sufficienza – Esclusione. In tema di tributi doganali, le Autorità doganali devono procedere alla contabilizzazione a posteriori dei dazi per errori attivi dell'Amministrazione nel rilascio dei certificati di origine delle merci, a meno che non ricorra l'esimente della buona fede dell'importatore per la cui sussistenza è necessaria, oltre all'osservanza di tutte le prescrizioni in vigore, anche la non riconoscibilità di tali errori da parte dell'importatore secondo standard obiettivi di diligenza. Non costituisce errore attivo, rilevante ai fini di detta esimente, il mero silenzio delle Autorità competenti sulle dichiarazioni rese dall'importatore circa l'origine preferenziale della merce, non essendo l'Amministrazione tenuta a verificarne la veridicità e non potendo il rischio della inesattezza di dette dichiarazioni ricadere sull'Unione europea la quale non è tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei fornitori degli importatori. In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata secondo la quale il rilascio di un certificato di origine inesatto non costituisce errore scriminante laddove le inesattezze siano conseguenti a una inesatta situazione riferita dall'esportatore . In precedenza a Sez. 5, Sentenza n. 4022 del 2012 In tema di tributi doganali, le Autorità doganali devono procedere alla contabilizzazione a posteriori dei dazi doganali, a meno che sussistano contemporaneamente tutte le condizioni poste dall'art. 220, n. 2, lett. b , del Regolamento CEE n. 2913/1992 del Consiglio del 12 ottobre 1992, e cioè che la riscossione sia dovuta ad errore delle autorità competenti, che l'errore sia tale da non poter essere ragionevolmente riconosciuto dal debitore in buona fede, nonostante la sua esperienza professionale e diligenza, e che il debitore abbia rispettato tutte le prescrizioni della normativa in vigore relativamente alla dichiarazione in dogana in particolare, detto errore non può consistere nella mera ricezione di dichiarazioni inesatte dell'esportatore, dato che l'Amministrazione non deve verificarne o valutarne la veridicità, ma richiede un comportamento attivo, perché il legittimo affidamento del debitore è protetto solo se le autorità competenti hanno determinato i presupposti su cui si basa la sua fiducia, mentre la Comunità non è tenuta a sopportare le conseguenze pregiudizievoli di comportamenti scorretti dei fornitori degli importatori. Nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante, sulla base dell'esposto principio, la distinzione tra certificato semplicemente non valido e certificato falso, quando non sia ravvisabile alcun errore attivo del soggetto pubblico . b Sez. 5, Ordinanza n. 3739 del 2019 in tema di dazi doganali, il certificato di origine preferenziale della merce EUR 1, pur se ritenuto inizialmente veritiero dall'autorità doganale, non osta all'esercizio di controlli a posteriori finalizzati a confermare l'origine della merce ivi indicata, posto che al momento dell'accettazione iniziale della dichiarazione in dogana la predetta autorità non si pronuncia sull'esattezza delle informazioni fornite dal dichiarante, delle quali quest'ultimo si assume la responsabilità. c Sez. 5, Ordinanza n. 4059 del 2019 in tema di dazi antidumping , ai fini dell'integrazione delle condizioni di cui all'art. 220, par. 2, lett. b , del cd. Codice doganale comunitario, l'errore delle autorità doganali non è integrato dalla mera ricezione di dichiarazioni inesatte, in quanto l'Amministrazione non è tenuta a verificarne o valutarne la veridicità, ma richiede un comportamento attivo delle autorità competenti, in quanto la comunità non è tenuta a sopportare le conseguenze dei comportamenti scorretti dei fornitori ed il legittimo affidamento è protetto solo quando sono state tali autorità ad avere determinato i presupposti sui quali si basa la fiducia dell'importatore, che, per tutta la durata delle operazioni commerciali, ha agito con la diligenza professionale richiesta dall'art. 1176, comma 2, c.c. per verificare la ricorrenza delle condizioni del trattamento preferenziale, mediante un esigibile controllo sull'esattezza delle informazioni rese dall'esportatore. Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha annullato la decisione impugnata, che aveva ritenuto sussistente l'errore delle autorità doganali, indotto dalle erronee dichiarazioni rese dallo spedizioniere, in assenza di un comportamento attivo delle medesime autorità, idoneo ad ingenerare il legittimo affidamento dell'importatore .