RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZ. V SENTENZA 14 GIUGNO 2019, N. 16004 TRIBUTI ERARIALI DIRETTI - IMPOSTA SUL REDDITO DELLE PERSONE FISICHE I.R.P.E.F. TRIBUTI POSTERIORI ALLA RIFORMA DEL 1972 – PRESUPPOSTO. Dividendi azionari - Versati da una società italiana a società madre residente in Francia - Regime fiscale - Opzione da parte della società madre per il credito di imposta - Ritenuta del 5% sui dividendi in virtù della Convenzione Italia-Francia - Applicabilità - Ragioni - Violazione art. 16 preleggi - Esclusione - Violazione dell’art. 26 della Convenzione di Viena - Esclusione - Fattispecie. In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia ad una società madre residente in Francia, cui sia stato riconosciuto il credito di imposta, va applicata la ritenuta del 5 per cento ai sensi degli artt. 10 e 24 della Convenzione tra Italia e Francia sulle doppie imposizioni, recepita con l. numero 20 del 1992, in quanto non contrastante con la direttiva 435/90/CEE del Consiglio, prevalendo tale disciplina, prescelta dal contribuente, sull'art. 27-bis del d.P.R. numero 600 del 1973, che consente alla società di optare per l'esenzione della ritenuta sui dividendi, ma senza credito di imposta, con la conseguenza che l'opzione della società madre per il riconoscimento del credito di imposta esclude l'applicazione del diverso regime di cui al cit. art. 27-bis, che non prevede e non consente il cumulo dei due benefici, senza che sia configurabile la violazione né dell'art. 16 delle preleggi e del principio di reciprocità e di uniformità di interpretazione, trattandosi di disciplina dettata a parità di condizioni con la Francia, né dell'art. 26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, che presuppone proprio l'applicabilità della Convenzione Italia-Francia, la quale, tuttavia, è cedevole rispetto alla direttiva madre-figlia. Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretto il diniego opposto dall'Amministrazione avverso le plurime istanze di rimborso presentate dalla società madre, residente in Francia, per crediti d'imposta relativi a dividendi distribuiti dalla società figlia residente in Italia, in ragione dell'alternatività tra il regime convenzionale e quello di esenzione da imposizione dei dividendi in Francia di cui alla menzionata direttiva . Si richiama, Cass. Sez. 5, Sentenza numero 8621 del 2011 In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia ad una società madre residente in Francia, cui sia stato riconosciuto il credito di imposta, va applicata la ritenuta del 5%, in applicazione degli artt. 10 e 24 della Convenzione tra Italia e Francia sulle doppie imposizioni, recepita con legge 7 gennaio 1992, numero 20, in quanto il contenuto di essa non contrasta con la Direttiva del Consiglio CEE, 23 luglio 1990, numero 90/435/CEE, prevalendo tale disciplina, prescelta dal contribuente, sul dettato dell'art. 27-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, numero 600, che consente alla società di optare per l'esenzione della ritenuta sui dividendi, ma senza credito di imposta, con la conseguenza che l'opzione della società madre per il riconoscimento del credito di imposta esclude l'applicazione del diverso regime di cui al citato art. 27 del d.P.R. numero 600, che non prevede e non consente il cumulo dei due benefici. SEZ. V ORDINANZA 11 GIUGNO 2019, N. 15637 SOCIETA' - IN GENERE - DIFFERENZE DALLA COMUNIONE - TIPI DI SOCIETA' - INDICAZIONE NEGLI ATTI E NELLA CORRISPONDENZA. Legittimazione ad agire degli ex soci di società estinta - Rapporti pendenti dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese - Successione dei soci - Litisconsorzio processuale - Limiti - Distinzione tra rapporti attivi e passivi - Necessità - Fattispecie. In tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere se l'ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione se invece l'ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio. Nella specie, la S.C. ha accolto, nel merito, l'originario ricorso del contribuente che, quale ex socio, aveva agito per il rimborso del credito IVA, non iscritto nel bilancio finale di liquidazione . In senso conforme, Cass. Sez. 1 - , Ordinanza numero 17492 del 2018 In tema di legittimazione ad agire degli ex soci di società di capitali estinta, per i rapporti facenti capo a questa ed ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio rispetto al quale occorre distinguere se l’ex socio agisce per un debito della società estinta, non definito in sede di liquidazione, la successione interessa tutti i soci esistenti al momento della cancellazione, posto che essi succedono nei rapporti debitori già facenti capo alla società, sicché sussiste un litisconsorzio di natura processuale e tutti i soci debbono essere chiamati in giudizio, ciascuno quale successore della società e nei limiti della propria quota di partecipazione se invece l’ex socio agisce per un credito della società estinta, pur rimanendo immutato il meccanismo successorio, la mancata liquidazione comporta soltanto che si instaurerà tra i soci medesimi un regime di contitolarità o comunione indivisa, onde anche la relativa gestione ne seguirà il regime proprio, con esclusione del litisconsorzio. Nella specie, la S.C. ha rimesso le parti innanzi al giudice di primo grado per l’integrazione del contraddittorio, avendo il socio agito individualmente per un credito della società estinta, ma condizionato al pagamento di un debito della stessa . SEZ. V SENTENZA 6 GIUGNO 2019, N. 15341 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972. Maggiore IRES/IRPEG per indeducibilità IRAP - Rimborso - Disciplina ex art. 2 del d.l. numero 201 del 2001 - Applicabilità limitata - Termine ex art. 38 d.P.R. numero 602 del 1973 - Pendenza - Disciplina ex art. 6 del d.l. numero 185 del 2008 - Applicabilità - Condizioni. In tema di rimborso di maggiore IRES/IRPEG versata per effetto della mancata deduzione dell'IRAP, poiché la disciplina retroattiva introdotta dall'art. 2, comma 1, del d.l. numero 201 del 2011 cd. Salva Italia , conv. in l. numero 214 del 2011, trova applicazione limitata ai periodi di imposta precedenti a quelli in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, fosse ancora pendente il termine decadenziale di quarantotto mesi di cui all'art. 38 del d.P.R. numero 602 del 1973, resta ferma la disciplina dell'art. 6 del d.l. numero 185 del 2008, conv., con modif., in l. numero 2 del 2009, in relazione ai periodi di imposta per i quali sia stata comunque presentata, entro il succitato termine, istanza per il rimborso, il cui ammontare è dovuto per una somma fino ad un massimo del dieci per cento dell'IRAP dell'anno di competenza, riferita forfettariamente a interessi e spese per il personale. In senso conforme, già Cass. Sez. 5 - , Ordinanza numero 11087 del 2019 In tema di IRAP, ai fini della deducibilità del costo del lavoro dalla base imponibile, la disciplina introdotta dall’art. 2 del d.l. numero 201 del 2011, conv. In l. 214 del 2011, trova applicazione anche per i rimborsi relativi ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, solo ove, alla data di entrata in vigore del decreto, fosse ancora pendente il termine di cui all’art. 38 del d.P.R. numero 602 del 1973, restando invece ferma la disciplina dettata dall’art. 6 del d.l. numero 185 del 2008, conv. In l. numero 2 del 2009, in relazione ai medesimi periodi di imposta per i quali fosse stata già presentata, entro il termine di cui al detto art. 38, istanza di rimborso.