RASSEGNA DELLA SEZIONE TRIBUTARIA DELLA CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA 2 OTTOBRE 2013, N. 22502 TRIBUTI IN GENERALE - CONDONO FISCALE. Definizione delle controversie fiscali pendenti ai sensi dell’art. 16 della legge 289/2002 - Tardività dell’impugnazione - Abuso del processo - Fondamento - Fattispecie. In tema di definizione delle controversie fiscali pendenti, la sussistenza di un abuso del processo, quale l’utilizzazione di strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle stabilite dalla legge, va ravvisata in presenza di elementi dai quali emerga, in modo evidente ed inequivoco, il carattere meramente fittizio ed artificioso della controversia principale. Nella specie, la causa era stata instaurata, nonostante la palese tardività impugnazione dell’atto impositivo dopo cinque anni dalla notifica , al solo fine di creare il presupposto per poter fruire del beneficio di cui all’art. 16 della legge 289/2002, cioè la lite pendente . In senso conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza 15158/2006 la definizione delle controversie tributarie pendenti è legata, a norma dell’art. 2-quinquies del Dl 564/1994, convertito in legge 656/1994, a due condizioni che sussista lite pendente, o possibilità di aprire una lite, e che ciò avvenga fino al 17 novembre 1994. Ne consegue che il beneficio non è applicabile qualora a tale data non sussista lite pendente e l’atto impositivo sia divenuto definitivo in epoca anteriore, senza che in tali ipotesi rilevi che il termine sia stato portato al 31 dicembre 1994 dal Dl 250/1995, in quanto, essendo l’atto divenuto definitivo già prima dello spirare del termine originario nella specie ancor prima dell’intervento della normativa sul condono , neppure al 31 dicembre 1994 era possibile aprire un contenzioso. Né a diversa conclusione può indurre il comma 4 lett. d del citato art. 2- quinquies, secondo cui la lite deve considerarsi pendente anche in ipotesi di ritenuta inammissibilità del ricorso, dovendo tale disposizione pur sempre riferirsi a liti reali”, che abbiano, cioè, ancora un margine di incertezza e che sia, pertanto, interesse non solo del contribuente, ma anche dell’amministrazione definire. Diversamente opinando la normativa in materia di condono, lungi dal deflazionare il contenzioso, indurrebbe un contenzioso artificioso e strumentale . SEZIONE SESTA – QUINTA 25 SETTEMBRE 2013, N. 22019 TRIBUTI LOCALI COMUNALI, PROVINCIALI, REGIONALI - TRIBUTI LOCALI POSTERIORI ALLA RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972. Imposta regionale sulle attività produttive IRAP - Presupposto - Autonoma organizzazione - Presenza di un solo dipendente - Apprezzabilità - Condizioni - Apprezzamento del giudice di merito - Limiti. In tema di IRAP, l’applicazione dell’imposta deve trovare giustificazione in una specifica capacità contributiva del soggetto colpito, che coinvolge la capacità produttiva dell’obbligato se accresciuta e potenziata da una attività autonomamente organizzata, nel cui ambito assume rilievo anche la presenza di un solo dipendente - quale elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, - senza che di per sé l’apporto del lavoro altrui induca ad affermare il requisito di cui all’art. 2 del D.Lgs. 446/1997, spettando tale apprezzamento al giudice di merito è, così da evitare che l’IRAP si risolva, in ammissibilmente, in una mera tassa sui redditi di lavoro autonomo in quanto tali. Si richiamano I Sez. 5, Sentenza 3672/2007 in tema di IRAP, alla stregua dell’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza 156/2001, sono soggetti passivi dell’imposta, in quanto esercenti arti o professioni indicati dall’art. 49, comma primo, del Dpr 917/1986, anche coloro che svolgono attività libero-professionale, escluse soltanto le ipotesi di esercizio in forma occasionale o di attività che si estrinsecano in una collaborazione coordinata e continuativa. Presupposto per l’assoggettamento di tali attività ad imposizione è l’esistenza di un’autonoma organizzazione, la quale ricorre quando l’attività abituale ed autonoma del contribuente dia luogo ad un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente stesso, di guisa che l’imposta non risulta applicabile ove in concreto i mezzi personali e materiali di cui si sia avvalso il contribuente costituiscano un mero ausilio della sua attività personale. In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva accolto la domanda di rimborso presentata da un dottore commercialista, in base all’affermazione - non contestata dall’Agenzia delle entrate sotto il profilo motivazionale - che l’attività professionale del contribuente era imperniata in modo esclusivo sulla sua persona, essendo stato accertato che egli operava senza l’ausilio di dipendenti e con attrezzature minime, consistenti in mobili di ufficio, telefono, automezzo e personal computer” . II Sez. 5, Sentenza 5011/2007 in tema di IRAP, l’esistenza di un’autonoma organizzazione, che costituisce il presupposto per l’assoggettamento ad imposizione dei soggetti esercenti arti o professioni indicati dall’art. 49, comma primo, del Dpr 917/1986, postula che l’attività abituale ed autonoma del contribuente si avvalga di un’organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la sua capacità produttiva non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, né assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o perché la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità. III Sez. 5, Ordinanza 26157/2011 in tema di IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto per l’assoggettamento all’imposizione, ricorre quando il contribuente impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’ id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui non è invece necessario che la struttura organizzata sia in grado di funzionare in assenza del titolare, né assume alcun rilievo, ai fini dell’esclusione di tale presupposto, la circostanza che l’apporto del titolare sia insostituibile per ragioni giuridiche o che la clientela si rivolga alla struttura in considerazione delle sue particolari capacità, ovvero che vi sia prevalenza dell’opera del professionista su altri fattori produttivi. Nella specie, la S.C., ha annullato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione nei casi in cui la struttura organizzativa è di scarsa importanza per la prevalenza del lavoro autonomo o comunque non è in grado di produrre reddito in modo autonomo e staccato dal titolare professionista .